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Autore: Smolly    05/02/2011    1 recensioni
Aidamòs ha 17 anni, nessun amico e un nome che odia. Vorrebbe vivere un'altra vita, avere qualcuno che gli vuole bene e cambiare città, ma non si aspetta che la svolta della sua vita partirà da una semplice ricerca....
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 6 la partenza

CAPITOLO 6:

partenza

 

Dràmon uscì dalla vasca gelida completamente riposato. I suoi addominali decisamente tonici e rilassati luccicavano nella luce fioca della stanza grazie alle minuscole gocce d’acqua che colavano sul suo corpo muscoloso. Scosse il capo per scrollare dai capelli biondi l’acqua, poi si avvolse in un mantello pesante ed uscì dal bagno, ritornando nella stanza di fronte, ovverosia la sua camera. Chiamò a far accendere il fuoco e, dopo essersi rivestito semplicemente, fece asciugare i capelli avvicinandoli al fuoco per qualche minuto, poi si adagiò mollemente sulla poltrona, appoggiando la testa sullo schienale.

Chiuse gli occhi per un momento, e lasciò che il suo cervello avesse ancora un po’ di tregua: l’indomani mattina finalmente sarebbe partito per la tanto attesa spedizione, e non stava più nella pelle. Doveva riposarsi, perché non sarebbe stato semplice, ma non avrebbe deluso il padre. Sapeva quello che doveva fare, e non avrebbe esitato un attimo a farlo.

Controllò un’ultima volta la mappa e il foglio delle indicazioni scritto con la calligrafia chiaramente paterna. Il viaggio che andava fatto era piuttosto lungo, c’erano diverse tappe da affrontare, diverse cose da fare. L’ultima faccenda da sbrigare- l’ultima ma non certo la meno importante- era il Capo Supremo dei Celebranti: Dràmon era incuriosito di sapere come era fatta, di vedere come parlava, come si muoveva, i suoi pensieri. Voleva prenderla e interrogarla di persona, capire come funzionava essere dall’latra parte, come doveva essere far parte dei “buoni”, cosa che lui, coscientemente, non era mai stato.

Non vi erano praticamente state donne nella sua vita, e questo rendeva anche abbastanza giustificata la sua smania in più nel voler vedere e toccare quella donna : sua madre era svanita quando lui era sufficientemente grande da non aver bisogno del latte materno, ma ancora troppo piccolo per potere avere dei ricordi di lei. Non aveva intenzione di sposarsi, e comunque per cercare di dare un’erede al trono per il regno del padre c’era tempo, e forse non ce n’era nemmeno veramente bisogno, perché suo padre sarebbe vissuto per sempre. Forse avrebbe dovuto avere un figlio se Lucifero avesse deciso di dare una parte di terreno o addirittura tutto il Regno della Luce a lui, Dràmon, il giovane demone dalle doti straordinarie e l’aspetto umano, troppo bello per essere mortale, troppo sfuggente e troppo diabolico per essere solo un semplice uomo, un semplice essere di quella maledetta terra.

La mattina dopo si alzò molto presto, per riuscire a preparare con calma tutto il necessario: in una grande sacca infilò alcuni suoi vestiti, la cotta di maglia di riserva, dei pugnali, una mappa molto dettagliata del territorio, gli appunti su cosa doveva fare ed infine avvolse la sua arma nell’apposita custodia. Si rimirò nello specchio, e fu contento del risultato, si convinse che la fierezza che il suo viso stava esprimendo in quel momento fosse la cosa più giusta e naturale del mondo. Si avvolse il mantello sulle spalle, e a passi decisi e molto ampi, insieme a tutto questo armamentario, uscì per dirigersi verso i suoi uomini.

 

***

Il primo paese che dovevano distruggere non era molto lontano dalla capitale: era grande abbastanza da poter avere una piccola cinta di mura controllate dalle guardie, ma troppo piccola per poter sostenere, per esempio, un assedio sistematico e ben organizzato.

Nell’ultimo periodo quel paese sembrava essersi messo in contatto, per mezzo di vie ignote ma per il Diavolo irrilevanti, con il re Krèston, e ciò non andava affatto bene, perché significava ribellione. Dràmon aveva il compito di raderlo completamente al suolo, né più né meno.

Fece cenno ai suoi uomini di seguirlo a distanza, poi si calò il cappuccio sul capo, schioccò le dita e i soldati dietro di sé scomparvero dalla vista, anche se continuavano a seguirlo. Il biondo si avvicinò alle porte del paese, e vi trovò una guardia appostata davanti.

-Vorrei entrare- domandò gentile all’uomo.

-Non si può- replicò risoluto la guardia, scuotendo la testa come per rimarcare e confermare la risposta negativa.

-perché mai no?-

-Ordini del capo!non possiamo far entrare nessuno-

-Non potresti fare una piccola eccezione per me? Ho da sbrigare una questione piuttosto urgente in paese-

-mi dispiace ma no!-

-la prego!-

-Signore, io sono qui da solo da due ore al freddo; ho degli ordini ben precisi e non ho intenzione di disobbedire!-

-potrei almeno provare a parlare con il suo “capo”….penso capirebbe l’urgenza della situazione-

-No, non posso lasciarla passare….e poi che cosa deve fare di così urgente?-

-questo non le deve interessare!- sentenziò Dràmon, accennando un sorriso poco rassicurante e, nonostante il diniego della guardia, non si mosse per un po’.

La guardia scrutò il suo interlocutore con sospetto, poi cercò di dire qualcosa, ma non ebbe il tempo di pronunciare una sola parola in più perché un pugnale gli trafisse lo stomaco, uccidendolo all’istante. L’uomo cadde a terra con un tonfo sordo, in un piccolo lago di sangue. Dràmon lo scavalcò senza problemi, aprì lentamente le porte e, vedendo che aveva completamente campo libero, schioccò due volte le dita e i suoi uomini ricomparvero. Si voltò verso di loro, sorridendo leggermente: era molto bello, ma anche molto diabolico, come era naturale del resto; con un gesto molto esplicito indicò la porta aperta:

-Ragazzi, quando volete-

E iniziò la strage.

Nessuno dei soldati si risparmiò, nessuno degli abitanti fu risparmiato; Dràmon fu il primo a non avere pietà nemmeno del più piccolo oggetto.

Appena entrati, gli uomini si divisero in piccoli gruppi e iniziarono a bruciare ogni cosa infiammabile che ci poteva essere in giro: porte, finestre, impalcature, banchi, e anche i vestiti, vestiti che stavano in dosso alle persone vive. Alcuni riuscivano a liberarsi delle fiamme in tempo, ma spesso coloro che incappavano nelle fiamme morivano velocemente per le ustioni troppo forti. Al figlio di Lucifero spettò il compito di sventrare ancora di più ,con la sua tremenda arma, i corpi già precedentemente devastati: se già divenivano poco riconoscibili con il rogo fatto su misura per via degli abiti incendiati, dopo il suo passaggio non parevano neanche più lontanamente dei corpi, ma solo un ammasso indistinto di cenere e brandelli di carne che non erano facilmente riconoscibili come umani; le carni bruciate e spezzettate furono man mano raccolte e messe da parte, per essere poi utilizzate come provviste. Non si contennero: né uomini, né donne, e nemmeno bambini sfuggirono dalle mani degli assedianti; ogni casa disponibile fu rasa al suolo, devastata, depredata, e trattata con il minor rispetto possibile. Quello che resisteva agli attacchi fu preso e portato fuori dalle mura, in modo da poterlo utilizzare al momento giusto e nel modo giusto. Dopo un po’ gli edifici rimasti integri e le persone vive erano veramente pochi.

***

 

Era una casa senza dubbio poco appariscente quella che Dràmon stava per visitare e distruggere: era piccola ed anonima, senza nessuna caratteristica particolare che la facesse risaltare su tutto il resto. L’uomo entrò cautamente, con l’arma in mano e una flebile luce sospesa davanti a sé, che prontamente aveva creato con la magia. La magia era un’altra dote che aveva ereditato da demone, e poteva fare tante cose interessanti quanto oscure e sconcertanti: era una cosa naturale per lui fare del male senza uso delle armi. La stanza iniziale era una piccola e spartana cucina, messa a soqquadro da cima a fondo: non vi era però nessuno. Delle scalette piuttosto buie portavano al piano superiore, composto solo da una grande stanza da letto, ornata molto semplicemente, proprio da villaggio non poverissimo ma neanche ricco. Su un materasso posto in un angolo della stanza c’era una donna impaurita, che se ne stava rintanata con le gambe contratte verso il petto.

-Chi sei?- chiese flebilmente.

-Non ti deve interessare, dal momento che tra qualche secondo non te ne farai più di nulla-

-Non mi uccidere, non lo fare-

-perché non dovrei?sono quasi tutti morti qui, devo uccidere anche te-

-La prego, mi risparmi, non ho fatto niente che non vada-

-Tu forse no, ma il tuo villaggio sì, e per questo c’è un prezzo da pagare-

-per favore, non lo faccia, è inguisto che io paghi per qualcosa che il mio villaggio ha fatto- la donna ora stava piangendo, parlando a singhiozzi: era molto giovane, non doveva avere più di una ventina d’anni, a occhio, e non era neanche brutta.

-Credo invece che lo farò. Non mi importa niente se mi preghi e se non è colpa tua….il Diavolo non pedona nessuno-

 E con un colpo secco della lama le tagliò la testa completamente.

 Il sangue colò sulle sue dita copiosamente, senza nessun blocco, e la testa mozzata della donna rotolò per terra, inerte. Improvvisamente il giovane si sentì svenire, la testa gli girò vorticosamente, la nausea gli salì fino all’esofago. Dràmon cercò di controllarsi, incapace di capire il perché di questo improvviso malessere; corse fuori dalla casa pensando che forse era solo questione di aria, ma non appena respirò una boccata di aria esterna, la sua condizione non migliorò. La tesa incominciava a girargli vorticosamente, sempre più velocemente, sempre più velocemente, poi cadde a terra, svenuto.

***

 

Il risveglio non fu proprio dei migliori: non ricordava più niente dei momenti precedenti e si sentiva estremamente confuso. Il biondo strizzò gli occhi, e focalizzò davanti a sè il suo lungotenente,  piegato su di lui, che era disteso su un materasso.

-Si è svegliato finalmente, mio signore-

-Ma che è successo?- Dràmon si puntellò con i gomiti e si tirò leggermente su.

-Veramente, mio signore, non lo so…l’abbiamo trovata in mezzo alla strada che era già svenuto- fu la risposta.

-da quanto sono qui?-

-Tre o quattro ore, signore….l’abbiamo portata non lontano dal paese, un paio di chilometri più a nord, perfettamente nell’itinerario previsto da suo padre-

-va bene, grazie, grazie-

Poi le immagini della donna che gli chiedeva di risparmiarla gli tornarono alla mente, insieme al dubbio. Si lasciò andare nuovamente sul materasso, chiedendosi il perché di una tale reazione per un fatto così naturalee non riuscendo affatto a trovare una risposta; con un interrogativo lasciato a metà, si riposò ancora per un paio di ore, prima di uscire a riprendere il suo compito.

***

Note autrice:ebbene sì, vi ho fatto di nuovo aspettare troppo e di sicuro avrò deluso, almeno in parte,  le aspettative....scusate!!!

un abbraccio a tutti

   
 
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