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Autore: Unsub    05/02/2011    37 recensioni
Procedo con passo marziale verso l’altare, dove lo sposo mi attende. I miei occhi si spostano con studiata indifferenza sui presenti. Per lo più nobili curiosi di vedere l’ambiguo Comandante Oscar Françoise de Jarjeyes che si sposa.
E se il Generale non fosse così sprovveduto da non calcolare che la dinastia dei de Jarjayes sarebbe finita con Oscar? E se qualcuno gli suggerisse un piano alternativo? Cosa sarebbe successo se...?
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate
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prologo DISCLAIMER: I personaggi non mi appartengono (tranne quelli da me inventati), sono della Ikeda. Questa storia non è a scopo di lucro.


La cappella di Versailles, nessun luogo più appropriato per le nozze del Comandante delle Guardie Reali. Le mie labbra si  sollevano in un sorriso ironico, se non fossi la protagonista di questa farsa mi metterei a ridere, vista l’assurdità della situazione.
Sento un brusio sollevarsi appena appaio sulla soglia della navata. Lo sposo ha accettato di buon grado che io decidessi di non sposarmi con un abito da donna, ma con l’alta uniforme bianca che contraddistingue la mia posizione di ufficiale. Almeno questa concessione mi è stata fatta: niente abito lungo, niente fiori fra i capelli o bouquet.
Procedo con passo marziale verso l’altare, dove lo sposo mi attende. I miei occhi si spostano con studiata indifferenza sui presenti. Per lo più nobili curiosi di vedere l’ambiguo Comandante Oscar Françoise de Jarjeyes che si sposa. Vedo la delusioni sul volto di molti uomini presenti, forse speravano di poter vedere cosa celo sotto l’uniforme, sono contenta di averli delusi.
Noto la famiglia reale al completo, un grande onore averli qui in questo “felice” giorno. I miei occhi incontrano quelli di Maria Antonietta, che asciuga furtiva una lacrima. Mi chiedo perché pianga, sappiamo entrambe che questo non cambia nulla. E’ solo una mera formalità, cui ho dovuto sottostare per ordine di mio padre.
Il conte di Fersen mi guarda con malcelata curiosità, si starà chiedendo cosa io possa pensare in questo momento. Mio caro conte, rimarreste molto sorpreso di sapere che provo pietà per la maggior parte delle persone presenti, voi compreso.
Girodel, il mio secondo in comando, non mi stacca gli occhi di dosso. Il suo sguardo mi da noia, con quella ammirazione che travalica i confini del nostro incarico. Sembra sorpreso ed affascinato dalla mia persona che percorre la navata con passo deciso.
Vicino all’altare noto la mia famiglia. Mio padre ha un sorriso soddisfatto sulle labbra. Come potete rimanere lì a fissarmi? Come avete potuto fare a me ed André una cosa del genere e poi sembrare così compiaciuto di voi stesso? So che la colpa non è solo vostra, che quest’idea vi è stata suggerita da vostra sorella.
Eccola lì, alla vostra sinistra, la temuta marchesa de Brennon, donna fredda, arida e calcolatrice. Una stratega come ce ne sono poche, che gioca con la vita degli altri al solo scopo di ottenere ciò che vuole. Vi ho sentito ripetere fino alla nausea che questa decisione è stata presa per il bene del casato. Ed il mio di bene? Quello che voglio io non conta? I miei sentimenti sono sacrificabili ai vostri piani? Indubbiamente sì, altrimenti non ci troveremmo in questo luogo ora.
Mia madre è alla destra di mio padre, non riesce a trattenere le lacrime. Spero non siano di gioia, madre, perché io non sono felice. Specialmente dopo la nostra conversazione di stamani, su quello che ci si aspetta da me questa sera. Vorrei urlare la mia disperazione, ma il mio ruolo mi impone il più freddo e distaccato riserbo sui miei veri sentimenti.
Finalmente, nel mio frugare, incontro due occhi verdi. L’unico sguardo veramente amico qui. Leggo malinconia e tristezza in quelle iridi che conosco fin dall’infanzia. Perché non dici niente, André? Perché non fermi questa follia con un gesto o una parola?
La mia speranza dura solo un attimo, so fin troppo bene che siamo entrambi costretti ad assistere a tutto questo come se non ci riguardasse. Promettimi solo che non ti perderò, che rimarrai comunque e sempre al mio fianco, che sarai il mio migliore amico fino alla fine delle nostre vite.
Ormai sono davanti al sacerdote, che comincia la cerimonia senza indugi. Sembrano tutti molto ansiosi che questa cosa finisca, come temessero un colpo di testa, una ribellione improvvisa. State tranquilli, nessuno oserà porre freno a questa follia che mi spezza il cuore, nessuno verrà a salvarmi. Dovreste esserne tutti sollevati, no?
Mentre il prete continua a parlare, i miei pensieri vanno lontano. Ripenso ad Arras, dove io e André passavamo giornate spensierate, ripenso al mare della Normandia e agli allenamenti con le spade. I miei pensieri si soffermano sull’odore di biscotti e cioccolata, sulle lunghe cavalcate, sulle zuffe in riva al lago. Tutto questo è finito ormai, quei momenti spensierati non torneranno mai più ed io ho perso mio fratello.
La rabbia che mi ha accompagnato in quest’ultimo mese ormai mi ha abbandonata, lasciando dietro di se solo la rassegnazione per qualcosa che non posso cambiare. Mio padre mi ha ordinato di sposarmi con l’uomo che lui ha scelto ed io, ancora una volta, ho chinato il capo. Provo vergogna per la mia mancanza di coraggio nell’affrontarlo, ma ormai è tardi per i rimpianti. Il dado è tratto.

E’ stata una giornata lunga e snervante per me. Finalmente ho trovato rifugio nelle mie stanze, dove Nanny mi raggiunge premurosa. Mi pettina i capelli e mi porge la camicia da notte. Ritraggo la mano stupita, non è certo quello che mi aspettavo, non è quello che di solito indosso.
-    Bambina mia, è un ordine di tuo padre – si giustifica lei – Sei una donna sposata ora, devi agire di conseguenza.
Ingoio ancora una volta la mia delusione per la mancanza di rispetto per me che dimostrano tutti e prendo l’indumento che mi viene porto. Una camicia da notte di foggia decisamente femminile, di seta bianca adorna di pizzi, qualcosa che io non indosserei mai di mia volontà.
Mi finisco di preparare per la notte, mentre le cameriere preparano il letto e spengono le candele. Una sola è rimasta accesa e le donne si ritirano con un inchino, lasciandomi sola e spaesata vicino alla vetrata. Mi stringo sulle spalle, mentre mi preparo ad affrontare quest’altra prova.
Do le spalle alla porta e fisso la notte buia fuori dalla finestra, sento distintamente una presenza alle mie spalle e chiudo gli occhi. Le sue mani mi sfiorano appena sulle spalle, le sento tremare come se avesse paura di toccarmi. Lo sento farsi più vicino, si china sul mio orecchio e il calore che emana quest’uomo mi lascia tremante.
-    Oscar… non farò nulla che tu non voglia. Non temere. Possiamo dormire e basta. Quello che succede fra marito e moglie, all’interno della loro camera da letto, non riguarda nessun’altro.
Mi volto con gli occhi pieni di lacrime, lui sa sempre cosa dire per consolarmi. Lui è il mio punto fermo in questo mare in tempesta che è la mia vita.

Continua…
   
 
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