ALBA SUL LAGO
NERO
La notte e le sue ombre correvano via veloci mentre il
cielo rapidamente si schiariva, le sfumature di colore che dipingevano strane
figure nella volta celeste tendevano al rosato e le poche nubi, rosso fuoco,
sembravano fenicotteri dalle ali vermiglie, fenici che danzavano tra le fiamme,
mitiche creature che volteggiavano leggere nel cielo ormai prossimo
all’alba.
Una fioca nebbiolina, resa ancora più brillante dai
primi, timidi, raggi di luce, permeava tutta la foresta e l’imponente castello
che si ergeva sulla riva del lago dalle acque calme e
oscure.
Il bosco era silenzioso e tranquillo, un alito di
vento freddo soffiava e smuoveva lentamente le foglie degli alberi, ma
nient’altro.
All’improvviso, il grido solitario di un gufo ruppe la
pace quasi mistica in cui il luogo era immerso, evidentemente disturbato da
qualcosa. O qualcuno.
Un qualcuno che faticosamente stava uscendo attraverso
uno stretto passaggio nascosto tra le radici del millenario, e alquanto
irascibile, albero in fondo al parco.
Un qualcuno che tra le braccia stringeva un corpo
inerte.
Altre due figure rotolarono fuori dallo stretto
cunicolo, distendendosi sull’erba e ansimando mentre l’altra, in piedi e
poggiata contro una roccia, li osservava con un misto di preoccupazione e
sollievo sul volto, senza però mollare la presa sul ragazzo dai capelli scuri e
dalla veste stracciata e insanguinata che riposava stremato, poggiato contro di
lui.
Un sorriso di trionfo illuminò il viso di James
Potter, una volta deciso di avere ripreso adeguatamente
fiato.
Il
ragazzo saltò su come una scimmietta, avvicinandosi con un balzo ai due amici:
“Certo che questa volta ce la siamo vista brutta.” ridacchiò, tirando fuori
dalla tasca dei pantaloni un fazzoletto candido e tamponando sangue e sudore dal
viso di Remus; Sirius guardò ora il fratello ora il lupacchiotto spelacchiato
che ancora non dava segno di volersi svegliare, “Però ne siamo usciti, come sempre.”
gli fece notare neutro Black, scostando con noncuranza una ciocca di capelli che
infastidiva il naso di Lupin.
Conclusa la sua opera di pulizia, James ne approfittò per fare una
linguaccia dispettosa all’indirizzo del proprio migliore amico: “Ovviamente,
cosa credevi, Black?” lo rimbeccò severo il moro, pulendosi a propria volta gli
occhiali con un lembo del mantello stracciato di Remus, o almeno quel che ne
restava.
Una
volta al castello, la prima cosa da fare sarebbe stata riparare i suoi poveri
specchietti.
Dopo
aver messo l’amico a letto, ovviamente.
“Oh,
beh.” cominciò Sirius, “Il fatto che questa volta la trasformazione di Remus è
stata del tutto differente dalle altre volte, il fatto che questa volta il
nostro trasformarci in Animagi non è servito a granchè, il fatto che questo
demente,” e così dicendo indicò l’amico svenuto, “avesse la febbre alta, tanto
da impedirgli di riconoscerci come gli animali con cui di solito riesce a
sfogarsi. E soprattutto il fatto che la abbia ancora adesso e che non dovremmo
gironzolare per il parco quando la temperatura esterna non supera i 4°. Tutto
questo non lascia molte speranze.”.
Il
discorso più che eloquente dell’amico fece scomparire il sorriso sulle labbra a
James, che si soffermò un attimo a
riflettere.
Era
vero.
Spostò lo sguardo su Peter, rannicchiato a terra mentre si teneva la
spalla, poi sulle sue mani, lorde di sangue proprio e degli amici, poi su
Sirius, il cui viso sembrava una maschera di porcellana in frantumi, tanto era
segnato da graffi e cicatrici e tanto era pallido, e infine su Remus, quello che
forse, in tutta quella storia, c’entrava di più e allo stesso tempo ne era una
vittima innocente.
Lui,
un bambino che per tutta la vita si era portato un fardello di cui non era mai
riuscito a liberarsi.
Grazie a loro, quel peso un po’ si era ridotto, ma le cicatrici, quelle
esterne e quelle interne erano difficili da
rimarginarsi.
Sirius aveva ragione, la febbre che per giorni non aveva dato tregua al
povero Lupin aveva aggiunto un carico da undici non da poco sulla schiena già
sufficientemente provata dell’adolescente, soprattutto in quel delicato periodo
del mese.
Ma
ormai il peggio era passato, e il Sole che si alzava su di loro, malconci ma
vivi, e insieme, era un regalo troppo bello per sprecarlo in simili
discorsi.
Con
aria comprensiva, e un poco di scherzoso compatimento dipinto sul musetto
segnato, Potter battè una mano sulla spalla del proprio migliore amico: “Si, si…
Ora andiamo via di qui, se Minnie ci pesca fuori dal letto sarà alquanto
difficile spiegarle cosa stavamo facendo col cadavere di Rem.” ridacchiò,
evitando per un soffio uno Schiantesimo lanciato alla massima velocità possibile
verso di lui.
Rotolò sul prato per qualche metro, ridacchiando come un matto, e
ritrovandosi disteso accanto a Peter, che lo fissava con un vago sollievo sul
viso paffuto.
Il
Cercatore sollevò in piedi il ragazzotto ferito e si fece passare il braccio
sano dietro la nuca: “Torniamo al castello, facci strada Paddy. Da bravo
segugio!” esclamò Jamie, abbassando la propria testa e quella di Minus per
evitare un povero e innocente sassolino lanciato verso di
loro.
“Piantala di fare lo stupido e pensa a non far cadere Peter.” lo rimbeccò
Black, trattenendo un sorriso rassegnato mentre s’inerpicava lungo i sentieri
che costeggiavano le serre di Erbologia, “Il nostro topolino con me è al
sicuro.” assicurò il moro con un gran sorriso, anche se l’espressione stravolta
e vagamente spaventata del ragazzino non era granché
rassicurante.
“Da
quanto sei sveglio?” bisbigliò a mezza voce Sirius, cercando di non farsi
sentire dai due amici, che camminavano lentamente poco più indietro; il corpo
tra le sue braccia ebbe un tremito, mentre le palpebre s’alzavano debolmente:
“Da quando Jamie mi ha passato il suo fazzoletto sul viso…” sussurrò con la voce
impastata dalla debolezza e dal sonno,
“Voi…-“
Il
ragazzo sospirò, sistemandoselo meglio in braccio: “Stiamo tutti bene, dormi
ancora un po’.” lo rassicurò, impedendogli di continuare a parlare, “La febbre
non accenna ad abbassarsi…” notò, mentre Lupin richiudeva stancamente gli
occhi.
Si
fermò nel mezzo del sentiero, lasciandosi avvolgere dal vento mentre l’amico,
nella sua stretta, tremava sofferente.
“Ragazzi, non possiamo tornare al castello.” disse all’improvviso Sirius,
senza voltarsi verso di loro ma intuendo dal loro silenzio ciò che stavano
pensando: “E non sono impazzito. Moony ha bisogno di noi, dobbiamo fargli
abbassare la febbre, ripulirgli le ferite. Se Poppy ci vede piombare in
infermeria con lui in queste condizioni e noi non tanto messi meglio, minimo
allerta Minnie e poi il preside.” dichiarò
Black.
Peter
annuì: “Andiamo al Lago allora.” propose il ragazzino, staccandosi gentilmente
dalla presa di James e avvicinandosi agli altri due; sorprendendo tutti, si levò
quel che restava del suo mantello e lo stese sul corpo inerte
dell’amico.
Inutile dire che venne praticamente stritolato da un James sull’orlo
delle lacrime per il suo gesto.
Il
Sole che poco dopo sorse su Hogwarts aveva quattro testimoni d’eccezione in
quella mattina di marzo, sulle rive del placido specchio
d’acqua.
Quattro ragazzi, quattro amici, stretti gli uni agli
altri.
L’alba li colse con James che, col massimo impegno possibile, cercava di
ripulire con un lembo della camicia i tagli vistosi che Peter aveva sulla
schiena, Peter che per inciso si lamentava di continuo, e con Sirius che stava
poggiato contro il tronco della quercia, con Remus addormentato sulle
ginocchia.
Assieme, meravigliosamente assieme, ignari della presenza furtiva e
commossa di una donna che li spiava da una delle più alte finestre del castello,
ignari che il loro patto segreto fosse stato scoperto a quel modo così ingenuo,
quasi bambinesco.
I
quattro, ovviamente, quel giorno non si fecero vedere a lezione, e anzi,
passarono la giornata a letto.
Fu
solo verso le cinque del pomeriggio, quando si svegliarono, e trovarono su
ognuna delle loro scrivanie un vassoio pieno di leccornie ancora calde, assieme
a un biglietto, che capirono di essere stati
scoperti.
La
calligrafia elegante, in rosso, poteva appartenere solo a una
persona.
Ma
non ne erano spaventati, anzi, sapevano che con lei il loro segreto era al
sicuro.
E
quando il mattino dopo la incrociarono nel corridoio, mentre si dirigevano tutti
e quattro, a rotta di collo, a lezione di Pozioni, non mancarono di farle un
profondo inchino, Sirius e James si azzardarono anche in un baciamano, Peter
abbozzò un “Grazie, professoressa McGrannit” e Remus… Beh, Remus le sorrise con
affetto, prima di venire trascinato via da un Sirius inquietantemente
ululante.
La
donna li osservò allontanarsi velocemente, e non potè trattenere un sorriso,
sperando che quell’amicizia meravigliosa durasse per sempre.