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Autore: RedMarauder    09/02/2011    8 recensioni
“Spera che supplicando le nuvole con il pensiero, la pioggia deciderà di fermarsi?” chiede una voce che non conosco alle mie spalle.
Mi giro, con un’espressione di totale stupore e irritazione sul volto. Ma la gente non si fa mai i fatti suoi?
Sto per replicare, ma perdo le parole prima ancora di poterle pensare. L’uomo sconosciuto davanti a me mi osserva con un sorriso tranquillo.Rimango a fissarlo, immobile, e il mio primo pensiero è: chi diavolo è questo uomo affascinante e bellissimo che mi fissa sorridendo?
leggere per capire:) piccola Jisbon notturna:)
buona lettura:)
Giada
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Patrick Jane, Teresa Lisbon
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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TRA INFERNO E PARADISO
 
 
 
INFERNO
 
 
Spengo la macchina e osservo l’assurdo temporale che sta inondando Sacramento da ieri pomeriggio. Ovviamente con un tempo del genere solo io, l’impavida agente Lisbon, potevo dimenticare l’ombrello!
Sbuffo per l’ennesima volta, chiudendo gli occhi, come se per miracolo, riaprendoli, trovassi un ombrello sul sedile del passeggero.
Apro gli occhi lentamente, ma ovviamente i miracoli non comprendono la comparsa di ombrelli in caso di bisogno immediato.
Continuo ad osservare la pioggia incessante che colpisce sonoramente il parabrezza dell’auto. Afferro la mia borsa, e mi preparo per scendere sotto il diluvio.
Ovviamente, proprio per via del tempo, gli abituali dipendenti del CBI che amavano venire al lavoro in bici o in moto hanno optato per la macchina, quindi tutti i parcheggi liberi sono anche lontani dall’ingresso.
Sbuffo maledicendo il baffuto metereologo che ieri sera ha annunciato ufficialmente la grossa perturbazione che avrebbe infradiciato la California. Infondo non dovrei prendermela con lui, ma con qualcuno un po’ più in alto. Ma siccome sono fondamentalmente religiosa, evito di cadere in subdole e inutili, quanto offensive, maledizioni.
Questa cosa, mio malgrado, mi fa sorridere: mia madre mi diceva sempre che ogni volta che offendiamo Lui, un angelo piange. Da piccola mi ha profondamente turbato questa storia, e ammetto che ancora oggi mi commuove.
Guardo la pioggia come se potesse impietosirsi davanti al mio sguardo e fermarsi, ma ovviamente non succede.
Prendo coraggio e apro la portiera, lanciandomi in una corsa rapida e scattante verso l’ingresso del CBI. Quando arrivo al coperto i miei capelli sono piatti e gocciolanti, la giacca nera sembra più scura di prima e i jeans sembrano appena usciti da una spruzzata di vernice più scura.
Sospiro, rabbrividendo per la pelle bagnata dalla pioggia fresca.
Salgo di malavoglia in ascensore e raggiungo il mio piano. Passo dal bullpen, dove i miei due sottoposti stanno lavorando al computer.
“Buongiorno ragazzi” li saluto stancamente.
“Ciao capo, piove?” mi chiede Rigsby ridendo.
“Davvero simpatico” rispondo sarcastica.
“Capo, Minelli ti sta cercando” mi annuncia Cho, alzando la testa dai dossier sulla sua scrivania.
Alzo gli occhi al cielo “Avrà altri curriculum da mostrarmi”
“Quando avremo un nuovo componente in squadra?” chiede curioso Rigsby.
“Quando Minelli smetterà di presentarmi nuovi candidati e si deciderà a concordare su quello che io sceglierò!” rispondo, dirigendomi nel mio ufficio.
“Ok, capito, fra molto tempo!” traduce Rigsby tornando a lavorare.
Lascio la mia roba nel mio ufficio, mi asciugo il viso e le mani con dei fazzoletti e mi dirigo subito nell’ufficio di Minelli.
Busso ed entro prima di aspettare la risposta, con Minelli posso farlo, lui ama la fretta e la rapidità.
“Signore!” lo saluto entrando e sedendomi di fronte a lui.
“Agente Lisbon!” mi sorride “Nuovi candidati per te e per la tua squadra” mi annuncia allungandomi una grossa pila di curriculum.
“Signore veramente io avrei già qualche candidato ideale” rispondo afferrando comunque le cartelline.
“Dobbiamo trovare un valido poliziotto Lisbon, devi vagliare tutte le possibilità esistenti” mi risponde lui fissandomi con il suo sguardo da capo severo, che non gli riesce per niente “ci serve una persona giovane, carica, e possibilmente piena di spirito di iniziativa. Abbiamo bisogno di un agente valido sul campo e anche in ufficio. Possibilmente che si intenda anche di computer e tecnologia, visto che l’ultimo ha quasi mandato all’aria il sistema di protezione dell’archivio!” commenta aggrottando la fronte al ricordo dell’ultimo agente in prova, bruciato dopo pochi giorni. Troppo maldestro e troppo lento per i miei standard.
“Di tutti i curriculum che ho visto sto preferendo quelli che hanno brevetti informatici e cose simili” confermo per tranquillizzare il capo “se assumiamo una persona preparata, il CBI potrebbe entrare nello spirito dell’avanguardia tecnologica investigativa!” scherzo sorridendo.
Minelli sospira, sorridendo suo malgrado “D’accordo Lisbon, trovami anche il sosia di Bill Gates se vuoi, basta che sappia sparare e che sia anche un valido poliziotto!”
“Una cosa da niente!” commento sarcastica.
“Ecco perche continuerai a prendere tutti i curriculum che ti passerò!” risponde sorridendo maligno.
Sbuffo “Signore sto controllando decine di curriculum ogni giorno, comunque ne dovrò scegliere solo uno e ho già dei validi candidati!” ribadisco
“Cerca ancora, scommetto che ne troverai tanti altri!” risponde lui sorridendo e lanciando il chiaro massaggio di andarmene nel mio ufficio e continuare il mio lavoro.
Sbuffo alzandomi dalla sedia “Agli ordini!” rispondo prima di uscire dall’ufficio.
Ritorno nel mio ufficio e comincio a leggere la montagna di dossier dividendo in due pile i candidati: “scartati” e “promettenti”.
Dopo tre ore incessanti di lavoro squilla il telefono.
“Agente Lisbon” rispondo. Ascolto il mio interlocutore per qualche minuto e poi riattacco. Mi alzo allegra dalla sedia: c’è un cadavere! Suona brutto detto così,  non sono felice che ci sia un cadavere, ovviamente, ma sono felice di avere una scusa per abbandonare quei dannati curriculum. Poi mi ricordo del tempo e del diluvio universale che sta invadendo Sacramento, e mi torna la voglia di continuare a lavorare al calduccio e asciutto posto sulla mia scrivania.
“Ragazzi abbiamo un caso, prendete le giacche per la pioggia!” annuncio entrando nel bullpen. Ovviamente il cadavere è in un bosco vicino al fiume. Che bella notizia!
Usciamo sotto la incessante pioggia e raggiungiamo il furgone. Il cielo è scuro e i nuvoloni sono sempre più minacciosi. Sembrano più le otto di sera, e non le 11 di mattina.
Mi siedo sul sedile del passeggero, Rigsby alla guida e Cho seduto dietro di noi.
“Come va con i curriculum?” chiede curioso Rigsby per fare conversazione.
“Sono infiniti!” sbuffo “io avrei già dei validi candidati, ma Minelli insiste per controllare tutti i dossier di tutti quelli che si sono presentati. Dice che dobbiamo trovare l’agente perfetto!” spiego alzando gli occhi al cielo.
“Quanti ne puoi scegliere?” chiede Cho.
“Soltanto uno” rispondo guardandolo dallo specchietto retrovisore.
“Perché a tutte le squadre del CBI è permesso avere cinque agenti, mentre noi siamo solo in quattro?” chiede Rigsby stizzito e sinceramente indignato per questa discriminazione burocratica.
“Veramente al momento siamo tre” puntualizza Cho, ironizzando.
Effettivamente essere solo in tre non giova alla montagna di lavoro che abbiamo, al momento.
“Le altre squadre sono come noi, tranne quella per i crimini minori, dove sono di più, ma solo per la continua ricorrenza di nuovi casi” spiego “Tutte le altre squadre sono composte da quattro agenti, come la nostra. Il quinto solitamente è un consulente, ma non tutti ce l’hanno”
“A cosa serve avere un consulente?” chiede curioso Cho.
“Ci sono molti aspetti positivi. È un civile, non ha il distintivo, quindi puoi usare qualche trucchetto mandando avanti il consulente per raggirare la legge, come parlare con un sospettato particolarmente pignolo, senza il suo avvocato. Inoltre, solitamente, sono persone molto preparate, qualunque sia il loro campo” rispondo “il lato negativo è che non essendo agenti non hanno la pistola, quindi devi fargli sempre da baby-sitter”
“Assumiamone uno anche noi!” esclama Rigsby entusiasta.
“Certo, ora apro ebay e ne cerco uno!” rispondo sarcastica.
Rigsby mi guarda perplesso e io mi spiego “Non è facile trovarli! È gente che si presenta alle forze dell’ordine perché vuole dare una mano oppure ti imbatti casualmente in loro e gli chiedi di collaborare, ma è raro trovarne qualcuno valido!”
“Peccato, poteva esserci utile!” commenta Rigsby.
“Un giorno, se ne troveremo uno, farò in modo di convincere Minelli ad assumerlo!” rispondo.
Arriviamo sulla scena del crimine, e ci prepariamo a scendere sotto la pioggia.
Ovviamente le giacche da pioggia proteggono fino a un certo punto, ma per fortuna la scientifica ha provveduto a coprire la scena del crimine con uno di questi tendoni di plastica bianca, tipici dei siti archeologici.
“Agente Lisbon, ben arrivati!” mi saluta il medico legale.
“Buongiorno dottore, che cos’abbiamo?” chiedo osservando il corpo.
Le nostre conversazioni sono ovattate dal rumore fastidioso della pioggia sul telone di plastica.
“Donna, molto giovane, direi fra i 20 e 25 anni. Non ha documenti con se, ma la polizia sta tentando di identificarla. Colpo d’arma da fuoco alla testa. Purtroppo la pioggia di questi giorni ha cancellato prove sul terreno e sulla scena del crimine in generale. Persino alcune scie di sangue sul corpo sono stata compromesse!” mi spiega dispiaciuto.
Sbuffo chiudendo gli occhi per ritrovare la calma: ora la pioggia rende ancora più complicato anche il mio lavoro. Perfetto!
“Raccolga tutti gli indizi possibili, cercheremo di lavorare su quello che otterremo!” spiego.
“Certamente!” risponde prima di rimettersi al lavoro.
“Capo l’hanno identificata” mi annuncia Cho, rientrando sotto il tendone bianco “Mary Seller, 25 anni, scomparsa dopo una lezione all’università di Sacramento. Vive qui con un paio di amiche, è originaria di San Diego” mi spiega.
“Bene, è già un passo avanti. Ora troviamo chi l’ha uccisa!” commento lasciando una preghiera silenziosa sul corpo di quella povera ragazza, oltre che alla promessa di catturare il suo carnefice.
In quel momento squilla il mio cellulare.
“Lisbon!” rispondo.
“Agente Lisbon avrei bisogno di parlarti quando tornerai in ufficio” mi annuncia la voce profonda di Minelli.
“In merito a che cosa?” chiedo. Ti prego, non altri candidati!
“In merito a un’idea che ho avuto per la tua squadra” mi spiega, rimanendo sul vago.
“Significa altri curriculum?” chiedo scherzando.
“No Lisbon!” risponde, scommetto che ha alzato gli occhi al cielo.
“Ok, allora sarò tutta orecchie!” rispondo con un sorriso. Minelli riattacca senza nemmeno salutarmi e io rimetto in tasca il cellulare sorridendo.
Esco dalla tenda e ritorno sotto la pioggia, correndo in direzione dell’auto.
Una volta al riparo, parto assieme ai miei colleghi per andare ad interrogare le amiche della vittima.
Il tutto sempre sotto questa dannata e maledetta pioggia.
 
A fine giornata abbiamo raccolto molte informazioni e abbiamo anche delle piste da seguire, ma cominceremo da domani. La pioggia non ha diminuito la sua carica nemmeno di una goccia.
Cho torna a casa, mentre Rigsby resta nel bullpen perché spetta a lui il turno di notte. Io vorrei tornare a casa, asciugarmi e rilassarmi al caldo sul divano, ma purtroppo mi toccano ancora tutti i curriculum, che in mia assenza, colpa di Minelli, sono raddoppiati.
Sospiro sedendomi alla mia scrivania e cominciando a leggerli. Minelli è già andato via, avevo troppo lavoro da fare per via dell’omicidio, così ha rimandato la nostra allegra chiacchierata a domani mattina.
Resto in ufficio per un tempo che mi pare infinito, e quando esco vedo Rigsby inchiodato a un piccolo televisore che guarda una partita di football. Sorrido, entro per salutarlo, poi raccolgo le mie cose ed esco.
Mi fermo davanti alla grande porta a vetri del CBI sospirando: fuori il paesaggio è sfuocato dal pesante muro di pioggia e io, ovviamente, devo rifare la stessa strada di stamattina fino alla macchina senza uno straccio di ombrello.
Alzo lo sguardo maledicendo le nuvole e resto ferma a fissarle, sperando di poterle convincere, con la forza del pensiero, a fermare la pioggia.
“Spera che supplicando le nuvole con il pensiero, la pioggia deciderà di fermarsi?” chiede una voce che non conosco alle mie spalle.
Mi giro, con un’espressione di totale stupore e irritazione sul volto. Ma la gente non si fa mai i fatti suoi?
Sto per replicare, ma perdo le parole prima ancora di poterle pensare. L’uomo sconosciuto davanti a me mi osserva con un sorriso tranquillo. È alto ma non molto, ha i capelli ricci e biondi, scompigliati, ma in modo elegante. I suoi occhi azzurri non mollano nemmeno per un secondo il mio viso. Il suo sorriso è strano e affascinante allo stesso tempo. Indossa un tre pezzi nero, con il gilet grigio scuro.
Rimango a fissarlo, immobile, e il mio primo pensiero è: chi diavolo è questo uomo affascinante e bellissimo che mi fissa sorridendo?
Vorrei riprendere le parole con cui stavo per replicare, ma tutto ciò che mi esce è soltanto un  “Mi scusi?”
L’uomo allarga, se possibile, ancora di più il suo sorriso e indica fuori dalla porta.
“Stava guardando la pioggia come se volesse fermarla con il pensiero. Mi faccia indovinare” mi scruta avvicinandosi a me “non ha preso l’ombrello, vero?”
Lo fisso ancora un po’ allibita per la sua improvvisa apparizione, poi mi riscuoto, sentendo un leggero moto di sfida impadronirsi di me senza motivo.
“Cosa glielo fa pensare?” chiedo alzando un sopracciglio.
“Se avesse con sé l’ombrello, ora l’avrebbe già a portata di mano. È evidente che lei sta per uscire, a meno che non si diverta a fissare la pioggia dalla porta, ma ne dubito visto che ha le chiavi della macchina in mano e un’espressione in viso piuttosto stanca e irritata!” mi sorride compiaciuto della sua deduzione.
Rimango a bocca aperta, e la richiudo velocemente.
È un ragionamento piuttosto logico, chiunque ci sarebbe arrivato!
“Si, non ho l’ombrello!” ammetto fissando il pavimento.
“Vuole un passaggio?” mi chiede sorridendo ancora e sollevando un ombrello blu a cui prima non avevo fatto caso.
Rifletto per qualche secondo: gita sotto la pioggia senza ombrello, o gita sotto la pioggia, assieme a un affascinante sconosciuto, riparata dal suo ombrello?
Opto, ovviamente, per la seconda!
“Grazie” rispondo sorridendo, e non so perché, ma sento le guance colorarsi leggermente. Forse per il suo sguardo: è talmente intenso che sembra che stia guardando direttamente nella mia testa!
Lui ricambia il sorriso, con uno decisamente più convinto e apre la porta, facendomi uscire per prima.
Un volta fuori tutti e due apre l’ombrello. Mi affianco a lui e usciamo dal portico. Appena fuori dalla protezione la pioggia comincia a sferzare violentemente il povero ombrello, che però resiste, e per la prima volta in quella giornata, sto camminando di fuori senza diventare una spugna imbevuta di pioggia!
Osservo con la coda dell’occhio l’uomo affianco a me, che nota il mio sguardo e mi sorride.
Ricambio il sorriso pensando che quest’uomo ha una curiosa dipendenza per i sorrisi.
“Dove ha parcheggiato?” mi chiede.
Devo concentrarmi per ricordarmelo “Laggiù” indico alzando il dito.
Lui mi sorride, ovviamente, e ci dirigiamo insieme verso la mia auto. Mi costringo a fissare l’asfalto coperto d’acqua, perché divento particolarmente distratta se lo guardo troppo a lungo, e la cosa mi irrita.
“Lavora al CBI?” chiede dopo due passi.
Alzo la testa “Si, sono un agente”. Risposta idiota a una domanda altrettanto idiota: esco al CBI alle 20 passate, è logico che ci lavoro!
“E lei?” chiedo. Altra domanda idiota.
“No, sono di passaggio” risponde. Risposta inaspettata.
“Capisco” . Non è un criminale, vero? Comincio a preoccuparmi.
“Tranquilla non sono un criminale” puntualizza sorridendo.
Lo fisso allibita. Come faceva sapere cosa stavo pensando? Deve essere una coincidenza.
Sorrido senza rispondere, persa nelle mie idee.
Nel frattempo arriviamo alla mia auto e lui mi accompagna fino alla portiera.
“Sono arrivata” annuncio aprendo la macchina con il telecomando “Grazie per il passaggio” lo ringrazio con un sorriso sincero e un po’ imbarazzato.
“Si figuri è stato un piacere!” risponde lui sorridente come sempre. Mi fa venire voglia di sorridere anche a me!
“Buona serata!” mi saluta mentre salgo in auto.
“Anche a lei” rispondo prima di chiudere la portiera.
Salgo in auto e lo saluto un’ultima volta con un sorriso timido. Abbasso lo sguardo mentre accendo l’auto e infilo la cintura, e quando lo rialzo lui si è già allontanato, verso l’altra parte del parcheggio.
Lo fisso dallo specchietto retrovisore. Sorrido, scuoto la testa e parto verso casa.
Quando sono a casa, stesa sul divano con una pizza, ripenso a quello strano uomo che ho incontrato.
È apparso dal nulla, non l’avevo mai visto in giro durante la giornata. Nel suo sguardo c’era qualcosa di strano. Mi sorrideva come se mi conoscesse da una vita. E il suo modo di osservarmi era intenso e mi faceva arrossire, anche solo ripensandoci ora.
Non so nemmeno come si chiama.
Per un momento penso di averlo immaginato, ma poi ricordo di essere tornata alla macchina senza una goccia d’acqua sui vestiti, quindi può essere stato solo reale!
Mi perdo a ricordare il suo viso, così bello e misterioso allo stesso tempo. Poi scuoto la testa tornando alla realtà.
Chiunque fosse, e qualunque fosse il motivo per cui era lì, è inutile farsi tanti pensieri: non lo rivedrò mai più, probabilmente, quindi problema risolto.
Vado a letto, ignorando quella piccola punta nello stomaco, che mi sta dicendo che forse, infondo, mi dispiacerà non incontralo ancora.
 
 
Arrivo al CBI dopo un’infinita coda mattutina, sempre per via dell’incessante temporale che comincia a far crescere i danni.
Questa volta sono munita di ombrello!
Entro nel bullpen, ma non faccio in tempo a salutare i ragazzi che Cho alza la testa.
“Ti cerca Minelli!” annuncia, sorridendo comprensivo davanti al mio sbuffo infastidito.
Alzo gli occhi al cielo, e vado direttamente nell’ufficio di Minelli senza passare dal mio.
Mentre sto andando vengo fermata da uno degli agenti interni.
“Agente Lisbon, il padre della vittima del vostro caso è arrivato, cosa faccio?” chiede.
Lo fisso per qualche secondo, cercando di rimettere a posto le idee.
“Ehm..” esito “Mandalo nel mio ufficio, arrivo fra cinque minuti!” rispondo.
Lui annuisce e torna da dove era arrivato. Corro nell’ufficio di Minelli, busso e apro la porta.
“Lisbon devo parlarti!” mi annuncia.
“Signore c’è un’indagine in corso, ho il padre della vittima nel mio ufficio proprio ora. Pensa di poter rimandare la nostra chiacchierata a più tardi?” chiedo tutto d’un fiato per la fretta.
Minelli sbuffa “Gli omicidi hanno sempre la priorità assoluta! Vai!” mi fa cenno di uscire. Lo ringrazio e torno nel mio ufficio, dove mi aspetta già il padre della vittima.
Se il buongiorno si vede dal mattino, per me è appena cominciato l’inferno!
 
 
Dopo aver parlato con il padre e di nuovo con le coinquiline della vittima, assieme a Cho, esco dalla sala interrogatori e torno nel mio ufficio, dove le silenziose pile di curriculum occupano ancora la scrivania.
Mi siedo sospirando e noto un foglietto di carta, da parte della segretaria di Minelli.
 
Agente Lisbon, l’agente Minelli le ricorda la riunione, dopo pranzo nel suo ufficio, assieme a Patrick Jane. Mi ha detto di riferirle che ha necessità estrema di parlarle.
 
Alzo gli occhi al cielo. Che cosa dovrà dirmi? E poi chi diavolo è Patrick Jane?
 
 
Dopo pranzo finisco assieme a Cho e Rigsby di parlare del caso poi li spedisco a seguire la pista di un fidanzato geloso.
Io mi trascino lentamente verso l’ufficio di Minelli e vengo bloccata per l’ennesima volta da Brenda, la nostra addetta stampa.
“Lisbon devo dire qualcosa ai media su quel ritrovamento!” esclama.
“Brenda se non corro subito nell’ufficio di Minelli quello mi licenzia, scusa dovrai accontentarti di aspettarmi!” esclamo e continuo verso l’ufficio del capo.
Busso ed entro come sempre.
“Signore eccom..” mi blocco perché Minelli non c’è. Tutta questa fretta e poi non si presenta?
Poi il mio sguardo cade sulla sedia che solitamente occupo io e alla vista di chi la occupa il mio cuore perde un battito e il cervello manda una scossa a tutte le sinapsi del mio corpo. Ancora non so spiegarmi il perché di quella reazione, ma succede.
“Salve!” mi saluta con il suo sorriso. Davanti a me c’è l’uomo che ho conosciuto ieri sera. L’uomo dell’ombrello!
“Salve” rispondo con un piccolo sorriso.
Avanzo nell’ufficio, come se qualcuno mi avesse appena dato un pugno sulla schiena. Mi siedo nell’altra poltrona davanti alla scrivania di Minelli e fisso l’uomo di fianco a me.
“Patrick Jane?” tiro a indovinare, ricordando il nome sul promemoria della segretaria.
“Si” risponde con un sorriso “Teresa Lisbon, giusto?” allunga la mano destra
“Già” confermo stringendogli la mano.
In quel momento penso al fatto che quest’uomo potrebbe essere il nuovo direttore del CBI, o un agente degli affari interni, e io ci ho allegramente passeggiato sotto la pioggia, come in un musical! Che cosa patetica!
Poi la porta si apre ed entra Minelli, che quando mi vede si finge sorpreso.
“Lisbon, è un piacere averti qui, aspettavamo giusto te!” mi sorride.
“Si” rispondo abbassando lo sguardo.
Minelli si siede alla sua scrivania e mi osserva “Vi siete già conosciuti immagino?”
“Immagina bene” risponde il tizio dell’ombrello, ora conosciuto come Patrick Jane.
Sorrido a Minelli senza aggiungere niente.
“Bene Lisbon, è proprio lui l’argomento di cui tento di parlarti da ieri” spiega il mio capo allegro “lui è il tuo nuovo consulente!” annuncia.
Rimango di sasso, spostando rapidamente lo sguardo dall’uno all’altro.
“Consulente?” chiedo conferma.
“Esatto! Volevo parlarti della necessità di avere un consulente in squadra, può dare una mano, e il signor Jane è particolarmente dotato!” spiega con la sua costante allegria per quella novità.
“In che senso?” chiedo curiosa.
“Oh, io sono molto bravo con le persone. So leggere le menti e sono molto capace in quello che faccio.” conclude sorridendo.
Lo fisso, continuando a cercare un barlume di lucidità, e mi rendo conto che per trovarlo devo staccare gli occhi dai suoi.
“Comunemente i consulenti come lui sono chiamati mentalisti” spiega Minelli.
“Leggi nel pensiero?” scherzo, ma  la sicurezza del suo sguardo mi fa passare un po’ la voglia di scherzare.
“Diciamo che interpreto le espressioni e le reazioni sul volto della gente. È la chiave di lettura della mente!” risponde con un sorriso.
Sto per replicare che è impossibile, ma lui mi blocca.
“Felice che tu ti sia ricordata l’ombrello oggi!” commenta sorridente.
Rimango a bocca mezza aperta, come una povera cretina.
“Quale ombrello?” chiede Minelli perplesso.
“Niente, è una storia lunga” brontolo abbassando lo sguardo e vagheggiando per distrarre Minelli.
“Comunque” si riprende il capo, dimenticando per sempre la storia dell’ombrello “ questo è il tuo tesserino. L’agente Lisbon è a capo dell’unità, devi essere sempre supervisionato da lei, o da altri della squadra, se Lisbon è d’accordo” si volta verso di me.
“Certo” rispondo guardando Minelli e il consulente con la coda dell’occhio.
“Ovviamente niente pistola, è vietato per i collaboratori” puntualizza Minelli.
“Nessun problema, detesto le pistole!” risponde allegro.
“Bene, inoltre ti è stata assegnata una scrivania e una linea personale telefonica” sorride a lui poi si rivolge a me spostando lo sguardo “Lisbon, spero concorderai con la mia decisione di assumere un consulente. Te ne avrei parlato prima, ma sono stato costretto ad agire prima di chiedere il tuo permesso!” scherza lui sorridendomi.
Sorrido anche io “Ha il mio consenso capo!” poi mi rivolgo a quello che, a quanto pare, sarà il mio collega “Benvenuto nella squadra!” gli sorrido amichevole.
Visto che dobbiamo collaborare, tanto vale iniziare col passo giusto.
“Grazie!” risponde lui con il suo solito sorriso radioso.
“Perfetto, è tutto tuo Lisbon!” annuncia Minelli entusiasta.
Ci alziamo salutando Minelli, e usciamo dall’ufficio dove vengo aggredita di nuovo da Brenda.
“Non posso ora, ho del lavoro da fare!” le spiego, fingendomi dispiaciuta, e afferrando Jane per un braccio, portandolo via con me verso il bullpen.
Lui mi fissa interrogativo, poi si risponde da solo prima che possa aprire bocca “L’addetta stampa!”
Lo fisso sbalordita.
“Ehi mi hai appena assunto per un motivo! Ti dimostro che so fare il mio lavoro!” mi risponde sorridendo.
Mio malgrado sorrido anche io, continuando a chiedermi come abbia fatto e poi raggiungo gli altri ragazzi che sono appena tornati.
“Cho, Rigsby, novità?” chiedo.
“Poche e poco utili!” risponde Rigsby sconsolato e bagnato fradicio quanto Cho.
Fuori la pioggia tormenta ancora la città.
“Ragazzi lui è Patrick Jane” lo presento avvicinandomi con un sorriso “il nostro nuovo consulente!”
Rigsby e Cho mi guardano poi passano a guardare Jane e sorridono entusiasti, Cho un po’ meno espressivo.
“Molto piacere Wayne Rigsby!” si presenta sorridente allungando la mano.
“Kimball Cho”
“Piacere di conoscervi!” risponde lui stringendo la mano a entrambi e sorridendo.
“L’hai trovato su ebay?” scherza Rigsby.
Alzo gli occhi al cielo sorridendo “No, l’ha assunto Minelli per noi!” spiego.
“Perché su ebay?” chiede lui curioso.
Sorrido “Indovina!” esclamo lanciando il gioco “così dimostri ai tuoi nuovi colleghi perché ho deciso di assumerti!”
“Giusto hai ragione!” risponde lui sorridendo  “ebay..” riflette “immagino che ci sia stata una vostra conversazione sulla possibilità di assumere un consulente e che tu, Rigsby, hai proposto, scherzosamente, di cercarlo su ebay” conclude soddisfatto.
Rigsby lo fissa entusiasta e strabiliato “Cavoli! Cosa sei? Una specie di sensitivo?”
“Naa, i sensitivi non esistono, io sono solo un mentalista, almeno così dicono!” risponde sorridendo.
Rigsby rimane letteralmente ammaliato da Jane, inutile dirlo!
“Là c’è la tua scrivania!” la indico con un dito.
“E il divano?” chiede con un sorriso.
“è tuo se vuoi, noi non l’abbiamo mai usato!” gli rispondo sorridendo.
“Ho sentito che avete problemi con un caso! Mettetemi alla prova!” mi dice sorridendo.
Ricambio il sorriso e gli passo il dossier, mentre gli spiego il caso “Una ragazza di 25 anni, uccisa da un colpo d’arma da fuoco, pistola calibro 38, ritrovata in un bosco vicino al fiume. Sospettavamo di un fidanzato geloso che la minacciava continuamente e di un’amica invidiosa di lei”
“Il ragazzo ha un alibi per il momento della morte” mi spiega Rigsby.
“Siamo punto e a capo!” sospiro lasciandomi cadere su una sedia. Osservo il nuovo consulente sfogliare rapidamente il dossier.
“Posso parlare con le coinquiline?” chiede dopo aver chiuso il dossier.
Mi alzo sorridendo “D’accordo!” acconsento “Vieni con me. Ragazzi voi chiamate il coroner per gli aggiornamenti”
“Si capo” risponde Cho.
Scendo disotto seguita dal mio consulente ufficiale. Ammetto che la cosa mi entusiasma. Ora anche la nostra squadra ha un consulente, e sembra pure bravo.
Corriamo verso la macchina con i nostri ombrelli e saliamo.
Quando partiamo Jane riprende parola.
“Voglio essere sincero con te, mi piaci come persona!” mi confessa sorridendo.
“Ok, spara!” rispondo ricambiando il sorriso.
“C’è un motivo per cui ho scelto di entrare proprio nella tua squadra, ed è perché il caso del serial killer John il Rosso è affidato a voi” ammette.
Mi volto a guardarlo “Perché è importante per te?”  chiedo.
Lui abbassa lo sguardo, e la sua espressione felice scompare per un attimo, lasciando il posto a una decisamente più abbattuta.
“Perché ha ucciso mia moglie e mia figlia!” mi confessa.
Rimango stupita, a occhi sgranati e bocca aperta, poi mi riprendo.
“Mi dispiace” dico sincera.
“è successo circa tre anni fa” mi spiega “voglio trovare quel bastardo e non mi fermerò finché non l’avrò preso!”
Annuisco “Puoi contare su di noi” gli dico “Ti farò avere il dossier delle indagini appena torniamo al CBI”
“Grazie” mi sorride sincero.
“Di niente” sorrido “doveri fra colleghi!”
Quando arriviamo a casa della vittima ci sono tutte e due le sue coinquiline che ci aspettano.
Jane, dopo essersi presentato, le osserva per un po’ e fa qualche domanda qui e là, ripetendo anche alcune domande già fatte da noi.
“Ok so chi ha ucciso quella povera ragazza!” mi annuncia.
Io lo guardo come se fosse pazzo “Ovvero?” chiedo.
“Loro due!” dice indicandole.
Loro lo guardano allibite “Ma che diavolo sta dicendo?” chiede una.
“Guardale Lisbon!” richiama la mia attenzione su di loro “nessuna cerca di negare, mi guardano solo come se fossi pazzo e fingono di essere in lacrime di disperazione per la compagna morta”
“E il movente?” chiedo ancora un po’ sbalordita dalla piega dell’indagine.
“Il movente? Non lo so ancora, ci devo pensare” risponde aggrottando le sopracciglia in un’espressione piuttosto buffa.
“Ho bisogno di un movente per arrestarle!” spiego passando lo sguardo da loro a Jane.
“Lo so, ci sto lavorando!” tornando alla sua buffa espressione.
Poi tutto succede in un secondo. La ragazza bionda scatta in piedi e tira fuori una pistola dalla tasca interna della felpa e ce la punta contro.
Porto la mano rapida sulla pistola, ma lei mi ferma subito “Non provare a sparare!” mi avverte “tira fuori la pistola lentamente e falla scivolare sul pavimento!”
Sospiro “Ok, ma manteniamo la calma” tolgo lentamente la pistola e la lascio scivolare sul pavimento, ma attenta a non farla andare troppo lontana da me.
Jane, spaventato dalla situazione, si affianca rapidamente a me.
“Perfetto!” si alza in piedi urlando la mora “sei completamente impazzita? Non bastava aver già commesso l’errore di uccidere Mary!” le urla contro inviperita.
“Sei tu quella che non è voluta tornare a San Diego! Se fossimo partite prima, tutto questo ora non sarebbe necessario!” risponde urlando la bionda.
“Io credo che vi avremmo ripescate comunque!” commenta Jane alzando le spalle. Le due si voltano furiose verso di lui.
“Chiudi il becco Jane!” sussurro incenerendolo con lo sguardo.
“Ok scusa” risponde lui tornando a guardarle “Dato che ci siamo perché non ci dite cos’è successo!” propone tranquillo.
La bionda sbuffa divertita “Quella stronza pensava di poterci scavalcare! Da mesi andava avanti una truffa all’università: vendevamo le risposte ai test più difficili, ma erano falsi. Facevamo un mucchio di soldi e con tutti ci giustificavamo, dicendo che il professore aveva cambiato le domande!”
“Facevamo un mucchio di soldi!” spiega la mora “ma poi Mary ha deciso di ritirarsi, perché secondo la santarellina era tutto troppo rischioso. Ha deciso di andare a cantare dal rettore. Volevamo minacciarla, solo spaventarla, ma poi questa cretina dal grilletto facile ha finito per ammazzarla!” sputò fuori con odio, rivolgendosi all’amica.
“Io? Sarebbe colpa mia? Chi era quella che non voleva tenere in mano la pistola? Perché non l’hai presa tu visto che sei tanto brava a sparare!”
“Sei soltanto una stupida, pensi di uccidere due poliziotti e di farla franca? Non hai capito niente Abby, finiremo in galera e sarà stata tutta colpa tua e della tua fottutissima pistola!” grida lei contro la bionda.
Abby, senza nemmeno rispondere, preme il grilletto uccidendo l’amica. Questo la distrae: abbasso Jane con me sul pavimento e mi lancio sulla pistola. La afferro, proprio nel momento in cui Abby sta per sparare a Jane, ma io sono più veloce di lei e riesco a colpirla al fianco, facendola stramazzare a terra dolorante.
Jane ha le orecchie tappate e una maschera di terrore dipinta in volto. Mi siedo accanto a lui sospirando e cominciando solo ora a sudare freddo, mentre i miei nervi si rilassano.
Ci guardiamo negli occhi, mentre lui sposta le mani dall’orecchio al cellulare per chiamare i soccorsi.
“Benvenuto al CBI!” gli dico con un mezzo sorriso.
Raggiungo Abby stesa sul pavimento.
“Se non avessi tirato fuori la pistola ora saresti responsabile di un solo omicidio, mentre ora hai ucciso le tue amiche e la condanna sarà molto più spietata. Arrivano i soccorsi” le dico premendo un cuscino di una sedia per tamponare la ferita.
Abby scoppia a piangere, i suoi singhiozzi fanno da sottofondo a Jane  che parla con i soccorsi.
“Mi-mi dispiace tanto” confessa scossa dalle lacrime.
“è un po’ tardi per pensarci” le rispondo, ma cerco di non essere dura.
In quel momento sentiamo le sirene del vicino ospedale arrivare sotto il palazzo. Jane esce per dare una mano ai paramedici.
Osservo il corpo della seconda ragazza senza vita, e aspetto i paramedici, fra i singhiozzi di Abby.
 
 
Ore dopo siamo nell’ufficio di Minelli. Io e Jane siamo seduti sulle nostre poltroncine. Minelli ci squadra dall’altra parte della scrivania. Noi fissiamo il pavimento, ogni tanto ci guardiamo a vicenda, oppure guardiamo Minelli, lui continua a fissare solo noi, con sguardo leggermente minaccioso.
Il tutto nel più totale silenzio.
“Una sparatoria?” chiedo poi Minelli interrompendo il silenzio stressante.
“Avete provocato una sparatoria?” chiede ancora.
“Veramente signore..” comincio io
“Non l’abbiamo provocata noi, ma quella pazza bionda” conclude Jane per me.
Minelli sospira esasperato “La ragazza come sta?”
“Guarirà, poi verrà trasferita in carcere” rispondo.
“Bene, direi caso chiuso” commenta Jane con un sorriso.
“Potete andare” dice Minelli sospirando “ma cercate di non cacciarvi nei guai la prossima volta. Ti ho appena assunto Jane, non vorrei già cercare un altro consulente!” commenta sarcastico.
“Sarà fatto!” sorride lui mentre insieme ci alziamo e voliamo via dall’ufficio.
Sorrido complice a Jane e vado nel mio ufficio a compilare le carte per il procuratore.
Dopo circa un’ora esco e scendo disotto per tornare a casa.
Quando esco dall’ascensore vedo Jane che contempla la pioggia fuori dal vetro.
Sorrido e vado verso di lui.
“Contempli la pioggia sperando che si fermi?” lo prendo in giro affiancandomi a lui.
Lui mi sorride sornione “Pensavo che ho dimenticato l’ombrello a casa delle assassine” risponde.
Sollevo il mio ombrello nero “Vuole un passaggio?” imito la sua richiesta con un sorriso.
“Volentieri grazie, è molto gentile da parte sua!” mi sorride lui aprendo la porta.
Apro l’ombrello e Jane mi prende a braccetto. Avanziamo sotto la pioggia, verso la Citroen d’epoca di Jane.
Mi fermo davanti alla sua portiera e tiro fuori un dossier dalla borsa.
“Questo è per te” annuncio porgendoglielo.
“Lavoro extra?” scherza aprendolo, poi rimane sorpreso. All’inizio la sua espressione e triste, ma poi mi sorride grato.
“Il dossier di John il Rosso. Grazie Lisbon!” mi ringrazia sorridendomi.
“Di niente. Sei ufficialmente parte della squadra, ora è anche un tuo caso!” gli rispondo “se può consolarti, so che un giorno lo prenderemo!” affermo sicura.
Lui mi sorride abbassando lo sguardo “Ci conto!”
“Un inizio emozionante eh!” commenta, tornando l’uomo sorridente di poco fa.
Rido “Già, dire niente male per essere solo l’inizio!”  commento.
“Preparati Lisbon, credo che questa sarà la nostra routine!” scherza, ma non troppo. Qualcosa mi dice che sarà veramente così!
“Già lo pensavo anche io! Ho l’impressione che per me oggi sia cominciato l’inferno!” ironizzo.
Lui ride aprendo la portiera della macchina “Non ti ho ancora ringraziato per avermi salvato la vita. Grazie Lisbon, sul serio” mi sorride grato.
“Dovere!” ricambio il sorriso, mentre lui sale in auto e apre il finestrino per parlarmi.
“A domani allora” mi sorride.
“A domani Jane” ricambio il sorriso e mi allontano.
Vado verso la mia auto mentre sento partire la sua.
Si, ho la vaga sensazione che questo Patrick Jane mi porterà dritta all’inferno!
 
 
 
PURGATORIO
 
Un anno dopo
 
 
Sono nell’ufficio di Minelli, che mi guarda come se volesse mangiarmi. Sono da sola, perché l’artefice di ogni mio problema si è dileguato dopo un “Scusami Virgil, non lo farò più!” e un  “Scusami tanto Lisbon!”.
Osservo Minelli poi sospiro e decido di parlare “Signore sa come è fatto Jane! Era necessario per catturare il colpevole!”
Lui mi fissa in silenzio ancora per qualche minuto, poi mi punta un dito contro.
“Lo sai Lisbon, ho capito che avresti firmato la condanna alla tua carriera una settimana dopo l’arrivo di Jane, eppure non ti sei mai tirata indietro, hai sempre sostenuto di voler tenere Jane nella squadra. Ammetto che sono d’accordo, perché è una risorsa importante, ma tu devi tenere a mente una cosa!” mi spiega.
Lo fisso aspettando il continuo del discorso.
“Patrick Jane è una razza senza controllo e molto, e dico molto, pericolosa. Lo so che quando ti guarda con quegli occhioni azzurri, con i suoi capelli biondi e ricci da angelo immacolato, ti sembra dolce e innocente, ma lui non lo è!” puntualizza Minelli, mentre la mia espressione diventa sempre più allibita “devi essere fredda nei suoi confronti, non farti ingannare dall’aspetto da angelo custode, lui è spietato ed è pronto a qualunque cosa pur di risolvere un caso. Tu devi impedire che combini danni, se può essere necessario sparagli, ti autorizzo, sono stato chiaro?” chiede, guardandomi serio.
Annuisco, sorridendo “Chiarissimo signore: impedire al mostro di attaccare, ricorrere anche alle armi!” riassumo e mi alzo uscendo dall’ufficio.
Vado nel mio ufficio e mi rilasso contro lo schienale della mia poltrona.
“Ehi là Lisbon!” mi saluta lui entrando allegro come sempre, e senza bussare, come sempre, nel mio ufficio.
“Ciao Jane” lo saluto.
“Che ti ha detto Minelli?”
“Che la prossima volta ho il permesso di spararti!” rispondo con un sorriso.
“Scherzava, vero?” chiede fra il divertito e il seriamente preoccupato.
“Non credo!” rispondo divertita dalla sua espressione.
“Lisbon tu ci credi negli angeli?” mi chiede Jane cambiando argomento improvvisamente.
Lo guardo e lui mi fissa sorridendo sornione.
“Si che ci credo, perché?” chiedo.
“Così era per chiedere. E come te li immagini?” mi chiede sorridendo.
Ecco dov’era il trucco!
“Occhi azzurri e capelli biondi, più o meno come te, ma più simpatici!” rispondo sorridendo e prendendolo in giro.
“Lo immaginavo!” mi sorride facendomi l’occhiolino e scompare dal mio ufficio, lasciando lì, sola e confusa, come sempre.
 
 
 
PARADISO
 
Tanti anni dopo..
 
 
Apro gli occhi e mi accorgo di essermi addormentata seduta sul divano del mio ufficio. Un divano enorme e bianco, regalo inaspettato di Jane di qualche mese fa.
Sorrido fra me ripensando al sogno che ho fatto: ho sognato quel giorno di pioggia in cui ho conosciuto Jane, sotto l’ombrello.
Che strano ripensare a quei momenti. Sembrano così lontani e così vicini allo stesso tempo.
In quel momento entra Jane senza bussare, e viene a sedersi sorridente vicino a me.
“Come mai sorridi?” mi chiede.
“Ho sognato il nostro primo incontro, strano vero?” rispondo.
“Forse ti mancavo!” mi sorride sornione.
Alzo gli occhi al cielo “Ci siamo visti l’ultima volta due ore fa!”
“è un sacco di tempo!” commenta sorridendo e avvicinandosi al mio viso.
Gli sorrido mentre posa le sue labbra sulle mie e mi regala uno dei nostri splendidi baci.
“Andiamo a casa?” mi chiede.
“Si” rispondo sorridendo e catturando di nuovo le sue labbra.
Scendiamo disotto e, solo ora, notiamo che sta piovendo. Ci guardiamo sorridendo.
“Hai l’ombrello?” mi chiede.
“Io no e tu?” chiedo a lui con un sorriso.
“Nemmeno io” risponde sorridendo. Poi si sfila la giacca e copre entrambi alzando le braccia,
“Non è proprio come quella volta, ma ci accontentiamo!” mi sorride mentre usciamo.
Esitiamo sotto il portico guardando la pioggia.
“Niente è come allora!” commenta sorridendomi.
Ricambio il sorriso “Noi siamo ancora qui” rispondo.
“Questo è vero!” si avvicina e mi posa un piccolo bacio sulle labbra.
Ci avviamo lentamente sotto la pioggia.
“E poi siamo sempre nello stesso inferno!” commento ridendo.
Lui si ferma e io con lui. Rimaniamo immobili mentre la giacca comincia ad inzupparsi di pioggia.
“Non è vero questo è il Paradiso!” ribadisce lui sorridendo.
Lascia scivolare via la giacca e la pioggia è libera di scorrere su di noi. Sorridendo mi avvicino e mi stringo fra le sue braccia, perdendomi nell’ennesimo bacio a cui non so resistere.
La pioggia fresca scivola lungo le nostre guance e si unisce al nostro bacio, mentre le nostre mani cercano il calore dell’altro.
“Ti amo” mi dice sorridendomi.
“Ti amo anche io” rispondo prima di baciarlo di nuovo.
Torno indietro con la mente a quel giorno sotto la pioggia. La mia vita è cambiata allora, ed è cambiata mesi fa e cambierà ancora, ma ciò che resterà sempre è lui, l’uomo per cui tutto, quel giorno, è cambiato.
Che sia Inferno o Paradiso, questa è la vita che ho scelto, e ci voglio rimanere, con lui, per sempre!
 
 
 
FINE
 
 
 
 
 
Dice l’autrice:
Buona sera donzelle!! So che dovrei scrivere per Never Ending, ma ho avuto l’ispirazione divina (visto il titolo) e non ho saputo resistere!!
Mi sono sempre chiesta: come si sono conosciuti i nostri fantastici e tanto adorati personaggi? Ecco come l’ho pensata!  Da lì è nato un susseguirsi molto dantesco di eventi (inferno, purgatorio e paradiso!)
Van Pelt non c’è, per la gioia di molte persone (come Giulia e Soarez, esempi eclatanti XD!!), perché come ci fa capire Bruno Heller stesso, Grace è arrivata dopo di Jane, quindi lei non compare nella mia storia!
Commenti? Li attendo desiderosa come sempre di sentire la vostra opinione! Spero che vi sia piaciuta!
Un bacione immenso : )
Giada
  
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