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Autore: WillowG    11/02/2011    2 recensioni
Ogni amicizia nasce da un incontro. Una serie di One-shot legate tra loro riguardanti i membri fondatori dell'AX. Come si sono conosciuti, e cosa li ha portati a creare l'AX.
Genere: Comico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Caterina Sforza, Vaclav Havel
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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file 05  Nuovo File … e finalmente arriva Abel!!! Adoro questo personaggio, e i modi in cui mi farà impazzire il buon Vaclav!!! XD
 Allora, dato che alla fine non ho scoperto che armi usa Havel, ho deciso di usare una mia assunzione: riguardando bene l’immagine dell’artbook da cui è nata “Memories”, mi pare che Vaclav non abbia il bastone (o quello che è!) come Pietro, ma a ben guardare, anche la sua divisa da Inquisitore è piuttosto differente da quella degli altri Inquisitori. Può essere per il fatto che non è un Inquisitore di Roma? O perché ci sono degli anni di differenza, e la divisa è cambiata? O perché è di un rango differente? Boh, dato che non so… provvedo con la mia fantasia.
 Comunque, ho trovato che la spada funziona bene per la mia fic, e almeno per questa mia storia, ambientata ai tempi in cui è un Inquisitore, prenderò la cosa per buona, e lo renderò uno spadaccino.
 Ho anche un altro piccolo dilemma: in TB, non è chiaro se i preti e le suore del Vaticano si possano sposare o meno. Con una mia amica ho avuto questa discussione, e siamo arrivate alla conclusione che i voti di celibato e castità siano stati o eliminati, o resi facoltativi. In fondo parliamo di un futuro post-apocalittico moooolto lontano. Anche la Chiesa può fare qualche cambiamento, no?
 Una delle cose che mi fa pensare questo è la motivazione per cui Alessandro viene fatto Papa, e non Francesco. Da quel che ho capito, Francesco non viene fatto Papa perché è un figlio illegittimo del vecchio Papa. Ma se questo avesse preso i voti da sacerdote, ovvero non potersi sposare ecc. allora anche Alessandro sarebbe stato un figlio illegittimo! Invece, da quel che ho capito, il fatto è solo che Francesco ha una madre diversa da Alessandro e Catherina. Mi sembra anche strano che non sia stata eletta Catherina, ma forse, il ruolo di Papa, dato che deve rappresentare San Pietro in terra, è l’unica carica, in questo mondo dove le donne possono essere cardinali, in cui deve essere eletto un uomo. O forse è anche lei una figlia illegittima… accidenti, tutto troppo complicato e poco spiegato.
 Boh. Ipotesi mie. Comunque, se in TB ci fossero i voti di castità, sarebbe davvero uno spreco coi bei tipi dell’AX e non solo! Soprattutto credo che Leòn finirebbe per entrare in una depressione profondissima!!! XD
 Se qualcuno sa qualcosa di più, può farmi sapere? Mi sarebbe molto utile per il continuo dei ricordi…
 Ok. Momento di pazzia finito. Si torna al File.

File 05

 - ABEL’S RETURN -

 Il parco di Villa Sforza era, nel pomeriggio soleggiato, un piccolo paradiso terrestre. L’aria era piacevole, non fredda, ma neanche afosa. Un venticello allegro sembrava accarezzare il tardo pomeriggio, assieme alle piccole creature che si affaccendano prima della sera, in un clima di pace e serenità, dove persino i compiti scolastici apparivano sotto una luce meno disgustosa. Per questo Catherina aveva deciso di seguire la sua guardia del corpo temporanea, l’Inquisitore Vaclav Havel, nel parco, portandosi dietro i libri di scienze.
 Beatrice aveva dovuto guardare due volte prete e Duchessa, per essere certa di aver visto proprio loro due uscire assieme dalla villa. E senza scannarsi. O meglio. Senza che Catherina cercasse di scannare Vaclav. Sebbene nell’ultimo mese, i due fossero diventati sempre più vicini, soprattutto dopo una certa serata in un certo locale, era ancora dura per il personale domestico accettare che i due non fossero più l’una alla gola dell’altro. Ma che anzi, certe volte era difficile intuire se era l’Inquisitore ad essere l’ombra della Sforza, o il contrario. I battibecchi c’erano sempre, a volte anche violenti (da parte della Sforza) ma ciononostante, era diventato difficile vedere la Duchessa senza la sua “ombra capellona”, come Irene continuava, imperterrita, a chiamare Padre Havel.
 -203 … 204 … 205 …- Il prete contava le flessioni, incurante del sudore che iniziava a farsi strada sulle tempie. Essere in servizio come guardia del corpo non era una scusa accettabile per non mantenersi in forma. Anzi, semmai era una motivazione in più. Non poteva mai sapere quando sarebbero stati richiesti i suoi talenti di soldato della Santa Inquisizione, ed era meglio essere pronti a ogni evenienza.
 Senza contare che l’allenamento aveva sempre avuto un effetto calmante su di lui. Il movimento sempre uguale, apparentemente monotono, era familiare e la fatica rinvigorente. In un certo qual modo, non lo considerava diverso dalle preghiere. Quasi una meditazione, ma, oltre che dello spirito, anche del corpo. Così, tunica da allenamento rossa ma senza paramenti sacri, Padre Havel aveva approfittato del pomeriggio libero di lezioni per fare un po’ di esercizio nel verde, seguito dalla duchessina.
 Vaclav si lasciò andare a un sorriso sereno, mentre cominciava a sentire i primi effetti benefici degli esercizi. I muscoli che cominciavano a scaldarsi a dovere, rendendo minore la fatica, la pelle che traspirava umidità, la mente che si svuotava…
 -Ne hai saltata una.- Puntuale, la voce della giovane Sforza distrusse la piccola serenità che andava formandosi nell’Inquisitore.
 -Non mi pare.- Sibilò Vaclav, con un tono che celava “sono io quello che fa fatica quindi non immischiatevi!!!”, ma che la bionda aveva deliberatamente ignorato.
 -Invece è così. L‘hai contata, ma non l‘hai fatta. Hai barato.- Havel abbassò il capo, soffocando in un sofferto sospiro la voglia di strangolare quella spina nel fianco ricciuta che era il suo incarico.
 -Mi sembra che si stia prendendo un po’ troppe confidenze, Duchessa.-
 -Mi pare naturale.- Rispose la ragazza, senza neppure sollevare gli occhi dal libro. -Sei la mia guardia del corpo, quindi devo passare quasi tutto il mio tempo con te alle calcagna. È solo fisiologico che mi prenda qualche piccola libertà.-
 -”Piccola”?!?- Il sibilo minaccioso dell’Inquisitore venne del tutto ignorato da Catherina.
 -Non vedo cos’hai da lamentarti tanto!- Sbuffò la ragazza, sfogliando una pagina, e iniziando un nuovo capitolo. -In fondo io me ne sto solo qui, buona buona a studiare, mentre tu fai i tuoi esercizi.- Ora la pazienza di Havel, di solito piuttosto abbondante, era diventata tragicamente scarsa. Una vena in rilievo su una tempia, e tic al sopracciglio.
 -E deve proprio studiare sulla mia schiena?!- Ringhiò, girando la testa quel tanto che il collo gli consentiva, cercando di fissare con aria feroce la sedicenne che aveva preso la sua colonna vertebrale per una panchina.
 -Mica è colpa mia se ha scelto l’unico angolo del parco senza panchine, Padre Havel.- Ribatté la giovane, senza neppure alzare gli occhi dal suo libro. Ricacciando in gola un ringhio, l’Inquisitore girò la testa. Quanto detestava quando la Duchessa aveva ragione … in un modo malato e piuttosto fantasioso, ma pur sempre ragione. Uno strano verso gli scappò quando il tacco basso di una delle scarpette ducali andò a colpirgli una costola.
 -Almeno non dondoli le gambe!!!- Sbuffò l’Inquisitore, tornando ai suoi esercizi, tristemente rassegnato. La ragazza roteò gli occhi al cielo.
 -Non ho fatto forte, non posso averti fatto tanto male…- E così dicendo, all’opposto delle sue parole, scostò delicatamente alcune ciocche di lunghi capelli bruni dal collo del prete, lasciato scoperto dalla tunica da allenamento, quasi una carezza di scuse. Rapido come se fosse stato colpito da una scossa elettrica, il ragazzo incassò il collo tra le spalle, lasciandosi sfuggire dalle labbra un sibilo. Gli occhi grigio azzurri si spalancarono a dismisura, sorpresi, per poi assottigliarsi, mentre la biondina ripeteva l’operazione, ricevendo la stessa identica reazione. Le iridi chiare scintillanti di maligna comprensione.
 -Tu soffri il solletico!!!- Ad avergli tirato una bastonata, il prete era sicuro che avrebbe sofferto meno. Quella della Duchessa non era una domanda. Ma una sentenza. Il corpo di Vaclav si irrigidì come una statua. Il sudore dell’allenamento trasformato in sudore freddo. Si trovò a deglutire a vuoto. Non aveva bisogno di voltarsi, per vedere il sorriso sadico e che si era formato sulle labbra rosa della Sforza.
 Da parte sua, la Duchessina stava assaporando ogni aspetto della sua scoperta. Ora capiva: dondolando le gambe, non stava facendo male al prete … gli stava solo facendo il solletico!!! La piega delle labbra si accentuò, mentre capiva il perché della lotta continua dell’Inquisitore col suo colletto. Di sicuro l’indumento pizzicava come un’ortica, e con un collo sensibile, doveva essere pura tortura. E ora, era venuto il momento di godere di questa scoperta. Senza perdere tempo, iniziò a passare le dita sottili sulla pelle scoperta del collo del prete.
 -La … la smetta subito!!!- Uggiolò dopo pochi istanti di coraggiosa resistenza il prete, tentando un tanto istintivo quanto ridicolo tentativo di scostare il collo dalle mani implacabili della ragazza, intramezzato da imbarazzanti risate isteriche, impossibili da soffocare del tutto.
 Catherina, da parte sua, non aveva alcuna intenzione di smettere. Se era possibile, quella era la scoperta più divertente che le avevano regalato gli ultimi tempi, decisamente migliore dell’Heaven’s Door, e non aveva di certo in mente di terminare tanto presto il suo divertimento. Non mentre Vaclav era alla sua totale mercè.
 -Signorina! Ma che mi sta combinando?!?- Carlo fissava i due totalmente allibito, i lunghi baffi facevano apparire la bocca più spalancata di quanto non fosse in realtà. La ragazza smise un momento il suo assalto, e il prete approfittò dell’attimo di distrazione per scrollarsi la Duchessa di dosso.
 -Hey!!!- Catherina emise un’esclamazione sorpresa, trovandosi all’improvviso con il ducale fondoschiena per terra. Un’occhiata glaciale raggiunse Vaclav, che però era troppo sollevato dall’essere fuggito alla tortura, per esserne davvero colpito.
 L’anziano autista, intanto, fissava con disapprovazione la sua Duchessa.
 -Signorina. Mi indigno per il suo comportamento.- Catherina ebbe la decenza di arrossire, consapevole dell’infantilismo delle sue azioni. Carlo sbuffò, non ancora soddisfatto. -È ancora troppo giovane per molestare sessualmente gli ospiti della casa!- Entrambe le mascelle di Inquisitore e Duchessa caddero a livello ginocchia, inorriditi e allibiti, mentre i volti prendevano una tinta bordeaux. Il grido partì all’unisono.
 -CARLO!!!-
 -Non faccia tanto la scandalizzata, Signorina!- Rise il vecchio, la sorpresa e la severità di pochi istanti prima sostituiti da un sorriso malizioso sul volto rugoso. -È così che vostro padre ha concepito vostro fratello Francesco … e anche lei, se è per questo. Il piccolo Alessandro, invece, è stato concepito in maniera meno appariscente… e dopo il matrimonio con la cara Duchessa Sforza.-
 -CARLO!!!- Le corde vocali di prete e Duchessa sembravano incantatesi solo sul nome dell’anziano, i volti, se possibili, ancora più paonazzi. Catherina per l’imbarazzo e l’accusa di essere paragonata al lato dongiovanni del carattere paterno, Vaclav perché per nulla interessato al modo in cui il suo capo e il suo incarico erano venuti al mondo. C’erano cose che era sempre meglio non sapere. E lui non era mai stato un tipo troppo curioso. Non d quel genere d’informazioni, almeno.
 Divertito dalle reazioni attenute, e dal passo buono di distanza preso uno dall’altra dai due giovani, l’autista tirò fuori dalla tasca due buste.
 -Venendo a cose più serie, sono appena stato in città, e sono passato a ritirare queste. Sembra che il Santo Padre sarà presto a casa.- Catherina prese con mani tremanti le buste. Una le era stata spedita da suo padre, il Papa, come testimoniava lo stemma sulla carta, mentre l’altra…
 -È di Abel!!!- Esclamò quasi in un cinguettio la giovane, aprendo subito la busta, impaziente.

 Cara Catherina,

 Come promesso alla mia partenza, ho fatto più in fretta che ho potuto, e difatti la mia missione si è conclusa prima del previsto.
 Ti scrivo questa lettera proprio mentre sto partendo. Può darsi che quando ti arriverà, io sarò già alle porte di Milano. O, ancora meglio, di Villa Sforza.
 Sono stato veloce come promesso, no?

 Affettuosamente,
Abel.

 Solo poche parole, scritte in una calligrafia che a malapena si poteva definire leggibile, ma che la ragazza lesse e rilesse più volte, un’espressione incredula e al tempo stesso gioiosa sul volto fanciullesco.
 -Buone notizie, Duchessa?- Chiese Vaclav, notando l’espressione estasiata sul volto della bionda. Troppo felice per pensare alle formalità, Catherina gettò di slancio le braccia attorno al collo del prete, dimostrando una notevole elevazione nel salto, data la differenza d’altezza tra i due.
 -Abel ritorna!!!- Stupito e mezzo soffocato dall’inaspettato gesto d’affetto, il giovane Inquisitore rischiò momentaneamente di perdere l’equilibrio, ma rispose con un sorriso gentile e ricambiando educatamente l‘abbraccio.
 -Sono felice per lei, Signorina forza.- Per i minuti successivi, Catherina non riuscì a fare a meno di sorridere, così felice da avere la sensazione che l’emozione fosse troppa perché il suo corpo potesse contenerla. Carlo e Havel ben felici di vederla, per una volta, piena dell’allegria tipica della sua ancora giovanissima età.
 Senza neppure che il terzetto se ne fosse accorto, il sole aveva iniziato a tramontare, colorando di una tiepida luce arancione ogni cosa. Così, prete e duchessina, iniziarono a raccogliere le proprie cose. Una volta pronti, la ragazza, spinta da un’insolita spensieratezza, lasciò indietro l’autista e la sua guardia del corpo, senza riuscire a smettere di saltellare di tanto in tanto. Il solito passo marziale e sicuro, sostituito da una camminata allegra e quasi fanciullesca. Carlo e Vaclav, intanto, parlavano placidamente tra loro.
 -Allora Padre, sa già quale sarà la sua prossima destinazione?- Chiese Carlo, senza accorgersi dell’improvviso irrigidimento della Duchessa, a pochi passi di distanza dai due uomini, a perfetta distanza orecchio. Vaclav scosse il capo, un sorriso mesto sulle labbra sottili.
 -No, non ancora.-
 -Quale destinazione? Che volete dire?- Catherina raggiunse all’istante i due uomini, gli occhi chiarissimi concentrati sulla figura alta e longilinea dell’Inquisitore, mentre un forte senso di inquietudine le si stava formando in petto. Vaclav dovette fare uno sforzo per non rinnegare ogni parola detta. Quegli occhi grigi lo fissavano in maniera così preoccupata, pregandolo quasi, per cosa non sapeva neppure lui, che anche parlare gli era diventato difficoltoso. Ma non poteva esimersi dal raccontare la verità.
 -Una volta che Abel, la sua legittima guardia del corpo, sarà tornato, il mio compito di sostituto sarà finito. Immagino per allora mi verrà affidato un nuovo compito. Probabilmente a Roma, o nel mio paese natale.-
 -C… capisco…- Una mano invisibile sembrò serrarsi attorno al giovane cuore della Duchessa. Sapeva bene che la presenza di Vaclav nella sua vita sarebbe stata solo momentanea. Ma con tutte le cose che erano capitate loro, se ne era completamente dimenticata. Che lo ammettesse o meno, aveva finito per affezionarsi davvero all’Inquisitore. Era tanto tempo che non le capitava più di legare così tanto con qualcuno. Ovvero da quando Abel era entrato nella sua vita. Anche Isabella, Arianna e Irene, erano sue amiche già da prima dell’orrida notte in cui aveva perso, oltre ai suoi cari, anche la capacità di affezionarsi agli altri.
 Carlo fece un sospiro. Da una parte non poteva che essere felice della reazione della sua Signorina. Era molto tempo che la giovane non lasciava entrare qualcuno nella sua scorza, a parte Abel, ovviamente. Aveva ripreso ad affezionarsi alle persone, e questo era solo un bene. Ma allo stesso tempo, una separazione in un momento così delicato per il totale recupero emotivo della ragazza, poteva causare danni ancora maggiori.
 I tre ripresero a camminare in silenzio. Ora la Sforza non saltellava più. Una parte di lei continuava a farlo, impaziente e felicissima di rivedere il suo adorato Abel, mentre un’altra, quella che si era affezionata all’Inquisitore, pregava che il prete occhialuto aspettasse ancora un po’ a tornare. E questa era la parte che più odiava. Si sentiva come se stesse tradendo Abel e questo era qualcosa che non poteva accettare.
 Le prime ombre stavano scendendo sul giardino, quando l’Inquisitore si bloccò di colpo. Il viso improvvisamente trasformato in una maschera severa. I muscoli tesi, pronti a scattare. L’udito, la vista, e ogni senso pronto a captare il minimo segnale. Le iridi scure scansionavano le ombre della sera, mentre rivolgeva una preghiera silenziosa al cielo. Sperava di essersi sbagliato. Lo sperava davvero. Ma l’esperienza e l’addestramento degli anni passati come prete guerriero non davano possibilità di errore. Nel giardino non erano soli.

 Catherina emise quasi un grido, quando il prete sguainò la grande spada a due mani che era solito portare alla cintura. L’arma ufficiale degli Inquisitori della Boemia. Più elegante e meno vistosa dei bastoni della divisione romana, ma in una lega d‘argento estremamente resistente e letale per ogni Vampiro. E la bionda sapeva che l‘improvvisa entrata in scena dell‘arma poteva voler dire solo una cosa…
 Erano sotto attacco.
 -Carlo. Portate via la Duchessa. Ora.- La voce di Vaclav quasi un sussurro, ma talmente autoritaria da non lasciare adito a repliche. Catherina era già pronta a ribattere, ma due figure saettarono fuori dai cespugli ben curati, le zanne e le unghie affilate scintillanti nella fievole luce, ormai innocua, del tardo tramonto.
 Gli occhi chiari della giovane si allargarono a dismisura, mentre un terrore istintivo s’impadroniva di lei. Era anche peggio di quel che temeva.
 Methuselah.
 E dal modo in cui le vene erano in rilievo, le zanne evidenti, e le pupille ridotte ad una linea verticale appena accennata, dovevano anche essere in preda a un forte attacco di Sete.
 Avrebbe voluto gridare. Ma le corde vocali erano paralizzate come il resto del suo corpo. Ricordi del passato che si mescolavano al presente, gelidi e spaventosi.
 Solo il clangore degli artigli dei Methuselah contro la spada dell’Inquisitore la fece tornare alla realtà. Vaclav si era subito parato di fronte a Duchessa e autista, deciso a non far avanzare oltre i due intrusi, che si ritrovarono ad indietreggiare, momentaneamente confusi dalla reazione del prete. Evidentemente non si aspettavano resistenza.
 -Andate. Ora!!!- L’ordine di Havel fece scattare Carlo, che afferrò gentilmente per un braccio la Sforza e la costrinse a seguirlo di corsa. Catherina lanciò un’ultima occhiata alla sua guardia del corpo, mentre i Vampiri, ripresisi, si lanciarono in un attacco feroce. Fece in tempo a vederlo mentre ne trafiggeva uno. E per un istante le mancò il fiato. I lunghi capelli mossi al vento, il volto severo su cui gli occhi scurissimi scintillavano, fieri e concentrati nella battaglia. In quel momento, Vaclav era il ritratto vivente di un guerriero dei tempi antichi. Di quei paladini di cui narravano storie ben più antiche dell’Armageddon. Questo fu il pensiero della bionda. L’Inquisitore non era soprannaturale ed etereo come il suo Abel, il suo Angelo, ma era comunque affascinante. Doveva ammetterlo, per quanto fuori luogo fosse la sua considerazione. Una fitta al cuore. Quanto avrebbe voluto che ci fosse anche il suo angelo a proteggerla, assieme all’Inquisitore…
 Insulti e frasi minacciose urlate dal Vampiro ancora in vita, e la giovane si mise a correre dietro al vecchio autista, una preghiera rivolta al cielo, perché questo incubo improvviso avesse presto fine.
 Solo pochi passi, e un terzo Methuselah si parò davanti ai due fuggitivi. Decisamente, quella sera, il Signore non aveva voglia di ascoltarla.

 Con un grido agghiacciante, uno dei vampiri venne trapassato dalla lunga spada. Un movimento brusco, e il prete estrasse l’arma, solo per infierire nuovamente sul vampiro caduto, terminandone la vita. Con la colonna vertebrale spezzata, gli aveva tolto ogni possibilità di rigenerarsi. Un’uccisione veloce. Il Vampiro non aveva neppure considerato la lunga spada dinnanzi a sé, lanciandosi a capofitto contro il prete. La Sete lo aveva reso imprudente. E Vaclav lo sapeva, come ogni Inquisitore. Quando in preda alla Sete, le capacità soprannaturali dei Methuselah aumentavano in maniera naturale, risvegliate dal bisogno di sangue. Ma questo a discapito del pensiero razionale. Molti Vampiri usavano la Sete come una droga da combattimento, per avere più forza e coraggio, ma come ogni droga, era un’arma a doppio taglio. Il Vampiro affetto, non era più in grado di valutare lucidamente le situazioni di pericolo, e finiva ucciso a causa di ciò. Come era accaduto in quel momento.
 La lama lasciò di nuovo il corpo ora senza vita della sua vittima, l’Inquisitore pronto a confrontarsi anche con l’altro Methuselah.
 Ma un grido lo fece voltare. Fu con orrore che vide un terzo Vampiro troneggiare su Catherina e Carlo, bloccando loro la via di fuga. Solo i riflessi allenati impedirono al moro di finire infilzato dai lunghi artigli del Vampiro con cui stava combattendo, decisamente inferocito dall’uccisione del suo compagno.
 Ciononostante, la mente dell’Inquisitore era molto più concentrata su Duchessa e autista. Come poteva salvarli? Come? Era lontano. Troppo per intervenire in tempo, anche se fosse riuscito a liberarsi in un sol colpo del Methuselah che aveva davanti. Non avrebbe mai fatto in tempo. E anche lasciare il combattimento in corso, era solo un suicidio inutile: il Vampiro avrebbe approfittando subito della schiena scoperta del prete e lo avrebbe ucciso ben prima che avesse raggiunto Carlo e Catherina.
 Che cosa doveva fare? Cosa?
 Chiuse gli occhi. Pochi, decisivi, frustranti istanti per prendere la sua decisione.

 Gli occhi del Vampiro erano malevoli, le sottili pupille appena visibili nelle iridi dorate.
 -Fine della corsa, Terran.- Le parole dette con disgusto, quasi come se Duchessa e autista fossero stati macchie di fango su un bell’abito. Catherina voleva chiudere gli occhi. Davvero. Perché vedere di prima persona la stessa fine che aveva fatto sua madre era davvero troppo. Era l’incubo peggiore che il suo subconscio avrebbe potuto procurarle. Ma non era un sogno. Era reale. E questo significava che non c’era risveglio, non c’era via di fuga. E lei non era una ragazza che scappava. Mai. Di fronte a nulla. Avrebbe visto la propria morte in faccia, qualunque essa fosse. Perché il coraggio era l’unica qualità che poteva trovare in sé stessa. O almeno, l’unica che voleva disperatamente avere.
 Quando vide le unghie del Vampiro allungarsi fino a diventare lunghi artigli affilati, ne fu certa. Era arrivata la sua ora. E questo, stranamente, la calmò. Non c’era più modo di fuggire. Era un fatto ineluttabile. Scappare, combattere, disperarsi, tutto inutile. Solo attesa.
 Non ebbe neppure il tempo di stupirsi per questa sua reazione di fronte alla morte, che un fascio di luce argentea le passò accanto. L’orrido rumore di ossa spezzate e carne infilzata. E una spada d‘argento, lanciata come un giavellotto, aveva trapassato il Vampiro.
 Il tempo di un battito di ciglia. E l’espressione sprezzante del Methuselah si trasformò in una di sorpresa prima, e di dolore poi. Le mani cercavano ancora di raggiungere l’impugnatura per estrarre l’arma, mentre cadeva a terra. La vita ormai sfuggita dal corpo, mentre il sangue si espandeva sul prato erboso.

 Vaclav si concesse un sospiro di sollievo. Li aveva salvati. Ma il sollievo fu di breve durata, mentre il Vampiro superstite, colto da furia vendicativa, lo attaccò. Il prete riuscì a scostarsi di lato appena in tempo, ma gli artigli riuscirono ad affondare nella carne tenera del braccio. Un sibilo di dolore uscì dalle labbra dell’umano. Disarmato e ferito, seppure non gravemente, il prete fece l’unica cosa che poteva fare al momento: evitare al meglio gli artigli dell’avversario, e dare a Carlo e Catherina il tempo di arrivare al sicuro, sperando che non ci fossero in giro altri Methuselah.
 L’odore del sangue caldo ebbe come un effetto eccitante sul Vampiro, che cominciò ad attaccarlo con maggiore fervore, senza dargli tregua. Presto Vaclav iniziò a sentire la stanchezza, i movimenti sempre più lenti e difficoltosi. Non avrebbe potuto evitare ancora a lungo gli assalti…
 -Vaclav!!!- Al suono del suo nome, il prete si voltò, solo per vedere la giovane Duchessa, a soli pochi passi dal cadavere del Vampiro infilzato nella spada, Carlo che cercava di trascinarla via a forza.
 Mille pensieri affollarono in un istante la mente di Havel. Perché Catherina era ancora lì? Perché non era scappata? Perché Carlo non l’aveva trascinata via subito?
 Non ebbe il tempo di rivolgere alcuna domanda. Evitò un nuovo attacco all’ultimo istante, perdendo l’equilibrio e cadendo a terra. Fece appena in tempo a mettersi in ginocchio, quando realizzò l’errore commesso: era finito in una posizione vulnerabile. E il ghigno sul volto del Vampiro era la prova che anche il suo avversario lo sapeva.

 Il Methuselah sorrise. Alla fine il Terran si era distratto, e proprio a causa delle stesse persone che stava cercando di salvare. L’Inquisitore si sarebbe accorto dell’errore commesso troppo tardi. Aveva abbassato la guardia, e il Vampiro non aveva intenzione di lasciarsi scappare l’occasione. Ora non aveva solo una missione da svolgere. Ora aveva anche da vendicare due compagni caduti. La mano già alzata, gli artigli sguainati.
 Poi uno sparo.
 Un altro.
 E un altro ancora.
 E il Methuselah cadde a terra, registrando appena il dolore infuocato dei proiettili d’argento che gli bruciavano le carni, prima che l’oscurità eterna lo inghiottisse.

 Padre Havel fissò stupito il cadavere che solo fino a pochi istanti prima minacciava di ucciderlo. Alzando lo sguardo, vide il suo salvatore. Pistola ancora fumante in mano, le lenti rotonde degli occhiali riflettevano la luce della luna, come i capelli argentei. Il crocifisso al collo risaltava sulla divisa scura da prete errante.
 Per un momento l’area fu immersa nel silenzio, interrotto solo dal fruscio dei passi del nuovo arrivato che si avvicinava ai tre. E quando fu a una distanza minore, Vaclav poté vederne il volto. La pelle diafana, quasi quanto i capelli, e dietro le lenti, due grandi occhi azzurri, che, appena abbassata la pistola, presero un aspetto mansueto, in contrasto con la letale precisione dei colpi che erano appena partiti dalla sua arma.
 L’Inquisitore sapeva chi era quell’uomo. L’aveva visto più volte, in alcune fotografie mostrategli da Catherina.
 -Abel!!!- La giovane Duchessa di Milano corse a perdifiato verso la sua guardia del corpo, quasi placcandolo. L’alta figura del prete albino barcollò leggermente all‘indietro, travolto dall‘irruenza della ragazza.
 -Catherina!- Rise l’uomo, aggiustandosi gli occhiali, mentre la ragazza lo lasciava leggermente andare. -Sono stato veloce come avevo promesso, no?-
 -Anche di più!- Sorrise la Sforza, gli occhi grigi scintillanti. -Proprio come avevi detto nella lettera!- Rassicurato dalla familiarità della bionda, Havel si concesse un sorriso e un sospiro di sollievo. Di certo, la guardia del corpo della Sforza aveva la qualità di arrivare nei momenti giusti.

 Se qualcuno avesse chiesto ad Abel quale fosse la cosa più bella del mondo, il prete non avrebbe avuto dubbi. L’espressione di pura gioia leggibile nel volto fanciullesco della giovane Sforza, sarebbe stato un lavoro degno dei più grandi artisti. E, seppur non avesse uno specchio per verificarlo, era certo di avere un’espressione molto simile in volto. Facendo fare una mezza giravolta alla ragazza, la posò gentilmente a terra.
 -Allora, Duchessa. Come è andata mentre ero via?-
 Catherina stava per buttarsi nei racconti, ma un mugolio alle sue spalle la interrupe. Il moro si stava alzando in piedi, una mano sul braccio ferito, Carlo accanto, pronto ad aiutarlo, se avesse avuto sbandamenti.
 -Padre Havel!!!-  Neanche il tempo di lasciare aprir bocca al prete albino, e la giovane Sforza era schizzata al fianco dell’Inquisitore, ed esaminava con occhio critico e preoccupato i tagli lasciati dal Vampiro, senza vedere la mascella penzolante di Abel. Da quando la sua Catherina si preoccupava per gli scagnozzi di Francesco? Perché, nonostante il pensiero comune, Abel sapeva essere piuttosto sveglio, e non serviva un genio per riconoscere, nella tunica rossa e nell’efficienza nell’uccidere Methuselah, un membro della Santa Inquisizione. E Catherina aveva di certo contribuito con varie lettere riguardanti Padre Havel. Ma da quello che aveva capito tra i due regnava una sorta di faida. Quindi, la preoccupazione evidente della ragazza aveva lasciato a dir poco sconcertato Padre Nightroad.
 Ignara della confusione del suo più caro amico, Catherina aveva terminato di esaminare, per quanto possibile nel crepuscolo, la ferita di Vaclav. Non era nulla di grave, un taglio poco profondo, ma che sanguinava dannatamente.
 -Stai sanguinando troppo.- Gli occhi grigi della ragazza fissi su quelli ebano del prete. -Devi subito farti vedere da un medico!-
 -La ringrazio delle attenzioni, ma non è il caso. È solo un graffio che sanguina un po’. Nulla di cui preoccuparsi.- Rispose con un sorriso il prete, per poi lasciarsi scappare un sibilo e una smorfia di dolore quando il dito della ragazza andò a piantarsi nella ferita. Carlo e Abel non poterono evitare una smorfia molto simile, improvvisamente solidali con l’Inquisitore.
 -Visto? Ti fa soffrire. Devi subito farti portare dal medico!- Continuò, imperterrita, la bionda, ormai entrata nel ruolo di crocerossina che non sentiva ragioni.
 -Non farebbe così male se qualcuno non ci piantasse le dita!!!- Ringhiò piano Havel, pazienza ridotta a brandelli.
 -Quel che si dice “mettere il dito nella piaga” …- Borbottò Carlo, accarezzandosi i baffi. Abel non poté essere più d’accordo con il vecchio autista. Forse la Duchessa non si stava preoccupando poi così tanto per la salute dell’Inquisitore… Intanto Catherina restava ferma nelle sue posizioni.
 -Devi farti curare! Non fare il testardo!- Le iridi scure dell’Inquisitore fecero un guizzo. Ma guarda te da che pulpito…
 -Da qualcuno avrò imparato, negli ultimi tempi…-
 -Non da me!- Ribatté sfacciatamente la Sforza, incrociando le braccia e impuntandosi. Havel emise uno sbuffo irritato dalle narici. Pazienza ormai ridotta ad un velo di fumo.
 -Questa è la battuta del secolo…- Il gelo artico che trapelava dagli occhi grigi della ragazza fece capire al prete quanto il suo commento fosse poco apprezzato. Havel stava già per scansarsi, convinto che una sfuriata fosse in arrivo, magari ai danni del suo braccio ferito, quando invece Catherina estrasse un fazzoletto candido da una tasca della gonna.
 -Fatti almeno fasciare con questo o dopo ti aizzo di nuovo contro Attila e Nerone…-
 -Sempre troppo gentile…- Commentò il prete, ma si abbassò comunque quel tanto da rendere più comodo per la bionda raggiungergli la ferita. Quando rabbrividì a causa di una stretta di troppo, Catherina bisbigliò un “scusa” appena percettibile, a cui l’Inquisitore rispose con un silenzioso cenno del capo e un lieve sorriso.
 Entrambi erano ignari dell’esplosione silenziosa scatenatasi nel prete albino, confuso oltre ogni dove. I due parlavano come se fossero pronti staccarsi la testa a morsi a vicenda (o meglio: come se Catherina volesse farlo!), ma si comportavano in maniera del tutto inversa. La sedicenne teneva all’Inquisitore, ed era davvero preoccupata per il suo benestare. E lui le era affezionato. Si vedeva nella gentilezza e nella pazienza che dimostrava nei confronti della ragazza. Il loro rapporto aveva una dinamica molto simile a quello che c’era tra lui e Catherina, seppure in maniera molto più aggressiva.
 Era evidente che quella tra il moro e la giovane fosse ancora una relazione acerba, certo. Ma questo non impedì ad Abel di sentire una fitta di gelosia farsi strada dentro di sé. Era certo che presto, quella relazione sarebbe maturata in un’amicizia molto profonda.
 Un fremito di paura e gelosia. Forse un’amicizia più importante di quella che c’era tra lui e la ragazza? Scosse il capo. No, non era possibile. Era un pensiero assurdo. Ma il tarlo malefico aveva intaccato, e scavava nella mente e nel cuore del Krsnik.
 -Sta riprendendo ad affezionarsi della gente.- La voce di Carlo lo fece distogliere dai suoi pensieri velenosi. -Una bella cosa, non crede, Padre?- Gli occhi sormontati da sopracciglia ispide fissarono intensamente Abel. Il prete albino fu quasi certo che l’anziano autista avesse intuito perfettamente ciò che gli passava per la mente, e sapeva bene di aver dato una frustata alla sua parte razionale, perché scacciasse quei sentimenti malsani, e lo portasse ad un ragionamento più lucido.
 E funzionò, almeno in parte. Una metà di Abel sorrideva, felice e orgoglioso che la sua piccola Catherina avesse finalmente ritrovato la forza di uscire dal suo guscio, e lasciare avvicinare altre persone, oltre a lui. Aveva avuto l’onore di essere l’unico punto di riferimento emozionale stabile della Duchessa per due anni. Era tempo che altri si affacciassero nella vita della giovane. Ma questo non significava che lui dovesse esserne felice.
 L’atra metà del prete albino, infatti, avrebbe voluto cacciare via l’Inquisitore, non disposta a lasciare posto ad altri nel cuore di Catherina. Le aveva promesso di proteggerla. Lei e tutti gli umani. La ragazza bionda dagli occhi grigi era la preziosa depositaria della sua promessa, non poteva perderla. Per nulla al mondo.
 Catherina intanto aveva terminato il suo lavoro sul braccio dell’Inquisitore, fermando la fasciatura improvvisata con un piccolo nodo. In pochi istanti, il fazzoletto stava prendendo una colorazione carminia, tamponando goffamente la perdita di sangue.
 -Devi comunque farti vedere.- Rimbeccò un’ultima volta la giovane, fissando negli occhi Havel, con un’espressione autoritaria, innaturalmente convincente nel volto di una sedicenne. Il prete annuì rassicurante.
 -Va bene, mammina…-
 -E non sfottermi!!! Sei sempre un prete!!!-
 -Un prete. Non un santo.- Puntualizzò Havel,  beccandosi un’occhiata inceneritrice, e una promessa di futuro dolore da una Catherina improvvisamente pentita della gentilezza mostrata verso la sua “guardia del corpo capellona”.
 In lontananza, intanto, si potevano udire i latrati inconfondibili di Attila e Nerone, accompagnati dagli ordini secchi e le grida dei servitori della casa, allarmati dai rumori e dagli spari di soli pochi minuti prima, e accorsi a cercare la loro Duchessa.
 Poco dopo, un gruppo capitanato da una Beatrice armata di fucile, aveva già raggiunto i quattro. Sospettosamente, sia Vaclav che Abel fecero del loro meglio per stare a distanza di sicurezza da Attila e Nerone, improvvisamente più interessati ai due preti che a cercare eventuali intrusi.
 -Vampiri! A Villa Sforza!!! E voi due, che stavate facendo?!? È vostro compito tenere lontani quegli esseri dalla Signorina!!!- La bisbetica governate aveva a malapena preso a riguardo il ritorno di Abel. E solo per iniziare una ramanzina. Ai danni sia di Vaclav che del prete occhialuto. Giusto per non farsi mancare nulla. Havel se ne rimase in silenzio. E non per un mea culpa, come avrebbe potuto dare da pensare il volto privo d’emozioni. Ma perché troppo allibito dal fatto che la governante se la stesse prendendo a quel modo proprio con lui e Abel, i due che si erano appena misurati con tre Methuselah, per poter anche solo esprimersi. Intanto, Padre Nightroad tentava goffamente di placare la furia femminile che era la governante.
 -Avanti, Signora Beatrice… non sia così arrabbiata…-
 -Per l’amor del cielo, donna!!! Questi due ragazzi hanno appena salvato la nostra Duchessa e questo vecchio ammasso di baffi e demenza senile! Non fare la solita vecchia bisbetica, e vedi di essere un po’ più riconoscente, miseriaccia!!!- Sia Vaclav che Abel avrebbero baciato Carlo, se non avesse avuto i baffi. Ma Beatrice non era per nulla felice dell’intervento dell’autista.
 -Il loro compito è prevenire i pericoli!!! Non far assistere la Signorina Sforza a certi spettacoli!!!- Ruggì la donna, indicando i cadaveri dei tre Methuselah. Carlo sbuffò come un toro, decisamente irritato dalla mancanza di buon senso della governante.
 -Meglio assistere a certi spettacoli che essere parte di certi spettacoli!!!- Ribatté il vecchio baffuto. -E poi, mi spiega come sono entrati, questi disgraziati?! Se non vado errato, tutto il perimetro del parco dovrebbe essere sotto il controllo del sistema d’allarme di cui Lei, Signora Beatrice, va tanto fiera!!!.-
 -Ci… ci sarà stata di sicuro una falla, un sabotaggio…- Borbottò la donna, rossa di rabbia e vergogna.
 -Insomma basta!!!- Esplose Catherina, stufa e per nulla dell’umore adatto per sentire i battibecchi di Beatrice e Carlo. Era stanca e spaventata, le immagini dell’attentato appena sventato che andavano a risvegliare ricordi terribili sulla notte in cui aveva conosciuto Abel. Voleva solo entrare in casa, tra le mura solide e familiari, magari davanti ad una tazza di tè o cioccolata calda, per cacciare via il freddo. Perché era solo il freddo,  che la stava facendo tremare come una foglia. Vero?
 -La Duchessa ha ragione.- Intervenne Vaclav, impedendo a governante e autista di ribattere, notando lo shock della bionda. -Non c’è tempo per discussioni. Potrebbero esserci altri Metuselah, e la Signorina Sforza va portata immediatamente al sicuro.-
 -Finalmente qualcuno di buon senso.- Ringhiò Carlo, lanciando un’occhiata di sbieco a Beatrice, che da parte sua sembrava sul punto di usare il fucile sul vecchio. Havel sospirò, disilluso, mentre recuperava la sua spada. Sentì molti occhi puntati sulla schiena. Tutti aspettavano ordini. Era chiaro da come i servitori seguivano ogni sua mossa. Perfino Abel e Catherina lo fissavano, in attesa di una sua parola. Si lanciò una maledizione. Aiutando la Sforza a mettere fine alla discussione tra Carlo e Beatrice, aveva involontariamente preso il comando dell’operazione. E il fatto che fosse l’unico soldato presente, e per di più un membro della Santa Inquisizione, di certo lo poneva come miglior candidato al ruolo di generale. Rassegnato e per nulla felice della carica improvvisata, espose un piano. Semplice e logico.
 -Ci divideremo. Un gruppo con Beatrice e Carlo scorteranno la Duchessa al sicuro nella Villa. Io e Padre Nightroad perlustreremo nella direzione da cui sono spuntati i primi due. Il gruppo coi cani da dove è spuntato il terzo.- Tutti annuirono, tranne Catherina e Abel, che esplosero, oltraggiati.
 -Cosa!? Stai scherzando! Sei ferito, devi farti vedere subito da un medico!!!- Ruggì la ragazza, lo shock completamente sostituito dalla rabbia. Anche il prete albino aveva le sue rimostranze.
 -Ehi!!! Perché noi due da soli!?! Non è giusto!!! Almeno prendiamo i cani!!!- Lo scatto delle fauci di Attila verso la mano del prete fu udibile da tutti. -Va bene. Lasciamo perdere.- Rettificò subito Abel, mettendosi a distanza di sicurezza dai mastini.
 Catherina fissò dritto negli occhi Vaclav per qualche lungo istante. Iridi ghiaccio contro iridi mogano. Abel si affiancò all’Inquisitore con un sorriso rassicurante. Alla fine la Duchessa emise un lungo sospiro. La rassegnazione apparve sul volto fanciullesco solo per un momento, subito sostituita da determinazione. Fu come se gli anni avessero fatto un’improvvisa corsa, rendendole il viso maturo e imperscrutabile.
 -State attenti. Tutti e due.- I due preti annuirono, rassicuranti. Né Abel né Vaclav potevano immaginare che quella scena di commiato si sarebbe ripetuta, uguale, molte volte negli anni a venire. Sia prima che dopo la creazione dell’AX. E prima di ogni missione.
 -Non si preoccupi! Ci penso io a Padre Havel…- Fece il prete albino, mostrando un entusiasmo fuori luogo, e dando una pacca giocosa sul braccio di Vaclav. Un mugolio di dolore in lingua straniera. Cinquanta per cento di possibilità di errore. E Abel aveva subito beccato il braccio ferito del prete in rosso. Con uno scatto meccanico e uno “scusa” da morto vivente, o in procinto di esserlo, l’occhialuto si costrinse a incontrare le fessure scurissime che erano gli occhi dell’Inquisitore, inquietantemente sullo stesso livello di quelli cerulei e colpevoli di Nightroad. Un lungo momento di teso silenzio, poi Vaclav si voltò, iniziando a incamminarsi nella direzione prescelta, seguito a ruota da Abel.
 La Sforza si lasciò scappare un sospiro. Ogni traccia di impassibilità scomparsa, mentre Carlo la guidava gentilmente verso la Villa. Non sapeva bene il perché, o meglio, lo sapeva, ma non voleva ammetterlo, ma non era del tutto sicura che lasciare le sue due guardie del corpo da sole e insieme fosse una buona idea…

 Le stelle erano apparse in cielo ormai da un po’, e Abel non riusciva più a mantenere la concentrazione. Gli occhi si rifiutavano di indagare tra le ombre sempre più fitte della sera, e le orecchie di individuare rumori fuori dalla norma. L’eccitazione della caccia e delle ricerca ormai solo un ricordo scomodo.
 -Ci stiamo allontanando un po’ tanto dal gruppo… non li sento quasi più…- Il mugolio scontento sembrò raggiungere appena i padiglioni oculari di Vaclav, esattamente come i latrati dei cani e degli uomini in perlustrazione dalla parte opposta del parco, ormai in lontananza.
 -Lo so.-
 -Non crede che sarebbe meglio essere un po’ più vicini? Sa, in caso di attacco… supporto a vicenda…- Per tutta risposta, l’Inquisitore continuò ad ispezionare la vegetazione, ignorando il suo compagno. La perlustrazione continuò ancora per un tempo che, almeno ad Abel, parve lunghissimo. Fino a quando questi esplose, annoiato e stanco.
 -Ha intenzione di esplorare tutto il parco, Padre?! Sono decine di ettari, lo sa?- Apparentemente, il prete bruno era insensibile ai lamenti dell’occhialuto. -Insomma!!! Ho fatto un viaggio da tre giorni in meno di ventiquattrore, non può avere pietà?!- Gli occhi scuri di Vaclav continuavano ad esplorare l’oscurità, l’orecchio più attento ai rumori della notte che ai piagnucolii del prete albino. Alla fine chiuse la palpebre con un sospiro. L’unica cosa che riusciva a sentire erano i latrati dei cani e degli uomini che battevano la zona. Non che potesse sentire davvero qualcosa, con tutto il baccano che stava facendo l’albino.
 -Almeno una pausa…- Il piagnucolio arrivò con la mano dell’occhialuto, aggrappatosi disperato al braccio dell’Inquisitore. Braccio ferito, ovviamente. Vaclav non seppe mai da dove prese la forza di non abbattere sull’istante Padre Nightroad. Ma questi seppe benissimo da dove riprese l’entusiasmo di tornare a controllare l’area. Gli occhi sottili di Padre Havel avevano la capacità pura e semplice di fargli produrre una dose di adrenalina non indifferente. E anche gli epiteti lanciati in rumeno e l’estrazione della spada dovevano averci qualcosa a che fare.
 Con un sospiro esasperato, l’Inquisitore cercò di evocare la sua logorata pazienza. Il dolore della ferita pulsante. Poi , mentre rinfoderava la sua arma, notò che la mano del suo collega si era sporcata di vermiglio.
 -Veda di pulirsi la mano. Non è saggio avere addosso odore di sangue.- Abel smise la sua agitata ricerca per fissare, timoroso e stupito l’Inquisitore.
 -Che… che cosa intende dire?-
 -I Methuselah che ci hanno aggrediti erano tutti in preda alla Sete. Se ce ne fossero altri, quasi sicuramente saranno nella stessa condizione. E in questo stato, l’odore del sangue li attirerà come api al miele.-
 -Non pensa che possano essere andati a cercare Catherina, mentre siamo qui?- Sibilò il prete albino, irritato per essersi fatto riprendere da uno degli uomini di Francesco.
 -No, non lo credo. In preda alla Sete, si saranno anche dimenticati del motivo per cui sono qui, penseranno solo a cercare la fonte di sangue. Che in questo caso, è me. Quindi, più la Duchessa e ogni essere vivente mi starà distante, più sarà al sicuro.-
 -Per questo ha voluto allontanarsi…- Mormorò Abel, colpito dal ragionamento di Padre Havel, ma altrettanto voglioso di prendersi a calci da solo: non conosceva i Methuselah da due giorni. Eppure non aveva pensato a quell’aspetto della faccenda. -Ma perché non l’ha detto anche prima, con Carlo e Catherina?!- Havel emise un lungo sospiro. Non gli era piaciuto omettere tale informazione al suo incarico. Ma non aveva avuto molta scelta.
 -La Duchessa Sforza non sa che ora sono una calamita per Vampiri. E quindi chiunque, compreso lei, Padre Nightroad, è in pericolo accanto a me. Non credo avrebbe accettato di buon grado sapere che la stiamo proteggendo da ulteriori nemici solo perché siamo uno spuntino più appetitoso di lei. Meglio dirle che stiamo solo cercando di coprirle il rientro alla Villa dando una mano agli altri uomini. Darle preoccupazioni in più mi sembrava un’inutile crudeltà. E poi non credo mi perdonerebbe il fatto che sto mettendo in pericolo la sua guardia del corpo appena tornata a casa.- Concluse con un sorriso gentile il prete. Abel annuì, comprendendo le ragioni di Havel. Ma dopo pochi istanti, il cervello dell’occhialuto arrivò ad accendere una lampadina.
 -Un momento!!! Allora vuol dire che fino a ora … sono stato in compagnia dell’equivalente umano di un’esca viva per Vampiri!?!- Il sopracciglio moro del prete boemo fece un tic irritato.
 -Non è che mi faccia impazzire l’immagine del sottoscritto ridotto a paragone di una larva attaccata all’amo, ma sì, è così.- Ci volle qualche lungo secondo perché Abel digerisse l’idea. Solo per comprendere un’altra cosa.
 -Un momento!!! Ma allora… io fino a ora ero in percolo!!!
 -Mi pare di avervelo appena detto…- Borbottò il moro, gocciolone sulla nuca, stranito dalla lentezza di comprendonio dell’albino, che ora puntava un dito accusatore contro di lui.
 -E lei lo sapeva!!! E non mi ha detto nulla!!!-
 -Effettivamente…- Ammise, Vaclav, portandosi una mano al mento. Un sorriso divertito sulle labbra.
 -Ma come ha potuto!!! Perchè non ha preso qualcun altro degli uomini!!! O i cani!!! Perché ha messo in percolo me!?!-
 -Vari motivi.- Ammise l’inquisitore, senza mostrare molto pentimento. -In primo luogo, mi fido di più di un Methuselah in preda alla Sete che di Attila e Nerone.- E qui Abel non ebbe possibilità di ribattere. -Secondo, nessuno degli uomini della Villa è davvero preparato a un incontro con un Methuselah, e sarebbe un problema serio in caso di un attacco. Il panico può far fare errori letali. Lei era l’unica persona presente con la preparazione adatta a fronteggiare un attacco, in caso di pericolo. Me lo ha dimostrato salvandomi la vita, solo poco fa. Per, cui tra l’altro, non ho ancora avuto modo di ringraziarla. E per concludere, Catherina avrebbe accettato di buon grado di non trascinarmi con lei da un medico, solo se fossi stato in compagnia di qualcuno di cui ha fiducia totale. E quella persona è lei, Padre Nightroad.- Abel rimase per qualche lungo istante in silenzio, colpito dalle capacità analitiche dell’Inquisitore. Ma alla fine non poté trattenere un sorriso.
 -Però, davvero non me lo sarei aspettato un ragionamento tanto fine da un soldato della Santa Inquisizione…- Fece il prete occhialuto, dando una pacca al braccio del moro. Quello ferito. Di nuovo. Un sibilo di dolore scappò tra i denti serrati del prete. L’albino fece un balzo all’indietro, maledicendosi internamente. Decisamente una parte di lui era fuori controllo, e desiderava far del male all’Inquisitore. -Ah!!! Mi spiace, mi spiace, non volevo…- Si affrettò a scusarsi l’occhialuto, agitando istericamente le braccia. Vaclav dovette raccogliere ogni goccia di autocontrollo rimastagli per non decapitarlo all’istante.
 -Non fa nulla. Solo non lo faccia di nuovo, va bene?- Il tono di voce era sempre gentile, ma Abel capì dalle scintille omicide che scaturivano dalle iridi ebano che in realtà, quello era un ultimatum. E anche se poteva avere più di un motivo per avercela con l’Inquisitore che gli stava rubando l’affetto della sua Catherina, non poteva di certo dargli torto se era irritato con lui. Il prete boemo era già abbastanza stanco e in pena da solo, senza avere a che fare con la goffaggine del prete albino.
 I due avanzarono, scrutando la zona ancora per alcuni minuti, giusto per scrupolosità. Ma ormai era chiaro che non v’erano altri Vampiri in zona. E tra le esultanze non troppo silenziose di Abel, i due preti si avviarono in direzione di Villa Sforza.
 Buona parte del percorso passò in silenzio, per la gioia di Vaclav. L’Inquisitore sentiva come il bisogno di pace. L’effetto dell’adrenalina ormai esaurito e la perdita di sangue, seppur non esagerata, lo avevano lasciato in uno stato di spossatezza. La spada d’argento appesa al fianco pesava. Non importava quello che gli avevano detto durante l’addestramento, e ancora meno quello che veniva ripetuto dai suoi superiori a ogni predica. I Methuselah erano persone. E lui quella stessa sera aveva posto fine alla vita di due uomini. Sapeva di non avere avuto scelta. Ma questo era il fatto che lo aveva spossato di più. Più della fatica e delle ferite.
 Si rese conto di essere immerso completamente nei suoi pensieri solo quando sentì Abel parlare.
 -Scusi, può ripetere, Padre? Non stavo ascoltando.- Il prete albino batté le palpebre, e ripeté la sua domanda.
 -Volevo dire… da domani inizieremo a lavorare insieme, io e lei, giusto?- l’Inquistore smise di camminare, del tutto impreparato alla domanda.
 -Non saprei, Padre Nightroad.- Ammise dopo pochi secondi, riprendendo la marcia. -Il mio incarico con la Duchessa Sforza sarebbe dovuto terminare al suo ritorno. Quindi, almeno in teoria, dovrei essere già destinato all’assegnazione di un nuovo incarico.-
 -Ah… capisco.- Mormorò Abel, tornando a fissare il sentiero. -E Catherina? Come crede che la prenderà?-
 -Non capisco che vuol dire.- havel cercò di mantenere una facciata neutrale, ma Padre Nightroad era bel lungi dal crederci.
 -Insomma, Padre Havel! Non può non essersene accorto! Lei… si è molto affezionata a voi, vero?- Un lungo minuto di silenzio, e alla fine l’Inquisitore rispose.
 -Sì.- La risposta ebbe l’effetto di una pugnalata al cuore per il Krsnik. E le parole successive di altre coltellate. -Ma mentirei se dicessi che il sentimento non è reciproco.-
 -Capisco.-
 -Ciononostante, non credo che la mia partenza sarà un grosso problema.- Abel alzò gli occhi di scatto sull’Inquisitore, per incontrare il sorriso gentile e allo stesso tempo triste del prete dai capelli scuri. -Lei ora è qui. Ed è la persona più importante per quella ragazza. La mia presenza non è più necessaria. Sotto ogni aspetto.-
 -Si sbaglia.- Si ritrovò a dire il prete Albino, prima ancora di sapere di aver aperto bocca. -Anche lei è molto importante per Catherina.-
 -Importante. Non indispensabile.-
 -Nessuno lo è al mondo.- Ribatté Nightroad. -Ma Catherina deve poter fare affidamento anche su altre persone. E non solo su di me.- Il mare di capelli bruni venne scosso da una cenno di diniego.
 -Questo discorso ha comunque poco futuro. Anche volendo, il mio tempo a Villa Sforza è finito.-
 -No, non ancora.- Sbottò quasi in un ringhio Abel, stupito egli stesso della sua determinazione a voler trattenere l’Inquisitore.
 -Cosa? Che volete dire?- Gli occhi ebano indagarono sospettosi quelli blu dell’altro uomo. Qualcosa nel suo tono aveva fatto scattare un campanello. Sentiva che Abel aveva trovato la fregatura.
 -Se non sbaglio, il suo lavoro qui doveva durare due mesi, giusto?- Chiese il prete albino, le iridi blu scintillanti, e un sorriso maliziosamente felino che avrebbe fatto l’invidia dello Stregatto.
 -Sì, è così- Concesse il prete moro, continuando a camminare. Il sospetto tutt’altro che accantonato.
 -Dunque, almeno per poco meno di un mese, lei sarà destinato a stare qui.-
 -Non se riceverò la comunicazione di un nuovo incarico.- Precisò l’Inquisitore, mentre l’espressione complice raggiungeva anche le sue labbra. Ora capiva dove l’altro stava andando a parare…
 -Oh, non lo riceverà, si fidi.- Ridacchiò il prete, sistemandosi le lenti sul naso. -L’incarico le è stato assegnato direttamente dal Cardinale Francesco. Anche se in teoria il bisogno della sua presenza è terminato, Cardinale Medici l’ha assegnata qui per due mesi. Per cui, fino al mese prossimo, non riceverà un nuovo incarico, e resterà qui! Nessuno dei suoi superiori oserà chiamarla al dovere prima del tempo stabilito dal capo della Santa Inquisizione. Quindi questo vuol dire che lavoreremo insieme ancora per un mesetto scarso!- Concluse trionfante, il petto gonfio d’orgoglio per il cavillo trovato. Vaclav intanto aveva un sorriso decisamente più deciso sulle labbra sottili, contagiato dall’ottimismo del collega.
 -E dopo? Cosa crede mi tratterrà ancora qui?-
 -Beh, è del tutto inutile preoccuparsi prima del tempo, no?- Rise Abel, dando una forte pacca giocosa sul braccio dell’Inquisitore. Solo il ruggito di dolore a malapena soffocato gli fece notare di aver colpito il braccio ferito. Di nuovo. Deglutendo appena, e ben consapevole della gaffe fatta, si voltò lentamente a fissare il volto del prete bruno. -L … Lo sa che non l’ho fatto apposta, vero?-
 -È per questo che le do dieci secondi di vantaggio.- Sibilò Vaclav, tra denti stretti, mentre alzava le iridi mogano a livello di quelle cristalline del prete occhialuto.
 Alle porte della Villa, Catherina si aggrappò spaventata a Carlo, quando un razzo in abito nero con sospettosi capelli candidi la sorpassò a velocità supersonica, seguito esattamente dieci secondi dopo da uno vestito di rosso con capelli bruni.
 Attila e Nerone rimasero per un momento confusi. Ma subito si ripresero, e abbaiando, scapparono al servitore che li teneva al guinzaglio, le code e i nasi frementi per la caccia.
 L’anziano autista emise un lungo sospiro, mentre la Duchessa lo liberava dalla sua morsa. Le cose si sarebbero fatte molto interessanti, da lì in avanti… non che prima fossero noiose… ma a quanto pareva, quello era il destino di quella villa e dei suoi abitanti.

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 Gli occhi blu di Suor Esthel erano il ritratto vivente dell’incredulità e del sospetto, mentre fissava Padre Havel, che, pur mantenendo la solita espressione gentile, cominciava a sentirsi a disagio.
 -Ehm … qualcosa non va, Esthel?- Chiese Abel, interrompendo momentaneamente il racconto. La suorina rossa scosse il capo, ma non cambiò espressione.
 -Nulla, Padre Nightroad. Solo che… Beh, non vorrei fare il Leòn della situazione… ma non ci vedo Padre Havel a perdere la pazienza a quel modo… e anche la Cardinalessa… chiedo scusa, Eminenza, Padre, ma è davvero dura credere che il racconto di Padre Nightroad sia su di voi…- La risposta causò uno scroscio di risa da parte di Know Faith e Catherina.
 -Forse le sembra che questa storia sia un poco inverosimile, Sorella Blanchett, visto che ci ha sempre conosciuto come siamo adesso…- Disse la Cardinalessa, una volta finito il momento d’ilarità. Il volto rilassato, mentre nel raccoglimento privato dell’infermeria abbandonava il peso del suo rango. A Esthel parve anche molto più giovane. E forse la sedicenne di cui Abel aveva parlato fino a quel momento, non era poi così lontana. Questo pensiero causò una risata spontanea nella rossa.
 -Oh, non tutta! La parte su Padre Nightroad era decisamente credibile…-
 -Sorella Esthel!!!- Esclamò oltraggiato il prete albino, mentre Havel e Catherina scoppiavano nuovamente a ridere.
 -Ammetto che la vicinanza con Padre Nightroad è stata una vera scuola per la mia pazienza …- Fece il prete moro, scuotendo il capo. Abel tentò di risollevare la propria dignità, esasperato dall’opinione che avevano di lui i suoi colleghi e amici.
 -Vaclav, ti ci metti anche tu?! Non ero così insopportabile!!!- Le iridi scure di Havel vennero attraversate da uno scintillio malizioso e divertito.
 -Vogliamo ricordare il giorno dopo il tuo ritorno? Quando abbiamo portato insieme a scuola Catherina?- Il prete occhialuto tentò ancora qualche debole protesta, ma oramai Padre Havel si era lanciato nel racconto.
 -Questo era un ricordo che preferivo evitare…- Mugolò sottovoce la Cardinalessa, sentita solo da Esthel, che, senza nascondere un sorriso, appoggiò il mento sulle mani, pronta ad ascoltare.

Fine File 05

 Chiedo scusa, avrei voluto inserire più cose in questo file, ma veniva troppo lungo, e l’ho diviso in due. Spero di riuscire a preparare il prossimo file al più presto …
 Ringrazio sempre The_Dark_Side che ormai è la mia commentatrice ufficiale!
 Grazie mille!!!
  
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