Summer Loving
"Sarà gioco o amore chissà? Nelle sere d'estate si fa!"
"Summer Nights" nella versione italiana "Sere d'Estate"
1° settimana.
Venerdì.
Alberto si appuntò mentalmente di insegnare a sua sorella a tenere la bocca chiusa. Ormai quasi tutti gli amici in comune gli avevano chiesto informazioni sulla continentale, metà di loro intendeva provarci con lei. Si auguro, per il suo bene, che fosse una racchia. Almeno avrebbe vissuto in pace le sue vacanze, senza dover combattere con uno stuolo di spasimanti ormone-dipendenti.
-Quindi domani arriva la continentale eh?- ecco, di nuovo quella domanda! Alberto si voltò di scatto, e fece per dare una rispostaccia, ma la voce gli morì in gola. Cristiano, il suo migliore amico nonché ragazzo di Bianca, prese posto accanto a lui, sedendo sulla sabbia, che era piacevolmente tiepida sotto il loro ombrellone.
-Mi stavi per mandare a quel paese?- chiese ridendo.
-Si!- ammise candidamente Alberto. - Sei tipo la millesima persona che mi fa questa domanda! Sono venuto al mare per rilassarmi e prendere una sana e attraente abbronzatura!- Cristiano rise. Lo trovava esilarante quando fingeva d'essere così vanesio. - Ma poi perché la chiamate tutti così? Ha un nome la povera ragazza!-
-Ah! Tu e l'iperbole! Un binomio inscindibile!- sospirò l'amico, con aria fintamente adorante. - Hai ragione, riformulo la domanda: quindi domani arriva Cecilia?- chiese nuovamente.
-Crì, non so neppure cos'è un iperbole!E non osare sottolineare la mia ignoranza!- rimbeccò l'altro, infilandosi gli occhiali da sole. - Ma grazie per il tatto. Avrei preferito non me l'avessi chiesto anche tu. Non ne posso più!- sospirò annoiato.
-Come sei permaloso! Cecilia penserà che tutti noi sardi siamo permalosi se continuerai a comportarti così!- Alberto si limitò a sogghignare. Si sdraio sul suo asciugamano, girandosi sulla schiena. Cristiano continuò. - é davvero bella come dice Bia?-
-Bianca esagera! é gasatissima per il suo arrivo e neppure se la ricorda! Di lei abbiamo solo una foto, in cui lei e Bianca avevano tipo sei anni. Credo rimarrà molto delusa. Per questo io preferisco non pensarci neppure. Non creo false aspettative, né per me né per gli altri.-
-Bia direbbe che sei arido di cuore, ma non hai tutti i torti!- convenne il ragazzo, lasciandosi scappare un profondo sospiro. - A proposito di delusioni...- la sua voce cominciò a incrinarsi.- Sai, Giorgia ci ha messo al corrente della vostra... rottura.-
Alberto sbuffò di rimando. - Rottura sarà lei... Di scatole però!Non siamo mai stati insieme, non l'ho mai toccata con un dito.- sbottò, tirandosi a sedere. - Scommetto che lei ha detto che l'ho sedotta e abbandonata.- Cristiano non rispose. Gli bastò guardarlo negli occhi perché Alberto capisse. - Mio Dio! é capace di farsi venire una gravidanza isterica pur di vendicarsi...-
-O costringerti a stare con lei.- concluse l'amico per lui. - La devi ignorare. Nessuno ci ha fatto troppo caso, comunque.- scrollò le spalle, voltandosi poi a guardare il mare... O a guardare Bianca seduta sul bagnasciuga, a chiacchierare con la sua amica Sabina. Sicuramente guardava Bianca. - I ragazzi dicono che vuoi tenerti il nuovo arrivo per te.- Alberto non rispose. Posò lo sguardo sulla schiena abbronzata della sua sorellina, cui bikini bianco risaltava ancor di più l' abbronzatura facendola apparire più scusa di quanto non fosse in realtà, invidiando lei e Cristiano per essersi trovati.
Molti ragazzi non avrebbero tollerato un simile affronto: l'adorata sorellina e il migliore amico insieme, da tanti era vissuto come un tradimento. Il ragazzo invece era felice, non avrebbe potuto affidarla a una persona migliore, e poi erano una bella coppia, ben assortita, di quelle in cui l'uno sopperisce alle mancanze dell'altro. Si conoscevano bene l'un l'altro e avevano un feeling incredibile. Forse non si sarebbero amati per sempre, ma non era detto il contrario.
Alberto ultimamente aveva avuto solo delusioni. Le ultime ragazze che aveva avuto la sfortuna di frequentate, inclusa e soprattutto Giorgia, erano delle bambine troppo cresciute: incredibilmente immature e con un quoziente intellettivo inferiore, anzi molto inferiore alla media. Era stufo di quel genere di appuntamenti in cui si annoiava terribilmente e desiderava solo tornarsene a casa.
Qualche volta aveva inventato delle scuse davvero terribili pur di mettere fine allo strazio.
“I miei sensi di ragno mi dicono che è successo qualcosa a casa! Mi dispiace, devo andare!” e scuse simili. Quando l'aveva detto ad una ragazza, e lei ci aveva persino creduto, si era chiesto se non avesse un futuro come attore.
Stefano lo tormentava per questo: ad Alberto piacevano le ragazze, quanto piacciono ad ogni diciannovenne, e aveva avuto le sue esperienze, ma non gli bastava che respirassero o che fossero ben predisposte nei suoi confronti. Non cercava una storia d'amore epica ma neppure una sterile storiella da una botta e via. Lo trovava degradante per ambo le parti. Purtroppo ancora non era sicuro di sapere cosa realmente desiderava. Aveva preso una decisione importante: per un po' niente ragazze. Si sarebbe schiarito le idee e finalmente avrebbe posto fine ai drammi e alle scenate di gelosia.
-No, non me la voglio tenere per me.- disse infine. - Io non ho la tua fortuna. Non ho trovato una ragazza che mi abbia conquistato. Il mio destino è quello di essere lo zio scapolo e affascinante.- rise, dando una leggera spallata all'amico. - E non credo di trovare miracolosamente la mia anima gemella in questa Cecilia.-
-Alby, sistemati la camicia! Ma non potevi pettinarti meglio?- Alberto lo considerò un grave insulto, lui che era sempre molto attento al suo aspetto fisico. Aveva indossato una camicia a maniche corte con una fantasia a quadroni, dei jeans scuri, che lo stavano facendo sudare copiosamente, nonostante l'aria condizionata che rinfrescava il terminal dell'aeroporto, ma che facevano la loro figura e le allstar bianche, praticamente un classico. Si riteneva quindi ben vestito per l'occasione. Si sforzò di ignorare le parole di sua madre: la donna era nel panico. L'aereo su cui Cecilia si trovava era in ritardo di quaranta minuti, e Giulio continuava a tartassarla di telefonate. Quell'uomo era decisamente troppo apprensivo per i suoi gusti. Doveva darsi una calmata o gli sarebbe scoppiata un'arteria.
-Okay, capito, sei leggermente nervosa, quindi vado al bar da papà e Bianca...- mormorò, defilandosi prima che sua madre lo costringesse a rimanere insieme a lei, ad assistere a una crisi di nervi molto prossima.
Quando raggiunse i due li trovò seduti ad un tavolino, sorseggiando entrambi un caffè, uno immerso nella lettura di un quotidiano, l'altra con il naso affondato tra le pagine di un romanzetto rosa. Prese una sedia da un tavolo vuoto li accanto e sedette.
-Sei fuggito anche tu?- gli chiese Angelo, ammiccando con aria d'intesa verso la figlia, che però era troppo presa nella lettura per prestar loro attenzione. Alberto annuì mentre si allungava verso la sorella, prendendo la sua tazzina, senza che lei muovesse muscolo.
-Uhm... Buono, sa di caramello!- restituì la tazzina alla legittima proprietaria dopo aver preso un sorso di caffè, quindi si alzò piano e aggirando il tavolino per arrivarle alle spalle lesse con tono inspirato: -“E JeanPaul la spinse sul letto con violenza, prendendola con tutto il suo virile ardore. La sua virilità si ergeva turgida come baluardo del piace...”-
-Alberto, e basta!- esclamò Angelo, mentre sollevava il giornale perché ne coprisse il volto arrossato per l'imbarazzo. Che la sua piccola Bianca potesse anche solo pensare al sesso era per lui fonte di grande imbarazzo.
Bianca sembrò ridestarsi dalla trance in cui era entrata. -Alberto! Smettila di ficcanasare!- lo rimproverò, chiudendo il librucolo di scatto e infilandolo lesta nella borsa. Fece per prendere la sua tazzina. - Ma me l'hai bevuto tutto!- piagnucolò, mostrando al fratello la tazzina di cui rimaneva solo il fondino di zucchero.
-Era buono! Qualsiasi cosa fosse era molto buono! E poi ne ho bevuto un sorso solo!- si giustificò lui, tornando a sedere. - Comunque poi me lo devi prestare quel libro!- Ridacchiò.
-é caffè al ginseng, è buonissimo ed energizzante!- Bianca si affrettò a replicare, con aria da grande intenditrice. Poi gli si accostò piano, con fare guardingo, per sussurrargli: - Comunque... Se ti interessa il genere...- ammiccò furiosamente e con un cenno del capo indicò la sua borsa, appesa allo schienale della seggiola. - La mamma ne ha uno scatolone pieno in soffitta, in caso tu voglia... Documentarti...-
-Mio Dio! Viviamo in una casa peccaminosa, noialtri!- esclamò il ragazzo, portandosi una mano al petto, fingendosi tremendamente scandalizzato.
-Ragazzi, finitela o...- Angelo fece per rimproverare i suoi figli, ma prima che potesse terminare venne interrotto da Clelia che chiamandoli e sbracciandosi dall'ingresso del locale, richiamava la loro attenzione: l'aereo doveva essere finalmente atterrato.
Angelo si voltò e le fece segno di raggiungerli. Probabilmente avevano ancora una ventina di minuti prima che Cecilia li raggiungesse, che senso avrebbe avuto aspettare in piedi come tante belle statuine?
***
L'aereo
atterrò con un sobbalzo violento. A Cecilia
sembrò stesse
rimbalzando per tutta la lunghezza della pista d'atterraggio. Non era
proprio il miglior atterraggio della storia, ma era comunque un
sollievo atterrare dopo aver sorvolato la costa per mezz'ora, girando
in tondo. Non che fosse stato del tutto tempo sprecato: aveva goduto
della splendida vista della costa sarda al tramonto. Aveva visto, tra
le altre cose, una lunghissima spiaggia ancora tanto affollata che
poteva vedere gli ombrelloni uno accanto all'altro, come tanti pois
colorati, e le persone che l'affollavano come tante brulicanti
formichine.
Un
simpatico vecchietto che le sedeva accanto le aveva tenuto compagnia,
il Signor Efisio Pinna per l'esattezza, che le aveva raccontato, che
le interessasse o no, vita e miracoli dei figli emigrati al nord
Italia, dei nipotini e di quanto gli pesasse essere un pensionato
dopo aver insegnato disegno tecnico alle medie per una vita intera.
Poi, come un vero gentiluomo, l'aveva aiutata a prendere il suo
bagaglio a mano dai vani sopra i sedili. A sua volta lei l'aveva
aiutato a prendere la sua valigia dal nastro trasportatore, sebbene
lui insistesse di essere in grado di farlo da solo.
A
Cecilia era sembrato il minimo da farsi per ringraziarlo: il volo,
seppure breve, sarebbe stato mortalmente noioso senza le sue
chiacchiere. Inoltre ne aveva non solo apprezzato ma anche ammirato
la discrezione: le aveva chiesto il suo nome e in cambio le aveva
dato il suo, aveva poi chiesto se si recava in Sardegna per le
vacanze, e nulla di più di questo.
Una
volta usciti dalla zona di ritiro dei bagagli l'uomo la
salutò con
una delicata stretta di mano e con una raccomandazione, in cui parve
infondere tutta la serietà di cui era capace :- Buone
vacanze
signorina! E stia attenta ai giovanotti sardi, che sono dei
mascalzoni!- Cecilia gli augurò a sua volta una buona serata
e
stranita l'osservò allontanarsi mentre lei si faceva da
parte per
non intralciare la fiumana di viaggiatori appena arrivati che
smaniavano solo di ricongiungersi con i propri cari, di tornare a
casa o molto probabilmente di cominciare le tanto agognate vacanze.
Non
sapeva dove guardare né chi cercare. Tanta era la gente che
affollava la sala d'attesa del terminal che dall'angolo in cui si era
rifugiata non riusciva a vedere granché, in ogni caso. Gli
altri
passeggeri appena atterrati venivano accolti da familiari o amici da
cui ricevevano abbracci e baci, e sentì di invidiarli per
l'allegria
e la felicità che riuscivano a esprimere e comunicarsi l'un
l'altro.
Lei non poteva certo aspettarsi tali dimostrazioni d'affetto, stava
per incontrare dei perfetti sconosciuti, o quasi.
Cercò
nuovamente con lo sguardo il suo compagno di viaggio, e lo scorse
accanto all'uscita. Salutava qualcuno, ma non riusciva a vedere chi
fosse, perché una famigliola in attesa le ostruiva la
visuale. Con
molta nonchalance si spostò di qualche passo: era curiosa, e
d'altronde non aveva altro da fare per ingannare l'attesa. Il Signor
Pinna stava in compagnia di un bel ragazzo abbronzato, alto e dalle
spalle larghe, a cui dava degli schiaffetti sul volto. Il giovane non
solo sembrava gradire quel gesto, come se fosse il massimo
dell'affettuosità, ma sembrava trovarlo molto divertente,
perché
rideva di gusto, e a Cecilia sembrò veramente bello, molto
più di
qualsiasi ragazzo avesse mai incontrato.
Obbiettivamente:
era un ragazzo davvero carino, ma nulla di esaltante, sia chiaro. Era
quel tipo di baldo giovine a cui, se ti dovesse passare accanto per
la strada, non rifiuteresti di dare un'occhiata... o anche due. Agli
occhi di Cecilia però, per qualche motivo astruso e
incomprensibile,
appariva come un adone.
Aveva
i capelli scuri, lasciati piuttosto lunghi così che si
poteva notare
come fossero mossi e come tendessero ad arricciarsi sulle punte. Non
riusciva a vederne il colore degli occhi, un gran peccato. I
lineamenti sembravano piuttosto lineari e nessun tratto era marcato
eccessivamente: la mascella era squadrata, ma non troppo, la fronte
sembrava alta, ma non poteva esserne sicura, mentre intuiva
chiaramente dal profilo che il suo naso era ben dritto e delle giuste
proporzioni, un perfetto naso greco. Per non parlare dei suoi vestiti
che, secondo il gusto della ragazza, erano perfetti e gli calzavano a
pennello, soprattutto la camicia che metteva in risalto le belle
spalle.
Cecilia
si impose di voltarsi immediatamente e arrossì violentemente
quando
si rese conto di stare fissandolo con più interesse di
quanto non
dovesse o volesse.
Quello
era proprio il tipo di ragazzo su cui Claudia si sarebbe fiondata
senza pensarci due volte. Immaginò come sarebbe stato se lei
fosse
stata come l'amica, se avesse avuto la faccia tosta di andare da lui
a presentarsi. La scusa l'aveva, grazie a Efisio Pinna, era il
coraggio che latitava. Prima che potesse accorgersi di ciò
che stava
facendo, tornò a guardarlo, trovando la conferma della sua
prima
impressione: non c'erano dubbi, era bello da nodo allo stomaco e mani
sudaticce.
-Cecilia?-
La ragazza si voltò di scatto: una donna accompagnata da un
uomo e
una ragazza pressapoco della sua età, le si erano
avvicinati, ma lei
era stata tanto assorta a fissare il bel sconosciuto che non se n'era
proprio accorta.
-La
Signora Marongiu?- chiese di rimando la ragazza già pronta a
tendere
una mano alla donna che ora le sorrideva con gran sollievo. Aveva una
folta criniera di riccioli neri, gli occhi azzurro cielo dal taglio
allungato cui colore risaltava contro la pelle del volto che era
splendidamente olivastra e compatta.
-Ah,
sei tu per fortuna!Mamma mia quanto sei diventata bella! Scusa, ci
aspetti da tanto? Sai, qualcuno...- si voltò a lanciare
un'occhiata
truce all'uomo appena dietro le sue spalle. -... mi ha trattenuta
altrove.- Clelia ignorò la mano che la ragazza aveva teso e
abbracciandola le schioccò un bacio su ogni guancia. -
Chiamami
Clelia, ti prego, non sono così vecchia!- rise poi, mentre
indietreggiava per lasciar spazio agli altri membri della famiglia.
Apprezzò il modo in cui Angelo le si approcciò.
Fu discreto e
sensibile all'imbarazzo di Cecilia: le tese una mano, strinse la sua
calorosamente e si chinò a darle un bacio su una guancia,
per poi
ritirarsi celermente. Si fece anche carico dei suoi bagagli,
nonostante le proteste della ragazza.
-Ciao
Cecilia!- da nessuno di loro però ricevette un saluto
caloroso come
quello di Bianca. Prima la ragazza le fece un serioso saluto
militare, per poi scoppiare a ridere e abbracciarla di slancio.
Bianca era una copia in miniatura di sua madre: avevano una
fisionomia simile, gli stessi occhi azzurri, e gli stessi capelli
riccioluti, anche se quelli della ragazza era d'un bel castano
chiaro, schiarito ancor più dal solleone sardo. Cecilia la
lasciò
fare, troppo imbarazzata per far nulla oltre allo stare ferma e
lasciarsi stritolare.
-Finalmente
sei qui! I giorni sembravano non passare mai!Vedrai, sarà
fantastico, sarà come avere una sorella! Ci divertiremo da
pazze, te
lo assicuro!- Una cosa bisogna dirla: Bianca era carina quanto
loquace. Ed era, in verità, estremamente carina.
-Andiamo
truppa!- esclamò poi Clelia, facendo segno ai suoi
“soldati” di
seguirla verso l'uscita. - Abbiamo ordinato delle pizze per cena,
spero ti piaccia la pizza Cecilia!- si rivolse poi alla ragazza, ma
senza darle il tempo di rispondere esclamò: - Aspetta!- si
fermò di
botto e per poco Bianca non le sbattè addosso. - Mi manca un
figlio
all'appello! Dov'è Alberto?- Chiese a Bianca, che scosse il
capo in
segno di totale disapprovazione.
-Mamma,
te ne sei accorta solo ora? Sono più di dieci minuti che
è
sparito!- Scrollò le spalle, indifferente alla misteriosa
sparizione
del fratello maggiore. Clelia sbuffò e borbottò
come una locomotiva
a vapore, inveendo contro il suo primogenito, per poi mettersi alla
ricerca del cellulare nella sua enorme borsa.
Cecilia
approfittò del momento di stallo per voltarsi ancora una
volta a
guardare il bel sconosciuto: era sempre lì, e
incredibilmente,
sembrava guardare nella loro direzione, anzi sembrava stesse
guardando proprio lei.
La
ragazza si voltò di scatto imbarazzata. Si era fatta beccare
a
fissare un ragazzo, che errore da principiante! E fu un errore che
ripeté, perché non poté fare a meno di
cercarlo ancora, voltandosi
stavolta con molta più prudenza e circospezione. Lui
continuava a
guardarla e lei non sapeva come comportarsi.
Il
signor Pinna a quel punto tirò il ragazzo per un orecchio.
Il modo
in cui il suo volto si contorse in una smorfia di dolore la fece
quasi scoppiare a ridere, e per non farsi scoprire a sghignazzare
delle sue disgrazie si voltò repentinamente dalla parte
opposta e
finse un colpo di tosse, coprendosi la bocca con una mano. A quel
punto però Bianca le si avvicinò, rivolgendole
qualche domanda a
proposito del viaggio e stordendola con la sua parlantina, e lei non
poté più voltarsi a guardare il ragazzo che tanto
aveva attirato la
sua attenzione.
-Clelia,
sta arrivando.- disse improvvisamente Angelo alla moglie, che smise
immediatamente di cercare di contattare il figlio via cellulare per
cominciare una ramanzina con i contro fiocchi, seppure il ragazzo non
li avesse ancora raggiunti. Qualcuno si voltò in loro
direzione, ma
i Marras non ci fecero caso. Cecilia non poté che pensare
che doveva
essere un'abitudine la loro, se anche l'opinione della gente, che li
fissava un po' incuriosita e un po' sconvolta, non sembrava contare
più granché.
-Oh,
finalmente! Albé, mi hai fatto prendere un colpo! Certo che
potevi
avvertire prima di sparire così!- lo rimproverò,
posandosi una mano
su un fianco e gesticolando con l'altra, che ancora stringeva il
telefono.
-Ma
io ho avvertito, siete voi che non mi avete sentito!- sentì
rispondere una ridente voce maschile, apparentemente i rimproveri
della madre non lo sfioravano neppure.
Quando
Bianca si zittì il tempo necessario perché fosse
libera di voltarsi
e salutare l'ultimo arrivato, restò di stucco. Il suo bel
sconosciuto era lì davanti a lei ed era... Alberto Marras in
carne,
ossa, pelle abbronzata, occhioni turchesi, capelli scuri e gran
sorriso sornione.
Quel
sorriso, Cecilia l'avrebbe imparato presto, era un tratto distintivo
di quasi tutti i componenti della famiglia Marras. Al contrario della
madre, che quando sorrideva mostrava la dentatura bianca e dritta con
degli incisivi lievemente sproporzionati, Alberto e Bianca avevano
ereditato dal padre quell'insolito sorrisetto furbesco, che a Cecilia
faceva pensare, per qualche motivo assurdo, ad un felino. Forse se un
gatto avesse potuto sorridere, l'avrebbe fatto proprio in quel modo,
incurvando gli angoli delle labbra in maniera così inusuale.
Era il
loro sorriso felino ed era un sorriso interessante, ma non instillava
in lei istintiva fiducia.
Stentava
a credere di aver fissato per tutto quel tempo proprio lui e al
contempo si sentì preda di un imbarazzo e una delusione
cocente. Si
diede mentalmente dell'ingenua: certo che guardava nella sua
direzione, teneva d'occhio la sua famiglia. Per un attimo aveva
creduto che lui davvero potesse essere interessato a lei ed era stato
un balsamo per il suo orgoglio ferito. La realtà era invece
ben
diversa e talmente deludente da risultare imbarazzante.
Quello
che Cecilia non sapeva era che invece Alberto fissava proprio lei.
Quando
si era allontanato dalla sua famiglia per andare a salutare il Signor
Pinna, suo ex insegnante di disegno tecnico, non immaginava si
sarebbe trovato nella perfetta posizione da cui osservare con
calcolata discrezione una bella e pallida biondina che a qualche
metro di distanza, circondata da una enorme valigia e un grosso
bagaglio a mano, sembrava attendere qualcuno. Era bella come una
bambola di porcellana, forse troppo magrolina per i suoi gusti, ma
nulla a cui qualche settimana nell'isola non potessero sopperire.
Il
vecchio signore aveva cercato di attirare nuovamente l'attenzione del
ragazzo, e solo con grande fatica e impiego delle maniere forti era
riuscito a riportarne almeno lo sguardo su di sé. I pensieri
erano
lontani qualche metro, aggrappati al bel visino della bambolina.
Sì,
era proprio carina, nessun dubbio a proposito.
-Tu
non me la racconti giusta, giovanotto! Non si fissano le signorine,
quante volte te l'ho ripetuto quando eri un ragazzetto? Devi pensare
a sistemarti! Non a fare il cascamorto!-
-Ma
come faccio a sistemarmi se non do un occhiata in giro, professore?-
aveva risposto il ragazzo, ridendo, che nonostante fossero passati
anni dai tempi delle medie, non riusciva a smettere di chiamarlo a
quel modo. - Non posso mica sistemarmi con la prima arrivata! Lo
diceva sempre anche Lei!-
-Lo
sai cosa intendo, scriteriato!- l'uomo gli aveva dato qualche
schiaffetto a mò d'ammonimento, cosa che con la mente
riportava
Alberto ai bei tempi andati, quando il Professor Pinna era il
più
temuto tra i più temuti docenti della scuola media
“Grazia
Deledda”, per i suoi modi un po' rudi e la fastidiosa
abitudine di
pretendere la perfezione dai suoi studenti. In realtà era
tutta
reputazione. E lui ci teneva, d'altronde aveva impiegato anni per
costruirla.
In
fondo però, e si premurava che restasse ben nascosto, aveva
un cuore
tutto di panna. E per Alberto aveva sempre avuto una predilezione,
dato il suo carattere vivace e la sua vispa e acuta intelligenza. I
suoi voti non erano mai stati eccelsi, ma ritrovarsi a chiacchierare
con un dodicenne come lui, era sempre stata fonte di grande
soddisfazione. Le sue opinioni erano sempre originali, e le
dichiarava con tanto zelo e decisione da essere riuscito più
d'una
volta a impressionarlo a tal punto dal convincerlo a dargli ragione,
nonostante sapessero entrambi avesse torto marcio. Lo adorava,
l'aveva sempre adorato e l'avrebbe adorato fino all'ultimo dei suoi
giorni, e la cosa era reciproca. Ma nessuno dei due l'avrebbe mai
ammesso.
-Lo
so, lo so! Ma io sono troppo giovane per sistemarmi, davvero,
professore, ma le pare possa sposarmi a diciannove anni? E poi non
è
colpa mia se ci sono troppe ragazze carine che mi tentano! Guardi,
sono una maledizione!- disse scuotendo mestamente il capo e lanciando
l'ennesima occhiata alla sua bambolina, prima di prendersi una bella
tirata d'orecchi.
-Ma
pensa te cosa mi tocca sentire! Figlio mio, dietro ogni grande uomo
c'è una grande donna che alza gli occhi al cielo, quindi
trovati una
brava ragazza, e sposatela prima che si accorga di che razza di
farabutto sei!- il vecchietto avrebbe potuto insultarlo con i
peggiori epiteti e Alberto non se la sarebbe mai presa a male. Era il
suo modo di esprimere il suo affetto, anche se piuttosto strano,
così
come era strano il suo pressante desiderio di vederlo ammogliato
entro il ventesimo anno d'età.
-Ah!
Alla fine l'ha visto anche lei “Una settimana da
Dio”! Grande!- a
quel commento Pinna gli tirò con ancor più forza
l'orecchio.
-Ma
che... Al manicomio mi manderai!- aveva esclamato l'uomo, mollando la
finalmente presa sull'orecchio del povero ragazzo, che pulsava
dolorosamente, era arrossato e probabilmente cominciava a gonfiarsi
ridicolmente. - Comunque, cosa ci fai qui da solo?- aveva poi
chiesto, cambiando repentinamente argomento. Di tanto in tanto
Alberto si voltava verso la biondina, e fu immensa la sua sorpresa
quando vide sua madre abbracciarla.
Non
seppe se ringraziare la sua buona stella, perché avere in
giro per
casa una bella ragazza è sempre un gran piacere, o
dispiacersi per
lei, che avrebbe avuto tanti zelanti pretendenti a ronzarle intorno.
Alberto escluso. Forse.
-Non
sono da solo, i miei sono qui da qualche parte. Siamo venuti a
prendere un'amica.- si voltò ancora verso quella che
ovviamente era
Cecilia. Lei lo guardava. Lui la guardava. Si sentì tronfio
come un
gallo in un pollaio. Si toccò l'orecchio dolente: e se
stesse
guardando quello? Riusciva a vederlo fin da lì?
Sì era gonfiato
tanto? Il Signor Pinna gli tirò l'altro orecchio, per
riportarlo
alla realtà. O per pareggiare i conti e farlo somigliare a
Dumbo.
-Ti
ho detto di non fissare le signorine! Non si fa!- il ragazzo si
sgonfiò come un palloncino forato. Certamente da quel giorno
l'avrebbero chiamato Alberto, l'elefantino volante.
Si
sarebbe mai ripreso da quella immane umiliazione? No.
-Comunque,
torna da tua madre, prima che si preoccupi, screanzato che non sei
altro!- gli diede un ultimo scapellotto a mò di carezza, e
lì si
erano salutati, con una vigorosa stretta di mano.
Ora,
mentre raggiungeva la sua famiglia, continuava ad osservare Cecilia:
più le si avvicinava più gli pareva carina.
Questo
era un enorme colossale problema, giacché si era ripromesso
di
rinunciare alle ragazze almeno per un'estate. Si maledì
d'aver
scelto proprio quella estate.
Quando
sua madre lo vide diede inizio a uno dei suoi melodrammi che
più che
intimorirlo lo divertivano, perché quando sua madre urlava e
sbraitava, non era mai realmente arrabbiata. Era del suo silenzio che
bisognava avere timore.
Finita
l'interminabile ramanzina, o a lui così parve, prese un
profondo
respiro e gonfiò il petto. Non vedeva l'ora di approcciarsi
alla sua
bella bambolina, mettere alla prova le sue innate doti da latin lover
e conquistarla con un solo affascinante sorriso e un'entrata di tale
effetto da rientrare negli annali. Si voltò verso le due
ragazze.
Bianca aveva già monopolizzato l'attenzione di Cecilia, ma
tentò
comunque un approccio avvicinandosi a loro, pronto a stendere la
giovane con il suo charme.
Le
ragazze si voltarono, la biondina arrossì, e lui le sorrise
di
rimando con fare sicuro, prima di cadere ai suoi piedi.
Letteralmente. Lungo disteso sul pavimento dell'aeroporto, per
l'esattezza. Era inciampato, apparentemente nei suoi stessi piedi.
Quella
sì che era un'entrata in scena che non avrebbero dimenticato
presto!
Una figuraccia di simili proporzioni é impossibile da
dimenticare.
Era epica, da guinness dei primati.
Lui
era Alberto, l'imbranato volante.
L'angolo dell'autrice:
Eccomi con un altro capitolo di questa storia. Il primo, per l'esattezza.
Sto cercando di infondere tutta la mia ironia in questa storia, che sto cercando di non prendere troppo sul serio, visto che scrivere Hopelessly devoted to you talvolta mi rende piuttosto malinconica, ho deciso di riequilibrare le cose cercando di scrivere qualcosa di allegro che possa riequilibrare il mio karma. U_U
Marypao spero questo capitolo sia di tuo gradimento, e grazie per la recensione e la chiacchierata (Noi ti adoriamo, o cioccolato! U_U). Sì, anche stavolta ho avuto problemi con l'html, ma anche controllandolo manualmente risulta tutto in regola, quindi lettori miei abbiate pazienza, sto combattendo contro NVU, ma non so se ne caverò qualcosa. T_T