Nature Boy
A little shy
And sad of eye
But very wise was he.
Nature Boy – Eden Ahbez
Guardandolo aggirarsi intorno all’isola
della cucina di casa Granger, Hermione
giunse alla conclusione che Ron fosse uscito definitivamente fuori di testa.
Non
che la cosa fosse un suo problema, certo.
Lei
con Ron aveva chiuso e questo era quanto. Hermione
era una persona troppo posata, troppo razionale, troppo matura per permettere a
una semplice sbandata di rovinarle la vita, e nonostante le lacrime salate che
ancora macchiavano il suo cuscino si ostinassero ad affermare il contrario, era
la sua mente a comandare. Mai, avrebbe permesso alle sue lacrime di avere la
meglio sul suo cervello, perché il cervello non l’aveva mai tradita. Era stato
il suo cuore ora martoriato a ingannare lei e la sua mente e ora era tutto
morto, come il suo cervello aveva predetto.
Hermione
fece una smorfia per cacciare via quei pensieri. Si liberò della vestaglia e la
gettò su uno sgabello in attesa che Ron dicesse quello che doveva prima di
essere libera di cacciarlo di casa senza avere rimorsi di coscienza.
A
vederlo così, però, infreddolito dal vento notturno di dicembre, intontito per
chissà quale ragione e concentrato sul tostapane, Ron non sembrò in vena di
chiacchiere e Hermione s’indispettì ancora di più di
quanto già non fosse.
Chi si credeva di essere per
piombare in casa sua in piena notte senza una buona ragione?
Un
vigliacco, ecco cos’era. Un bugiardo, un vile, un bifolco ignorante.
Hermione
si morse la lingua per zittire i suoi pensieri e il dolore che ne derivò non fu
niente in confronto all’improvviso senso di colpa che le pugnalò il petto nel
momento stesso in cui formulò quel pensiero. Una fitta di rabbia le colpì
nuovamente lo stomaco, rendendole impossibile rimanere ferma. Oh, no, non
sarebbe diventata una snob per colpa di Ron Weasley.
Non
gli avrebbe permesso di portarle via quel poco di stima che ancora aveva di se
stessa.
«Che
vuoi?» chiese lei senza neanche pensarci.
Non
pronunciò quelle parole a voce molto alta, ma spezzarono il silenzio che si era
andato a creare così all’improvviso che risuonarono tonanti.
Ron
sussultò e distolse la sua attenzione dal tostapane improvvisamente conscio del
luogo in cui si trovava. I suoi occhi appannati si puntarono su di lei e Hermione quasi si pentì di aver parlato. Lo sguardo di Ron
aveva sempre provocato in Hermione reazioni che lei
detestava perché impossibili da controllare. Lei odiava non avere ogni cosa
sotto controllo, e odiava anche gli occhi di Ron, soprattutto in quel momento.
«Niente,
Hermione» sussurrò Ron appena udibile, come se stesse
lottando per far uscire quelle parole di bocca.
«Non
saresti dovuto venire»
Lui
non rispose e Hermione dovette trattenersi per non
andargli vicino e scuoterlo per farlo tornare in sé. «È meglio che tu vada»
«Non
farmi andare via» disse Ron riscuotendosi brevemente dal suo stato di torpore.
«Tu devi spiegarmi, Hermione»
«Spiegarti
cosa?»
«Tutto»
Ron
le si portò davanti e le prese le mani con un gesto talmente fluido che Hermione non era riuscita a prevederlo.
«Mi
devi spiegare tutto quello che non capisco, Hermione.
Non c’è nessuno che mi spiega le cose come fai tu»
Hermione sentì le sue
guance arrossarsi e la sua ira crebbe tanto da bloccarle il respiro. Si liberò
della debole stretta di lui e si andò a sedere su uno degli sgabelli posti
intorno all’isola in modo da mantenere abbastanza distanza tra lei e Ron.
«Non
hai bisogno di me, hai Lavanda ora» pronunciare quelle parole le fece più male
di quanto avesse potuto immaginare. Una tempesta di rabbia e di dolore e di
tristezza e di lacrime era sul punto di scatenarsi e Hermione
ebbe la sensazione che se Ron non se ne fosse andato immediatamente lei non
sarebbe riuscita a gestire quel turbine di sensazioni esauste come aveva
intenzione di fare.
«No,
no, no» disse lui, scuotendo la testa, «Lavanda non è paragonabile a te, Hermione. Lavanda sarà anche la mia ragazza, ma non riesce
a spiegarmi tante cose. Certe volte sono io che devo spiegare a lei»
Un
grugnito sarcastico sfuggì dalle labbra di Hermione,
impossibile da fermare. «Io invece ho bisogno di te che mi spieghi le cose, Hermione, come oggi pomeriggio mentre sentivo la radio, ma
tu oggi pomeriggio non c’eri. E non me ne sono accorto finché non mi sono reso
conto che non avevo capito il significato di quella canzone – ed era una
canzone semplicissima, miseriaccia, ma io non l’ho capita lo stesso e tu non
eri lì a spiegarmela»
«Da
come parli sembra che tu abbia bisogno di una maestra più che di un’amica»
«No,
no, no!» Ron batté le mani sull’isola, indispettito dalla valuta mancanza di
cooperazione di lei, e abbassò lo sguardo sugli arabeschi irregolari del marmo
della superficie rimanendo in silenzio per un breve momento. «Ho bisogno di un’Hermione nella mia vita»
Ron
alzò lo sguardo con un accenno di trionfo ad illuminargli gli occhi, ma Hermione sospirò incapace di dargli le rispose per cui era
venuto.
«Sono
stanca, Ron» mormorò solo, alzandosi dallo sgabello e recuperando la vestaglia
gettata sul sedile accanto. «Torna a casa, mettiti a letto e ricordati di fare
tutti i compiti che ci ha assegnato Piton»
Hermione era quasi
arrivata alla rampa di scale che portava al piano di sopra, quando Ron trovò il
coraggio di aprire bocca.
«Faccio
schifo in pozioni»
«Perché
non ti applichi!» trillò lei quasi urlando. Hermione
si morse il labbro inferiore e lanciò un’occhiata all’oscurità del corridoio
superiore sperando di non vedere il volto di suo padre spuntare da dietro
l’angolo. Fece un grosso respiro per calmarsi, poi tornò a grandi passi verso
Ron, lo prese per un braccio e lo trascinò con violenza all’ingresso.
«Te
lo concedo, magari è stata tutta colpa mia. Ti ho viziato e ora non sei capace
di prenderti cura di te stesso a livello accademico. Ora però devi andartene.
Sei intelligente, puoi farlo»
«Spiegami
come» instette lui, appoggiandosi contro la porta per evitare che lei la
aprisse.
Hermione contemplò la
possibilità di lanciarsi alla ricerca del pomello nascosto alle sue spalle, ma
la vicinanza che quel gesto avrebbe provocato la fece desistere dal suo
intento.
In
compenso emise un grugnito, livida.
«Capiscilo
da solo»
«Non
ci riesco»
«Non
mi interessa»
«Non
è vero»
Hermione ridusse gli
occhi a due fessure e Ron capì di aver superato il limite. Immemore delle sue
precedenti preoccupazioni, lei gli si lanciò contro avviluppandolo in quello
che lui felicemente interpretò come un abbraccio e per un attimo Ron sembrò
aver ritrovato la pace. Poi la porta si aprì e Hermione
lo spinse fuori con tutte le sue forze ignorando il sorriso di lui spento
all’improvviso per lasciare spazio a un rinnovato sconforto.
«Dico
sul serio, vattene»
«Rimango
qui, Hermione. Anche una settimana, finché non mi fai
entrare»
«BENISSIMO!» urlò lei,
esasperata «Vuoi dormire davanti casa mia? Fai come vuoi! Muori di freddo, sei
il benvenuto»
Hermione lo trascinò per
qualche passo lungo il vialetto, poi gli lasciò il braccio e tornò sui suoi
passi, furibonda.
«SEI LA MIA
MIGLIORE AMICA, MISERIACCIA!» strillò lui a pieni polmoni. Hermione
si girò a guardarlo un’ultima volta, con gli occhi piani di rabbia e lacrime.
Poi
la porta si chiuse con un tonfo sordo.
To be
continued…
Mai una volta che io tenga fede al mio conto dei capitoli
originale. xD
Olrait, questo è quanto per oggi. Come avrete notato è un capitolo
piuttosto di passaggio, ma il lato di Hermione
meritava di essere raccontato C:
Ho già ringraziato chi ha commentato nella casella delle
recensioni, perciò qui sotto mi limiterò a ringraziare tutti coloro che hanno
messo la storia tra le seguite o le preferite o anche chi solo ha letto.
GRAZIE!
Come al solito ogni commento è ben accetto C;
A presto!
Gaia