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Autore: LaMicheCoria    13/02/2011    6 recensioni
La vita di Spock, un'infanzia combattuta tra l'Umano e il Vulcaniano e un regalo, una fiammella insignificante nella luce del giorno, ma indispensabile nel buio della notte
Raccolta in ordine cronologico di momenti della vita di Spock, prima, durante e dopo la TOS, vista "attraverso" lo sguardo cieco di due occhi color miele. Un primo tentativo di Long Fiction, se tale si può definire
Genere: Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Spock
Note: Raccolta, Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Un'Infanzia a Metà'
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2250

Capitolo: 6
Personaggi: Lady Amanda, Spock
Musica: Lullaby For a Stormy Night, Vienna Teng
Note: Non sono io ad essere in ritardo, ma il mondo ad essere in anticipo! LOL! Ultimo capitolo ambientato su Vulcano!
Uhm..questo è visto secondo Amanda più che secondo Spock. L’orso di pezza è molto più simbolico che in altri capitoli. Appare pure poco. Ehm. Spero che apprezzerete comunque ^^ E’ molto strano come capitolo, vi avverto! Grazie a tutti!! (Risponderò alle recensioni, giuro, prometto, parola di lupetto!)

 

 

Capitolo numero 6
ShirKhar, Vulcano, Anno: 2250

Age: Eighteen
Io Sarò Ancora Qui, al Mattino

 

[C’è il sole, la tempesta è passata.
Ma il dolore ha scavato nell’animo della madre,
come la pioggia fa con la pietra]

 

La stanza non è vuota.
Una donna siede poco distante dalla finestra e la luce del mattino che filtra dai vetri le circonda i capelli chiari come un’aureola. Tiene il capo abbassato, quasi stesse dormendo, e una mano sul ventre. Le labbra si muovono appena, un lampo scarlatto attraverso le ciocche castane, e la voce è bassa, il sussurro di una limpida sorgente.

 

La stanza è piena del vagito di un neonato.
La donna è affianco la finestra, i raggi del pomeriggio che disegnano lacrime d’oro sul suo volto sorridente: con le dita accarezza le orecchie a punta del bambino che tiene tra le braccia. La sua voce è melodiosa, dolce come solo la voce di una madre sa essere.
Il canto parla di pioggia, di boschi, di fiumi.
In questo mondo creato dalle parole della madre, il neonato chiude gli occhi e si addormenta, le manine strette al vestito di lei.
La donna posa un bacio leggero sulla fronte del figlio, e il suo canto si abbassa solo di intensità.
Uno sbuffo di nubi copre appena il volto del sole.

 

La stanza sa di fiele.
E’ il far della sera e la figura di un bambino nascosto sotto le coperte si staglia contro la finestra, sfumata nella luce del crepuscolo. La zampa bruna di un orsetto di pezza spunta appena dal fianco del letto, nascosto dalle lenzuola.
La donna gli è accanto, gli accarezza il profilo della schiena, una lacrima appesa alle ciglia. La voce trema, mentre le prime gocce di pioggia cominciano ad infrangersi sul vetro con un pigolio appena sussurrato.
Ma il loro battere lieve è abbastanza forte da coprire il canto grave di tristezza di una madre per il proprio figlio.

 
La stanza è velata di silenzio e di lacrime non versate.
La notte l’ha coperta con la sua luce nera, ma la figura del giovane, teso, rigido anche sotto le coperte, è una macchia ancora più scura. Una figura sottile scivola attraverso il buio, nemmeno si siede sul letto, rimane in piedi ad osservare quel volto amato, che anche nel sonno si fa violenza per trattenere quanto di umano dimora in lui. La madre ne coglie ogni particolare, perché rimanga per sempre nel suo cuore, anche quando il figlio non sarà più lì, ma lontano, in un mondo sconosciuto e freddo, dove sarà solo, nel silenzio di una folla confusionaria.
L’orso di pezza, roso dagli anni, è una macchia nera, riversa sul pavimento. La donna lo raccoglie, quasi con pietà, e lo posa sul comodino accanto al letto.
La madre non canta, ma con parole silenziose sfiora il volto del figlio addormentato, col pensiero gli accarezza la testa e lo tiene stretto a sé, in un ultimo, straziante abbraccio.
Dietro la finestra, la tempesta infuria.

 

La stanza è vuota.
Una donna siede distante dalla finestra e la luce del mattino che filtra dai vetri circonda l’orso di pezza che ha fra le mani. Tiene capo abbassato, quasi stesse dormendo, ed una mano sul volto. Le labbra non si muovono, solo il lampo di una lacrima d’argento attraverso le ciocche castane, e la voce è un singhiozzo strozzato, il singulto del fiume accerchiato da rapide labirintiche e violente.

 

C’è il sole, la tempesta è passata, ma il dolore ha scavato nell’ animo della madre come la pioggia fa con la pietra.
L’orso di pezza è lì, dimenticato sul letto. Silenzioso e lontano da colui cui appartiene, come solo un ricordo può pensare di esistere.
Ma la madre sarà sempre lì, al mattino.

   
 
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