Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: _aspasia_    14/02/2011    2 recensioni
Charles era intento a comporre le sue poesie nella sua angusta soffitta in un povero palazzo parigino, quando ad un tratto sentì salire dal piano inferiore una leggiadra musica divina...
Genere: Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Nota dell’autrice (pseudo):
 San Valentino. Sebbene io non ami le feste commerciali, non riesco ad odiare questa data, anche se sono single da mesi dopo essere stata infelicemente abbandonata al mio destino. Tuttavia questo giorno dove le persone si scrivono messaggini, lettere (se esiste ancora qualcuno che scrive a mano), si regala cioccolata e si giura amore eterno mi intenerisce. Io per natura sono una creatura cinica, totalmente e assolutamente cinica. L’amore eterno per me non esiste, e se lo fa per qualche strano allineamento di pianeti è totale e spesso se non sempre tormentato. Ciononostante non riesco a non innamorarmi, a non sospirare e a non sorridere come un’ebete. Aaaaaah l’amour.
Per festeggiare tale giornata romantica posto l’ultimo capitolo di musica maledetta. Siamo arrivati alla fine. Preparate i fazzoletti. Perché l’amore vero non finisce MAI bene.
 
 
 
È ottobre a Parigi.
L’autunno è arrivato, le foglie fragili cadono leggere dalle fronde purpuree.
Un alito di vento, uno zefiro sbarazzino fa volare i cappelli delle donne facendole rabbrividire.
Ma oltre alle foglie vi è una vita che è altrettanto fragile, quella del pianista, di Fédéric François.


 
Il musicista giace nel suo letto, una pezza bagnata a rinfrescargli la fronte, respiri affannati fanno alzare ed abbassare il suo petto irregolarmente. Tossisce, e ad ogni colpo il fazzoletto posto sul suo mento si macchia di rosso.
È la fine dunque?
Il poeta è accanto a lui, gli tiene dolcemente la mano e amorevolmente lo rinfresca, mormorando parole di conforto. Non lascia mai il suo posto, e le occhiaie bluastre e profonde testimoniano le notti insonni passate a vegliare il sonno agitato dell’amato.
Non piange il poeta. Gli occhi rimangono asciutti, non una lacrima osa solcare il suo viso.
Sorride, come a voler scaldare il cuore di colui che gli giace a fianco.
“Charles…” dice il musicista faticosamente.
“Non affaticarti Chéri, non parlare. Io sono qui. E non ti lascerò François”.
“Invece… invece dovrai farlo Charles. Lo vedi anche tu che sto morendo.
“Non negare. È vero. Questo notturno sta suonando i suoi ultimi accordi. Prima di spegnermi definitivamente devo darti delle indicazioni. Il mio corpo seppellitelo qui a Parigi, voglio che questo stanco guscio rimanga in questa splendida città, che mi ha accolto e che mi ha fatto conoscere te, mio amato Charles. Ma il mio cuore Charles, il mio cuore lascia che torni a Varsavia, la mia città. Ti prego.”
Per la prima volta gli occhi del poeta risplendevano umidi di lacrime.
“Tutto quello che vuoi Chéri. Tutto quello che vuoi”.
“Nel cassetto troverai gli indirizzi di miei amici musicisti, ti aiuteranno”.
“Ora riposa Chéri, sogna le tue magnifiche melodie”.
Il musicista si addormentò spossato dalla fatica di parlare, di sembrare forte e rassegnato per il suo poeta; quando in realtà il suo cuore si spezzava sempre più. Oh maledetto destino!
Perché doveva morire, perché?
Aveva conosciuto l’amore, e la sua musica aveva successo, poteva avere ricchezze e vivere in una villa magnifiche. Ma aveva rifiutato, per il suo Charles. Quanta musica avrebbe ancora potuto comporre, ma non ci riuscirà. Le sue mani non si muoveranno più, leggere come ali d’angelo. Non sentirà più il piacere, la gioia di creare musiche, sinfonie che toccano l’anima.
È finita ormai.
Charles non crede in Dio, né nell’inferno o nel paradiso; ma il musicista sì. La musica deve essere un dono divino, lei così bella, sensuale, perfetta e pura.
Potrà suonare per gli angeli magari, e poi si riunirà con Charles. Egli non andrà all’inferno, no. Una creatura di tale genio e bellezza merita il paradiso; lui che con le sue parole meravigliose spalanca le porte della mente.
È finita.
Tuttavia sente che delle braccia forti lo alzano sorreggendolo.
E ad un tratto, sotto le sue dita una superficie fredda e liscia, a lui così dolce e cara.
Il suo pianoforte.
“Chèri, è lui. Il tuo pianoforte. Non puoi certo lasciarlo senza un’ultima carezza.”
E con le ultime forze rimaste apre gli occhi, mirando quella distesa di tasti d’avorio alternati da alcuni neri, neri come le ali di un corvo. Squarci di luce immersi in un buio intenso.
Ha amato troppo nella sua vita, il suo cuore era troppo felice, troppo innamorato; di Charles e della musica. Il creatore ha deciso forse che aveva vissuto abbastanza.
Ma è così bello morire qui, in questo modo. Sorretto dall’unica uomo che abbia mai amato mentre accarezza il suo pianoforte.
Una triade perfetta.
È così bello, così poetico morire così.
“Non te l’ho mai detto Charles. Ti amo. Grazie. Grazie per tutto”.
“Ti amo anch’io Chéri”.


 
Respirare è così faticoso, ogni colpo di tosse pare una pugnalata nel costato.
Notte eterna, discendi.
E con un ultimo sospiro, denso di musicalità, il pianista si spense.
Per sempre.
Se ne andò François. Se ne andò tra le braccia del poeta, che con delicatezza lo ripose nel letto, ammirando l’algida bellezza della morte.
Non disse nulla.
Non emise un suono.
Si avvicinò al cassetto indicato e tra gli spartiti trovò diversi indirizzi, e denaro.
Come uno spettro si mosse e scrisse della morte di quell’uomo che aveva amato e che amava ancora.
Chiamò il becchino per organizzare il funerale, ma tutto era stato già fatto. Era stato organizzato tutto, prima che morisse, prima che lo lasciasse.
Lo vestì, con il vestito più bello che aveva; lo vestì accarezzandolo per l’ultima volta.
Lo portarono via. Lo portarono via da lui, via dalla loro soffitta.
Non andò al funerale.
Non ce la fece.
Il poeta non credeva in quel Dio ipocrita, che alla fine gli aveva tolto l’unico uomo, l’unica persona che aveva mai amato.
Le onorificenze furono grandiose.
Chopin, il grande pianista era scomparso, tutta Parigi pianse per il genio perduto.
Quell’uomo solitario, misterioso e delicato che aveva scelto di vivere dove abitavano i meno fortunati, i poveracci.
Doveva abitava il poeta maledetto.


 
Il poeta andò al cimitero, quando ormai la primavera iniziava a sbocciare in città.
La lapide era grigia, tra quella di altri musicisti leggendari: Cherubini e Bellini.
“Bonjour Chèri, mi manchi lo sai?
“Perdonami se non sono venuto alla messa e ad accompagnarti qui; ma lo sai che io non credo in Dio. E vedere quella gente che si disperava per te quando però prima non c’era mai stata, vedere la loro ipocrisia mi ha fatto salire la bila in bocca.
“Il tuo cuore è a Varsavia Chèri, a Santa Croce. È tornato a casa alla fine.
“Ho tenuto il pianofore Chèri. Il mio più grande rivale ora è diventato il mio più caro amico. Mi sembra ancora di vederti, intento a suonare sinfonie meravigliose, e a comporre con quella maledetta matita in bocca.
“Mi manchi Chèri.
“Je t’aime François”.
Il poeta se ne andò, a capo chino.
Davanti alla lapide una rosa rossa, vermiglia come lo erano le labbra del musicista.
Vicino alla rosa, una macchia più scura.
Una lacrima.
L’unica che era riuscita a scappare dagli occhi del poeta dopo la morte del pianista. Unica aralda di un dolore straziante.
Una rosa rossa.
Una lacrima.
Un pianista.
Un poeta.
Un amore maledetto.
 
 
 
 
 
Frydryk Franciszek Chopin muore il 17 ottobre 1849; aveva solamente 39 anni. Vi furono delle grandiose onoranze funebri, sepolto accanto a Bellini e Cherubini. Il suo cuore venne portato a Varsavia, nella chiesa di Santa Croce.
Charles Baudelaire muore dopo una straziante agonia nel 1867 a soli 47 anni.
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: _aspasia_