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Autore: Flaminia_Kennedy    15/02/2011    3 recensioni
Anno Domini 1191.
E' l'epoca delle Crociate, la Terza per essere precisi.
Riccardo ha con sé una giovane donna, che cambierà per lo più il destino del Re inglese e quello di un uomo, le cui ali spezzate riprenderanno a volare in alto, retto dal credo degli Assassini.
"Nihil est reale, licet omnia...o come dici nella tua lingua -Niente è reale, tutto è lecito"
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altaïr Ibn-La Ahad , Altro personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Stavo gridando, urlavo perché c’era qualcosa che mi lacerava le carni all’altezza della spalla.
Il mio petto era pressato contro qualcosa di duro e solido, di un materiale che mi ricordava molto il legno "tienila ferma" disse una voce profonda, che avevo già sentito, mentre un braccio si posava attorno al mio collo per farmi premere la guancia contro il ripiano dov’ero sdraiata, bocconi.
I miei occhi videro un volto straniero, la pelle del mento ricoperta da una sottile peluria nera che avrebbe dovuto formare un pizzetto, ma non era ancora molto cresciuto.
Rabbrividii quando vidi che dall’altra parte del petto fasciato nel vestito blu, la manica era stata arrotolata perché l’altro braccio era mancante "per l’amor di Dio" stava borbottando, mentre sentivo un’altra mano, con quattro dita, appoggiarsi nel centro della mia schiena "una donna al servizio di Riccardo…cos’altro inventeranno gli inglesi?".
Quella frase m’infervorò: come si permettevano di fare giudizi sulla mia persona? Roberto mi aveva insegnato la pazienza, ma mai io avevo avuto molta voglia di tenerla in conto come un’opzione, durante le battaglie "sono…un soldato di Riccardo…fatevelo bastare…" riuscii a malapena ad esalare con voce roca, mentre il secondo uomo alle mie spalle avvinghiava con la destra la freccia ancora conficcata nella mia spalla.
L’uomo che mi teneva immobile con il gomito conficcato nel collo ridacchiò, anche se quel basso rumore venne coperto dal mio ennesimo urlo: la punta della freccia liberò le mie carni dalla sua intossicante presenza, lasciando che il sangue fluisse via dal piccolo squarcio creato "un soldato incapace di brandire una spada, a quanto pare" disse l’uomo dietro di me, dalla voce arrogante.
Se avessi potuto avrei fatto come mia madre aveva sempre detto: se un uomo ti prende alle spalle, scalcia come un mulo e vedrai che distruggerai il suo punto nevralgico.
Fino a quel momento non avevo ancora capito cosa avesse realmente inteso Adele con quella frase "puoi lasciarla, non credo si muoverà" aggiunse l’Assassino, perché di quello si trattava, e sia la mano menomata che il braccio si allontanarono dal mio corpo "devo…ritornare" dissi, cercando di alzarmi anche se ogni tentativo si rivelò vano "Riccardo…deve sapere" ma appena dissi quella frase la mano menomata di nuovo mi spinse giù con forza inaudita -o apparentemente ero io completamente priva di forze- per permettere all’Assassino di fasciarmi la ferita "Se tu partissi adesso e in queste condizioni, il tuo cavallo non riuscirebbe a fare nemmeno mezzo miglio: gli uomini di Sibrando ti abbatterebbero immediatamente" disse serio, mentre la mia ferita veniva coperta di parecchi strati di stoffa tirata stretta per impedire al sangue di uscire.
Prima che io potessi far valere la mia posizione, l’Assassino se ne andò dall’unica porta della stanza, lasciandomi a me stessa e allo strano uomo senza braccio destro "ancora mi chiedo perché una donna…" borbottò mentre tornava dietro a un bancone carico di cianfrusaglie, per mettere via gli oggetti serviti a curare la mia ferita.
Mi misi a sedere con difficoltà sul ripiano di legno del tavolo e appena le mie gambe ripresero il peso del mio corpo, la stanza vorticò per qualche secondo: dovevo aver perso parecchio sangue "sarà di ritorno in poche ore, cercherò di convincerlo a scortarti fino ad Arsuf" disse l’altro, appoggiando l’unico gomito al bancone.
Perché questa disponibilità? Il disappunto e la confusione erano chiaramente dipinti sul mio volto "ringrazia di aver trovato noi, femmina. I Templari, al posto nostro, ti avrebbero uccisa".
Templari? Era la prima volta che ne sentivo parlare. Chi erano? "Chi sono i Templari?" chiesi.
Ricevetti in risposta una risatina saccente e nient’altro.

Durante tutta la giornata, quello strano individuo senza braccio non mi aveva più rivolto la parola, troppo impegnato a fare calcoli su mappe cittadine o scrivere lettere per i piccioni viaggiatori.
Io rimasi seduta nell’altra stanza dell’edificio nascosto, dove una griglia coperta di viticci ne delimitava le dimensioni. Un paio di fontanelle rallegravano l’aria altrimenti stagna di silenzio e la mezz’ombra che creata la vegetazione mi invogliava a riposare gli occhi per un paio di minuti.
Quando finalmente il sole aveva iniziato la sua discesa colorando il cielo di rosso, il rincorrersi muto dei miei pensieri venne fermato da un tonfo leggero sopra la grata, a malapena il fruscio di qualche foglia calpestata e poi i rumori regolari di mani e piedi in scalata.
L’Assassino comparve sotto la luce frammentata della luna, come un fantasma e si fermò alcuni secondi per guardarmi, i suoi occhi fatti d’ombra in quel momento.
Chinai la testa in avanti in segno di saluto e quando la ritirai su, l’Assassino era già sparito nella stanza adiacente per comunicare con l’amico.
Anche se non sembravano molto amichevoli l’un l’altro.
Sospirai, ripensando a come mio padre sarebbe rimasto deluso nel sapere che avevo fallito in una missione così importante e vitale: magari mi avrebbe spedito da qualche parte in un luogo sicuro della nuova terra conquistata e là sarei marcita.
Mi dispiacque parecchio e mi sentii pressoché inutile: Roberto sarebbe rimasto deluso? Anni di addestramento e poi non mi ero rivelata altro che una donnicciola come quelle alla reggia?
Nascosi il viso tra le mani, per quanto la spalla ferita mi stesse mandando mille spilli lungo il braccio, e sospirai.
Sarei dovuta restare a casa, magari farmi buttare dell’acqua bollente in volto così da lenire la somiglianza tra me e il sovrano inglese “questo è per te” disse una voce fuori dal mio spesso guscio di pensieri.
Sollevando il volto vidi una mano priva di un dito stretto a un disco di argilla cotta, su cui erano posate alcuni tipi di cibo e quello che doveva essere pane.
Da quanto tempo non vedevo del cibo preparato a quella maniera? Tra i fronti il cibo non era cucinato con molta dovizia “domani mattina dovrai essere in forze e non ho tempo per starmi a tirar dietro una donna debole. Mangia” aggiunse l’Assassino, posando il piatto accanto ai miei piedi, dopodiché si sedette tra due sacchi a qualche metro da me e fece sparire nell’ombra del cappuccio un paio di datteri e niente più.
Se gli Assassini andavano avanti a datteri, avrei dovuto proporre quella frutta zuccherina come alimento base nei ranghi “grazie” risposi quasi senza pensarci, poi afferrai quella specie di piatto un po’ rustico e iniziai a mangiare, lentamente come mi era stato insegnato.
Certo, non c’erano tre forchette diverse da scegliere a seconda della pietanza e non vi erano clavicembalisti attorno per far annoiare di meno i soli commensali della stanza, ma quella pietanza fatta di carne cotta poco e patate schiacciate mi saziò più di un pranzo in pompa magna nella reggia.
Con il pane raccolsi il poco cibo che mi era impossibile raccogliere con le mani, gesto assai maleducato alla lunga tavola dei nobili, e quando ebbi finito mi lasciai andare a un sospiro estasiato.
Posai il piatto accanto a me e appoggiai la testa sbarazzina contro il muro, tenendomi lo stomaco con le mani: da esso si dipanava un calore confortante e che mi conciliava il sonno.
La luna sopra le nostre teste non era nemmeno a metà del suo viaggio nel cielo e osservava il silenzio che c’era nella piccola stanzetta coperta di viticci: l’Assassino non sembrava invogliato a parlare, nemmeno lo ero io perché non lo conoscevo abbastanza per intavolare la discussione.
Inoltre, pareva avere molti più pensieri di me, anche se altrettanto angosciosi.
Il volto nel cappuccio era solo un’ombra indistinta che lo faceva assomigliare a quella figura mortifera che infestava i racconti dell’orrore dei giovanotti di strada, una Grande Falciatrice.
Anche se era un uomo dalle grandi capacità, fosse stato la personificazione della morte io non sarei sopravvissuta abbastanza da poter assaggiare nemmeno un piatto locale, cosa che avevo appena fatto.
No, pensai, quest’uomo non è un assassino, anche se il nome con cui lo chiamano è tale: quest’uomo è un cavaliere, un araldo della gente. Nemmeno Riccardo si era mai definito un araldo della popolazione per quanto fosse un Re buono e lungimirante e quel pensiero mi fece arrossire.
Elevare un straniero al di sopra del mio genitore sovrano era strano a pensarsi, figurarsi nel dirlo.
Per salvarmi da ogni strigliata da parte della mia coscienza mi misi a dormire, piegando il capo contro il braccio sano sollevato sulle ginocchia raccolte: la figura dell’Assassino scomparve, ma non lo fece la sensazione che mi dava averlo dirimpetto a qualche metro.
Aveva un carattere talmente forte da diventare quasi un guscio fisico che lo avvolgeva ed era impossibile, una volta conosciuto e nel caso avesse voluto lui stesso, non notarlo.
Forse le guardie e le sue vittime mancavano di acume, oppure lui era piuttosto bravo ad annullare se stesso durante le sue missioni.


Ecco qui il capitolo. Scusate il ritardo ma mi sono impallata nel Brotherhood e ho perso di vista Altair XDD

_Zazzy: beh non saprei, tutto sta nel fatto che se non riesco a continuare devo rigiocarmi tutto il primo AC xD quindi un po' di tempo mi ci vuole. Comunque la storia è sempre qui pronta a essere riletta quanto vuoi xD
Lady_Kadar: Eh purtroppo sono domande a cui non posso ancora rispondere...lo farà la storia per me, andando avanti -anche perchè fino ad adesso non ho tutto chiaro in mente °-°;- Spero che ti piaccia questo nuovo capitolo Back in the Past xD
Enio: Allora, mi è piaciuta parecchio la tua recensione :) Devo concordare con te sul fatto che preferisco scrivere più di Caterina che del soggetto 18, ma ci vuole un po' di presente, in tutto questo passato. La sorella non è al 100% sicura di quello che sta facendo e di più non posso rivelare, anche perchè lo spiegherò più avanti la loro situazione. Caterina non era sicura di essere subito scelta da Sibrando, diciamo che è stato un colpo di fortuna, forse perchè Sibrando è uno di quegli uomini paurosi che per rifarsi del loro cuor di coniglio cercano di sottomettere quelli che sembrano più forti all'apparenza -una donna un po' maschiaccio diciamo-.
Sese87: Grazie per la correzione, ma ora come ora non lo vedo il 'gli' al posto del 'le'. Sarà che sto scrivendo anche altre storie in cui a parlare è un ragazzo quindi a volte mi scappa xD
   
 
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