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Autore: Baaalow    15/02/2011    5 recensioni
BRIT Awards 2008: Mark è visibilmente ubriaco e fa alcune riflessioni sulla sua vita, mentre Gary è preoccupato per lui.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gary Barlow, Mark Owen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le premesse per questa piccola schifezza in onore dei BRIT Awards di stasera sono contenute in questo video --->

http://www.youtube.com/watch?v=ZgFPAma_IQE

E ora.. Buona lettura! :D

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And the winner is.. Take That!

Quelle parole hanno un suono strano alle mie orecchie. Cioè, wow, abbiamo vinto il BRIT Award per il migliore show dal vivo. Allora? Non abbiamo bisogno di sentirci dire quanto siamo bravi, già lo sappiamo. E poi, cazzo, mi gira la testa in maniera fottuta. Non avrei dovuto bere così tanto, dannazione. Ma alla fine è ciò che mi dico ogni santo giorno, finendo sempre per andare a letto con la vista annebbiata, specie dopo i concerti. Quegli stessi concerti per cui ora stiamo ricevendo questo premio.
Sono troppo schifosamente depresso, cazzo. E il problema è che non ne so nemmeno il perché. So solo che la mia vita è tutta uno stress, a partire dal gruppo e dalla donna che abita con me, che ora dice di volere un altro figlio. Non ce la posso fare, materialmente, ad andare avanti da solo. E così trovo sempre calda accoglienza in un bicchiere di vino rosso. O magari due.

Parte Rule The World, tutti si alzano e si abbracciano. Sono raggianti, magari dovrei esserlo anche io, no? Quindi mi alzo anche io, ma dopo gli altri. Non mi reggo in piedi più di tanto. Faccio in tempo a vedere Gary baciare sua moglie e avviarsi verso il palco, seguito dagli altri due.
Piano piano mi metto in moto anch’io, anche se mi gira tutto e il rosso misto a blu della scenografia del palco mi dà talmente fastidio che mi sembra che possa penetrarmi nel cervello, alterandone le già compromesse capacità cognitive. Che. Cazzo.
Eppure rido. Come un cretino, senza motivo.

Gary stringe il premio nella mano destra e comincia a parlare, disinvolto. Dio, quanto vorrei essere come lui. O almeno lucido abbastanza da pensare come una persona normale. Inutile dire che, comunque, non lo ascolto nemmeno.
«Abbiamo un sacco di persone che organizzano i nostri tour, ma credo che dovremmo ringraziare particolarmente Kim Gavin, Chris Vaughn, Mike Stevens.. Pensa a qualcun altro, Mark!»
E poi, disgraziato, mi passa il microfono. Cazzo, Gaz, no! Troppo tardi.
«Ehm.. Sì, abbiamo.. Kim Gavin, Chris Vaughn.»
Un impercettibile sussurro di disappunto di Gary mi giunge all’orecchio
«Oh, l’avevi detto, Kim, vero? Ehm..»
E passo il microfono a Jay, battendogli una mano sulla spalla e scoppiando in un’altra risata.
Che male che sono messo. Non so neanche più cosa fare delle mie mani. Quindi le infilo in tasca, in attesa di usarle per schiaffeggiarmi da solo in privato. Che figura di merda, Dio.
Gary però mi stringe il polso e io mi giro a guardarlo. Mi mostra il premio, sorridendo. Me lo sta porgendo, ma io sono troppo ubriaco per capirlo, e quindi invece di afferrarlo porto la mano ad accarezzargli la schiena. Lui mi guarda con aria severa ma divertita e allontana il braccio da sé per infilarmi il premio in mano, con aria incoraggiante.

Sta provando a farmi dare un contegno, benedetto uomo.
Ma dove sarei a quest’ora se non ci fosse lui? Dove, cazzo?
Nel frattempo Jason ancora parla. Quanto parla, Gesù. Ma almeno ha qualcosa da dire, per una volta non sono le sue solite stronzate. Poi passa il microfono ad Howard, che ringrazia velocemente e, finalmente, scendiamo dal palco.
Ora la mia mente è rivolta verso un solo oggetto: la sedia. Da cui prevedo di non alzarmi mai più. Anche se le nomination per questa sera erano quattro se non ricordo male. Sussurro, esasperato, mentre Gary mi passa un braccio intorno alle spalle e mi sussurra di farmi coraggio. Ha capito perfettamente in che situazione sono. Scommetto che dopo vorrà anche parlarne. O forse lo spero?

«Ragazzi, ragazzi un’intervista!»

Eh no, cazzo. E invece ci tocca, come al solito. Evviva, sì, che bello, abbiamo preso il premio per cui abbiamo tanto lavorato, festa grande. O almeno questo era quello che avevo previsto di dire. Da sobrio.

«No, perché, il premio ora è uno, ma ci fanno delle copie. Perché qui ne ricevi uno, no? Ecco, poi lo porti dove li fanno e ti fabbricano delle copie di plastica da esibire in salotto.»

Ma che cazzo..?
La ragazza ride e mi guarda estasiata. Tipico. Ora però.. Portatemi via.

«Mark.» mi fa Gary, severo, appena le telecamere si spengono. Poi mi trascina per la manica della giacca in un angolo, facendo cenno agli altri due di andare via.
Provo a parlare, a giustificarmi, a ringraziarlo per ogni santa volta in cui mi ha parato il culo. Non me lo merito, e non l’ho mai meritato. Ma non mi esce neanche una parola. Rimango come un pesce lesso a fissare il blu dei suoi occhi, che mi scrutano preoccupati da morire.
«Markie, che cos’hai.»
Non è una domanda, lo sa che ho qualcosa. Qualcosa di grave.
Ma la risposta a questa domanda è «Non lo so». Perché è vero, non lo so. Non so perché bevo così tanto, non so nemmeno perché sono depresso, non so perché in questo momento vorrei tanto essere altrove, anche se abbiamo appena ricevuto un premio importante che ci è costato mesi di duro lavoro. Dio, la testa, la testa. Che male.
Forse è solo il fatto che Robbie aveva ragione, non sono abbastanza mentalmente stabile per fare la popstar. Non ho la giusta combinazione di carisma ed equilibrio, quella che  mi permetterebbe di vivere in pace il successo. Ma nemmeno Robbie, d’altro canto.

Gary è quello che ce l’ha. Lui è il padre di famiglia, sposato da nove anni. Lui è il nostro capitano, colui che ci trascina sempre fuori da ogni guaio (o forse dovrei dire, mi trascina). Lo stesso uomo che ora è a pochi centimetri da me in un angolo buio del red carpet deserto dei BRIT Awards a fissarmi con l’angoscia negli occhi. E io lo conosco abbastanza bene per sapere che sta soffrendo per me.
«Parlami, ti prego. Apriti con me, sfogati, lo sai che mi puoi dire tutto. Non sopporto di vederti così, Markie, io..» sussurra, stringendomi a sé convulsamente, come se stesse per piangere.

Le sue braccia sono il rifugio più sicuro e inespugnabile che si possa immaginare. Lo sono sempre state, d’altronde. Fin dai vecchi tempi.
Inspiro a fondo il suo profumo, che è sempre diverso ultimamente, da quando ha scoperto quel negozio di essenze in Regent’s Street, ma che in qualche modo resta sempre una sua caratteristica. Pungente, penetrante e, stasera, con una nota di mora e muschio. Semplicemente perfetto, da sballo totale. Dio, sono diventato anche un drogato. Salvatemi. Eppure (possibile?) sento gli effetti dell’alcool affievolirsi lentamente.
Mi accarezza la schiena, piano, affondando a sua volta la testa nel mio collo. Lo sento sospirare profondamente e poi sento una minuscola goccia inumidirmi la clavicola destra.

«Ehi, ehi, Gary! Che c’è, amico?» gli dico, staccandolo leggermente da me per poterlo guardare negli occhi. I suoi sono più azzurri che mai, e irrimediabilmente grondanti di lacrime.
«Mark, devi smetterla di farti del male. Devi smetterla di distruggerti il fegato e di spappolarti il cervello con tutte quelle stronzate. Non hai vent’anni, non più. E poi..»
Provo a fermarlo, ma mi intima di fare silenzio. Si asciuga le lacrime col polsino della camicia e poi mi prende il viso tra le mani.
«Sei una persona fragile, Mark. Lo sei sempre stato. Non posso esserci sempre io a controllarti, lo sai. Ma non oso immaginare cosa farei se ti dovesse accadere qualcosa, io credo che..» fa una pausa, trattenendo le lacrime. Ora lo ascolto e capisco ogni parola che mi dice, ora sono lucido. Non so se sia solo un momento, ma sta funzionando.
«Non devi fare cazzate, Mark Owen. Smettila di ubriacarti, non risolverà i tuoi problemi, anche se non so quali sono, ma te lo posso assicurare. Finirai per ammazzarti, Dio!» gemette, questa volta non controllando un singhiozzo. Mi si spezza il cuore a vederlo così.
Mi avvicina ancora di più a sé, ora la sua fronte è a contatto con la mia. Sento il calore del suo respiro sul naso, sulle labbra, sulle palpebre.

«Se tu dovessi.. Mark, io..»
E poi, d’un tratto, preme le labbra sulle mie, chiudendo gli occhi. Ok, momento. Sta davvero succedendo o è ancora la sbronza? Gary Barlow, l’uomo equilibrato, pater familias e capitano della nave mi sta baciando? Sono talmente incredulo che ricomincia a girarmi la testa e non chiudo gli occhi né rispondo al bacio.
Lui si stacca dopo pochi secondi, guardandomi con aria mortificata e terrorizzata.
«Io.. Non so cosa mi sia preso, scusa, fai finta che non sia mai accaduto ok?» mi dice, voltandosi e avviandosi all’uscita.
Non posso lasciarlo andare così, non dopo aver realizzato ciò che è appena successo. Ok, diciamo pure che ciò che mi circola nelle vene è un 50% sangue, 20% alcool e un buon 30% di adrenalina pura, combinazione perfetta per spingere la mia mano ad afferrare la sua e ad attirarlo di nuovo a me, aggredendo la sua bocca con una convinzione e una passione che non avevo mai usato con nessuno prima d’ora. Lui è il mio Gary, la mia ancora di salvezza, e questo vuol dire molto di più di qualsiasi altro bacio che abbia mai dato.

Le sue labbra accarezzano piano le mie, senza fretta di approfondire il bacio, mentre le sue dita si intrecciano alle mie e mi spinge di nuovo nell’angolo di prima, dove siamo lontani da occhi indiscreti.
Qui posso baciarlo come vorrei, come forse, in cuor mio, ho sempre voluto. Apro la bocca piano, sentendo che lui fa lo stesso, e accarezzo timidamente il suo labbro inferiore con la lingua, prima di ingaggiare un’amorevole lotta con la sua. Porto le mani sul suo collo e lo attiro più vicino possibile a me, non voglio interrompere questo contatto per nessuna ragione al mondo.
Percepisco altre lacrime bagnare le nostre guance, ma questa volta ne conosco il significato.

Ecco perché si preoccupava tanto per me, ecco la ragione per cui non ha mai vacillato nel coprirmi le spalle o nel passare un po’ di tempo con me. E io sono stato cieco, sordo e muto, annebbiato da preoccupazioni e Chardonnay, e non mi sono accorto di nulla. Mi sento schifosamente male per non averlo capito prima, ma al contempo tutte le mie preoccupazioni sembrano essere state dimenticate o messe momentaneamente da parte, per far spazio all’amore profondo e incondizionato che quest’uomo meraviglioso ha per me. Che io ricambio fino all’ultima lacrima.

Sospira tra i baci, prima di separare le nostre labbra e stringermi a sé. Mi aggrappo a lui, sorridendo sul suo collo e sentendomi sussurrare:
«Era tanto che volevo farlo, ma non ne avevo mai trovato il coraggio.»
Poi fa in modo di guardarmi negli occhi.
«Ti amo, Mark, con tutto me stesso. Ti prego, ritrova la voglia di vivere, fallo per me. Ma anche se cadrai, beh.. Sappi che io verrò giù con te.»

Che dire? Se prima nella mia testa c’era un ronzio fastidioso ora ci sono violini e arpe, che suonano una melodia dolce come tutto nell’uomo che mi sta davanti e che ha appena finito di dichiararmi amore eterno.
Cristo.
Lo bacio ancora, e ancora, e non so quanto tempo passi, voglio solo che tutto si fermi e rimanga così per l’eternità.

Ma cos’avrò mai fatto di così meraviglioso per meritarmi tutto questo? Dev’essere questo il Nirvana, dopotutto.

NdA

Ecco, mie adorate, questa è una cosa che mi è venuta in mente tempo fa e giaceva dimenticata nella mia cartella di fanfiction. E ci sarà un motivo, mi sono detta. Però ho sentito il bisognodi pubblicarla lo stesso XD Povera scema eh? .__.
Un bacio a tutti :D

Ceci_
  
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