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Autore: Phoenix Angel Suyari    05/01/2006    13 recensioni
Alla tenera età di quattro anni, il piccolo Harry Potter si ritrovò davanti la porta d'ingresso tre signori che dicevano di volerlo riportare a casa. Uno di questi era Albus Dumbledore, che gli sorrideva gentilmente. Gli altri due erano niente meno che Sirius Black, il suo padrino dalla fedina penale pulita, e Remus Lupin, il suo padrino non-ufficiale. Cosa sarebbe potuto succedere se Sirius non fosse mai stato rinchiuso ad Azkaban e se Harry fosse andato a vivere con lui e Remus ce lo racconta Phoenix.
Attenzione! Questa storia è yaoi, chi non è d'accordo a leggere fic del genere, giri alla larga. Uomo avvisato...
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Harry Potter, Remus Lupin, Sirius Black
Note: What, if?, (E, se, ...) | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Titolo: Carried away

Autore: Phoenix Angel Suyari

Rating: PG

Riassunto: non è mai troppo tardi per essere parte di qualcosa…

Traduzione: Chu

Link alla storia originale: http://www.livejournal.com/community/domus_felicus/9357.html#cutid1

*

“RAGAZZO! Va’ ad aprire!”

Harry corse velocemente lungo il tappeto molto pulito di zia Petunia e fuori nell’ingresso. Non era ancora grande abbastanza per raggiungere la serratura, ma zia Petunia e zio Vernon la lasciavano aperta durante il giorno, quindi tutto quello che doveva fare era girare la maniglia. Anche questo era difficile da fare, ma non impossibile, come la serratura, per la quale aveva bisogno di una sedia.

Stando in punta di piedi, allungò la mano in alto sopra la sua testa e curvò la fine di dita molto piccole intorno alla maniglia d’argento. Ci vollero due tentativi – le sue dita continuavano a scivolare e poi lui cadde – ma alla fine ci riuscì, avvertendo un piccolo flusso di orgoglio per averlo fatto. Barcollando indietro, tirò, e si spostò di lato, per spingere la pesante porta dal davanti.

Quando la porta fu aperta abbastanza, guardò su, e dovette allungare il suo collo molto indietro. Sugli scalini della porta c’erano tre uomini. Uno era molto vecchio e gli sorrideva gentilmente. Alla sua sinistra c’era un uomo molto alto con i capelli neri, proprio come i suoi. E accanto a lui, un uomo più basso, che sembrò ad Harry come se fosse perfettamente apposto se l’avesse accolto con un abbraccio.

Il che, Harry pensò sarebbe stato carino forse, ma era un estraneo.

“Ciao,” disse il vecchio uomo, ed Harry tornò a guardarlo. “Stiamo cercando Vernon Dursley.”

Harry sbatte le palpebre, e poi tossì debolmente, facendo aggrottare la fronte all’uomo con i capelli scuri.

“Ragazzo! Chi è?”

Harry si tirò indietro e si appoggiò alla porta. “E’ per te, zio Vernon!”

Appena il paffuto uomo entrò nell’ingresso, Harry si sentì molto ben disposto ad andare ad abbracciare l’estraneo. Al contrario, si fece molto piccolo contro la porta, sapendo che se fosse rimasto in silenzio e senza muoversi, zio Vernon si sarebbe dimenticato di lui alla fine.

“Sì?” Disse zio Vernon. “Cosa volete?”

“Vernon Dursley, presumo?”

“Sì,” rispose zio Vernon, annuendo.

“Sono Albus Dumbledore. Non ci siamo mai incontrati ufficialmente. Harry guardò la faccia di zio Vernon corrugarsi, diventando leggermente rossa. “E questi sono Sirius Black, e Remus Lupin.

Il primo uomo, Sirius, lanciò un’occhiata severa verso zio Vernon. Zio Vernon ricambiò lo sguardo, con la faccia che perdeva lievemente colore. Harry non aveva mai visto nessuno far impallidire zio Vernon in quel modo. Solitamente chiunque lo faceva arrabbiare di più. E poi se la sarebbe presa con Harry. L’altro uomo fece un sorriso appena venne presentato, e poi avvolse le sue braccia intorno ad un braccio dell’uomo dai capelli scuri, dicendogli qualcosa a bassa voce. Harry pensò che stava per muoversi – sembrava come se volesse colpire zio Vernon – ma non lo fece.

“Bene, ci spostiamo in salotto?” chiese Dumbledore.

Harry lo guardò avanzare a grandi passi e con sicurezza, seguito dagli altri due uomini. Direttamente oltre zio Vernon, che iniziò a farfugliare rabbiosamente. E naturalmente, quando zio Vernon era arrabbiato…

“Chiudi quella dannata porta, ragazzo!” gridò, tirando un colpo e mancando Harry che si piegò velocemente. Non appena Harry aprì gli occhi per vedere se era stato già colpito o no, trovò zio Vernon che fissava oltraggiato l’uomo con i capelli neri, che teneva il suo polso in una morsa ferrea.

“Dammi una ragione,” ringhiò sulla faccia rossa di zio Vernon.

“Sirius,” disse l’altro uomo.

“E questa deve essere la sua affascinante moglie, Petunia,” disse Dumbledore, spostandosi verso zia Petunia, che era giunta lì nella confusione. Lei lo fissò, mentre lui le prese la mano e vi diede una buona stretta. “E’ un piacere incontrarla. Sono Albus Dumbledore.” Zia Petunia impallidì. “E questi sono i miei colleghi, Remus Lupin, e Sirius Black.

Sirius lasciò andare zio Vernon con una piccola, non troppo gentile spinta. Zio Vernon inciampò scontrandosi con la porta. Zia Petunia lanciò un piccolo urletto. Remus sospirò.

“Vi elogerei per esservi presi cura di Harry per i tre anni passati,” continuò Dumbledore. “Ma tutti noi sappiamo che non è necessario.

Harry si schiacciò contro il muro. Ogni volta che gli adulti parlavano di lui, lui finiva in un sacco di guai. Avanzò lentamente e con attenzione verso le scale, sperando che con un po’ di fortuna, potesse salirle di corsa e nascondersi nell’armadio al piano di sopra fino a quando tutto fosse finito. Certo, c’era la possibilità che si imbattesse in Dudley, ma avrebbe corso volentieri il rischio in quel momento.

Perché non ci spostiamo in una stanza più comoda per discutere di questo?”

Harry si buttò a terra e cadde alla base delle scale, con un fracasso. Sapeva che avrebbe attirato l’attenzione che ricevette, e quindi chiuse gli occhi molto stretti e corse su per le scale il più veloce che poteva, inciampando solo una volta. Dudley aveva lasciato i suoi pattini sulle scale.

“Chi c’è di sotto?” Chiese Dudley, nel momento in cui Harry concluse la sua arrampicata. Immediatamente, Harry afferrò la ringhiera. Era stato spinto giù per le scale abbastanza volte per sapere che era impossibile ruzzolare lontano quando uno aveva una buona presa.

“Non lo so.”

“Davvero?” Chiese Dudley. Afferrò il braccio di Harry e cercò di forzarlo a mollare la presa. Harry strinse più forte, sapendo che se Dudley l’avesse afferrato, l’avrebbe rotto di nuovo. Le braccia rotte fanno male, ed Harry già si sentiva poco bene. “Ho detto dimmelo!” Gridò, tirando.

“Non lo so!” Gridò di rimando Harry, premendo un ginocchio nello scalino per equilibrio.

Dudley tirò con tutto il suo peso, ed Harry chiuse gli occhi non appena la sua guancia sbatté contro la balaustrata. I suoi occhi si riempirono di lacrime e la sua testa diede un colpo. “La prossima volta ti conviene dirmelo!” disse Dudley, dandogli un calcio sul fianco prima di andarsene via.

Harry tirò su con il naso, non volendo lasciare la presa fino a quando non avrebbe udito la porta della stanza dei giochi di Dudley sbattere. Quando fu certo di essere solo, si tirò su, e si sedette sul primo scalino, strofinandosi la guancia dolente. Le dita di strinsero a pugno sotto il metto, alzandogli la testa. Harry sussultò in sorpresa – non avendo sentito nessuno arrivare – e guardò in su con occhi spalancati.

Remus gli sorrise gentilmente. Era accovacciato sulle scale guardando in alto verso Harry. “Stai bene?” Chiese. Harry fece un profondo respiro, e si strofinò la guancia, la mano che si allontanava macchiata. “Qui, lascia che lo faccia io,” disse Remus, mentre Harry tirava l’orlo della sua maglia troppo grande per pulire la mano.

Harry sbatté gli occhi, osservando mentre lui tirava fuori un fazzoletto e tamponando gentilmente sulla guancia di Harry. Nessuno aveva mai pulito i suoi tagli, ed Harry non sapeva cosa si doveva fare quando qualcuno lo faceva. Si morse il labbro. Remus riusciva a mandare via le bue. Solo le mamme ed i papà riuscivano a fare questo.

“Grazie,” disse Harry sottovoce, piegando le ginocchia più vicino.

“Prego, Harry,” rispose Remus, spostandosi per sedersi accanto a lui, imitando la sua posizione.

Harry lanciò un’occhiata verso di lui, e ricevette un sorriso. Guardò di nuovo giù velocemente. “Perché non sei giù?” chiese dopo qualche momento. Remus non sembrava il tipo di persona che si arrabbia. Quindi, Harry si sentì un po’ ardito.

“Bèh, non hanno davvero bisogno di me,” rispose.

Harry guardò di nuovo in su. Ma lui sembrava essere così importante. Remus sorrise.

“Come te la sei fatta quella?” chiese, indicando la guancia ferita di Harry.

“Sono caduto.”

“Capisco.”

Harry si abbracciò le ginocchia.

“Remus,” chiamò Dumbledore.

Remus si alzò e si spolverò i jeans. Harry fu colto di sorpresa quando gli tese la mano. “Ti andrebbe di venire con me?” chiese. Harry guardò dietro verso la porta della stanza dei giochi di Dudley. Era solo questione di qualche momento prima che Dudley si stancasse e uscisse fuori per ‘giocare’ con lui. Ma poi, zio Vernon era di sotto…

Esitò, ma nel momento in cui iniziò ad alzare la mano, Remus la prese, aiutandolo a mettersi in piedi. Harry sentì come se si stesse aggrappando a lui, per nessuna ragione che riusciva a comprendere. Si sentiva come se stesse affogando. Ma non voleva fare nulla che avrebbe fatto sì che a Remus non piacesse. Nessun adulto era stato così gentile con lui prima.

Remus scese le scale molto lentamente, aiutando Harry a scendere, e sorridendogli incoraggiante per tutto il tempo. Quando arrivano giù, Harry si sentì molto meglio. La sensazione non durò molto a lungo. Appena arrivano in salotto, Harry poté sentire l’occhiata trivellatrice di zio Vernon su di lui. Si chinò verso Remus, nascondendosi leggermente dietro una delle sue gambe. Remus diede alla sua mano una stretta rassicurante e poggiò l’altra mano sulla schiena di Harry, guidandolo verso il divano, dove era seduto Sirius.

Aiutò Harry a sedersi, prima di sedersi lui stesso. Sirius smise di lanciare occhiate a zio Vernon per guardare in basso verso Harry. Harry si era aspettato un’occhiataccia anche per lui, ma fu sorpreso di non trovarne. Invece, Sirius gli diede un sorriso affettuoso e gli scompigliò i capelli. Harry era molto confuso.

“Ciao, Harry,” salutò Dumbledore, dalla poltrona. Harry si voltò per guardarlo. Il vecchio uomo gli stava sorridendo, e Harry sentì la sua bocca contrarsi in un sorriso in rimando.

“Ciao,” rispose a bassa voce.

“Se non ti dispiace, ci sarebbe qualcosa di cui ci piacerebbe parlare con te.

“Non l’ho fatto apposta!” implorò automaticamente Harry.

Accanto a lui, Sirius si irrigidì. Remus gli strofinò la schiena in segno di sostegno. Dumbledore fece una breve risata.

“Non aver paura, Harry. Non stai per essere punito.”

Harry era chiaramente piuttosto scettico a riguardo, ma non disse nulla. Le calde, ferme carezze sulla sua schiena lo stavano cullando in una quiete che non aveva mai sperimentato prima.

“No, Harry. Ci piacerebbe parlarti della tua sistemazione.

Harry sbatté gli occhi.

“Sei a conoscenza del fatto che sei orfano?”

Harry annuì lentamente. “I miei genitori sono morti in un incidente stradale.

Sopra la sua testa, i due in mezzo a cui era seduto, si guardarono l’un l’altro. Dumbledore sorrise semplicemente. “Questa non è proprio la verità. Comunque, questo non è quello di cui dobbiamo discutere.” Congiunse le mani insieme. “Harry, i tuoi genitori indicarono un tutore per te alla tua nascita. Sfortunatamente, a causa di…complicazioni, sei stato posto sotto la tutela dei tuoi unici parenti in vita.

Harry annuì. Zia Petunia era la sorella di sua madre. Questo lo sapeva.

“Recentemente, queste complicazioni si sono chiarite, ed al tuo tutore è stata riaffidata la tua custodia.

Harry si agitò. Voleva rannicchiarsi come una palla, ma zia Petunia l’avrebbe sgridato per aver sporcato i suoi cuscini e l’avrebbe chiuso nel sottoscala fino alla colazione del giorno dopo.

“Siamo venuti qui a riprenderti.”

Huh?” chiese lui, guardando il gruppo che gli stava intorno.

“Ti riportiamo a casa,” spiegò gentilmente Remus.

Harry lo guardò.

“Sirius è il tuo padrino,” continuò, gesticolando verso l’uomo che gli sedeva accanto. Harry guardò, e Sirius gli diede un sorriso di saluto. “E vuole portarti a casa con sé. Dove appartieni.”

Harry si sentì molto, molto confuso. E si raggomitolò sul divano comunque. Zia Petunia avrebbe potuto arrabbiarsi; non gli importava più se veniva punito. Questo era molto più importante. E spaventoso.

Sia Sirius che Remus si voltarono verso di lui, e nonostante fosse spaventato com’era in quel momento, Harry non si era nemmeno mai sentito così protetto. Era come se niente avesse potuto passare oltre loro due ora. Non Dudley, non zia Petunia, nemmeno zio Vernon. Harry sentì il suo stomaco rilassarsi, ed il suo cuore aprirsi.

“Vedi, Harry,” disse Sirius, parlando per la prima volta. Harry scoprì che il suo della sua voce gli piaceva molto. “Il tuo papà era il mio migliore amico. E appena sei nato, mi chiese di prendermi cura di te, se gli fosse successo qualcosa.”

Harry si spostò un po’ in avanti.

“Gli somigli molto, sai,” continuò Sirius, e la sua voce suonò diversa. Non spiacevolmente diversa. Come se fosse ferito e lo stesse nascondendo.

Harry guardò Remus per conferma. Remus gli scostò alcune ciocche di capelli e batté leggermente il suo naso. “Eccetto per il fatto che hai gli occhi di tua madre,” aggiunse.

Harry guardò tra i due, essendosi dimenticato che non erano soli nella stanza. “Quindi…quindi verrò con voi?”

“Sì, verrai a casa con noi.”

“Per quanto?”

“Verrai a vivere con noi,” spiegò Remus.

“Per un po’?”

“No Harry,” corresse Sirius. “Da ora e per sempre.”

Perché io vi appartengo?”

Sirius fece un sorriso dolce, chinandosi un po’ in avanti per essere allo stesso livello degli occhi di Harry. “Perché fai parte di noi,” rispose. “Sei parte della nostra famiglia.”

Harry ragionò su questo. Girandosi verso Remus, chiese, “E tu cosa sei?”

“Come?”

“Lui è il mio padrino,” ragionò Harry, indicando Sirius. “Ma lui ha detto che siamo una famiglia,” Indicò fra di loro. “Quindi, sei anche tu mio padrino?”

Sirius rise e Remus sembrò un po’ confuso. Diede una pacca sulla spalla di Harry e scosse la testa divertito.

“Bèh…” disse Remus, spostandosi un po’. “Io sono…”

“Sì, lui è il tuo padrino non-ufficiale,” rispose Sirius.

“Okay,” replicò Harry, contento che questo si fosse sistemato.

Remus guardò via per un momento, poi di nuovo ad Harry, per un breve sorriso. Sirius stava ancora ridacchiando dietro Harry. Remus mandò uno sguardo supplichevole a Sirius, che con qualche sospirò, si ricompose.

Harry decise che gli piacevano. “Okay,” disse di nuovo.

Che c’è, Harry?” chiese Sirius, tirando indietro i capelli di Harry. Non avrebbe dovuto essere così piacevole, ragionò Harry. Avrebbero potuto essere una famiglia, ma Harry ancora non sapeva nulla su di loro. Eppure…sentiva più di essere parte di loro due, quei due estranei, che rispetto a tutto il tempo che aveva passato con i Dursley.

“Okay,” ripeté.

“Okay?” gli fece eco Remus.

“Sì. Verrò con voi.”

I due sorrisero. Harry non aveva realizzato che non gli avevano mai chiesto se voleva andare o no. Ma adesso lo stavano abbracciando, ed Harry sentì come se finalmente avrebbe scoperto dove apparteneva. Dopo essersi sentito escluso per così a lungo, avrebbe finalmente, alla fine scoperto dove apparteneva.

*

Note della traduttrice: ok, il primo capitolo è fatto. Scusate se non ho reso alla perfezione, ma ho cercato di non fare una schifezza con le frasi (scommetto che ho miseramente fallito). Ad ogni modo… vi avverto: per ora l’autrice ha pubblicato solo quattro capitoli, ma mi ha fatto sapere che presto ne pubblicherà di nuovi. E’ molto impegnata quindi non so quanto tempo di metterà a scriverli.

Fatemi sapere cosa ne pensate, tradurrò volentieri i vostri commenti a lei ;) mi raccomando!

  
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