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Autore: Caesar    17/02/2011    1 recensioni
"Brandelli di nuvole bianchissime, acqua e polvere davanti a lui, si rincorrevano sopra un mare di mille zaffiri [...]"
Alcibiade. L'uomo che condusse Atene incontro al proprio destino.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità greco/romana
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Alcibiade

[Sangue e veleno nelle mie vene]

 

Brandelli di nuvole bianchissime, acqua e polvere davanti a lui, si rincorrevano sopra un mare di mille zaffiri: Alcibiade poteva vedere l'oceano spumeggiare candido davanti  a lui, salutarlo mentre sollevava cascate di ghiaccio e neve - baci rubati e carezze proibite sulle sue labbra.

Lui sfiorò appena il bordo della trireme con le dita lunghe e nervose, sollevò lo sguardo per assaporare il profumo del vento - sapore di pioggia e sale. I primi riverberi del sole gli illuminavano il viso perfetto, lo incoronavano d'oro e argento come l'eroe d'altri tempi e altre storie.

Ma lui non era un eroe.

La trireme s’adeguava perfettamente ai flutti marini, tranquilli mulinelli e cascate di spuma come gigli bianchissimi, fiori sbocciati quasi per caso in quel deserto di lucido blu. La flotta la seguiva intonando un canto di vittoria ch'era miele sulle sue labbra riarse, oro dolce e pastoso e acqua gelida. Era quasi strano sentire qualcosa di diverso dal peana di vittoria ch'aveva dovuto ascoltare ai sissizi, quando un mantello scarlatto gli pendeva sulle spalle e il dorico echeggiava nella sua mente.

Ma non era passato poi  molto tempo, pensò distrattamente, da quando poteva assaporare la dolcezza delle serate estive sulle rive dell'Eurota, o vedere quel fiume snodarsi come un nastro d'argento sotto una luna luminosa e una pioggia di stelle.

Un sorriso leggero gli bruciò all'improvviso lo sguardo, nero e lucido, così veloce da essere scomparso nell'attimo successivo: una città era apparsa dalle nebbie dell'orizzonte come una gemma protesa verso il mare, e lui poté finalmente accarezzarla di nuovo, dopo così tanto tempo, assaporarne il profumo d'acqua e sale.

Il vento gli sfiorò la chioma scurissima e il viso perfetto come un'amante appassionata, abbandonata ma mai dimenticata.

No, non l'aveva dimenticata. Non avrebbe mai potuto farlo.

Non avrebbe mai potuto dimenticare la sua fiammante giovinezza trascorsa a rincorrere mille sogni e mille ragazze, i palazzi bianchi di marmo lunare o la figura di Pericle che si stagliava minacciosa davanti all'ingresso, tratti severi e sguardo duro sul viso di suo zio. Non avrebbe mai potuto dimenticare quei labirinti di case e malta in cui si perdevano persino i suoi pensieri più audaci, o le flotte che abbandonavano le acque gentili del Pireo per far vela verso mete lontane. Non avrebbe mai dimenticato l'Acropoli splendente o il glorioso Partenone, incendiati dalla luce dell'alba, Socrate e i suoi insegnamenti, le assemblee in cui si discuteva il destino della Grecia intera.

Atene gli apparve ancora più bella di quando l'aveva salutata, con una risata sulle labbra e l'ambizione a divorargli lo sguardo, mentre le ricchezze della Sicilia e dell'Occidente intero lo stavano aspettando: Siracusa e Messina e chissà quante altre città, mura d'avorio e oro.

Atene, la signora del mare, che odiava e amava al tempo stesso. La madre crudele da cui era stato rinnegato senza motivo, solo per l'invidia e la gelosia di pochi intriganti che l'avevano spinta a non volerlo. Se anche l'ingratitudine non fosse bastata a giustificare il suo tradimento – perchè era stato un tradimento, sangue e veleno nelle sue vene -, forse l'avrebbe fatto l'orgoglio ferito a morte. Avrebbe voluto essere il migliore dei suoi figli, il Primo Uomo d'Atene, ma gliel'avevano impedito con tutti i mezzi a loro disposizione.

Recarsi a Sparta era stata una scelta sofferta ma necessaria, distruggere la propria patria l'unico piacere in grado di placare il suo odio. Anche ricordare gl'intrighi in città aveva un sapore amaro: stringere la mano di Lisandro era stato come avventurarsi su una rotta sconosciuta, sentieri senza meta che però portavano sempre a qualcosa, riconoscendo in quello sguardo un riflesso distorto di sé stesso – servo e tiranno della propria smisurata ambizione.

Ma in verità capire dove fosse finita la necessità e fosse iniziato il piacere, chi fosse stato il traditore e chi il tradito, era un segreto così ben custodito che neppure il suo cuore poteva conoscerlo.

Un'altra onda s'infranse spumeggiando contro lo scafo della trireme, giglio di candida spuma in un deserto di lucido blu. Finalmente Alcibiade poté vedere le bianche case d'Atene emergere dal mare come acqua e polvere,  il Partenone e l'Acropoli splendere come un unico gioiello di marmo e bellezza: un secondo sorriso gli bruciò lo sguardo, ancora più rapido del primo.

Sangue e veleno nelle sue vene? Non aveva importanza.

Era a casa.

 
Note dell'Autore:

Sì, sono tornato. Non so quanti si ricordino di me - ne è passato di tempo, forse anche troppo - ma spero che a tutti, ai lettori vecchi quanto a quelli nuovi, questo racconto sia piaciuto ;)

Raccontare un episodio storico non è mai un'impresa facile, ma sono abbastanza ambizioso per credere di esserci riuscito; se comuque qualcuno avesse riscontrato inesattezze di sorta (visto che nessuno è perfetto, io meno di tutti) è più che invitato a segnalarmele.

Che dite, mi sono meritato un commento? XD

 

 

   
 
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