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Autore: Will P    19/02/2011    2 recensioni
"Pioveva. Pioveva da quattro giorni, pioveva così tanto che le auto che sfrecciando nelle pozzanghere ai lati della strada sollevavano ogni volta piccoli tsunami non facevano nessuna differenza a chi passeggiava sotto quel tempo maledetto."
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Andrew Hurley, Joe Trohman
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: I personaggi rappresentati non sono miei e appartengono a loro stessi, tutto ciò non è mai accaduto e non vengo pagata per scrivere. Titolo dai Damned Things.
Note: Per il prompt pioggia @ COW-T, prima missione, di maridichallenge (angeli ftw, again!) ma soprattutto per 16candles!AU, Andy/Joe, ronda (di Fae, se non erro *manda bacini*) che è nel p0rn fest da anni e da altrettanto l'avevo puntato. Anche se non c'è p0rn, perchè sono delle gran donnacce che fanno sempre come pare a loro. MA LI AMO LO STESSO *piange e abbraccia i bambini*


You couldn't tell from my tone that I want you?

Pioveva. Pioveva da quattro giorni, pioveva così tanto che le auto che sfrecciando nelle pozzanghere ai lati della strada sollevavano ogni volta piccoli tsunami non facevano nessuna differenza a chi passeggiava sotto quel tempo maledetto. Joe svoltò l’angolo tirandosi su il colletto della giacca, più simbolicamente che altro; sentiva le gocce d’acqua scivolargli tra i capelli e giù per la nuca, mentre le frangia gli sgocciolava negli occhi.
Pete gli aveva detto di non andare di ronda, e forse aveva ragione, ma erano dieci giorni che non metteva il naso fuori dalla loro tana puzzolente e aveva bisogno di uscire. Una mezza tempesta non avrebbe dissuaso nessun vampiro dall’uscire a caccia - il male non si ferma mai, e poi è a sangue freddo.
Mancavano tre isolati alla fine della ronda, e poi doveva passare da Dirty a farsi dare il cambio, e poi avrebbe potuto chiudersi in bagno e farsi una doccia calda fino alla fine del mondo. Si strinse di più nella giacca, il peso del paletto nascosto lì sotto solido e rassicurante contro il petto, raddrizzò le spalle e andò avanti. I pantaloni gli tiravano sulle gambe ad ogni passo e sembrava che le sue scarpe fossero piene d’acqua, la sentiva sbattergli ritmicamente contro i piedi - si chiese vagamente se potessero marcirgli, stare troppo a mollo e poi staccarsi, puff, così.
Attraversò la strada e corse verso il marciapiede opposto cercando di evitare di finire nelle pozzanghere, o nei rigagnoli, o direttamente nel vero e proprio lago che si stava formando al posto della strada. Svoltò anche questo blocco di edifici ed imboccò un’altra strada, buia e deserta come precedenti. Forse Pete aveva ragione, e avrebbe fatto meglio a restarsene a casa. Forse nemmeno i vampiri sono così scemi da uscire con un tempo del genere, non quando posso andare in un bar qualsiasi, in un locale, scegliere la cena più carina e portarsela via senza che nessuno dica nulla.
Si passò le mani sulla faccia, togliendosi l’acqua dagli occhi, e continuò. Non voleva tornare indietro e sentirsi ancora più inutile di com’era.
All’inizio aveva cercato di camminare rasente il muro, dove c’era l’illusione di potersi riparare, ma ci aveva rinunciato da un pezzo. Ora ciondolava in mezzo al marciapiede, tranquillo, ed ogni fila di terrazzi o negozio con tettoia erano solo un attimo di distaccata sorpresa prima che la pioggia ricominciasse. Non ha senso sprecare energie per stare al coperto quando sei già zuppo fino alle mutande.
Le uniche luci in strada erano i lampioni, ma neanche contavano sotto lo scroscio continuo che li faceva diventare ancor più fiochi e tremuli di quanto non fossero, e le insegne al neon dei locali. Non c’erano luci alle finestre delle case. Non c’erano case, non più, la gente aveva lasciato da mesi quella parte di città. Passò davanti ad un pub da cui proveniva una musica forte, che non riusciva a riconoscere sopra il vociare allegro di chi sa di trovarsi al caldo e al sicuro quando di fuori c’è il diluvio universale. Fu tentato di fermarsi per qualche minuto ma proseguì, superò la pozza di luce dorata che arrivava in strada dalla porta e dai vetri impolverati delle finestre e tornò nel profondo della notte. Un’altra svolta e non c’erano più né musica, né risate, e l’unico rumore nel mondo era ancora lo scrosciare impetuoso della pioggia.
E dei passi alle sue spalle. Rallentò, i nervi tesi mentre faceva scivolare con discrezione una mano sotto la giacca, e intanto i passi si facevano sempre più veloci. Era pronto a voltarsi, le dita strette attorno al legno del paletto, quando qualcuno gli afferrò il polso, gli passò un braccio attorno alla gola e lo trascinò in un vicolo buio, dove lo lasciò andare bruscamente. Joe barcollò contro il muro, guardando truce l’assalitore, ed imprecò: «Che cazzo, Andy.»
La sua occhiataccia era niente in confronto a quella dell’altro - aveva gli occhiali pieni di gocce, ma l’espressione, con la fronte corrucciata e le labbra strette, non era difficile da confondere. Il fatto che l’avesse sbattuto in un vicolo buio per guardarlo a braccia incrociate come se si aspettasse delle scuse era solo un dettaglio in più. «Cosa stai facendo?»
Joe non rispose. Si raddrizzò i vestiti e si massaggiò il polso strattonato, fissando con una certa intensità i bidoni in fondo al vicolo. Andy abbassò le braccia e gli si avvicinò, tanto da costringerlo ad indietreggiare fino ad avere le spalle al muro, i mattoni che grattavano contro la tela della giacca. Gli prese di nuovo il polso e strinse. «Come ti è venuto in mente di uscire stasera?»
«Era il mio turno,» replicò, asciutto, tirando via la mano dalla sua presa e cercando di guardarlo dall’alto in basso con un po’ di autorevolezza, benché Andy sapesse imporsi fin troppo bene per uno della sua statura. «Sto bene, non mi serve la scorta.»
Andy lo guardò negli occhi, imperscrutabile. I capelli gli si stavano incollando alla faccia e agli occhiali, gocciolando sulla sciarpa che già sgocciolava pietosamente, ma lui sembrava non essersene nemmeno accorto. «Ti ho tolto i punti ieri,» disse, piatto, sfiorandogli con le dita un fianco.
«È passato più di un giorno, sto bene» ripeté, staccandosi dalla parete e sgusciando via da Andy, dal suo sguardo, da quell’espressione convinta di sapere tutto, o almeno qualcosa più di te. Stava bene, e quello al fianco era stato solo un graffio. Francamente, tenerlo dieci giorni in casa arrivando a minacciare di legarlo al letto solo perché un vampiro - uno, in un covo, ce ne saranno stati più di venti - era riuscito a prenderlo di sorpresa era stata una crudeltà inutile.
«Ti sei fatto attaccare alle spalle.»
Non disse niente e rimase a fissarsi le scarpe. La pioggia veniva giù sempre più forte, e all’improvviso si sentiva soltanto stanco, di tutto, e voleva solo mettersi a letto saltando persino la doccia. «Fortuna che l’unico ad uscire con questo tempo per farlo fossi tu, eh?»
Ci fu un’altra pausa, poi «Andiamo» e lo superò fuori dal vicolo senza guardarsi alle spalle. Joe, riluttante, lo seguì. Andy arrivò in fondo alla strada e poi girò a sinistra, quando il giro di Joe sarebbe dovuto andare a destra per almeno un altro isolato e mezzo, ma non sarebbe servito a niente discutere in questo momento. Andy avanzava spedito come se non sentisse nemmeno la pioggia, quando lui stava iniziando a non sentirsi più i piedi e tutto il resto era solo molto, molto freddo. Guardando meglio la sua giacca era appena più chiara, asciutta, in qualche punto. Doveva averlo inseguito con l’auto per tutta la città ed essere sceso poco prima per riportarlo a casa tirandolo per un orecchio. Nemmeno sua madre si era mai comportata così, santoddio.
L’auto, come previsto, era a pochi metri da dove gli aveva teso l’agguato. Salirono, e il riscaldamento al massimo fu uno shock dopo il gelo della strada. Andy accese il motore e fece manovra in silenzio, sfrecciando verso nord nella città deserta.
Joe sprofondò nel sedile, guardando il mondo d’acqua e luci indistinte scivolare via fuori dal finestrino. I vestiti gli si incollavano sgradevolmente allo schienale ed era sicuro che le macchie non se ne sarebbero mai andate via, se non fosse riuscito ad allagare direttamente l’intero abitacolo.
Accanto a lui Andy si tolse gli occhiali e lì pulì rigidamente con una mano, alla meglio, su una manica. Era incazzato. Credeva di essere sempre molto zen ma si capiva, era come se mandasse delle vibrazioni tutt’intorno a sé. Ma Joe non aveva niente di che scusarsi, perciò non dissero nulla, non accesero la radio, guidarono e basta fino alla periferia della città e oltre, alla base.
La porta del garage si chiuse automaticamente alle loro spalle mentre Andy parcheggiava, e veniva abbastanza luce dalle scale che portavano di sopra, al laboratorio di Patrick, per vedere che aveva le mani contratte attorno al volante e il cipiglio di chi sta per fare una ramanzina al nipotino disobbediente. Joe aveva avuto una serata piuttosto lunga perciò decise di darsela a gambe prima che avesse tempo di aprire bocca, buttandosi contro la portiera. Che non si aprì.
«Andy, sblocca questo affare.»
«Non eri pronto per uscire.»
Quindi avrebbero dovuto fare questa cosa, okay. Si rimise a sedere con uno sciik, sciaaak di vestiti bagnati su finta pelle e azzardò un’occhiata alla sua sinistra. Andy stava fissando un punto della parete di fronte a sé. «Non ne potevo più di stare qui. Lo sapevo che sarebbe stata una sera morta, e sono abbastanza in forma da poter tornare in azione, così sono uscito, fine della storia. Non capisco perché vuoi farne una tragedia.»
«Non sei minimamente in forma, Trohman, non raccontar balle.»
«Be’, questa volta è andata bene, no? Domani-»
Il pugno sul volante non fu del tutto inaspettato. «Ecco il problema, questa volta,» disse, piano, ma si stava sforzando di fare piano «Ma la prossima non starà piovendo, o sarai convalescente sul serio, e lo sai benissimo che farai la stessa identica cosa, e anche la volta dopo, fino a che non andrò tutto a puttane e dovremo riportarti qui per tagliarti quella fottuta testa che tanto non usi e dar fuoco a quello che rimane.»
«Non sono un idiota, Hurley.»
«Non l’hai mai dimostrato,» ringhiò Andy, e a quel punto Joe ne ebbe veramente abbastanza.
«Senti, non so quale sia il tuo problema, ma non mi serve una balia, okay? So badare a me stesso, e mi frega abbastanza di quello che facciamo per alzare il culo e fare il mio dovere anche se là fuori c’è una tempesta o altro, e tu dovresti fidarti-»
«Come faccio a fidarmi di una persona che non riesce nemmeno a ricordarsi di prendere un ombrello nel pieno della tempesta!»
Joe lo fissò. Andy si era voltato e lo stava passando da parte a parte con uno sguardo di fuoco, ed ogni linea del suo corpo strillava che era pronto a scattare se avesse fatto il più piccolo movimento sbagliato, come una belva in gabbia. Fortuna che lui non aveva più la forza per combattere. «Okay, ho capito,» disse, con voce vuota «Se pensi che non sia in grado di fare il mio lavoro bastava dirlo, lo so che non sono come voi, con, con i poteri e le arti marziali e quella cazzo di spada…»
Ma non poté continuare, perché Andy lo aveva preso per il collo della giacca e- e lo stava baciando. Joe sgranò gli occhi e tentò di aprire la bocca per dire… qualcosa, ma Andy gli morse un labbro, con urgenza, fece scorrere la lingua sul segno del morso e Joe si dimenticò come si parlava. Solo quando Andy si allontanò si accorse di avergli stretto d’istinto un braccio, sorpreso, insicuro.
«Cosa…?» gracchiò, cercando una risposta negli occhi di Andy. Doveva essersi perso un pezzo del discorso. «Non hai capito,» ansimò, e lo baciò di nuovo con forza, premendoglisi addosso tanto che Joe riusciva a sentire il suo calore lungo tutto il fianco pur attraverso la stoffa bagnata e gli vennero i brividi. «Tu sei- dai talmente tanto per ogni missione che un giorno non capirai quando sarà ora di smettere e ci rimetterai la pelle, e io non posso, capisci?, non posso lasciartelo fare.»
Joe lo fissò a bocca aperta, arrossendo quando si accorse che Andy gli stava guardando le labbra. Era certo che ci fosse un errore. Lui era il ragazzino - non lo scienziato pazzo, non il vampiro misterioso, non il maestro ninja, era il povero scemo che aveva imparato a combattere sedando risse nei bar e che doveva sempre farsi riattaccare qualcosa alla fine di una missione. Ad Andy non piacevano quelli come lui. Andy non stimava quelli come lui.
«Ma non è vero,» sbottò, d’impulso, non avendo chiaro nemmeno lui cosa stesse smentendo, se le parole di Andy, la situazione, il nodo caldo allo stomaco che gli rendeva difficile concentrarsi su qualcosa che non fossero le mani di Andy che scorrevano lungo il suo petto su una maglietta tanto fradicia da sembrare inesistente.
«Sei un idiota,» disse Andy. Scivolò verso di lui come se non avesse fatto altro nella vita che sedurre gente in macchine d’epoca, ed era vero, era quello che aveva sempre fatto, Joe non ci stava capendo più niente e le dita di Andy tra i capelli non aiutavano affatto.
Lo bloccò malamente, una parte traditrice del suo cervello che registrava con soddisfazione quanto fossero solide le sue braccia sotto i vestiti mentre tentava di buttare tutto fuori. «Ma tu sei- da quando- tu non sei- cosa stai facendo?» balbettò.
Andy gli lanciò uno sguardo confuso. Gli occhiali gli erano scivolati lungo il naso e a Joe formicolavano le mani dal bisogno di raddrizzarli, ma non era il momento.
«Perché non hai mai detto niente?»
Andy fece una brutta smorfia. «Non era importante.»
«Oh, e invece adesso sì?» Lo shock stava iniziando a trasformarsi in rabbia. «Quindi puoi andare a farti tutte le ragazze che vuoi e dopo pretendi di venire a farmi la predica, e ti dovrei pure stare a sentire?»
Era stanco, bagnato e infreddolito, non si meritava di sopportare anche questo. Si sporse verso il volante per aprire le portiere, ma Andy lo voltò di peso, stringendogli una mano nella sua per l’ennesima volta quella sera, anche se ora c’era una dolcezza, un bisogno che non aveva mai visto.
«Tu sei importante,» disse, a bassa voce, e Joe si bloccò. «E non volevo…» si accigliò «Non volevo essere un peso, per la missione. Perché eri così preso che pensavo non ti importasse, che sarebbe stato solo un problema. Speravo che sarebbe passata, così avremmo potuto continuare a fare quello che facevamo come sempre. Poi, con Pete… era troppo complicato. È ancora complicato, ma non ce la facevo più.»
«Tu sei un idiota,» disse Joe. Poi, lentamente, perché non era lui quello agile o quello esperto in certe manovre, si avvicinò a lui e lo baciò, piano, con attenzione, godendosi il contrasto tra le sue labbra fredde di pioggia e il suo respiro caldo.
Andy mormorò qualcosa di incomprensibile e gli infilò le mani tra i capelli, umidi e in disordine, attirandolo più vicino, approfondendo il bacio. Joe lo sentì sospirare nella propria bocca quando gli fece scivolare una mano sotto la giacca e sulla vita, scoprendo che la sua t-shirt si era spostata scoprendo uno spicchio di pelle fresca.
«Tu sei peggio,» sorrise Andy una volta interrotto il bacio, accarezzandogli il collo «Non devi dimostrare niente a nessuno, in questa casa.»
Un bacio, ancora, perché a certe cose Joe non sapeva ancora come rispondere. Di sicuro Andy non si lamentò, interrompendolo solo per togliergli la giacca.
Quando però un brivido violento, non di quelli piacevoli, gli corse giù per la schiena, Joe si ricordò perché aveva insistito tanto per uscire da quella macchina in primo luogo. «Sto congelando,» scoppiò a ridere, affondando il viso nel collo di Andy.
Sentì il click delle portiere che scattavano aperte e poi le mani di Andy tra i capelli che cercavano di sistemarli per farli asciugare in una forma dignitosa. «Fatti una doccia,» bacio a stampo, piccolo, all’angolo della bocca «Io devo andare a spiegare a Pete perché la sua auto è scomparsa. Dopo…?»
Joe sorrise senza dire nulla e, prima di uscire dall’auto, gli raddrizzò gli occhiali.

   
 
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