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Autore: VaniaMajor    27/02/2011    16 recensioni
Quanti litigi si sono conclusi con quelle due parole: ti odio? Akane è stanca di questa bugia, i suoi sentimenti sono molto diversi. Purtroppo, Ranma sembra essere incapace di ammettere ciò che prova perfino dopo la battaglia contro Safulan. I due sono destinati a continuare a mentirsi oppure uno dei due troverà finalmente il coraggio di essere sincero, di dire le parole magiche: ti amo?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ti odio!

Lo gridava almeno una volta al giorno fin da quando, una sera, aveva aperto la porta del bagno e se lo era trovato davanti, al posto della ragazzina dai capelli rossi con cui stava cercando di fare amicizia, ben felice di aver evitato un fidanzamento forzato. Si era aggrappata a quel pensiero fisso, ostinato, facendone la sua colonna portante per evitare che lui le giungesse al cuore.
Fiato sprecato. Ormai, a quella bugia non credeva più nessuno…nemmeno lei. Sì, certo, quando era attorniato dalle sue ‘altre’ fidanzate, non doveva fingere poi molto di odiarlo dal profondo del cuore, ma quella era gelosia. Meglio ammetterlo almeno con se stessa. Proprio perché sapeva di mentire, ormai le faceva male scagliargli contro quelle parole quando litigavano…come quella mattina, a scuola, quando lui l’aveva presa in giro davanti a tutti per le sue scarse doti culinarie. Per una volta che aveva chiesto a Kasumi di aiutarla a preparare un bento per lui…
Akane appoggiò la fronte al vetro della finestra, gli occhi fissi sulla figura di Ranma che, in giardino, si stava allenando. Da quando erano tornati dalla Cina, da quando si erano avvicinati come non mai a un matrimonio che tutti erano stati pronti a mandare a monte, non riusciva più a staccare lo sguardo da lui. Era imbarazzata per l’intensità di ciò che provava, non sapeva più come comportarsi. I suoi familiari li osservavano con occhi di falco, pronti a carpire il minimo segno di un approfondirsi della loro relazione. Dopotutto, non avevano entrambi rischiato la vita per salvare l’altro? Questa non era una prova d’amore eclatante? Cosa c’era da aggiungere?
La giovane sospirò e chiuse gli occhi. Non era così semplice. Non con Ranma.
Lui era sempre pronto a fare marcia indietro, a ritrattare. Lei, a sua volta, era troppo orgogliosa per essere la prima a pronunciare le parole magiche. Come risultato, la tensione tra loro si stava accumulando e i litigi erano esplosivi.
Akane sfiorò il vetro, accarezzando attraverso di esso la figura di Ranma, che stava sfogando il nervosismo eseguendo una serie di figure acrobatiche.
«Guardami.» mormorò, sperando che lui si voltasse, che i loro occhi si incontrassero.
Avrebbe voluto buttare a mare l’orgoglio, scendere le scale e andare ad abbracciarlo per fare pace. Stare tra le braccia di Ranma le dava una meravigliosa sensazione. Lui era forte, ma anche gentile. Quando la stringeva, ed era capitato spesso che dovesse farlo per salvarla, Akane sentiva che solo a lui avrebbe potuto affidarsi senza timore. Ranma la faceva sentire al sicuro. Non solo: le instillava il desiderio di avere qualcuno che la proteggesse…proprio lei, che era così indipendente, fiera della propria forza! Ranma era capace anche di questo. Non avrebbe mai voluto uscire dal suo abbraccio. Posare la testa sul suo petto, sentire le sue mani sulla schiena, forti e possessive…
Arrossì, conscia che si stava spingendo oltre i limiti. L’unica volta che l’aveva stretta a sé per qualcosa di diverso da un’operazione di salvataggio, la credeva morta. Akane non avrebbe mai dimenticato la disperazione che le aveva trasmesso con quel gesto. Ranma, a modo suo, le voleva bene…perché tutto non poteva trasformarsi in un sentimento più chiaro, identificabile? Perché non potevano amarsi senza nascondersi dietro le rispettive bugie? Lei e Ranma non si erano mai nemmeno baciati. Akane non riusciva a credere che le cose potessero cambiare, evitava di guardare i suoi occhi perché lui non leggesse sul suo viso la speranza di vedervi amore, desiderio di lei. Avrebbe dato qualsiasi cosa perché lui pensasse che era bella. Invece, Ranma la considerava a malapena passabile, un maschiaccio a cui stavano bene solo i vestiti sportivi. Come poteva nascere in lui il desiderio di baciarla?
Akane sospirò, soffocando un singhiozzo, e chiuse gli occhi. Quei pensieri le facevano male. Ormai erano cresciuti, avrebbero dovuto smetterla di comportarsi da bambini. Crescere, però, faceva male.
Riaprì gli occhi. Il giardino era vuoto. Ranma se n’era andato.
«Stupido Ranma.» mormorò, avvertendo le lacrime pungerle gli occhi. Qualcuno bussò alla porta. «Chi è?» chiese Akane, asciugandosi gli occhi con rabbia.
«Sono io.»
Akane si voltò di scatto, sorpresa. Era la voce di Ranma.
«E…entra.» disse.
Ranma fece capolino, come incerto se accettare il suo invito o meno. Era molto cupo, serio. Akane rimase in silenzio e alla fine lui si decise ed entrò, chiudendosi la porta alle spalle. Rimase comunque dall’altra parte della stanza, rivelando un certo nervosismo.
«Ti ho…ti ho vista, prima. Alla finestra. Ti ho fatto un cenno, ma forse…non stavi guardando me.- borbottò, tormentandosi le mani- Pensavo…che magari volevi parlare, e allora…»
«Parlare? E di cosa?» chiese Akane, senza riuscire ad esimersi dall’usare un tono sarcastico. Ecco che ci ricascava.
«Sai…di oggi.- disse Ranma, poi prese fiato- Va bene, in realtà sono io che voglio parlare. Ti…ehm…ti chiedo scusa, Akane. Ho esagerato.»
Akane spalancò gli occhi, sorpresa. Non capitava spesso che Ranma le chiedesse scusa a così breve distanza dal litigio, né che arrivasse al punto senza fare degli ingarbugliati giri di parole.
«Non fa niente, Ranma. Non me la sono presa.» disse subito, decidendo di approfittarne per fare pace.
«Sei sicura? A me sembravi arrabbiata.- borbottò Ranma, corrugando la fronte- Mi hai detto che mi odi.»
«Sì, beh…te lo dico sempre quando mi prendi in giro.» disse Akane, a disagio. Le sembrava che Ranma avesse letto nei suoi pensieri di poco prima.
«Beh, non mi piace! Non puoi scegliere delle altre parole?!- sbottò Ranma, arrogante, venendo avanti di qualche passo- Sei sempre dura, con me! Ti costa tanto essere un po’ più carina?!»
Akane lo fissò a bocca spalancata per quel rapido volta-frittata, poi si arrabbiò.
«Come sarebbe a dire?! Mi ridicolizzi davanti a tutta la classe e dovrei pure stare zitta?!- gridò, avvicinandosi a sua volta- Sei veramente un cretino, Ranma!»
«Oh, andiamo, lo sai che non penso sul serio quello che dico!» sbottò Ranma.
«Questa è una novità!» strillò Akane, poi comprese il significato delle parole di lui e perse la carica aggressiva. Entrambi arrossirono violentemente e abbassarono lo sguardo sui propri piedi.
«Non…non lo pensi?- mormorò Akane, alzando lo sguardo, titubante- Allora non pensi nemmeno…che sono un maschiaccio violento? Che sono brutta? Che sono grassa e ho la vita larga?»
Ranma si passò una mano sulla frangia, imbarazzato, poi disse tutto d’un fiato: «Dai, lo sai che lo dico solo per prenderti in giro, per farti arrabbiare! Invece tu sei così decisa, tu…Ah, maledizione!» Frustrato, il ragazzo le diede le spalle e si allontanò, come per uscire e troncare quella conversazione imbarazzante. All’ultimo momento, sembrò ripensarci e tornò a grandi passi verso di lei. «Tu invece dici sul serio? Quando dici che mi odi, parli seriamente?!»
«Ranma…» mormorò Akane, stupita. Sentì le gote farlesi di fuoco. Lui era così serio, mentre la guardava con quei suoi occhi tanto profondi…«Io…quando ti dico che ti odio è perché…perché mi fai andare fuori dai gangheri, ma in realtà…»
In realtà ti voglio bene, avrebbe voluto dirgli, ma le parole le restarono ancora una volta incastrate in gola. Abbassò lo sguardo, sentendosi troppo fragile. Ranma, forse fraintendendo la sua incertezza, fece una smorfia.
«Ma in realtà…cosa?- disse, amaro- La verità è che non mi sopporti. Perché non me lo dici in faccia, una buona volta?!»
«Cos…non è vero!» esclamò Akane, basita.
«L’ho capito, sai? Sono l’unico ad essere trattato in questo modo da te. Con gli altri non sei così!»
«Forse perché gli altri non mi trattano come se fossi orrenda e goffa!» sbottò Akane, iniziando ad arrabbiarsi di nuovo.
«Con il Dottor Tofu, i nostri compagni, Mousse, a volte perfino i nostri nemici, sei tutta sorrisi e gentilezze! Solo con me sei sempre irritabile e scontrosa!» le ritorse contro Ranma, che sembrava serbare quelle accuse da parecchio tempo, tanta era la veemenza con cui le stava esternando.
«Questo perché tu sei antipatico, dispettoso e saccente, e sei sempre in qualche angolo a farti coccolare da una delle tue innumerevoli fidanzate!» gli gridò contro Akane, stringendo i pugni tanto forte da avvertire un tremito nelle braccia. Possibile che Ranma non si rendesse conto di quanto era irritante nei suoi confronti?! Lui non parve aver sentito nemmeno una parola perché continuò, imperterrito.
«Con Ryoga, poi, non ne parliamo! Diventi addirittura disgustosa, da quante smancerie gli fai!» disse Ranma, velenoso. Akane boccheggiò, ammutolita da quello snaturare la realtà delle cose. «Vuoi negare?!- la incalzò Ranma, facendo un passo avanti e costringendola ad arretrare- Sei sempre lì a preoccuparti di dove sarà finito, di come sta…accetti i suoi regali, vai ad appuntamenti con lui…»
«Finiscila! Stai dicendo un sacco di fesserie!- lo censurò Akane, furibonda- E poi, perché non dovrei? Almeno lui mi trova carina!»
«Perché tu sei la mia fidanzata, non la sua!» gridò Ranma, prima di rendersi conto di quanto aveva detto. Si tappò la bocca con entrambe le mani, avvampando, scrutando con occhi terrorizzati il pallore della sua fidanzata, il suo sguardo improvvisamente basso.
«Sono la tua fidanzata solo quando ti fa comodo.» mormorò Akane, con un tono di voce che le era estraneo. Sembrava che lo scontro verbale l’avesse svuotata. Gli voltò le spalle. «Visto che pensi tanto male della tua fidanzata, Ranma, forse faremmo meglio a dire ai nostri genitori che questa farsa finisce qui.- disse, atona- Ora esci dalla mia camera.»
«A…Akane…scusa, io…» balbettò Ranma, riportato alla ragione dalla sua freddezza.
«Esci, Ranma.»
Akane, con la morte nel cuore, lo sentì indugiare, poi voltarsi e camminare lentamente verso la porta. Le lacrime le scesero lungo le guance. Perché lui riusciva sempre a togliere bellezza anche alle parole che più avrebbe desiderato sentire? Perché per lui era tutto una sfida? Non sopportava più quella situazione. Meglio farla finita una volta per tutte.
Ma voleva davvero lasciarlo andare così? Voleva davvero trincerarsi come al solito dietro all’orgoglio e tacere quello che sentiva realmente per lui? Se era così vigliacca, allora non aveva alcun diritto di criticare Ranma. Erano pari. Due teste di legno che sapevano solo cozzare l’una contro l’altra.
Non seppe mai quale istinto la spinse a dire le parole successive nel momento in cui Ranma aprì la porta per uscire.
«Non avrei dato la mia vita per nessun altro, là in Cina. Solo per te.» mormorò, la voce incrinata dal pianto.
Lo sentì trattenere il fiato. Chinò il capo, sapendo che lui sarebbe scappato, rifiutandosi di accettare il suo affetto.
«E io…»
Rialzò la testa di scatto, sentendo la sua voce rispondere, mite e sommessa.
«Io…non avrei sofferto così profondamente…per nessun’altra, Akane.» finì lui, con voce rauca.
Akane si voltò, incredula, gli occhi spalancati. Ranma la guardava con un misto di timore e speranza dalla porta socchiusa, imbarazzato ma sincero. Akane fece un passo, tendendo le braccia, poi successe tutto in un istante. Si trovò stretta tra le braccia di Ranma e si aggrappò alla sua casacca rossa, stringendolo come se potesse sparire da un momento all’altro.
«Akane…Akane…» continuava a ripetere Ranma, come se non potesse credere a quanto stava accadendo.
«Stai zitto, Ranma.» gli disse lei, piangendo di gioia, e per una volta lui obbedì. Rimasero abbracciati stretti per un po’, poi si allontanarono quel tanto che bastava da guardarsi negli occhi, imbarazzati ma felici.
«Ci voleva tanto a dirmelo?» chiese Akane, con un sorriso.
«Beh, nemmeno tu me l’avevi mai detto.» borbottò Ranma.
«E’ vero.- ammise lei, poi avvampò e aggiunse- Ti amo davvero, Ranma. Non voglio sposarti solo perché lo desiderano i nostri genitori. Io…ti voglio bene.»
Ranma divenne rosso come un peperone e prese a balbettare frasi incoerenti, diventando rigido come uno stoccafisso. Akane fu costretta a ridere, riconoscendo nella reazione una gioia sincera. Vedendo il viso della ragazza illuminarsi nel sorriso che tanto amava, Ranma si riprese quel tanto che bastava da dire: «Anche io, Akane…ti voglio bene. Ti amo, da un sacco di tempo.»
Le sfiorò il volto con una carezza, facendo cessare la sua risata, poi i suoi occhi si fissarono, come ipnotizzati, sulle sue labbra. Si chinò su di lei.
«Ranma…»
«Akane…»
«E’ il momento! Scatta!»
«Aspetta, papà, non si stanno ancora baciando!»
Le voci eccitate che sussurravano fuori dalla porta della stanza di Akane spezzarono il momento romantico come un sasso avrebbe fatto con una finestra. Ranma e Akane, paonazzi e basiti, si voltarono lentamente verso la porta socchiusa. La prima cosa che videro fu l’obiettivo della macchina fotografica professionale di Nabiki.
«Dannazione! Temo ci abbiano sentiti!» disse infatti la voce della sorella di Akane.
«Papà, ti avevo detto di stare zitto fino alla fine!» mormorò Kasumi in corridoio, con tono deluso.
«Ma io…»
Ranma guardò Akane, sconvolto, poi corse alla porta e la spalancò, infuriato, rivelando l’assembramento della famiglia Tendo e i propri genitori intenti a spiare la sua confessione d’amore ad Akane.
«Voi…voi…» balbettò.
«Finalmente ti sei deciso figlio mio!» esclamò Genma, ridendo forte.
«Congratulazioni, Ranma e Akane!» disse Nodoka, commossa, asciugandosi le lacrime con una manica del kimono.
«Sono così felice per la mia bambinaaaaaaaaaa………..» piangeva intanto Tendo.
«Bisogna festeggiare!» disse Kasumi, con un sorriso, scendendo poi verso la cucina.
«Ranma, mi manca solo il gran finale.- disse Nabiki, disinvolta- Baciatevi, così scatto l’ultima foto.»
Ranma, imbarazzato e umiliato, esplose.
«Io vi ammazzo, maledetti spioni!!!» gridò, costringendo tutti alla fuga.
«Ranma, aspetta!» disse Akane, correndo alla porta, ma ormai Ranma era già corso via, inseguendo gli scomodi parenti.
La ragazza si appoggiò allo stipite, ancora sbalordita e confusa dagli eventi, ascoltando le grida che si spostavano dal piano di sotto al giardino. Pian piano, sorrise. Anche se interrotto sul più bello, il chiarimento che sognava da tanto tempo era finalmente avvenuto. Ranma le aveva detto di amarla. Era così felice che avrebbe voluto mettersi a cantare.
Aveva finito di dirgli “Ti odio”? Avevano finito di litigare? Sicuramente no, la loro vita era troppo caotica per garantire più di un attimo di serenità.
Da quel momento in poi, però, con gli occhi e il cuore non avrebbe più mentito. Ranma non avrebbe dovuto far altro che guardarla per leggere la verità. Una verità immutabile.

Ti amo!


 

   
 
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