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Autore: Calliphora994    28/02/2011    7 recensioni
Uno strano caso porterà Booth e Bones a New York, per collaborare con il NYPD, in aiuto alla detective Beckett e a Castle.
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Seeley Booth, Temperance Brennan
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Booth era seduto alla sua scrivania, intento a giocherellare con una pallina di gommapiuma, i suoi pensieri che andavano in un’unica direzione: Temperance Brennan.

“L’hai detto anche tu: la definizione di insanità è fare la stessa cosa ancora e ancora aspettandosi un risultato differente”
“Allora cerchiamo di ottenere un risultato differente”
“Non sono una giocatrice d’azzardo, sono una scienziata. Non posso cambiare. Non so come farlo”

Gli occhi pieni di lacrime della sua partner continuavano a tormentarlo, quel “lo so” sospirato gli rimbombava nella testa.
Aveva fatto un errore, un tremendo errore. Proprio lui che non voleva mischiare il lavoro alla vita privata si era ritrovato a farlo. Come aveva potuto pensare che Temperance Brennan fosse innamorata di lui? In fondo era pur sempre la  gelida antropologa segnata dal suo passato che, sì, era riuscito a far uscire dalla sua corazza, ma non del tutto. Ma, appunto, era Bones, la sua collega e migliore amica da ormai sei anni; all’inizio si erano piaciuti, forse troppo, ma le loro differenze caratteriali li avevano  allontanati; un anno dopo il loro primo incontro si erano ritrovati e da lì era iniziata la loro partnership. Tuttavia in quel momento la domanda era: davvero erano solo partners, o erano qualcosa di più? Beh Booth era certo che Bones fosse molto più della sua partner, molto più della sua migliore amica ...Era innamorato di lei. Punto. Stop. La faccenda era chiara e cristallina come il sole. Ma lui aveva rovinato tutto,  aveva oltrepassato quella linea che lui stesso aveva tracciato, e le conseguenze erano state disastrose. In questo modo aveva ferito sia lei sia sé stesso.
I suoi pensieri furono interrotti dallo squillo del telefono.
“Booth”
“Cheri, ho un caso per te e la bella antropologa. Alza il sedere dalla sedia e vai a prenderla. Vi aspetto nel mio ufficio tra mezz’ora”
Aveva riattaccato. Senza accennare a doppi sensi tra lui e Bones, la faccenda doveva essere serissima. Booth non aveva  fatto in tempo a dire una sola parola. Ah, le donne!
Si alzò massaggiandosi gli occhi, era distrutto. La faccenda di Bones gli aveva tolto anche il sonno.
 
Parcheggiò davanti al Jeffersonian ed entrò nella struttura. Oltrepassate le porte a vetri si fermò. Bones era sulla piattaforma forense, china ad esaminare dei resti; Booth  osservò per qualche istante il suo profilo, che ormai conosceva a memoria, tante le volte in cui era rimasto ad osservarla senza che lei se ne accorgesse.
Decise di spostarsi e raggiungerla, visto che sembrava un idiota così fermo in mezzo al laboratorio con lo sguardo fisso sulla sua collega. Il bip del badge di Booth  la fece sussultare impercettibilmente, ma non distolse lo sguardo dallo scheletro.
“Ehi Bones”
“Booth”. Disse il nome del suo partner a mò di saluto, non alzò nemmeno la testa.
“Caroline ci aspetta nel suo ufficio. A quanto pare ha un  caso per noi, e sembra che sia piuttosto urgente”. Ma perché Bones non alzava la testa, perché non lo guardava?
“Booth, sono occupata, devo finire di datare questo scheletro e..” . Finalmente alzò gli occhi, e incontrando quelli di Booth, la fine della frase le morì in gola. Ritornò ad esaminare lo scheletro.
“E cosa, Bones? Forse non hai capito, ho detto che è URGENTE! Quindi, archivia quello scheletro e seguimi. CHOP CHOP!”. Disse tutto ciò con gli occhi fissi su un punto indeterminato del pavimento. Ormai lui e Bones non riuscivano più a guardarsi negli occhi.
“ D’accordo. Aspettami fuori. Tra 10 minuti ti raggiungo”
“Bene”
“Bene”
Rimasero per qualche secondo entrambi in silenzio senza guardarsi, in un imbarazzante silenzio, poi Booth girò i tacchi e uscì.
 
Era arrabbiato, Booth, già era davvero arrabbiato. Con sé stesso in primis per non esser riuscito a guardare Bones negli occhi. Ma era anche arrabbiato con lei che era stata così poco gentile e non si era nemmeno sforzata di trovare una scusa plausibile per reclinare la convocazione di Caroline. Ormai il loro rapporto era cambiato irrimediabilmente: non ci sarebbero più stati pranzi al Diner insieme, serate a casa dell’altro a chiacchierare sul divano.. niente, non ci sarebbe stato più niente di niente. In quel momento arrivò Bones.
“Eccomi”
Booth mugugnò  in risposta, non sapendo bene cosa dire,inforcò gli occhiali e partì.
Il viaggiò verso l’ufficio di Caroline durò solo venti minuti, ma sembrarono un’eternità a causa dell’atmosfera imbarazzata e del silenzio assordante nell’abitacolo.  Ci fu un unico stralcio di conversazione:
“Allora, Booth, come mai tutta questa urgenza?” . Lo sguardo di Temperance era fisso sul parabrezza di fronte a lei.
“Non lo so, Bones”. La frase gli uscì più acida di quanto avrebbe voluto, vista la rabbia repressa; ma Bones sembrò non accorgersene.
“Allora come fai a dire che è urgente se non sai neppure di cosa si tratta?” , il classico tono petulante di Temperance Brennan.
“Dal comportamento di Caroline, visto che non ha fatto nessun.. senti Bones, ti sei sempre fidata del mio istinto, fallo anche adesso, d’accordo?”, si girò a guardarla, ma i suoi occhi erano ancora rivolti al di là del parabrezza.
“D’accordo, mi fido”
“Ok”
“Ok”
Entrarono nell’edificio e presero raggiunsero il piano di Caroline in ascensore, il quale per fortuna era piuttosto affollato; non ci sarebbero stati altri silenzi imbarazzanti.
Trovarono Caroline davanti al suo ufficio che li aspettava; aveva una ruga profonda in mezzo agli occhi e l’aria stanca.
“Ce ne avete messo di tempo! Seguitemi e aprite bene le orecchie. Ah, e prima di fare domande lasciatemi finire di spiegare”
Booth e Bones si sedettero intorno al tavolo ovale della sala riunioni mentre Caroline accendeva il maxi schermo del proiettore. La prima immagine che  mostrò loro fu quella di una villa piuttosto grande, l’intonaco color rosso mattone e le rifiniture bianche. All’entrata c’era un portico, anche questo bianco, sotto il quale erano posizionate due sedie a dondolo. Sembrava la casa dei sogni di ogni pensionato.
“Questa villa è stata rasa al suolo dal fuoco una decina di giorni fa. Al suo interno sono stati ritrovati quattro cadaveri resi irriconoscibili dall’incendio. Dalle dimensioni, si tratta di due adulti e due bambini. Si crede che sia un incendio doloso, visto che in cantina sono state ritrovate delle taniche di benzina”.
Mentre parlava, Caroline faceva apparire altre immagini del proiettore; quando arrivò all’inquadratura dei cadaveri, Booth non riuscì a reprimere una smorfia. Erano così piccoli. Guardò Bones come a cercare conforto, ma vide che lei era entrata in modalità “cuore chiuso in una scatola” e la sua espressione era indecifrabile.
“D’accordo Caroline, ho capito, vuoi che io e Bones andiamo a dare un’occhiata. Qual è l’indirizzo?”
“Ti avevo detto di non interrompermi., cheri. Comunque si trova a New York”
“New York? Ma allora non dovrebbe occuparsene la polizia locale?”
“Le autorità locali brancolano nel buio, non sono nemmeno riusciti ad identificare i resti, visto che non dispongono di un antropologo forense. Il NYPD ci ha chiesto di inviare lì qualcuno che collaborasse con gli agenti incaricati di risolvere il caso. Hanno specificato che esigevano i migliori. E qui entrate in gioco voi! “
“Con questo vuoi dire che siamo i migliori”
“Beh, Booth, io sono la migliore antropologa forense in circolazione”, Bones parlò per la prima volta da quando si erano seduti.
“Brava, cheri, mi hai risparmiato una risposta che avrebbe gonfiato a sproposito l’ego del nostro agente speciale. Ma comunque voi due siete la migliore coppia investigativa dell’ FBI. Se avessimo mandato dei novellini che figura ci avremmo fatto con quegli sbruffoni del NYPD?”
“D’accordo Caroline, domattina andremo a New York e…”
“Domattina? No, non hai capito! Vi aspettano lì stasera! Gli agenti vi verranno a prendere all’aereoporto. Il vostro aereo parte tra due ore”
Temperance sussultò sulla sedia.
“Due ore?  Non ce la faremo mai a fare le valigie e raggiungere l’aereporto, Caroline”
“Senti, cheri, potete raggiungere NY anche in astronave se volete, ma l’importante è che stasera siate all’aereoporto di New York”
“Con tutto il rispetto, come può una persona come lei, laureata, credere che davvero esistano le astronavi? E’ scientificamente impossibile che..”
Booth  interruppe l’arringa scientifica di Bones, e, posandole una mano sulla schiena, la sospinse fuori dalla sala riunioni sorridendo.
“Su, Bones, ce la faremo, quanto pensi ti ci voglia per fare una valigia? In fondo staremo via solo un paio di giorni”
“Preparare una valigia in fretta e furia, mi farà sicuramente dimenticare qualcosa, e io sono abituata ad avere con me il necessario per ogni eventualità.”
“Su, Bones, non stiamo mica andando su Marte”
“Ti ci metti anche tu con queste teorie, Booth? Perché dovremmo andare su Marte a risolvere un omicidio se su Marte non ci sono esseri viventi?”
“Lascia stare, Bones, lascia stare”. Disse questo sorridendo. Era felice di essere ritornato a bisticciare con la sua Bones. Forse con il tempo le cose sarebbero tornate come prima. Forse.
 
Arrivarono all’aereoporto in tempo per un pelo.  Dopo aver ritirato i bagagli uscirono nel parcheggio e cercarono con lo sguardo l’agente che avrebbe dovuto scortarli al NYPD.  Bones scorse una macchina della polizia alla quale era appoggiata una sagoma scura. Avvicinandosi videro che era una donna.
“Salve! Siete l’agente Booth e la dottoressa Brennan?”
“Si, piacere, agente speciale Seeley Booth e lei è la mia partner, la dottoressa Temperance Brennan del Jeffersonian”
Entrambi strinsero la mano alla donna.
“Io sono l’agente Kate Beckett del NYPD. Seguitemi, vi scorterò in centrale così potremo fare il punto della situazione”
 
   
 
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