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Autore: Dk86    11/01/2006    9 recensioni
Perchè Amore è il Progetto.
E il Progetto è Morte.
Genere: Triste, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: James Potter, Lily Evans
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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AMORE E' IL PROGETTO E IL PROGETTO E' MORTE


Nessuno riuscì a comprendere in tempo che il Progetto si sarebbe realizzato quella sera stessa. Pur essendosi in qualche modo annunciato, nessuno lo vide arrivare, né riuscì ad opporvisi. Semplicemente, non poteva essere evitato.

La donna, con un'espressione di composta malinconia, si avvicinò alla finestra, fissando il mosaico di minuscole lucciole che splendevano nelle case del piccolo villaggio. Dietro di lei, il bambino, poco più che un neonato, si agitò, mugolando debolmente nel sonno. La donna distolse lo sguardo quasi a malincuore, e si affacciò sul lettino del bimbo, che continuava a frignare.

Dev'essere un incubo pensò Lily, prendendo con cura il figlio fra le proprie braccia e cullandolo dolcemente per tranquillizzarlo.

(Oppure è il Progetto)

Un pensiero assolutamente estraneo e alieno attraversò la mente della giovane donna; Harry le sfuggì quasi dalle mani, e solo una notevole prontezza di riflessi impedì al bambino di picchiare la testa contro la testiera del lettino. Lily si affrettò a riadagiare il figlio, che nel frattempo sembrava essersi tranquillizzato, sul morbido materasso, prima di portarsi le mani alla testa, premendo le dita affusolate all'altezza delle tempie, come per assicurarsi di cancellare ogni minima traccia di quel pensiero. Le sembrava la cosa più sgradevole alla quale avesse mai pensato, nonostante fosse una frase così banale. Era come se le avesse lasciato all'interno del cranio una scia di bava velenosa che le corrodeva la mente, penetrando sempre più in profondità. Come se non riuscisse a smettere di pensare

(al Progetto)

a quelle parole.

Il lieve cigolio della porta la fece sobbalzare per la seconda volta in pochi minuti. Si voltò, mettendo mano alla tasca nella quale era riposta la sua bacchetta magica, ma solo per ritrovarsi a fissare il volto del marito. James Potter sorrise alla moglie, ma fu un sorriso debole e stanco, che non coinvolse i suoi occhi. Il viso dell'uomo era teso e provato; la preoccupazione si era raggrumata negli angoli degli occhi e della bocca, scavando impietosamente un reticolo di rughe precoci.

"Stavo leggendo in soggiorno quando ho sentito Harry lamentarsi, e così sono venuto a vedere se andava tutto bene..." borbottò lui in tono quasi di scusa. Lily distolse gli occhi dal consorte, per tornare a fissarli sul figlio, placidamente disteso su di un fianco. "E' tutto a posto, non dovevi disturbarti..." rispose lei in tono freddo. Che bisogno ha di mentire? pensava nel frattempo E' chiaro che se fosse stato dabbasso non avrebbe potuto sentire un bel niente. La verità è che se ne stava qui fuori, ad aspettare... ad aspettare cosa?

"Che cosa stavi aspettando?". Le parole le uscirono di bocca senza alcun motivo. O forse, inconsciamente, aveva voluto pronunciarle solo per poter vedere la reazione sul viso di lui. James però non parve capire la domanda, e atteggiò il volto in un'espressione di educata perplessità: "Cosa?" domandò. "Perchè eri qui fuori?" ripetè Lily, con una nota di fuoco nella voce. "Te l'ho detto, ero giù in soggiorno, io...". "Oh, per favore, smettila!" sbottò la giovane donna, lanciandosi verso la porta e spalancandola. James perse l'appoggio sulla maniglia e fu costretto ad appoggiarsi allo stipite per non crollare a terra. "Lo so benissimo che eri qua fuori, cosa credi? Non sono stupida, e lo sai benissimo!". L'uomo le sorrise, e per un attimo Lily vide nel volto di lui il ragazzo vivace ed arrogante che aveva conosciuto quando frequentava Hogwarts, lo stesso ragazzo con il quale aveva scelto di condividere la vita...

"Hai ragione, non sei stupida" ammise lui "Stupido io a pensarlo, piuttosto". James sospirò, e si passò una mano nella foresta di ribelli capelli scuri, tanto simili alle piccole ciocche che ricoprivano il capo del bambino che riposava tranquillo nella culla "E' solo che... sono preoccupato per Harry, ecco tutto...". "Ah, ti preoccupi per Harry? E di me? Chi si preoccupa di Lily, eh?" ribattè lei, piccata. "Oh, piantala. Ti stai rendendo ridicola." la rimproverò lui "Siamo d'accordo sul fatto che tu non sia una stupida, quindi evita di comportarti come tale". Lei sembrò riscuotersi al suono di queste parole; chinò la testa, così che una cascata di capelli rosso ramato le ricadde sul volto, nasconendone i delicati lineamenti. "Scusami" la sua voce, da urlo colmo di furia, si era trasformato in un sussurro: "Anch'io... anch'io sono preoccupata per lui. Per te. E soprattutto per me stessa. So che può sembrare egoista, ma... ma...". Le lacrime iniziarono a cadere sull'allegra moquette azzurra, picchiettandola con macchioline scure. "Non voglio morire" disse, con una voce ferma nonostante il pianto "Ormai è una settimana che non dormo più, continuo a pensare a che cosa può accaderci, a quella maledetta profezia, e

(al Progetto)

al fatto che Voldemort potrebbe scegliere di uccidere proprio Harry, e..." e Lily non sembrò capace di continuare. James le si avvicinò, la afferrò per le spalle e la strinse a sè: "Non preoccuparti, Lily. Non permetterò mai che tu venga uccisa, finchè avrò vita. Ricordati che non siamo soli. Ci sono Sirius, Remus, Peter, Silente... Non siamo soli. Finchè Peter manterrà il nostro segreto e Silente continuerà a vegliare su di noi come ha fatto finora, andrà tutto bene...".

Fu allora che tutto andò storto.

E che il Progetto ebbe inizio.

La porta d'ingresso della casa esplose, e le pareti tremarono, mentre i delicati soprammobili del soggiorno precipitavano a terra in una pioggia di frammenti di cristallo. Lily e James, ancora abbracciati, crollarono contro la parete, mentre Harry, dal suo lettino, mandò un lieve gemito.

"Che succede?" il bisbiglio terrorizzato di Lily si perse quasi fra i singhiozzi che la scuotevano. Scivolò a terra come una bambola rotta, mentre James, con il volto pallido e tremendamente deciso si avvicinava alla porta della stanza. "No..." mormorò Lily, senza alzare la testa "No...". James la fissò, mentre gli occhi gli si colmavano di tanta tristezza che per un attimo lo attraversò il buffo pensiero che forse non avrebbero retto e si sarebbero gonfiati fino a scoppiare... e forse, non era neppure un pensiero tanto buffo.

James appoggiò la mano sulla maniglia, e nello stesso momento accaddero due cose: Lily gli afferrò l'orlo dei pantaloni, e dall'atrio giunse un lieve scricchiolio: chiunque fosse entrato in casa

(ed era chiaro chi fosse questo chiunque, no? Era mortalmente chiaro)

aveva iniziato a salire le scale.

"Lily, ti prego..." implorò lui, con dolcezza. Lei si limitò a scuotere la testa.

Scricchiolio. Un altro gradino. Scricchiolio. Un altro gradino.

"Non ti ricordi che cosa ti ho detto? Che finchè avrò vita non permetterò che qualcuno ti possa fare del male...". "Mi hai detto..." singhiozzò lei "Mi hai detto anche che non eravamo soli... E invece Peter ci ha traditi!" la sua voce crebbe, alzandosi di un'ottava "Ci ha traditi, quel lurido figlio di...".

"Ssshh!" fece James, pur sapendo che ormai era inutile. Gli scricchiolii si fecero più rapidi ed intensi. Ora Voldemort sapeva dove poteva trovare ciò che voleva.

"Mi dispiace, Lily..." disse l'uomo. Con una torsione della gamba, si liberò della debole presa della moglie, e prima che lei potesse reagire, si infilò fuori dalla stanza, la bacchetta stretta nel pugno.

Dal momento in cui vide per l'ultima volta suo marito vivo al momento della morte di Lily passarono circa venti secondi, eppure per la donna il tempo sembrò dilatarsi, come se fosse diventato l'elastico della fionda con la quale amava giocare da bambina.

E improvvisamente si vide, a otto anni, una mocciosetta sempre sporca di fango con le ginocchia sbucciate, nella grande casa di campagna dei suoi genitori. La sua noiosa sorella maggiore se ne stava seduta sul dondolo, all'ombra del portico, sospirando sulle melense pagine di un romanzetto d'amore. Ma era luglio, le scuole erano finite, e il tempo era troppo bello per sprecarlo a leggere e a non far nulla.

Sua madre aveva fortemente disapprovato il fatto che lei, per il suo ottavo compleanno, le avesse chiesto una fionda in regalo. "Non è un giocattolo appropriato per una signorina" aveva commentato, e le aveva invece comprato una grossa bambola che lei aveva a malapena degnato di uno sguardo. Suo padre, invece, era rimasto molto colpito dal fatto che la sua secondogenita desiderasse un regalo tanto atipico, e gli aveva acquistato personalmente il modello più costoso del negozio, suscitando le ire della moglie e della primogenita. Lily, dal canto suo, si divertiva un mondo; passava il suo tempo acquattata all'ombra degli alberi che formavano un piccolo e fresco boschetto dietro a casa sua, esercitandosi a colpire le foglie più alte per migliorare la propria mira.

Finchè, un giorno, non aveva sbagliato la traiettoria del colpo. Invece di aprire una ferita sferica al centro della larga foglia d'olmo alla quale aveva mirato, la piccola Lily aveva visto precipitare a terra una delicata massa piumata, che aveva colpito il terreno con un tonfo sordo a qualche metro da lei. La bambina si era avvicinata, incuriosita, e si era accorta che quello che era caduto a terra era un piccolo uccellino bruno, quasi sicuramente un passero, che ora pigolava debolmente. Dopo essersi infilata la fionda in tasca, Lily lo raccolse con circospezione e lo portò dal padre, che stava raccogliendo le prime prugne dal grande albero che si ergeva al centro del giardino. Glielo tese, senza parlare. Lui prese l'uccellino dalle piccole mani di lei, e lo osservò per qualche secondo.

"Lo puoi aggiustare?" chiese Lily titubante. Suo padre la fissò con uno sguardo un po' triste: "No, Lily, non posso... Nessuno potrebbe...". L'uomo appoggiò la mano libera sulla testa della figlia, poi riprese: "L'hai trovato nel bosco?". "No..." rispose Lily "Io... io credo di averlo colpito con la fionda...". E poi la bambina fece una cosa che faceva davvero raramente: scoppiò a piangere.

Di solito tutti si complimentavano con lei, perchè nonostante molto spesso si ferisse, si graffiasse e si sbucciasse gomiti e ginocchia, non versava mai nemmeno una stilla di lacrime, ma sopportava stoicamente la vista del sangue, cosa che invece mandava letteralmente in crisi sua sorella Petunia, e permetteva addirittura a sua madre di anestetizzarle le ferite con l'alcool, stringendo la piccola lingua fra i denti per impedirsi di urlare.

Ma quella volta le lacrime iniziarono a scenderle copiose, e Lily si trovò stretta fra le braccia del padre, mentre ripeteva fra i singhiozzi: "Mi dispiace, ma io non volevo, non volevo...". "Lo so. Tu non sei una bambina cattiva" le rispose lui "Ma devi capire che per ogni nostra azione c'è sempre un seguito. Quando tu tendi l'elastico della tua fionda... Devi sempre ricordarti che colpirai qualcosa, quando lo lascerai andare".

E, mentre da sotto la porta filtrava un tetro bagliore verde, e qualcosa cadeva a terra nel corridoio, facendo gemere le assi dell'impiantito, Lily, di nuovo donna, di nuovo in piedi, pensava a quanto era vera l'affermazione di suo padre. Il vero problema pensò, un momento prima che la porta si spalancasse, e Voldemort entrasse nella stanza è che non sempre sei tu a tenere in mano la fionda, e non puoi vedere dove punta l'elastico finchè il colpo non è partito.

"Cos'abbiamo qui?" sibilò Voldemort, in tono di sottile giubilo "Una madre che protegge il suo adorato figlio... Ammirevole. E inutile. Ora spostati, Mezzosangue, o sarò costretto ad uccidere te prima di eliminare il piccolo Harry.".

Ma Lily non si mosse. Rimase lì, in piedi, con le braccia allargate, davanti al lettino di Harry, i capelli sparsi sulla schiena come un mantello fulvo, e gli occhi, dello stesso verde della maledizione che pochi secondi dopo l'avrebbe colpita, fissi in quelli rossi dell'uomo che più di ogni altro rappresentava la disumanità. Non ci furono lacrime. Non ci furono parole. Solo un pensiero

(il Progetto il Progetto il Progetto il Progetto il Progetto)

che le martellava ossessivamente il cranio, senza un come, senza un perchè...

"Allora?" disse Voldemort con impazienza "Questa è la tua ultima possibilità di salvare la tua patetica e miserevole esistenza. Obbedisci o muori!". Ma Lily non si spostò. Pensava solo

(il Progetto)

E mentre Voldemort alzò la bacchetta, per condurla verso un luogo senza ritorno. Capì.

Si dice che chi si trova sulla soglia della porta della morte, e attende solo di appoggiarci sopra le nocche per bussare, riveda tutta la sua vita. Ma per Lily l'esperienza fu diversa. Non vide la sua esistenza, ma quella di suo figlio. Non sarebbe morto, ma avrebbe vissuto. Soffrendo e piangendo a volte, ma circondato dall'affetto di amici sinceri. Sarebbe diventato forte, avrebbe dovuto attraversare molte difficoltà; ma un giorno, si sarebbe scontrato faccia a faccia con Voldemort, e quel giorno...

E in quel momento, quel brevissimo istante prima che la donna crollasse a terra, le lacrime sgorgarono per l'ultima volta, senza però arrivare mai a lambire le labbra di lei, distese in un sorriso di quelli che sembravano essere gioia e trionfo. E con esse, un pensiero: Però ci sono delle volte, in cui l'elastico della fionda, per l'eccessiva tensione, finisce per rompersi.

Eccolo, il Progetto!

Perchè l'Amore è il Progetto.

E il Progetto è Morte.

  
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