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Autore: cassiana    01/03/2011    3 recensioni
"Napoleone gironzolava inquieto per lo studio, aveva percepito un cambiamento della luminosità che proveniva dalla finestra: questo voleva dire che presto quella snervante attesa sarebbe terminata. [...] Wellington sbadigliò e con passo tranquillo lasciò il suo posto presso la biblioteca e si appostò alla finestra ignorando il compagno di stanza: di certo ciò che accadeva per strada era infinitamente più interessante del suo ciondolare nevrotico."
Genere: Commedia, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Wellington e Napoleone'
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Finalmente a casa Note: Scritta per la  THE COW-T: The Clash of the Writing Titans - TERZA SETTIMANA @ maridichallenge
prompt: attesa

Disclaimer: Trama, personaggi, luoghi e tutti gli elementi che questa storia contiene, sono una mia creazione e appartengono solo a me.



Finalmente a casa

    
         
        Napoleone gironzolava inquieto per lo studio, aveva percepito un cambiamento della luminosità che proveniva dalla finestra: questo voleva dire che presto quella snervante attesa sarebbe terminata. Si fermò, all’improvviso, al centro della stanza inclinando la testa da un lato. Aveva forse sentito un tintinnio di chiavi? Aggrottò le sopraciglia cercando di valutare meglio le vibrazioni che aveva avvertito, ma quando il rumore si ripeté si accorse che era solo uno scampanellare di bicicletta. Grugnì frustrato e riprese a muoversi irrequieto.
    Wellington sbadigliò e con passo tranquillo lasciò il suo posto presso la biblioteca e si appostò alla finestra ignorando il compagno di stanza: di certo ciò che accadeva per strada era infinitamente più interessante del suo ciondolare nevrotico. Tutte le sere era la stessa storia: appena si avvicinava l’ora di ritorno del loro amico, Napoleone cominciava ad essere impaziente, come se muoversi su e giù per lo studio avesse il potere di velocizzare il tempo. In un certo qual modo, però, questo confortava l’attitudine abitudinaria di Wellington.
    Napoleone sapeva che presto il Professore sarebbe tornato a casa, ma era più forte di lui, non riusciva a contenere la sua impazienza. Era già una sofferenza accettare ogni mattina il fatto che l’uomo dovesse andar via, abbandonandolo nella solitudine, nonostante la presenza di Wellington che, però, non gli era di nessun conforto. Ed era per questo che la sera era tanto più felice di sentire il rumore inconfondibile dei passi del Professore sulle scale e la chiave girare nella toppa con quella piccola, tipica esitazione appena prima del doppio clic che annunciava l’apertura della porta. Napoleone girò su se stesso ancora una volta, diede un piccolo sbuffo impaziente e infine si rassegnò a sedere con la testa rivolta verso la porta.
    Nel frattempo Wellington si era accomodato alla scrivania  e aveva osservato seduto tranquillo, con espressione beffarda, il girovagare di Napoleone: non capiva proprio il motivo di tutta quell’agitazione. Ovvio che fosse lui stesso impaziente del ritorno del Professore, in fondo si prendeva cura di lui da parecchio tempo e per questo era giunto a provare per lui una certa affettuosa devozione. Ma non vedeva il motivo per eccitarsi a quel modo: il Professore sarebbe arrivato alla solita ora, che loro si agitassero o meno. Ma quel testone di Napoleone era pronto ad alzarsi di nuovo e ricominciare il suo snervante balletto. Wellington sbadigliò di nuovo, mettendo in mostra i dentini aguzzi e cominciò a pulirsi per l’ennesima volta nel suo modo metodico e languido, partendo dal naso e finendo dietro le orecchie.
    Da parte sua Napoleone stentava a comprendere l’impassibilità di Wellington, quel suo modo di fare sempre imperturbabile lo irritava eppure, per qualche assurdo motivo che non capiva, il rituale della toeletta riusciva quasi sempre ad ipnotizzarlo, tranquillizzandolo. Si accomodò davanti alla grande poltrona di pelle dove il Professore era solito sedersi, dividendo la propria attenzione tra la porta e la tolettatura di Wellington. Condividevano la casa da così tanto tempo che Napoleone non ricordava un solo momento in cui non fosse stato presente anche Wellington e sebbene lui fosse più grosso e muscoloso del convivente era sempre il piccolo, snello compagno ad avere l’ultima parola su tutto. Ma a Napoleone non importava in realtà, purché non gli rubasse il cibo o l’affetto del Professore.
    Wellington strizzò gli occhi e frustò l’aria con la coda in un lento movimento sinuoso. I rumori cittadini giungevano attutiti dalla strada, il rintocco rumoroso della pendola anticipò lo scalpiccio di passi sulla scala. Napoleone si alzò e corse verso la porta agitando festoso la coda e uggiolando piano. Wellington con un balzo leggero lasciò la sua postazione sulla scrivania, si stirò inarcando voluttuosamente il dorso, poi sedette composto leccandosi una zampa. Uno sbuffare da dietro la porta, un tintinnio di chiavi, un doppio clic e finalmente il Professore aprì la porta. Napoleone abbaiò felice: era arrivato, era arrivato! Con un salto si lanciò verso l’uomo, leccandogli le dita. Il Professore rise e lo gratificò con una poderosa grattata dietro le orecchie e sul dorso bruno. Scodinzolando Napoleone gli girò intorno diverse volte dandogli il suo benvenuto. Poi, placatosi, andò a sedersi davanti alla poltrona di pelle con la testa fra le zampe. Quando tutta quell’agitazione terminò, Wellington si avvicinò a sua volta all’uomo e gli si strusciò voluttuosamente diverse volte contro le gambe. Il Professore lo tirò su da terra mormorandogli complimenti con voce dolce e tenendoselo premuto contro gli grattò con un dito diverse volte sotto il mento. Wellington rispose con un sonoro fuseggiare: non lo avrebbe mai ammesso, ma era proprio felice che il Professore fosse finalmente tornato a casa! 









 
 
  

   
 
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