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Autore: GoldSaints    02/03/2011    7 recensioni
Santuario di Athena, Grecia. Il Pontefice impazzito è nervoso, sa che Athena è viva e presto, da Tokyo dove si è rifugiata per tredici anni, verrà a reclamare scettro e trono regale. Per pensare meglio, ordina nel villaggio di Rodorio una pizza Quattro Stagioni, nel ristorante di recente apertura. Il Pontefice non sa cosa lo aspetta, Francesco si staglia all'orizzonte. THE SANCTUARY: REALODED. [Può avere effetti collaterali, assumere con cautela: presenza di un Gary Stu]
Genere: Commedia, Parodia, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo Personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Quella sporca dozzina
Saint Seiya - The Sanctuary: Reloaded

 

(by Gold Saints Milo, Camus & Aphrodite)


 

EPISODE 04
Il Cavaliere Fantasma! Francesco se la vede brutta!




 

 

La Terza Casa si stagliava nel silenzio, imponente ma fosca, contro al cielo della sera.
Francesco ci entrò con passo sicuro, ostentando naturalezza ma rimanendo all’erta: ormai aveva capito l’andazzo. Sentì i propri passi echeggiare nella struttura vuota, tra le colonne, quasi spettrali. Sembrava non esserci nessuno.
Francesco seguì con lo sguardo il pavimento lucido, davanti a sé: nel buio della casa, già si vedeva in fondo la luce del cielo stellato. Il suo volto si rischiarò in un sorriso. Afferrò con entrambe le mani le cinghie che sul suo petto assicuravano lo zaino e aumentò l’andatura, fino ad una corsa.
Con sommo sollievo, uscì al cielo di Atene senza incontrare nessun altro Cavaliere, ostile o meno che fosse. Respirò a pieni polmoni l’aria fresca e profumata di quel luogo incontaminato e proseguì.

Gli ci era voluto appena un passo per accorgersi del paradosso.
Aveva staccato il tallone da terra e non l’aveva nemmeno riappoggiato quando, nel guardare davanti a sé, aveva scorto la scalinata andare verso il basso, invece che verso l’alto.
“Cosa?!”
Aveva guardato meglio. Era la Casa di Taurus, del nobile Aldebaran, quella davanti a lui.
“Ma cosa significa?”
Si era voltato freneticamente, per scoprire di essere appena uscito dalla Terza Casa, certo. Ma dalla parte sbagliata. Dall’entrata da dov’era venuto.
“È impossibile” decretò.
E lo ripeté, è impossibile, quando si rese conto che i Templi erano due, posti uno di fianco all’altro davanti a lui, speculari. Due templi gemelli.
“Quello prima non c’era” mormorò tra sé. “Ne sono sicuro. Quale scherzo è mai questo?”
Con rabbia, studiò entrambe le Case: si ergevano, statuarie e silenziose. Ai lati di ognuna delle due entrate i dioscuri scolpiti nel marmo.
“Quale mai sarà quella vera?” Francesco si avvicinò, con uno sguardo di cupa determinazione. Non si sarebbe lasciato sconfiggere da un trucchetto da baraccone come quello! Qualunque cosa fosse accaduta lui, Francesco, avrebbe proseguito.
Nella sua mente si fecero strada voci amiche, che lo incoraggiavano a proseguire: quella di Mu, che gli ricorda di aver rinforzato per lui il porta pizze; quella di Aldebaran, che incrocia le braccia sul petto e gli ingiunge di tornare; ecco adesso il viso di suo padre, sorridente, mentre gli parla dei progetti per il locale, ora invece ecco il barbiere di Rodorio, che gli dice che è ora di tagliare i capelli.
No. No, non si sarebbe tagliato i capelli. E non si sarebbe arreso.
La sua espressione si fece più dura, avanzando.
Guardò prima il Tempio a sinistra.
Poi quello a destra.
Poi…
“Hah! Che razza di scherzo assurdo!” gridò, impavido e con voce potente, a chiunque avesse cercato di giocarlo all’interno di quei Templi, “Credi davvero che esista qualcuno di così imbecille da infilarsi nell’una o nell’altra Casa?”
Senza aggiungere altro, e ignaro del pasticcio in cui nemmeno qualche mese dopo si sarebbero ficcati i quattro bronzei Cavalieri della Speranza, Francesco si lanciò in una corsa fulminea, deciso a passare tra le due case.

La figura brillante, scolpita nell’ombra, nel centro delle due Case, alzò il capo.
Lo attendeva in entrambi gli atri, non prevedendo quella sua mossa.
L’armatura di Gemini, animata dalla volontà del Cavaliere d’oro lontano, rimase per un lungo attimo lì dov’era, a riflettere sul da farsi.

Francesco saettò tra i due templi, nel corridoio esiguo formato dalle fila esterne delle colonne. Non si guardò alle spalle né ai fianchi, fissando invece avanti a sé la scalinata che l’avrebbe portato alla Quarta Casa, se fosse riuscito a superare quell’ostacolo.
Quindi si fermò in un arresto scomposto, per non franarle contro, quando la figura dorata si parò davanti a lui, sotto le stelle.
Il mantello le svolazzava alle spalle, ampio e candido, proprio come quello del barbiere di Rodorio. E del barbiere aveva le stesse spalle ampie e possenti.
Poteva anche essere lui, per quanto ne sapeva Francesco, dal momento che non se ne riconosceva il volto, sotto al grande elmo che ne oscurava i tratti.
Le braccia abbassate, ma tese; le gambe aperte e piantate, gli sbarrava la strada, diversi metri più avanti.
“Non riuscirai ad uscire da qui” scandì, con voce metallica, mentre la Casa dei Bambini Gemelli si rimaterializzava attorno a loro, immersa in una luce spettrale.
“Credi forse di farmi paura?” ringhiò Francesco, ostentando una sicurezza che non provava affatto.
“Nessuno è mai uscito dalla Casa di Gemini” assicurò l’altro, senza darsi la pena di rispondere alla domanda. Era un cavaliere molto impersonale.
“Ah, davvero? Ma io ci riuscirò! Tu non mi ostacolerai!” Francesco cercò di prendere tempo. “Levati!”
Il guerriero senza volto rimase lì dov’era, attendendo che il nemico attaccasse per primo, esattamente come il suo padrone si era raccomandato di fare. Nessun segno di avere colto le parole del ragazzo.
“Guarda che ti tiro una scarpa, eh?” Francesco cominciava a spaventarsi. Gli venne in risposta solo uno scintillio malefico, dall’elmo a due facce.
Una faccia dolcissima.
Una malvagia.
E in mezzo, tra i volti scolpiti in oro, quello in ombra del guerriero, che pareva essere disegnato nel buio stesso di quel Tempio.
“Attacca pure, se credi!” lo provocò, metallico.
Francesco, innervosito, pensò di farlo eccome. Si sfilò una scarpa da tennis e gliela tirò contro, con mira precisa, così come poco tempo dopo Hyoga avrebbe lanciato la sua Diamond Dust.
La scarpa giunse vicino all’elmo del guerriero dorato, poi, per qualche strano scherzo, tornò indietro, con forza.
Francesco non riuscì ad emettere una sillaba che si ritrovò con una suola in fronte.
“AHI!” Oltraggiato, fissò lo sguardo sull’avversario che gli impediva di proseguire. Sulla sua fronte spiccava chiaramente la scritta Nike: anche se al contrario, era chiaro che portava con sé la benedizione di Athena. “Che cosa hai fatto?!”
Dall’armatura dorata provenne una risata bassa e metallica, come se si alzasse dall’Oltretomba.
“La Casa di Gemini sarà il luogo in cui perirai…”
“Non posso! Ho una missione da compiere! Chi sei tu? Rivelati!”
“Io sono...” fu la cupa risposta “Il custode di questa Casa”.

Il Pontefice sedeva nell’acqua calda, nudo, sul pavimento decorato della stanza delle sue terme private, invasa dal vapore. Aveva perfino tolto la maschera che adesso guardava il soffitto, appoggiata sul bordo della vasca.
“Tsk!” sibilò.
Se ne stava lì, con una mano alla tempia, tra il vapore condensato che gli imperlava un corpo magnifico e possente – un corpo a proposito del quale cui stormi di fangirl non avrebbero fatto altro che aprire topic sui forum – un corpo sul quale, diciamo, i rivoli d’acqua erano felici di scorrere.
“Bah” un ringhio basso e gutturale.
Il Pontefice aveva ancora i capelli neri come la notte, era lunato malissimo e la sua pizza era in ritardo.

“Tu saresti il Saint di Gemini, dunque?” si sbalordiva intanto Francesco.
Una risatina sommessa in risposta.
“E tu perirai per mia mano. Non attraverserai la casa dei Gemelli!” Francesco l’avrebbe trovato un po’ ripetitivo, non foss’altro che lo vide alzare le braccia, minacciosamente, richiamando a sé un grande potere. “Hai capito che i tuoi attacchi non sono efficaci?”
Detto questo iniziò ad avanzare verso di lui, lentamente, come un fantasma.
È uno spettro?, pensava infatti Francesco. Oppure… Guardò l’armatura d’oro, immensa e impressionante: era la prima volta che ne vedeva una, sia Mu che Aldebaran si erano parati davanti a lui vestendo abiti comuni. Adesso comprendeva il loro nome, Cavalieri d’Oro, capiva quale fosse davvero il loro potere, sentendolo irradiare dal suo avversario.
Provò paura.
Che questo fosse il primo Cavaliere d’Oro in cui si fosse imbattuto davvero? Che Aldebaran e Mu l’avessero ingannato?
Alle spalle del guerriero senza volto, le colonne e la pietra fredda parvero sciogliersi e rimescolarsi, nell’ombra. Il tempo e l’universo si stavano distorcendo nelle mani del Cavaliere di Gemini e la sua voce risuonò come dalle profondità oscure dei corridoi.
Another Dimension!”
“Ma cosa?! …NO!”
Francesco si ritrovò a galleggiare in un piano cartesiano gigante.
C’erano pianeti che vi vagavano, come alla deriva, in quello scenario che non seppe dire se fosse solo un’illusione o se in esso stesse precipitando davvero.
“No… no!” si riscosse “Non posso… finire… così!
Se non poteva opporre resistenza, però, avvertì una forza sconosciuta, eppure familiare che riparava la sua caduta. Un Cosmo dorato, a trattenerlo.
Francesco lo sentì. Proveniva dalla Casa del Toro.
“Ma… cosa…?”
Un attimo dopo, invece di scomparire annientato nella Dimensione Oscura, cadeva di faccia sul pavimento del Terzo Tempio.
“Chi è stato?!” tuonò il guardiano dorato.
Francesco si tirò su a fatica. Poteva percepire lo stupore del suo avversario.
“Chi sono io, mi chiedi!” esclamò, massaggiandosi il viso, ben stabile sulle gambe “Francesco. Francesco del…” la voce gli cedette. Era stato salvato dal potere di Aldebaran! Lo riconobbe solo in quel momento. Come aveva sbagliato a dubitare di lui, come aveva potuto! Aldebaran e Mu erano veri Gold Saint!
Ritemprato da quel pensiero, fronteggiò di nuovo il nemico con un nuovo sogghigno: erano di nuovo faccia a faccia.

Il Pontefice uscì dall’acqua, grondante. Immediatamente fu drappeggiato in un telo pregiato da una fortunata servitrice, appena giunta.
Il bagno non aveva sortito l’effetto sperato, placando un noioso mal di testa: al contrario, era stato disturbato per tutto il tempo, come se qualcuno dalla Terza Casa stesse…
In quel momento realizzò, spalancando gli occhi arrossati sotto le ciocche umide e scure dei capelli.
“Impossibile! Non sarà mica...!” alzò la testa di scatto, “Il fattorino?!”

Con un grido di guerra, Francesco si lanciò contro il guerriero in armatura. Forse nessuno l’aveva mai allenato seriamente, ma da ragazzino di risse in strada ne aveva fatte abbastanza da sapere come si tirava un buon destro. Adesso lo stava dirigendo contro il viso in ombra di quel maledetto laminato in oro.
Il pugno andò a segno. Ma con un vlup, sprofondò nell’ombra dell’elmo. Un’armatura vuota.
Com’era possibile?
Quella era un’armatura vuota!
Un’armatura che rimase immobile, come vagamente sorpresa.
Un po’ più che vagamente sorpreso era Francesco, con più di mezzo braccio sprofondato chissà dove.
Francesco non poteva sapere che, nel momento esatto in cui aveva affondato il braccio nel niente sotto all’elmo dorato, la sua mano era arrivata dritta dritta nelle sale del Pontefice, affibbiando un’involontaria sberla sulla fronte di Saga.
Il Pontefice rimase sconvolto. Persino la servitrice riuscì solo ad allontanarsi di qualche passo, la bocca socchiusa e gli occhi spalancati nello smarrimento.
Francesco, alla Terza Casa, mosse ancora il braccio, appoggiato al petto dell’armatura immobile. Aveva toccato qualcosa, nelle viscere di quella statua d’oro, e cercò di nuovo nella tenebra.
Saga, nella sua stanza, si spostò oltraggiato quanto bastava per toglierlo dalla traiettoria di un secondo schiaffo. Francesco, menando alla cieca, mancò la sua guancia di un centimetro appena, ma si chiuse con ineluttabile precisione sulla collana sacerdotale che il Pontefice aveva al collo.
“Ehi!” Saga protestò, ma Francesco ritirò la mano incuriosito, strappando dal collo di Saga lo sconosciuto tesoro e riportandolo con sé.
Il Sacerdote rimase sconvolto a guardare la mano e il monile scomparire nell’aria di punto in bianco. Quel gioiello rubato sarebbe stato solo il primo di una serie di furti avvenuti dalla Terza Casa: un’altra preziosissima collana se ne sarebbe andata allo stesso modo, razziata crudelmente da Shun di Andromeda e dalla sua catena, qualche tempo dopo.
Vilipeso, Saga rimase lì senza proferire verbo, ancora avvolto nel suo telo pregiato e grondante d’acqua.
Si girò verso la servitrice, rea di avere assistito a quella scena atrocemente imbarazzante.
“Ti rendi conto, naturalmente” le disse con voce raschiante e nera quanto la sua chioma “Che ora dovrò ucciderti, vero?”

“E questa?” Francesco osservò la collana colorata, apparentemente trovata nella cavità dell’armatura immobile come svuotata di vita. “Oh, beh”.
Se la infilò in tasca.
Ci fu un bagliore dorato, che allagò il Tempio. Tra sfavillii aurei, come di stelle, l’armatura si smontò dall’inesistente proprietario, per ricomporsi, un pezzo alla volta, in un’inquietante figura dal doppio volto che sorvegliava una casa con due diverse paia d’occhi, le braccia piegate verso i quattro punti cardinali. Sembra che l’atmosfera ora si sia alleggerita in quella Casa scura, che conteneva tanta luce.
Francesco la guardò, con gli occhi sbarrati. Dunque era vero… il Saint di Gemini era solo un fantasma, infine? Scorse lo sguardo su quei due volti, così simili eppure tanto diversi.
C’era una sorta di malinconia dolce e triste, in quell’armatura vuota. …certo, non abbastanza da renderle la collana.
Così Francesco corse via, verso l’uscita, con la sua pizza ancora al sicuro.
Stanco, ma soddisfatto, una volta fuori sollevò il viso al cielo stellato, dove gli sembrò quasi di vedere i volti sereni di Mu e Aldebaran, che lo vegliavano nella sua missione.
Sentì lacrime eroiche rigargli le guance, mentre li contemplava con determinazione.
Mu… Aldebaran… Grazie. Perdonate… se ho dubitato di voi!
Si asciugò le lacrime con un gesto virile e riprese la sua marcia.






L’angolo del ProntoPizza
(anche servizio d’asporto) 


Questa volta c'è mancato poco... riuscirò ad arrivare indenne in cima alla scalinata? Se così non sarà, almeno potrò dire di aver lottato... Con me, lettori! Verso la Quarta Casa!

Alla cara fanciulla Diana debbo rispondere che invero questi cavalieri d'oro sono ossi duri, ma si comportano così per essere di esempio per tutti! Spero di essere degno della missione che mi hanno affidato... presto, devo affrettarmi!
Signorina Kiki May, noi facciamo ogni tipo di pizza che il cliente richiede, e quella nella fattispecie si chiama piadina! Ed io gliela consegnerò, signorina, alla prossima ordinazione, dovessi attraversare i mari dalla Grecia sino a lei!
Cara Beat, le tue parole sono state profetiche! Ti prego, veglia su di me anche durante il resto della marcia, i tuoi consigli mi sono preziosi! Per te, una Coca Cola in omaggio!
Oh, Shinji, come sono di conforto le tue parole: sapere che il grande Aldebaran è con me mi dà forza e sostegno! Grazie per avermelo ricordato!
Ah, Keyra, le tue non sono parole di una semplice ragazza... sento che anche in te arde quello stesso fuoco che mi fa andare avanti! Grazie!  Devo trattenermi dal farmi offuscare gli occhi di lacrime per tanta partecipazione e tante gentilezza... ma devo! O inciamperò sui gradini! A presto, fanciulla!
Non dubitare, Titania, non dubitare dell'efficacia di consegna del ProntoPizza! Alla prossima!

 
   
 
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