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Autore: sango_79    02/03/2011    2 recensioni
Andrea partecipa al pranzo di Natale della famiglia di Sergio.
Seguito di "Di là dal ponte".
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Di là dal ponte'
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Seguito di "Di là dal ponte"
È completamente fuori stagione, lo so, ma erano mesi che cercava di farsi scrivere.
Un grazie a Saku per il betaggio, come sempre ^_^


Pranzo di Natale


“Non credo sia una buona idea. Davvero!”
Sergio si girò verso Andrea con il dito a mezz’aria vicino al campanello di casa, già pronto e suonarlo.
“Come?” chiese interdetto.
“Non credo che sia una buona idea” disse ancora il suo compagno. “È il giorno di Natale e io non dovrei essere qui.”
Fece un passo indietro e Sergio lo prese per mano e se lo tirò di nuovo vicino.
“E soprattutto” riprese tirando via la mano dalla sua presa “sarebbe una pessima idea toccarci.”
“Ti ho solo preso per mano” gli fece notare Sergio, osservando sempre più accigliato il suo broncio ansioso.
“Appunto! È Natale, c’è tutta la tua famiglia, non voglio creare più problemi di quanti ne creerà già la mia sola presenza.”
“La tua presenza non creerà alcun problema.”
“Sì, invece, e non voglio che anche tu litighi con la tua famiglia.”
Sergio aveva immaginato che il problema fosse quello, ma non era un argomento di cui Andrea amava parlare, quindi aveva evitato di affrontarlo in quei giorni. A quel punto, però, poggiò per terra la marea di sacchetti che aveva in mano e si sporse ad abbracciare il suo adorabile compagno, incurante dei suoi tentativi di divincolarsi.
“Andrà tutto bene, tranquillo. Saranno tutti felici di vederti. La mamma mi ha praticamente intimato di non presentarmi da solo, oggi. Vedrai che ti adorerà.”
“E se invece non le piaccio? E se penserà che non vado bene per te? E se…”
Sergio decise saggiamente di interrompere quel fiume in piena chiudendo letteralmente la bocca di Andrea con la sua e, visto che c’era, allungò la mano per suonare il campanello a tradimento.
“Sergio!” si indignò Andrea, ma lui si limitò a sorridergli e a recuperare i sacchetti, prima che la porta si aprisse.
Un uomo sulla sessantina, con i capelli scuri spruzzati di grigio, aprì loro la porta.
“Sei in ritardo” si limitò a dire, scrutando Sergio con aria severa e ignorando del tutto Andrea.
“Ciao anche a te, papà, e buon Natale. Siamo in ritardo, vorrai dire” precisò Sergio, allungando una mano piena di sacchetti dietro la schiena di Andrea, che si era irrigidito ancora di più.
Suo padre si limitò a lanciare un’occhiata scettica al suo compagno.
“Perché? Vorresti farmi credere che quello in ritardo è lui? E lo stai pure tenendo fuori al freddo. Cosa aspetti a portarlo dentro?”
Sergio sbuffò imbronciato, blaterando a mezza voce su genitori malfidati anche nei giorni di festa.
“Quest’uomo poco simpatico è mio padre, Luigi Carini. Papà, lui è Andrea Valenti, il mio compagno” li presentò.
“Venite dentro” disse il signor Carini, stringendo la mano di Andrea.
Appena chiusa la porta alle loro spalle, una donna minuta e dai capelli scuri si affacciò nell’ingresso.
“Luigi, si può sapere chi… Sergio!” e come un fulmine corse ad abbracciarlo.
“Ciao mamma.”
La strinse con affetto, poi si girò verso il suo ragazzo.
“Lui è Andrea. Andrea, lei è mia madre Carla” li presentò.
“Lieto di conoscerla, signora.”
“Chiamami Carla, ed era anche ora che Sergio ti portasse a casa.”
Gli strinse le mani in un gesto affettuoso, ma si accigliò subito.
“Sei gelato, caro. Si può sapere quanto l’hai tenuto lì fuori?” rimproverò il figlio.
“Si può sapere perché tutti danno la colpa a me?” ritorse lui oltraggiato, ricevendo in cambio le occhiate scettiche dei suoi genitori.
“Va bene” si arrese “portiamo i biscotti in cucina e poi lo trascino vicino al fuoco.”
“Quali biscotti?” chiese la madre perplessa.
“Ecco…” iniziò a spiegare Andrea “Sergio ha detto che è tradizione che i membri della famiglia portino qualcosa per il pranzo. Io non sapevo cosa ci sarebbe stato, quindi… abbiamo portato dei biscotti. Spero che vadano bene” concluse titubante.
“Sono biscotti fatti in casa?” chiese Carla, interessata. Andrea annuì.
“Tu” intervenne Luigi con aria severa “non fai avvicinare lui” e indicò il figlio “alla tua cucina, vero?”
“No!” si affrettò a negare Andrea, l’espressione terrorizzata. “Sarebbe capace di farmela saltare in aria!”
Luigi tirò un sospiro di sollievo e gli batté una pacca sulla spalla, Carla sorrise raggiante e lo aiutò a togliere il cappotto.
“Sergio, sistema questo” ordinò al figlio passandoglielo. “Vieni caro, andiamo a sistemarli in cucina, così poi vai a riscaldarti.”
Sergio li guardò allontanarsi insieme, sconvolto e offeso per il trattamento ricevuto. Si riscosse solo quando sentì la voce del padre, per altro abbastanza divertita.
“Lo sta portando in cucina. In mezzo a quel branco di pettegole compulsive” disse ostentando una falsissima indifferenza.
“Ma porc…” il tempo di sistemare le giacche, affidare i sacchetti pieni di regali al padre perché li sistemasse sotto l’albero e fare un saluto molto veloce a zii e cugini, e raggiunse la cucina. In tempo per vedere Andrea rosso di imbarazzo, col contenitore dei biscotti in mano, e sentire zia Caterina sparare una delle sue consuete venti cavolate giornaliere.
“Biscotti? Cielo, da un uomo non ti aspetti certo che sappia cucinare dei biscotti.”
Sergio era quasi sicuro che sua madre non le fosse già saltata alla gola solo perché non aveva voglia di pulire gli schizzi di sangue proprio il giorno di Natale.
“A dire il vero, so cucinare un po’ di tutto” disse Andrea, se possibile ancora più imbarazzato. “Ho imparato quando frequentavo l’università e non avevo molti soldi: preparare le cose in casa era molto più economico che comprarle.”
Sergio vide sua madre combattere contro la commozione, lei che sapeva, sua sorella Monica allungare una mano per fregare un biscotto e zia Lisa lanciare uno sguardo schifato a zia Caterina. Per fortuna c’era la nonna!
“Le cose fatte in casa sono più buone e più sane di quelle che vendono in negozio. L’importante è che ti ricordi sempre di non far avvicinare lui mentre prepari da mangiare” sentenziò, indicando il nipote ancora fermo sulla porta della cucina.
“Nonna, anche tu?” si disperò lui, prima di abbracciarla e schioccarle un bacio sulla guancia.
Compiuto il dovere a cui erano tenuti tutti i nipoti, indipendentemente dalla loro età, di salutare come si doveva la nonna, Sergio raggiunse Andrea e gli sorrise. Prese la scatola dei biscotti e la affidò alla zia Lisa, scansando le mani ingorde della sorella, e posò un braccio sulle spalle di Andrea, stringendolo appena e guidandolo verso la donna anziana.
“Nonna, ti presento Andrea, il mio compagno. Andrea, lei è Ester, la nonna migliore del mondo.”
Ester batté un paio di volte il suo bastone sul pavimento, senza mai distogliere gli occhi da Andrea.
“Era anche ora che ti decidessi a portarlo a casa” gli fece notare stizzita. La sua espressione, poi, si scurì ancora di più appena Andrea le strinse la mano: tempo trenta secondi e li aveva buttati fuori dalla cucina con l’ordine tassativo di attaccarsi al camino praticamente fino all’ora di pranzo, inframmezzando il tutto di occhiatacce severe rivolte al nipote, perché era sicuramente tutta colpa sua.
Sergio approfittò della scusa per fare delle presentazioni lampo e risparmiare ad Andrea l’imbarazzo di dover stringere la mano a tutti i suoi zii e i suoi cugini, per non parlare del futuro marito e del futuro suocero di sua sorella. Quando lo trascinò fino al camino e lo costrinse a sedersi sulla lastra di granito, però, Andrea era comunque rigido come un palo della luce.
Sergio si sedette davanti a lui, dando le spalle alla sala, abbastanza vicino per fargli da scudo e nasconderlo agli occhi curiosi dei suoi parenti. Gli prese le mani e iniziò ad accarezzarle, nel tentativo di riscaldargliele un po’ e, allo stesso tempo, di tranquillizzarlo. Avrebbe tanto voluto baciargliele, ma dubitava che sarebbe stata una buona idea, visto quanto era già agitato il suo compagno in quel momento.
“Hai visto?” si limitò a dire. “La mamma ti adora, stai simpatico a mio padre, a mia sorella piacciono i tuoi biscotti e la nonna ti ha formalmente approvato.”
Andrea si lasciò andare a una flebile risatina, in risposta al sorriso smagliante di Sergio. Non voleva in nessun modo rovinargli la giornata, sapeva quanto era importante per lui quel pranzo con la sua famiglia, ma le sue mani iniziarono a tremare senza che lui riuscisse a fermarle in alcun modo e gli si formò un nodo in mezzo alla gola che lo costrinse a voltare lo sguardo verso il fuoco, per sfuggire ai suoi occhi.
“Ehi” Sergio alzò una mano per fargli una leggera carezza sulla guancia e spingerlo a guardarlo di nuovo. “Che c’è?”
Andrea scosse la testa, incapace di spiegare quello che sentiva. Il sorriso di Sergio si fece dolce e comprensivo. Fece scivolare la mano sul suo collo e la lasciò lì, obbligando Andrea a stare fermo mentre lui gli si avvicinava tanto da far quasi sfiorare le loro fronti.
“Ti amo” gli disse, con una voce calda e sicura.
Lo sguardo di Andrea divenne lucido per la commozione e le sue labbra si tesero in un sorriso timido e felice. Sergio stava per mandare al diavolo anche l’ultima briciola di buon senso che gli era rimasta e accorciare la poca distanza che li separava per poterlo baciare, finalmente, quando un rumore secco e la luce di un flash, entrambi troppo vicino a loro per i suoi gusti, lo distrassero.
“Voi due!” ringhiò all’indirizzo dei suoi due cugini più giovani.
“Stiamo solo eseguendo gli ordini” risposero loro all’unisono, le mani alzate in segno di resa e un ghigno sfrontato in volto.
“La zia vuole delle foto di voi due insieme da incorniciare” spiegò Marco.
“Dice che se aspetta te non ne vedrà mai” aggiunse Mattia, rivolgendo al cugino un sorriso divertito.
“E voi dovevate scegliere proprio questo momento per scattarle?” chiese truce Sergio.
“Ma eravate così carini!” tubò Marco. “Soprattutto lui” aggiunse indicando Andrea. “Mi spieghi come hai fatto a trovare un ragazzo così bello?” gli chiese con espressione innocente.
“E soprattutto” aggiunse Mattia “come fa un ragazzo così bello a stare con uno come te?”
“Voi due!” ringhiò Sergio ancora una volta. La sua invettiva contro i gemelli venne però interrotta dalla risatina divertita di Andrea. Sergio si perse per qualche istante in contemplazione del suo bellissimo viso, illuminato dalla gioia e finalmente più rilassato, prima di liquidare i cugini con un vago gesto della mano e uno “Sparite, voi due” pronunciato senza nemmeno guardarli.
I gemelli avevano appena fatto in tempo ad allontanarsi, due enormi sorrisi e un’aria soddisfatta in volto, quando la voce di Carla annunciò che il pranzo era pronto.

Erano passate due ore e mezzo, e ancora non erano stati serviti i dolci. Andrea si sentiva vagamente atterrito. Per una persona come lui, che prima di incontrare Sergio mangiava quasi sempre da solo, quel pranzo era stato scioccante.
Non era solo per le lunghe ore che avevano passato seduti, e non era nemmeno per la spropositata quantità di cibo che avrebbe potuto sfamare un intero reggimento dell’esercito: quelle erano cose a cui Sergio lo aveva preparato. La cosa veramente assurda erano i parenti del suo compagno.
Delle persone normali avrebbero dovuto essere, se non proprio in imbarazzo, perlomeno diffidenti nei suoi confronti, visto che era pur sempre un estraneo. Ed era un uomo, che diamine! Queste persone, invece, lo trattavano come se lo conoscessero da anni, senza dare la minima importanza al suo essere gay e compagno di Sergio. O forse gliene davano anche troppa, di importanza? Era una cosa che non era ancora riuscito a capire.
La nonna si assicurava che avessero il piatto sempre pieno entrambi, guardandoli come se fossero due fuscelli sul punto di piegarsi da un momento all’altro a causa di un alito di vento; Carla lo riempiva di attenzioni e sorrisi smaglianti, per tutto il tempo in cui non era impegnata a lanciare frecciatine perfide alla moglie di suo fratello, quella che lo aveva deriso per i biscotti; Luigi si divertiva a mettere in imbarazzo il figlio raccontandogli episodi di quando era piccolo, supportato dai due fratelli e dal futuro consuocero, e a tempo perso dava sostegno alla moglie lanciando sguardi truci al cognato, l’unico che era stato freddo nei suoi confronti; Monica gli aveva fatto l’occhiolino un paio di volte mentre Giulio, il suo fidanzato, gli lanciava sguardi divertiti; i gemelli non facevano altro che rivolgergli enormi sorrisi felici e scattare foto a destra e a manca, anche se era chiaro a tutti che i loro soggetti preferiti fossero Sergio e Andrea, possibilmente insieme.
Il peggio, poi, era arrivato quando Stefania, la moglie di Nicola, il più grande dei cugini di Sergio, gli aveva messo in braccio il figlio neonato, con la scusa che nessuno riusciva a farlo smettere di piangere e tanto valeva fare un tentativo anche con lui, in barba alle sue proteste e alle sue sensate argomentazioni che comprendevano il non aver mai preso in braccio un bambino e la possibilità che un estraneo lo facesse strillare ancora più forte. Solo che il piccolo, per chissà quale oscuro motivo, si era calmato davvero e Andrea era stato eletto all’unanimità a sua balia. Così, in quel momento, si ritrovava a guardare i piatti che passavano di mano in mano in mezzo alle chiacchiere generali, con un bambino spalmato sul suo petto che succhiava il ciuccio beato e pacifico e giocava con le dita della sua mano, e due esaltati che gli facevano un servizio fotografico completo.
Dire che era un tantino inebetito non rendeva per niente l’idea.

Un’altra ora e mezzo, due panettoni, tre pandori, un vassoio pieno di biscotti e almeno quattro chili di frutta secca dopo, il pranzo poteva dirsi concluso. Mentre gli uomini si alzavano da tavola per spostarsi sui più comodi divani, dove avrebbero allegramente smaltito i grassi ingeriti con un tonificante sonnellino, e le donne si affaccendavano a sparecchiare la tavola e sistemare tutto quel caos di cibo e stoviglie, in vista della prossima cena e della rilassante sessione di pettegolezzo pomeridiano, Nicola si avvicinò ad Andrea per riprendersi suo figlio, beatamente addormentato, e approfittò del fatto che Sergio fosse stato chiamato in cucina dalla madre per sedersi un momento vicino a lui.
“Sei sorpreso?” gli chiese, facendo un cenno con la testa come a voler indicare tutto quello che li circondava.
“Un po’” rispose Andrea, accennando poi un piccolo sorriso, come se volesse scusarsi per quello che aveva detto.
“Lo immaginavo. Avevi una faccia piuttosto sconvolta” gli fece notare con un ghigno fin troppo divertito. “Il fatto è questo: erano anni che non vedevamo Sergio così sereno e felice” gli spiegò. “Troppi anni” e scosse la testa. “E visto che sei stato tu a riportarci il nostro vecchio Sergio, non ce ne frega nulla che tu sia uomo o donna, alto o basso, furbo o tonto, ci interessa solo che continui a stargli vicino e a farlo sorridere come ha fatto oggi. Possibilmente per il resto dei suoi giorni. Ora ti è più chiaro?” concluse compiaciuto.
“Sergio è fortunato ad avere una famiglia così” fu la risposta, sussurrata, di Andrea.
“Considerando che ora è anche la tua, di famiglia, ne riparliamo dopo il pranzo di Capodanno. È probabile che per allora sarai tanto nauseato dal cibo da cambiare idea” e, con un’alzata di occhi al cielo, lasciò un Andrea sorridente e si allontanò con suo figlio.
“Mio cugino ci stava provando con te?” lo sorprese la voce divertita di Sergio alle sue spalle.
“Scemo” si limitò a rispondere, il sorriso che non ne voleva sapere di sparire.
“Dai, vieni” Sergio lo prese per mano e lo fece alzare in piedi. “La mamma ci ha praticamente ordinato di levarci dai piedi e andare a riposare un paio d’ore, così lei e le allegre comari possono divertirsi a spettegolare e prendere per i fondelli zia Caterina. E poi, finalmente, possiamo aprire i regali” e mentre parlava si era diretto verso le scale che portavano al primo piano, tirandoselo dietro.
“Questa era la mia stanza” gli disse, aprendo la porta davanti alla quale si era fermato e facendogli cenno di entrare.
Andrea si guardò intorno curioso e fece qualche passo, avvicinandosi ora alla libreria, ora al cassettone, sfiorando tutto in punta di dita. Trovarsi lì era strano, ma allo stesso tempo lo faceva sentire stranamente in pace.
Sergio era ancora sulla porta, immobile, con un’espressione ansiosa sul suo bel viso. Come se temesse qualcosa. Andrea gli sorrise ancora, questa volta con una tenerezza disarmante.
“Posso provare il tuo letto?” chiese, allungando una mano verso di lui.
Vide finalmente Sergio che si rilassava, gli strinse la mano quando lui gliela porse e si lasciò abbracciare per interi minuti, crogiolandosi nel dolce calore che sentiva.
“Solo se lo condividi con me” gli rispose quando finalmente allentò la stretta, con un sorrisino divertito. “E sarà anche il caso di sbrigarsi, prima che qualcuno decida di venire a disturbare.”
E senza neanche il tempo di capire cosa fosse successo, Andrea si ritrovò steso sotto il soffice piumone, con Sergio che se lo stringeva al petto e gli baciava la fronte.
“Ti amo Andrea. Grazie per essere qui.”
Andrea sapeva che non lo stava ringraziando solo per aver partecipato al pranzo di Natale con la sua famiglia. Era il ringraziamento per averlo accolto e accettato quando era tornato da lui, tanti mesi prima. E sapeva anche che non c’erano parole per rispondere, perché davvero quel giorno per lui non era esistita nessuna altra scelta possibile. Perciò si limitò a baciarlo dolcemente sulle labbra e a rimarcare l’ovvio.
“Ti amo” e si sistemò meglio su di lui, stringendolo un po’ più forte, prima di chiudere gli occhi e lasciarsi scivolare nel sonno, l’ultimo pensiero rivolto alla faccia di Sergio quando gli avrebbe dato il suo regalo.

   
 
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