Blu
cielo
di
slice
“Naruto...”
La distruzione non
ha il suono dello scontro di kunai amici e nemici, delle grida dei
civili e delle macerie cadute al suolo. La distruzione non ha un
suono.
Hinata lo pensa appena ha la minima coscienza di sé,
con un silenzio assoluto che la avvolge.
La prima percezione è
quella del dolore al fianco, la seconda è l'immobilità.
Poi l'inutilità, la frustrazione, l'impotenza. La prima
supposizione è quella di essere ancora sdraiata a terra,
esattamente dove il nemico l'ha colpita con quella strana arma. Poi
c'è una voce, leggera, in lontananza. È femminile,
concitata e ha un timbro che conosce, anche se sul momento non riesce
a collegare.
“...nata... Hin... a...”
È
sempre più forte, più vicina, ma si dirada
gradatamente, meno preoccupata.
La riconosce. Ed è felice
di sentirla.
Le sembra anche meno ingombrante dall'ultima volta
che l'ha udita.
Lei ama Naruto di un'amore semplice, che dà
e basta, ma nel profondo Hinata si è sentita spesso toccata
dalla consapevolezza che quella voce sia sempre stata più
vicina a lui di quanto lei fosse riuscita a spingersi. Fino ad
oggi.
“Hinata, meno male!” dice Sakura, vedendola
aprire gli occhi mentre il fascio di luce del chakra curativo va
spegnendosi.
“Che sollievo...” sospira Tenten, alle
sue spalle.
Suo cugino, accanto a loro, sembra rilassarsi
leggermente poco prima che Katsuyu li aggiorni sull'esito dello
scontro e sul piano del Jinchuuriki di concludere da solo.
Neji si
indigna e vuole correre con Lee ad aiutarlo, ma l'eucariote
interviene ancora dicendo che il miglior modo di aiutare Naruto è
rimanerne fuori.
Hinata però pensa che non si pentirà
mai di quello che ha fatto, di avergli disubbidito, di essersi messa
in mezzo; non lo rimpiangerà mai, non se ne vergognerà
mai. Naruto è vivo e sta bene, è tutto quello che
riesce a ripetersi, nell'intimità della sua mente, senza
accorgersi che le sue lacrime stanno gridando a tutti il suo enorme
sollievo.
Quando lo vede è
già in piedi, sorretta da Tenten.
Lo scorge mentre scende
dalle spalle di Kakashi sensei, con quell'aria stupita di chi non sa
quello che vale.
Lo osserva con tenerezza meravigliarsi di essere
arrivato fin lì, di sentire il suo nome sulla bocca, piegata
in un sorriso, di persone che non conosce; lo osserva con la stessa
tenerezza con cui guarda l'abbraccio che Sakura gli dona, dopo che lo
ha preso a sberle. Sorride, abbassando la testa.
È
contenta, molto. Lui è vivo, sta bene, è più
bello di sempre e più stranito del solito, e non c'è
pena sul suo viso. Sakura è rilassata, finalmente, perché
prima era tesa e preoccupata e accigliata e arrabbiata e fa piacere
vederla così leggera, adesso. Stanno bene insieme, accanto,
affiancati, ma anche insieme insieme. Così
uniti.
Naruto raccoglie sempre tutti i suoi pezzi e Sakura lo
sorregge, ogni volta che lui ne ha bisogno; prima di cadere si
prendono, al volo. Sono belli insieme, stanno davvero bene.
Tenten
muove un passo avanti e lei segue il suo movimento, all'inizio
distrattamente, per inerzia, dopo con più convinzione e
consapevolezza. Quando sono abbastanza vicine si fermano, entrambe.
L'amica si volta a sbirciare i suoi compagni di team, poco distanti,
e Hinata si rende conto in quel momento di quanto la premura
dell'altra non sia necessaria.
“Tenten,” la chiama,
“va bene così, grazie,” sorride, scostandosi con
gentilezza.
“Ma... Sei sicura?” chiede lei,
lasciandola andare pur se con dello scetticismo verso quel suo
sorriso.
La voce di Sakura è
di nuovo alterata e cattura la loro attenzione, ma questa volta è
Sai il bersaglio delle sue ire.
Naruto si fa avanti, invece, e
Hinata se lo trova a pochi passi, dal nulla.
Gli occhi di lui sono
stanchi, ma conservano la loro luce, lei ci si immerge e, tenace, non
vuole abbassare lo sguardo, non vuole distoglierlo da quel blu.
Perciò rimangono a fissarsi, fermi, improvvisamente soli in
mezzo a quella folla.
Vorrebbe dirgli che è contenta di
poterlo rivedere quando invece, poco prima, credeva che Pein l'avesse
privata di quella possibilità, vorrebbe dirgli che è
fiera di lui, che li ha salvati tutti. Che ha salvato lei, ancora una
volta. Ma sono troppe cose, che andrebbero dette con un tono di voce
alto, che potessero sentire tutti, perché sarebbe giusto;
invece lei vorrebbe dirle solo a lui, perciò rimane a
guardarlo con gli occhi chiari fissi nei suoi.
Naruto, con
quell'espressione seria che dipinge la stanchezza, sporco e ferito,
osserva per un momento il suo stesso silenzio, carico di parole. Lui
a differenza di molte persone ha sempre avuto bisogno di mettere
chiarezza con le parole, ha sempre cercato il dialogo e, forse perché
è la persona più insicura che conosca, forse perché
ha tutto il diritto di sentirsi insicuro, Hinata non lo ha mai
considerato un difetto, ammirando invece la sua chiarezza d'intenti e
il suo essere limpido come il cielo d'estate.
“Hi-Hinata,”
balbetta lui, in un crudele gioco del destino, spezzando la surreale
atmosfera che si era creata, “io... mi... mi dispiace. Quello
che...”
È cresciuta lei, come tutti loro, ma non
aveva ancora imparato quanto fosse meglio non sapere, a volte: fa
così male che sembra il dolore di qualcun altro, sembra
impossibile che sia tutto suo. E riesce solo a sorridere con lo
stomaco attorcigliato intorno al cuore.
“Ecco, quello...”
Naruto si blocca, però. All'improvviso c'è dolore sul
suo volto e una mano corre all'addome mentre gli occhi si
chiudono.
Hinata fa un passo avanti, verso di lui, come sempre,
anche se non glielo ha chiesto; lui non chiede mai, a nessuno,
dopotutto. Semplicemente lei si avvicina e lascia che le cada
addosso. Lo accoglie forzando il suo fisico a reggere entrambi,
affettando il dolore in tanti piccoli bagagli più sopportabili
mentre finalmente scaccia del tutto quell'orrida sensazione che l'ha
attanagliata quando ha perso i sensi.
Alza le mani, e lo abbraccia
per sostenerlo meglio.
Non è niente di grave, è solo
un capogiro: per un momento il peso del ragazzo le è gravato
addosso per intero, ma subito dopo ha avuto una leggera ripresa
rendendola capace di sorreggerlo nonostante le sue condizioni.
In
quel momento Hinata si meraviglia dell'emozione che le scoppia
dentro: sentirselo abbandonato addosso, come se dipendesse
completamente da lei, ha dell'incredibile.
Poi l'emozione si fa
rarefatta, persiste senza accecarla, e le mostra quello che ha sempre
visto da lontano, quello che ha sempre immaginato senza saperlo
davvero.
Fisicamente è più alto di lei, per esempio,
e non ci aveva mai fatto caso. La sua testa è reclinata e il
mento le sfiora il collo mentre lei ha il viso premuto sulla sua
spalla, guardando verso l'alto. I capelli, già biondissimi,
sembrano più biondi vicino alla sua mano pallida, e sono
ancora leggermente sudati. Il suo odore è forte, non è
qualcosa di lieve che si può ignorare, la sorprende di non
averlo mai realizzato prima e, nonostante sia alterato dal sudore,
non può dire che sia sgradevole. La pelle di lui è
leggermente più scura della sua, adesso che sono vicini riesce
a vedere tutte queste cose e ad imprimersele nella mente. Particolari
insignificanti che cercherà
di non dimenticarsi mai.
Fa uno strano effetto respirarlo. Fa uno
strano effetto averlo così vicino, tanto da sentire il suo
battito cardiaco.
È questo ciò che sente Sakura?
È
quel suono, regolare e leggermente accelerato, forte. È quella
sensazione che percepisce, ma non capisce bene dove, di vita, di
qualcosa che pulsa; è il suo cuore quello che sente Sakura
quando lo abbraccia? Quel pensiero particolarmente intimo la fa
arrossire, lievemente.
Ma sorride, sull'orlo delle lacrime, perché
non c'è differenza adesso, tra loro due: tra lei e Sakura non
c'è più quell'abisso di mezzo. Anche lei ha salvato
Naruto, anche lei lo sorreggerà quando ne avrà bisogno.
Adesso ne ha la forza, adesso che lui sa, si sente inspiegabilmente
più forte. Più donna. Più vicina a lui. Perciò
non c'è risposta negativa che sia veramente una sconfitta, lei
ama abbastanza per entrambi, in fondo.
“Non importa,”
dice, avvertendo le parole pesanti e un vago malessere al petto, “ti
ho preso, è questo quello che volevo fare.”
Poi
riapre gli occhi, sentendoli lucidi, e li fissa nel cielo, cercando
di non cedere a quello sconforto che le monta dentro, inquieto,
instabile e pericoloso come un fiume in piena. Sarà felice per
lui, per ogni giorno o evento che costellerà la sua vita,
perché è la sua felicità, quel battito così
scontato e anche così reale e vivo e caldo, che la rende
serena.
Lui non sembra avere forza bastante a fare alcunché,
oltre ad aiutarla a sorreggerlo, e rimane lì, appoggiato a
lei. Volta il viso di lato e adagia la tempia sulla sua spalla, come
i neonati.
“Grazie,” sussurra. E il suono del suo
sorriso è l'unica cosa che le riempe le orecchie nonostante
Kiba le stia urlando qualcosa, da qualche parte.
Hinata guarda il
cielo e sospira, felice, con il cuore pesante e il viso asciutto: in
fondo, è tutto quello di cui ha bisogno, quel blu sopra la sua
testa.
Owari
Il “Naruto...” con cui inizia la shot è riferito al manga/anime, nello specifico alla parte in cui lei, nel mezzo dello scontro, viene 'inquadrata' mentre invoca il nome del jinchuuriki. (Si potrebbe anche scegliere una parte a caso del manga, quindi, dal momento che lo invoca continuamente... u.u')
Il titolo ha un significato un po' più ampio che, invece di rimandare esclusivamente alle ultime righe del testo, si riferisce quasi ad una spiegazione sulla reazione d'Hinata, sul perché guarda avanti nonostante il rifiuto: c'è solo Naruto per lei; quando lo guarda vede lui, esattamente come quando guarda il cielo non vede anche se stessa, non vede loro, vede solo lui.
I personaggi e i luoghi non mi appartengono e non c'è lucro.