Crossover
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Autore: macchese    04/03/2011    1 recensioni
"Superman è morto" annuncia un attonito giornalista dentro uno schermo. Ed il mondo vacilla. Le cause vengono insabbiate, ma un uomo sa. Brutal. Un uomo che ha perso tutto ciò che aveva di prezioso. In uno scenario corrotto, vile, che si vende al migliore offerente, un solo desiderio. Dimostrare perchè il mondo non ha bisogno di eroi.
Genere: Azione, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Fumetti, Telefilm
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Il cacciatore di eroi
    Prologo - In un mondo dove gli eroi esistono, essi sono usciti allo scoperto. E le persone cosiddette "normali" lo hanno accettato. In parte approvando, in parte rassegnandosi. Il surreale ed il sovrannaturale erano fin allora decisamente sopravvalutati. Gli eroi non sono solo relegati al bidimensionale ruolo commerciale tanto caro ai venditori di leggende cartacee. Essi vivono. Camminano tra le altre persone ed altri eroi. Perennemente in bilico su di un cuneo, questa circostanza vive un periodo di stallo. I comuni hanno accettato i sovrannaturali. Accontentandosi di non essere eroi. Di non poter esser più eroi. Di dover guardare gli eroi. Io odio gli eroi -



 Il punto Zero

Un bambino sta giocando felice sul tappeto di fronte alla televisione accesa. Guarda i cartoni. E' mattina. Quel giorno non è andato a scuola. Qualche linea di febbre ha convinto la madre a tenerlo a casa, a prestargli le sue amorevoli cure. A coccolarlo, accudirlo. Lei ora gli prepara un'abbondante colazione in cucina. Si sente chiamare dalla sala, sente il suo bambino attirare la sua attenzione. Calmo, arriva. E lei arriva, con un vassoio imbandito di molteplici pietanze. In sala, scopre che alla televisione non ci sono più i cartoni. No. Ma un uomo ne ha preso il posto. Un uomo, scuro in volto, un anchorman. Un'uomo che parla allo schermo e a chi c'è davanti. Quella è un'edizione straordinaria del telegiornale. L'anchorman è piuttosto cupo. Cupo in volto.

    "Telespettatori del mondo intero... devo informarvi di una notizia terribile. Forse la più terribile della storia dell'umanità. Il corpo di Clark Kent è stato ritrovato senza vita all'interno del fienile sito nella sua proprietà. A trovare il corpo è stata la compagna, di rientro dal lavoro. Le cause sono ancora sconosciute. Ripeto. Il corpo di Clark Kent è stato ritrovato senza vita. Abitanti del mondo intero; Superman... è morto."

Il silenzio viene rotto dal rumore del vassoio che cade, rovesciandosi e ridistribuendosi in svariati pezzi per tutta la stanza. Questo sarà successo in molti luoghi. Un'immediato senso di stupore e milioni di oggetti che vanno in frantumi. Adesso il mondo avrà di cosa parlare.
Ma le cause non sono sconosciute. Lo dicono, ma non lo sono. Come lo so? Sono stato io.

Il mondo ha bisogno di eroi. E gli eroi hanno bisogno del mondo. Non lo dicono, ma lo vogliono. Gli eroi sono belli, sono forti. Sono bravi ragazzi. Non dicono parolacce. Sorridono sempre. Non bevono mentre guidano. O mentre volano. O mentre corrono alla velocità di quella cazzo di luce. Cazzo, scommetto che non scaricano nemmeno musica da internet! Però, c'è una cosa di cui l'eroe non può fare a meno. Un dettaglio che lo classifica appunto come eroe: una nemesi. Il perdente. Di quello che non scrive la storia. Gli eroi lo sono per il fine e non per i mezzi. E' lapalissiano che un cattivo sia cattivo, ne converrete. Ma se c'è una cosa che i cattivi, i nemici, o perdenti che dir si voglia sanno, non è la storia, è la verità. E io vi dico che le cause, non sono sconosciute.

    "Signore e signori di tutto il mondo, si presume che le cause della dipartita siano di natura natural... Scusate. Comprenderete il mio stato di shock. Ehm. Si sospetta che la dipartita possa essere avvenuta per cause naturali. Naturali, in una natura che putroppo noi, non possiamo comprendere."

No no. Non ci siamo. Ma è ovvio che non sbandiereranno mai la verità. Qualcuno ha ucciso l'uomo più forte del mondo. Qualcuno ha ucciso Superman. Quali sarebbero le conseguenze di una tale notizia? Posso dirvi che le mie azioni sono salite parecchio dopo questo avvenimento. E' chiaro che io non sono quotato in borsa, ma potete aver inteso il senso. Perciò, vi dirò io come sono andate le cose. Sarò io a dirvi la verità.


Non è stato facile. Non è stato breve. E non è stato privo di dolore. Ma è stato. E' stato quando io ho deciso che doveva essere. Due mesi. Per due mesi ho controllato la casa, gli amici, la fidanzata giornalista, nella ricerca di una ruotine, di comportamenti abituali. E c'era solo una cosa che si ripeteva: quel fienile. Dove lui forse si rilassava, guardava le stelle, lavorava. Mi chiedo perchè lo facesse. Ehi! Sei un eroe! Sei Superman! Cosa diavolo lavori a fare? Fai l'eroe, prendi i cattivi, dormi. Poi fotti. Poi rassicura il popolo, prendi ancora un po' di cattivi. Fotti un altro po'. Assicurati che la tua parte di mondo sia in ordine. Ovviamente prima e dopo aver fottuto.
Quel fienile, dove forse trovava anche un po' di pace. E dove io gli avrei dato la pace eterna.
Superman lo ha un punto debole, si sa. Quella roccia verde, quel fottuto meteorite chiamato kryptonite che i suoi genitori hanno responsabilmente deciso di spedire sul mio pianeta insieme al loro figlio. Dieci punti ai genitori. Ottima idea. Il fatto fu che dopo il suo "outing" di eroe, i governi del mondo decisero di bandire, eliminare e sostanzialmente annichilire ogni pezzo di "oro verde" dalla faccia della terra. Poichè sarebbe stato ovvio garantire la sicurezza del paladino della pace nonchè deterrente nucleare.
Quello che non fu, non è, e penso che non sarà mai ovvio, è che il genere umano è popolato, e qui vi stupirò nel dirlo, da esseri umani. Pessimi e fallibili esseri umani. Corruttibili ed insignificanti scarafaggi che badano solo ai propri interessi. Ed agli interessi di chi bada ai loro interessi. Ed agli interessi, degli interessi di chi bada ai loro interessi. E così via. Ed allora, l'impossibile aveva assunto tinte d'opportunità. Perché non era vero che quel prezioso elemento verdastro si era estinto, no. Qualcuno aveva ben pensato che data la scarsità dell'offerta, la domanda sarebbe salita e salita. E dopo una pausa, sarebbe salita. Facendo salire anche il prezzo al kg. O al pezzo. O qualunque unità di misura vi aggrada. Qualcuno che ora riposa orizzontale, in un sacco di plastica, non molti metri sotto la crosta terrestre. Non sono stato io se ve lo stavate chiedendo. Però era inevitabile che, ritenuto il prezzo eccessivo, la domanda avrebbe trovato metodi alternativi per entrare in possesso dell'offerta. Alternativi e meno costosi. Costringendo l'offerente nelle condizioni sopracitate. Io riuscii infine a mettere le mani su quel prezioso elemento tanto allergico al supereroe blu e rosso senza pochi problemi. Mi costò, e vero, ma anche questo era inevitabile. A questo punto però, sorsero delle difficoltà.

Avevo un amico che faceva al caso mio. Anzi, a dire il vero ne avevo due. Il primo si chiamava 47, ed era il migliore in quello che faceva. L'altro si chiamava Stryker, nome di battesimo William, ed era il migliore in quello che faceva. Quindi avevo con me quel materiale, ma non la possibilità di lavorarlo. 47 mi portò da William. Lui era in grado di lavorare un metallo che nessun altro era in grado di manipolare. L'adamantio. Pensai che magari poteva lavorare anche altre cose. Portai il mio elemento da lui. Dopo averlo analizzato mi disse che si, poteva lavorarlo, ma in cambio ne voleva una parte. La cosa si poteva fare.
Dopo svariati fallimenti riuscimmo a plasmare un tipo di proiettile particolare, dato dalla miscela di roccia verde ed adamantio. Un proiettile leggero ma incredibilemente compatto, più devastante di qualsiasi altro che mente umana avesse mai partorito. Praticamente indistruttibile e teoricamente riutilizzabile. Gliene commissionai sette. Mi chiese cosa volessi fare con il materiale rimanente e, dopo averci pensato un po', gli chiesi se potesse forgiarmi una spada. Perché una spada? Perché ne ho sempre desiderata una. E fu una scelta azzeccata, perché ne risultò un'arma eccezionale. Sul modello di una katana, dalla fusione risultò avere una lama d'adamantio nera sul quale risaltavano le verdi venature di quel meteorite a me caro. Un attrezzo letale nelle mani di chiunque. Ed era nelle mie.
Ora rimaneva una sola cosa da fare.

Con me avevo la katana comodamente adagiata sulla mia schiena, i proiettili, ed un fucile che 47 mi aveva gentilmente procurato. Un fucile che definirei "multi-tasking". Creato sulla base della fusione tra un LM308MWS ed un AK-47, era sommariamente un fucile d'assalto convertibile in uno da cecchino. Un progetto di 47, quindi creato, ma mai creato. Se mi capite. Difficilmente se ne sarebbe trovata copia all'ufficio brevetti. Lui lo chiamava ALWK-47, non perché fosse stato costruito nel 47, ma da 47. Io lo chiamavo il "mio fucile". Non sono mai stato un tipo originale.
L'altra particolarità del mio fucile è che non necessita di cartucce per esplodere i colpi. Bensì i colpi vengono sparati dall'anima grazie ad una piccola esplosione derivata in un alloggiamento posteriore alla canna. Perciò il percussore non agisce direttamente sul proiettile, che per questo motivo non possiamo chiamare cartuccia. Immaginatelo come un "fucile a benzina", o "fucile a due tempi". La spinta necessaria generata dai gas avviene grazie ad un meccanismo separato e ricaricabile. Possiamo dire che il cane è all'interno del fucile. E come ultima cosa, non faceva rumore. Per il resto era simile a quei fucili che vanno di moda nella serie Call of Duty.

Avevo la katana ed il fucile. Ed ero posizionato a circa duecento metri dal mio obiettivo. Distanza che avrei percorso in poco più di venti secondi. Clark era solo. Incredibilmente ed insolitamente solo. Lo guardavo dal mirino telescopico del fucile passare avanti e indietro dall'enorme finestra del fienile in attesa di piantargli un proiettile in corpo. Avevo i sette proiettili già comodamente sdraiati nel caricatore, ma sapevo che uno sarebbe stato sufficiente. Avrebbe dovuto esserlo. Anche perché se avessi mancato il bersaglio, mi sarebbe piombato addosso ancora prima di staccare l'occhio dal mirino. Clark aveva la vista di fuoco, l'orecchio fino, sapeva volare e gli profumava anche l'alito. Tra le altre cose. Perciò avrei dovuto creare un po' di trambusto. Il giorno prima, approfittando di un suo momentaneo periodo di assenza, ero riuscito ad infiltrarmi nel fienile ed a piazzare un paio di diversivi. Avevo posto una mini carica esplosiva su una trave che sorreggeva un mucchio di balle di fieno. Poi avevo occultato dietro alle pareti e sotto la copertura delle trombette da stadio. Avete presente quelle con il tubo rosso? Quelle. Sapevo che non sarebbe servito ad un cazzo, però speravo, come già detto in precedenza, di fare un po' di casino. Abbastanza da fargli esclamare qualche espressione di sorpresa. Sapevo anche che non gli avrebbe impedito di evitare il proiettile, dato il fatto che normalmente non ne avrebbe avuto nemmeno bisogno. Ma questo mi poteva tornare utile. In caso contrario, avevo la katana.
Dunque, mi bastava schiacciare un tasto del mio cronografo per mandare il segnale ed attivare i diversivi al grido di -GO!- e quindi fare tanto rumore a soli duecento metri.

GO! Bang.... 


    "Bene bene... allora anche il sangue di Superman è rosso." dissi. Clark era sdraiato a terra, con la schiena appoggiata alla parete del fienile scrutandosi la ferita. Spaesato e ancora non consapevole di cosa fosse successo. In quei trenta secondi che avevo impiegato a raggiungerlo, aveva strisciato di un paio di metri. Lo si poteva dedurre dalla scia di sangue sul pavimento. Lo avevo colpito al pettorale destro. E non fu un errore. Non volevo ucciderlo, non subito. Il proiettile gli era rimasto in corpo, privandolo così della sua forza e di qualsiasi iniziativa. Per sicurezza però, avevo conficcato la mia katana nero-verde nel ligneo pavimento molto vicino a lui.

    "Che ingiustizia" continuai "un potere così grande, annullato da un oggetto così piccolo. E' proprio un'ingiustizia." Clark soffriva. Molto. Però non gridava, non si dimenava. Deve essere il codice dell'eroe. Onore nella sconfitta. Semplicemente, mi parlava.


    "Chi sei?" chiese a fatica.

    "Mi son sempre chiesto come mai un potere così grande è stato creato vicino ad un veleno più potente."

    "Aah... che vuoi da me, chi sei?" insisteva. Cercò di muovere il braccio destro, ma questo lo fece soffrire di più.

    "Fermo, fermo. Se sei anatomicamente come noi normali esseri di questo pianeta... ed ammettiamolo, un po' lo sei, quel proiettile ti ha attraversato il grande pettorale e lacerato l'articolazione. Allora? Cosa si prova? Fa male, vero? Eh? Lo sai come si chiama?"

    "Cosa..."
   
    "Dolore. E si, non è piacevole. Beh, non l'avrebbero chiamato così altrimenti! Allora che mi dici... Ti piace il dolore?"

    "Chi sei e cosa vuoi da me?"
   
    "Ve l'hanno mai detto che voi supereroi siete ripetitivi?". Clark cercò ancora di muoversi. Presi la spada e gliela puntai alla gola. Il solo contatto lacerò la pelle. Ora i nostri sguardi erano a pochi centimetri.

    "Ho capito" disse "sei un fanatico. Una vittima. Il mondo è sbagliato, il mondo è cattivo solo con te. Bella mossa." mi mostrava i denti.

    "Chi sei tu per parlarmi del mondo? Non farlo..."
   
    "Questo mondo è mio quanto tuo."
   
    "Sbagli amico supereroe."
   
    "Ho capito. Vuoi farmela pagare per via delle mie capacità." Clark stava diventando sarcastico.

    "L'orgoglio, è una prerogativa degli esseri umani."

    "Allora cosa cerchi di insegnarmi? E' una lezione questa? Credi che io non provi dolore? Guardami... sanguino... come te."

    "No. Sanguini, ma molto meno. E le tue ferite guariscono più in fretta. Non cercare paragoni, non serve a niente."

    "Arriva al punto." Clark ostentava una sicurezza che non mi aspettavo. "Sei qui per i miei poteri. Cerchi un modo per rubarli? Non esiste un modo per trasferirli, non me li puoi prendere. E non ti piacerebbe, credimi. La cosa è sopravvalutata. Ed io non voglio sentire di come tu li useresti meglio. Perciò vattene, ed io mi dimenticherò di te." ora era addirittura calmo.

    "Non posso crederci." risi. "Io non voglio i tuoi poteri, non voglio insegnarti un cazzo. E tu pensi di convincermi? Sai, ammiro la faccia tosta di voi eroi sempre sicuri di quello che dite. Vattene, e mi dimenticherò di te?" risi ancora. "Ma almeno tu ci credi nelle stronzate che dici? Voi eroi. Sempre calmi e sicuri. Forse sei sotto schock e non ragioni bene. Non ti è molto chiaro quello che succederà oggi?"

    "Me lo dirai tu cosa succederà?" mi guardava fisso negli occhi con una sicurezza a dir poco fastidiosa. 

    "Tu morirai."

Potevo alzarmi infine. Conciso e diretto. Intelligibile. Ci furono parecchi secondi di silenzio. Seguiti da altri secondi, parecchi. Non mi guardava più in faccia. Ora guardava a terra. O nel vuoto. Probabilmente ripensava ad un sacco di cose. Avevano cercato di picchiarlo, di rubargli i poteri, avevano attentato ai suoi cari per colpire lui. Lo avevano pugnalato. Ma non avevano mai tentato di ucciderlo. Così, premeditato e spietato. Diretto.

    "La mia paura aspettava questo giorno." era improvvisamente diventato poco loquace.


    "Sicchè anche gli eroi tremano. Prima però c'è una cosa che volevo dirti. A dire il vero, in un lontano passato, ti guardavo come si guardano gli eroi. Però le cose cambiano. Cambiano quando..."

Gli dissi quello che dovevo dire. Lui ascoltava. Non mi guardava, ma in silenzio assorbiva ogni frase. Forse perché sentiva la fine incalzare, parola dopo parola. Arrivai alla conclusione. Stette qualche secondo in silenzio, ingoiò il "rospo" ed infine parlò.

    "Per quanto possa correre veloce, arriva sempre il momento di fare i conti. Non si scappa." guardai bene. Dal suo occhio sinistro, una lacrima scendeva sulla guancia.

    "Nessuno può."

Presi la katana, caricai il colpo. Lui mi guardava negli occhi. Percepiva lo scorrere dei secondi, cercando di pensare a tutto e non pensando a niente. Mormorò qualcosa di soffocato. Vidi le sue labbra dare vita ad un pensiero. Prima che la mia lama discese nel suo petto.

        "Dicono che il male trionfa perchè i buoni non fanno nulla." mi accovacciai davanti al suo corpo, recuperai il proiettile. "La verità è che il male trionfa comunque." Abbassai le sue palpebre. Sentivo il cuore bussare forte nel mio petto. Era finita.

  
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