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Autore: valetrinity89    05/03/2011    6 recensioni
- Jackson, ti prego, dimmi una bugia.
La guardai un attimo stranito. In quel momento vidi come sembrava che stesse piangendo .
- Cosa mi stai chiedendo?- ero un po’ incredulo.
- Dimmi una bugia, l’unica vera bugia della tua vita [...]
Dal Cap. XIV, parte II
Genere: Comico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jackson Rathbone, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ch 1

PARTE I

 

Life is a moderate good play with a badly third act
Truman Capote


CHAPTER I – CHANGED PLANS


CANZONE DI VIAGGIO


Sole illumina il mio cuore

vento disperdi le mie pene e i miei lamenti!

piacere più profondo non conosco sulla terra

se non di andare lontano.


Per la pianura seguo il mio corso,

il sole deve ardermi, il mare rinfrescarmi

per condividere la vita della nostra terra

dischiudo festoso i miei sensi.


E così ogni nuovo giorno mi deve

nuovi amici, nuovi fratelli indicare,

finché lieto posso tutte le forze celebrare,

e di ogni stella diventare ospite e amico.


H. Hesse


Ah Vacanze!

Finalmente le mie meritate vacanze!

Era incredibile come dopo gli esami del secondo anno in università, durati fino a luglio, e dopo altre questioni secondarie e tante peripezie, potessi finalmente adagiare il mio sederino sul comodo divano di casa mia e mettermi dallo stadio “stress da studio” a quello “relax, take it easy !”.

Naturalmente il tutto era coordinato dal balletto dei miei neuroni, che a breve avrebbero lasciato il mio cervello in massa per recarsi alle Bahamas per un meritato riposo.

Ero così presa da una così bella prospettiva che non avevo calcolato una variabile impazzita: mia mamma.

Non feci nemmeno in tempo ad adagiare il mio deretano sul quel comodo divano sfoderabile di pelle di casa mia che mia madre, in versione “fa quello che ti dico perché sono io che te lo dico”, fece capolino vestita di tutto punto e pronta ad uscire per andare al club del libro, neanche stesse andando a prendere un tè con la regina Elisabetta in persona.

Il club del libro di mia madre era particolare.

Si leggevano libri su tutto ciò che riguardasse la vita di una casalinga tuttofare.

Quella settimana c’era “101 modi per fare economia”.

-Che fai?- mi chiese mia madre, come se stessi imbrattando i muri di casa con scritte anarchiche.

- Adagio il mio deretano finalmente sul divano ed estrapolo il mio cervello dal cranio per rimetterlo a posto tra circa due mesi e mezzo- a volte la mia vena un filo sarcastica veniva fuori. Feci un sorriso a trecentosessanta gradi per convincerla della mia affermazione.

Mi guardò con un sopracciglio alzato e le braccia incrociate, in un aspetto alquanto imperioso avrei osato dire.

- Smettila di dire stupidate e vai a preparare le valigie coccinella.

- Non chiamarmi così mamma!-

Dicevo io, coccinella? Un nomignolo un po’ più decente no?

- Perché dovrei preparare le valigie poi?- solo in un secondo momento mi resi davvero conto di quello che aveva appena dichiarato.

Non ve lo avevo detto vero?

Dovevate sapere che mia madre era la maestra del dirmi le cose all’ultimo minuto, quindi mi preparai psicologicamente al peggio.

- Coccinella mia! Ti avevo detto che le vacanze le avresti passate da tuo fratello a Vancouver, ti ricordi? Parti domani piccola mia! Ti ho preso il biglietto un mese fa.

- Cosa?Come?Perché?E quando me lo hai detto?

A parte il fatto che la mia amica Monica mi avrebbe ammazzato perché stavamo progettando da un pezzo una vacanza a San Francisco, a parte che io ero italoamericana, trapiantata californiana al 100%, della serie “se mi tolgono il sole faccio la fine delle piantine rinsecchite della nostra vicina Mrs Polly”, perché cavolo mia madre mi voleva mandare da mio fratello?

- Non te l’ho detto??

OssantoIddio!

Sta di fatto che pur di non sprecare i soldi del biglietto, un po’ perché avevo voglia di vedere che fine avesse fatto mio fratello e perché Monica mi aveva chiamato dicendo che non poteva più partire ( Coincidenze avreste detto voi?Io la chiamavo sfiga!Supponevo che mia madre avesse fatto quattro chiacchiere con la mia amica ) dato che c’era stato un problema nella sua pasticceria, mi ritrovai contro la mia volontà - ma poi non così tanto- spedita su un aereo un po’ come pacco postale in quel di Vancouver.

Appena misi piede fuori dall’aereo i miei capelli, che non avevano mai avuto una forma definita, mai tutti lisci o tutti ondulati, si arricciarono a causa dell’umidità ed ora c’erano ciocche boccolose e non che vagavano libere come dei cowboy sulla mia testa.

Già stavo amando quella città.

Ritirai la valigia che come minimo pesava il doppio di me, a causa di tutti i libri che ci avevo infilato - per non parlare dello zaino – e andai alla ricerca di mio fratello più grande James.

Delucidazione: mio fratello più grande di cinque anni James lavorava nel campo della cinematografia.

Dopo tre anni ancora non avevo capito quale fosse la sua reale occupazione.

Non che non gli volessi bene, sia chiaro, ma, per quanto ne sapevo, poteva lavorare in incognito per l’FBI e io non mi sarei accorta di nulla.

L’ultima volta che l’avevo visto era stato a Pasqua e non faceva altro che parlare di contratti cinematografici per questo o per quell’altro film in giro per il mondo... e io facevo finta di ascoltarlo perché quel giorno stavo male a causa della prozia Maude che mi aveva fatto ingurgitare a forza talmente tanto cibo che in seguito digiunai per quattro giorni.

Mi guardai a destra e a sinistra in aeroporto.

Ero alla ricerca di mio fratello da dieci minuti ormai. Ero sicura che come al solito fosse in ritardo e io odiavo, ODIAVO davvero, i ritardi con tutta me stessa, quando ad un tratto, ecco che lo vidi.

Ma. Che. Diamine. Gli. Era .Successo?

Mi ritrovai un James molto cambiato. Aveva abbandonato i pantaloni strappati, le felpe e le magliette da metallaro per un completo giacca/cravatta ed i capelli lunghi e neri fino alle spalle ora erano del suo colore naturale, castano chiaro come i miei, corti, tirati su con quella che sembrava una superformula profumata di una tonnellata di gel più una tonnellata di lacca.

James corse verso di me e mi abbracciò forte. Io ero ancora sconvolta.

- Chi sei tu e che ne hai fatto di mio fratello?

- La solita scema!!Non ti piace il mio cambiamento?- e fece una giravolta per mostrarsi in tutto il suo splendore- Comunque non ti preoccupare, avevo solo un colloqui per un progetto. Dai dammi la valigia Cake!- la fissa dei soprannomi era un difetto di famiglia da parte di madre e mio fratello lo aveva ereditato.

- Almeno non mi chiami più coccinella come la mamma- cercai di guardare il lato positivo della cosa.

Mio fratello era molto più piacevole di mia madre sotto molti punti di vista

- Me lo ero dimenticato!- ridacchiò. Ma stare zitta io mai eh?- D’ora in poi solo coccinella!-

Stava scherzando vero?vero??VEROO????

- Quando parte il primo aereo per Los Angeles?-

Anzi qual è il primo aereo che partiva?


Ж


Per motivi di lavoro a me ancora sconosciuti, mio fratello passava parte delle sue giornate tra i set e la sua roulotte.

James abitava a Vancouver –anzi nelle vicinanze- ed aveva bisogno della roulotte?

Lui diceva che c’era sempre bisogno di lui e che quindi era meglio che fosse il più vicino possibile.

Altra cosa: per sorpresa non mi aveva detto a che film stesse lavorando in quel momento.

Si era pure meravigliato del fatto che io non l’avessi ancora scoperto!

Come se io passassi la mia vita davanti alla Tv per vedere solo programmi sul cinema...semmai l’avrei passata solo davanti a quelli musicali, possibilmente rock andante.

Arrivammo alla sua roulotte dopo aver passato non so quante barriere formate da bodyguard che ti guardavano in cagnesco che avevo paura che mi avessero preso per una terrorista.

- Oh cazzo!- esclamai io alla vista della roulotte.

- Che c’è??- mi chiese mio fratello preoccupato.

- La tua roulotte!

- Che c’è di strano?- ora mi guardava come se fossi pazza

- E’ così...così...

- Così cosa Valeria???- stava perdendo la pazienza

- Grande!-esclamai. Mio fratello mi guardò come se fossi senza speranza - E’ enorme - ed era vero - Ho per caso bisogno di un sentiero luminoso che mi conduce in ogni parte o c’è una mappa?

- Scema, la vuoi vedere dentro la tua roulotte sì o no?

- Perché questa roulotte è per me?- non ci potevo credere

- Se vuoi dormire nella cuccia del gatto per me non ci sono problemi, fa pure...- faceva pure lo spiritoso James!

- Ma se questa roulotte è tutta per me tu dove dormi fratellone?- questa sì che era una domanda intelligente!Il mio cervello si stava congratulando con me.

- Emh...ecco Cake...c’è una cosa che ti devo dire...

Era appurato da venti anni di relazioni con mio fratello che James che cercava di spiegarmi qualcosa rosso in faccia ed incominciando a sudare poteva significare solo una cosa...ragazze!

- Aaaahhhh!!!!- urlai, abbandonai la valigia e gli saltai letteralmente addosso!-Mamma andrà in brodo di giuggiole!!!!

- Cosa???- stava soffocando data la mia stretta da anaconda. Lo lasciai libero.

- Chi è la ragazza Jam??

- Ecco...- timido quando si tratta di ragazze, soprattutto se ne doveva parlare con me, poi ad agire non si faceva problemi ovviamente, ma tu guarda...

-Cuccioloooooooooooooooo!!!!!!!- qualcuno gridò

Cucciolo?Jam?James??Mio fratello cucciolo?

-Cosa…?!?- feci per dire io

-Sta zitta e non farmi fare figure di merda!!!- era quasi una minaccia.

“Leggermente” velata eh, ma pur sempre una minaccia.

- Perché dovrei farti fare figure di mer...oh cazzo!-

   
 
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