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Autore: Little Witch1    06/03/2011    3 recensioni
“Dovrei essere la strega più brillante della mia età, o così dicono tutti, e io…non ci ho pensato. Non ho mai potuto…vicino a te."
A conti fatti, è stato lo sbaglio migliore che potesse fare.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Sorpresa
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
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Disclaimer: niente di quello che è scritto qui appartiene a me. È tutta colpa di una signora inglese e bionda che risponde al nome di Joanne.

N.d.T.: Questa storia è stata scritta da Little Witch, che mi ha gentilmente permesso di tradurla e pubblicarla. L'originale in lingua inglese si può trovare a questi link: Fanfiction.net e Hawthorn&Vine, invece il bannerino che trovate a fine storia porta alla recensione su AccioDHR. Dato che è una delle prime traduzioni in cui mi sono cimentata, se il risultato lascia un po' a desiderare...oh beh...è tutta colpa mia e non dell'autrice.
Buona lettura, LuxLucis





Accidental


È seduta in un bagno pubblico, la finestra chiusa e la porta bloccata, mentre legge che Amy+Robbie=insieme 4ever  e Chiama se ti vuoi divertire. I ragazzi sono fuori, da qualche parte, in cerca di cibo da scroccare e non fanno caso a cosa lei stia comprando da Boots. Agita la bacchetta di plastica come se fosse un ventaglio.

Due linee rosa.

“Oh cazzo”



“Come…come…come è potuto succedere?” Ron sta camminando avanti e indietro, mentre si strattona i capelli e dice tutto e niente solo perché non riesce a tener chiusa la bocca.

“Beh, Ronald, quando un uomo e una donna sono molto innamorati, oppure quando si fanno prendere dall’eccitazione del momento…” dice alzando gli occhi al cielo.

“Sei…eri…innamorata?” sta farfugliando ora ed è talmente pallido che le sue lentiggini risaltano come gocce di cioccolato su un biscotto.

Al momento potrebbe davvero uccidere per un biscotto.

“Non lo so” ammette lei onestamente “Forse; era…complicato” aggiunge sospirando. “Harry? Cosa ne pensi?”

Harry si strofina l’occhio destro infilandosi un dito dietro gli occhiali e scrolla le spalle.

“Grazie tante” biascica lei con una smorfia.

“Scusa Hermione ma,” dice sospirando “davvero?”

“Sì, davvero.”

Lui sospira di nuovo e lei comincia a tormentare un filo smagliato del divano. Sa che cosa sta pensando, come non potrebbe, dopo aver passato ogni minuto, sveglia e addormentata, con lui; sedendo, camminando, correndo e dormendo a turno. Sta per dirle di tornare alla Tana o in Australia dai suoi genitori, non c’è nessuna utilità per una ragazza incinta in un’impresa di vita o di morte, non importa quanto intelligente possa essere.

“Dio, Ron, tua madre mi ucciderà.” dice in un lamento.




Incredibilmente, per essere nel bel mezzo di una guerra, Hermione riesce ad arrivare sana e salva alla Tana senza incidenti. Bussa alla porta e risponde a qualche domanda prima che Molly la spinga in cucina, le metta in mano una tazza di the e cominci a lamentarsi di quanto sia diventata magra.

“Harry e Ron, loro sono…”

“Stanno bene, signora Weasley.”

“Ma allora perché tu non…”

“Mi sono trovata nella condizione di non poterli più aiutare.”

Mentre sta sorseggiando il suo the, rabbrividisce e toglie la fetta di limone che una volta le piaceva tanto, non più ormai, da quando le sue papille gustative sono in subbuglio grazie a Junior. Molly la segue con lo sguardo e spalanca gli occhi.

“Merlino” dice “Io quel ragazzo lo uccido”.




Per un millisecondo Hermione pensa di lasciar credere a Molly che Ron sia il padre; le risparmierebbe un gran numero di liti e le garantirebbe un posto in cui dormire e far pipì (attività che occupa ormai la gran parte della sua esistenza, spropositata rispetto a prima), ma decide di non poterlo fare. Non sarebbe giusto che Molly la accudisse e la coccolasse per poi non aver un bambino pel di carota alla fine.

Non è mai stata in grado di mentire, in ogni caso.

“Non è di Ron,” chiarifica “Non è nemmeno di Harry, altrimenti Ginny sarebbe capace di uccidermi”.

“Ma allora chi…”

“Io…preferirei non dirlo”

Forse è l’esitazione, o forse è il suo inconscio nervosismo che la porta a giocherellare continuamente con quello che ha sottomano, ma Molly sorride, malinconica, le prende una mano ed Hermione non vuole pensare a cosa le è passato per la testa.

“Sei la benvenuta, cara, puoi rimanere per quanto vorrai”, dice Molly. Hermione prosciuga il suo the.




Ginny quasi sviene quando, tornata a casa per Natale, vede Hermione seduta al tavolo della cucina mentre sta facendo biscottini a forma di stelle tagliandoli dall’impasto. Sua madre si precipita verso di lei, blaterando rassicurazioni e strofinandole il braccio in conforto, ma Ginny si deve comunque aggrappare allo stipite della porta quando la sua amica si alza in piedi per asciugarsi le mani, il pancione che sporge tra le anche ossute.

“Oh merda”, dice.

“Ginevra, modera i toni!”

“Scusa mamma, ma…Merlino, Hermione, quando è successo?”

“Giugno, credo. All’inizio,” risponde Hermione, asciugandosi le mani nell’asciugapiatti e tirando il suo maglione stile Weasley. Incinta di sei mesi ed è già costretta a trasfigurare i suoi vestiti.

Dopo cena Ginny trascina Hermione in camera sua, la fa sedere e pretende che vuoti tutto il sacco, ovviamente Hermione tergiversa.

“Come va la scuola?” chiede.

“Che si fotta la scuola, chi ti ha messo nei casini?” dice Ginny.

“Le lezioni vanno bene?”

“È stato Ron?”

“Ho sentito che l’ES è ancora in piedi.”

“Viktor?”

“Com’è il nuovo preside?”

“Neville?”

“Hagrid ha ricostruito la casa?”

“Per favore, dimmi che non sono stati Fred o George.”

“Seriamente, Ginny, Fred e George?”

“Ora che siamo di nuovo in carreggiata. Ti prego, ti prego, ti prego, dimmi chi è il papà.”

Hermione si dibatte nell’imbarazzo, persa nelle sue riflessioni. Sarebbe bello avere qualcuno con cui parlare di quello che è successo, non essere più costretta a nasconderlo, a non tenerlo rinchiuso in un recesso della mente talmente remoto da non riuscire più a trovarlo certe volte, da non essere più in grado di distinguerlo da un sogno sfocato.

“Devo far pipì” dice invece.




Natale è, per usare un blando eufemismo, completamente deprimente. Harry e Ron sono da qualche parte vicini alla tana del lupo, i gemelli non riescono a confondere nessuno sulla loro identità e Remus è più nevrotico del solito. Tonks, florida, raggiante  e con uno spiccato appetito per le tortine natalizie, è elettrizzata a proposito di un altro bambino.

“Diventeranno migliori amici” dichiara “me lo sento”.

“Già”, mormora Hermione, sperando ci sia qualcosa in più del succo di zucca nel suo bicchiere.

“Forse la stessa casa di Hogwarts”.

“È…una possibilità.”

Hermione si stropiccia gli occhi, fingendo stanchezza prenatale e chiedendosi quanto esattamente saranno vicini i loro figli sull’arazzo di famiglia dei Black.




Tutti i nodi vengono disastrosamente al pettine con l’anno nuovo. Incinta ormai di sette mesi, sente del trambusto al piano di sotto mentre sta piegando il bucato nella sua camera. Scende per le scale con cautela, a bacchetta spianata, sbirciando nella sala; Arthur e Shacklebolt sono lì, mentre sorreggono tra di loro una persona incosciente. I piedi dello sconosciuto si strascicano sul tappeto, lasciando scie di sudiciume che Molly pulisce distrattamente con la bacchetta, e dalla soglia del salotto Hermione guarda mentre Draco Malfoy viene steso sul divano.

Stringe la sua bacchetta talmente forte da spezzarla quasi a metà.

“Cos’è successo Kingsley?” chiede Molly.

“Lo abbiamo trovato in un raid da Sinister. Tutti gli altri hanno tagliato la corda, lui invece…si è solamente arreso”.

“Come?”

“Non ha praticamente opposto resistenza. Avevamo intenzione di portarlo direttamente al Ministero e stavamo per farlo, ma…”

“Ma cosa, Kingsley?” incalza Arthur.

Kingsley si strofina una mano sul viso e si siede di schianto in una consunta poltrona. “Sono sfinito, completamente, così siamo stati costretti a camminare per qualche isolato fino all’entrata più vicina del Ministero. Abbiamo pensato fosse sicuro, dato che non si ribellava. Poi ha detto che ha chiuso, con i Mangiamorte. Ha detto che vuole aiutare, che sa che faccio parte dell’Ordine.”

“Pensi…” comincia a dire Arthur.

“Che i Mangiamorte sappiano le identità dei membri dell’Ordine? Qualcuno di loro sì. Forse Piton l’ha detto. O forse l’ha detto solo a Draco, in ogni caso, ha detto che vuole dirci tutto quello che sa e consegnarsi a noi”.

“Che cosa?” sussurra Molly.

“Ha detto che fin quando i Mangiamorte penseranno che è qui contro la sua volontà, che stiamo usando del Veritaserum o qualcosa del genere su di lui, i suoi genitori saranno salvi, ma comunque vuole Tu-sai-chi morto. È svenuto poco dopo, ma ho controllato e dovrebbe star bene d’ora in poi.”

Arthur si lascia andare ad un profondo sospiro e guarda sua moglie, con quel tipo di comunicazione non verbale che non ha niente a che vedere con l’invasione della mente delle persone. “Prenderò contatti con Remus e Minerva” dice.

“Dove dovrei lasciarlo? L’ho portato qui perché non mi è venuto in mente nessun altro posto e, Merlino…sono sfinito.”

“Lascialo qui, Kingsley, e occupa la stanza di Percy. Fai un una dormita, se riesci,” suggerisce Molly.

Uno per uno gli adulti se ne vanno, dopo che Molly ha steso Malfoy sul divano, con il capo appoggiato su un cuscino a fiori. Hermione si siede su una sedia e lo guarda respirare. 




È mattino quando lui si sveglia, Hermione è addormenta sulla sedia in compagnia di dolori lancinanti alla schiena e calci furibondi diretti alla vescica; si trascina in bagno e quando torna lui ha aperto gli occhi. Il ragazzo si mette a sedere sentendo la camminata strascicata di lei e quando la vede rimane a bocca aperta.

“Guh” mugugna e lei inarca un sopracciglio.

“Articolato come al solito” dice.

“Chi ti ha messo incinta?” biascica, la voce impastata dal sonno.

Lei esplode “ TU, TU RAZZA DI IDIOTA!”

“Arp” risponde.

“Hermione, cara, cosa sta succedendo?” chiede Molly, con addosso la sua vestaglia e il profumo della colazione.

“Io-Io-Io,” balbetta Malfoy, mentre Hermione sta tremando per la rabbia.

“Come osi chiedermelo! Dopo…tutto, con che coraggio te ne stai seduto lì pensando che io sia stata con qualcun altro? Santo Cielo, Draco, non sono una qualsiasi puttana di Notturn Alley!”

“Io…io non…non sei una puttana”, dice, deglutendo rumorosamente.

“Belle scuse”

“Hermione…”

Le sopracciglia di Molly si inarcano per la sorpresa, quelle di Arthur e Kingsley pure, mentre stanno in piedi sulla soglia in pigiama e vestiti stropicciati.

“Hermione, ho solo…è stato un colpo. Merda.”

“Lo è stato anche per me. Ovviamente non ti potevo spedire un gufo.”

“Cazzo.”

“Già, è anche per colpa sua che siamo qua.”

“Presumo che Sfregiato e la Donnola siano ancora là fuori a fare gli eroi.”

“Meno uno, evidentemente; due se conti anche Junior.”

“Hai scelto anche il nome, sono commosso.”

“Ma sta’ zitto.”

Dietro di lei, Hermione riesce a sentire Kingsley e Arthur trascinare di nuovo Molly in cucina, bisbigliando qualcosa a proposito della privacy e cercando di porre fine ai suoi borbottii. Hermione immagina che avrà davanti a sé un litigio epocale da affrontare, ma tiene gli occhi fissi su Malfoy. Ha un aspetto orrendo e lei glielo dice.

“E tu sei…” dice con voce sempre più flebile.

“Se provi a dire una sola parola sul mio peso, giuro che farò sembrare lo schiaffo del terzo anno la carezza di un bambino.”

Sogghigna, da adorabile, insopportabile cretino quale è. “Bellissima, stavo per dire bellissima”.

“Sei sempre più bravo a mentire di quanto non lo sia io.”

Si siede di nuovo sulla sedia, accarezzandosi la pancia, un movimento inconscio che cattura l’attenzione di lui e che lo fa sussultare.

“Non pensavo…non credevo che questo sarebbe successo,” dice, talmente piano che riesce a malapena a percepirlo. “Non pensavo sarebbe potuto succedere. Tutto quello a cui riuscivo a pensare…eri tu.”

“Lo so”, risponde lei. “Dovrei essere la strega più brillante della mia età, o così dicono tutti, e io…non ci ho pensato. Non ho mai potuto…vicino a te. Soprattutto non a quello…”. Conclude, deglutendo. Ricorda le ultime volte, così disperate e quasi dolorose. La trascinava in armadi ed aule,  spingendo lei contro il muro e dentro di lei con urgenza, muovendosi, ansimando e mordendole il collo. Mormorava qualcosa, parole sussurrate contro la pelle della sua gola e i colletti inamidati delle sue camicie, la soffocava con il suo profumo, il tocco delle sue dita e la pressione delle sue anche contro quelle di lei. Non aveva mai avuto nessun altra possibilità se non lasciarsi andare e sentire.

“Non pensavo – sapevo – che ti avrei mai più rivista.  Anche se non avessi…avuto successo, sapevo che sarebbe andata così. Mi avresti odiato. Non voglio che tu mi odi.”

“Hai abbassato la bacchetta.”

“Cosa?”

Gli sorride; si ricorda com’era, l’anno precedente, il tremore quasi impercettibile delle mani di lui sulle sue gambe e i contorni scavati degli zigomi premuti contro la sua pelle. Non era molto bravo a nasconderlo, lo sguardo ferino, come quello di un animale in gabbia, soprattutto non a lei;  riecheggia ancora nella sua mente il respiro irregolare di quando si abbandonava tra le sue braccia, madido e in bilico sul ciglio di qualcosa che lei allora non aveva compreso. 

“Hai abbassato la bacchetta.”




Dopo un’estenuante sessione con Remus, Minerva ed altri membri assortiti dell’Ordine nella cucina dei Weasley, Draco finisce nella vecchia stanza di Bill. Nessuno fa parola del mattino in cui si svegliato lì, a parte Molly mentre stanno pelando le patate, disappunto e disapprovazione che pervadono la sua voce come la vernice su di un muro.

Non parlano mai del bambino, lei e Draco, nonostante continui a fissarle la pancia.

Parlano di altre cose, leggono, giocano con le carte Babbane che lei gli ha insegnato ad usare (è talmente bravo a poker che si rifiuta di giocare più con lui) e si insegnano a vicenda gli incantesimi trovati sul vecchio libro del settimo anno di Percy.

È amichevole e rassicurante, tutte cose che sono mancate a scuola, quando c’erano solo aspre parole e baci impetuosi; non erano mai riusciti a stare tranquilli a lungo.

“Sei agitata.”

“Lo so.”

“Allora smettila.”

“Non posso,” risponde seccata, tirando il suo maglione e continuando ad accavallare e a districare tra di loro le gambe, allungandole davanti a se’ sul tappeto e incrociando le caviglie; raddrizza la schiena e poi si stravacca, ma niente è utile per il dolore alla schiena.

“Cosa c’è?”

“Tuo figlio ha intenzione di uccidermi, ecco che cosa c’è,” si lascia scappare e poi si raggela. Quando lo guarda lui non sta battendo ciglio.

Pensa davvero di poter percepire la tensione, tangibile e densa come la tapioca. Poi, senza rumore, lui si alza e si siede dietro di lei, facendola scivolare tra le sue gambe.

“Cosa ti fa male?” chiede e il suo respiro le accarezza l’orecchio come una brezza marina.

“La schiena, in basso.”

Alzando l’orlo del suo maglione, lui preme i pollici freddi lungo la sua colonna vertebrale, massaggiando in circolo. Lentamente, lei si rilassa, mentre le mani di lui si riscaldano contro la sua pelle e penetrano nella sua schiena; sente un brivido propagarsi attraverso la spina dorsale, giù fino all’incrocio delle sue gambe: ha letto qualcosa sui cambiamenti della libido durante la gravidanza ma aveva pensato che la guerra in corso avesse fatto in modo di renderla insensibile dai fianchi in giù.

A quanto pare non è così e il bambino sceglie quel momento per scalciare.

“Oi” si lamenta.

“Ti ho fatto male?”

“No, è stato lui” dice lei, agitando una mano verso se stessa, “Scalcia come un matto.”

Tenendo ancora una mano sulla sua schiena, lui alza l’altra, con il palmo sospeso sopra la pancia tondeggiante. Lei riesce a percepire lo spazio tra di loro, mentre le si accappona la pelle al di sotto del maglione e l’aria crepita come mille fiammiferi accesi. Quando la sua mano finalmente la raggiunge, lei ricomincia a respirare.

Si sposta lento, insicuro, la sua mano va a tentoni come se si stesse muovendo al buio, cosa che lei ritiene possa essere vicina alla verità. In realtà, pensa, tutte le luci si sono spente nel momento in cui l’ha guardata la mattina che è arrivato, e non si è particolarmente sforzato nella ricerca dell’interruttore. Lei riesce a sentire il bambino muoversi, agitarsi e immagina che anche lui stia cercando; lui lo percepisce, attraverso gli strati di lana, carne e liquido, sente il sangue del suo sangue e cerca di raggiungerlo.

Quando il bambino scalcia, Draco lo sente e si irrigidisce.

“Era…” bisbiglia e il battito furioso del suo cuore risuona contro la schiena di lei, che si inumidisce le labbra due volte prima di parlare.

“Il piccolo riconosce suo papà.”




Dopo quell’episodio, Draco è sulle spine, girovaga e borbotta come un senzatetto alla fermata di un autobus. Lei ipotizza che sia per qualcosa che ha detto, il fatto di averlo definito apertamente ‘papà’ lo ha fatto andar fuori di testa, come del resto avrebbe fatto qualsiasi altro diciassettenne in una situazione del genere; lui d’altra parte è bloccato alla Tana sotto minaccia di morte da parte dell’Oscuro Signore, quindi, invece di darsela a gambe, ha deciso di trasformarsi nel furetto isterico che una volta lo aveva accusato di essere.

La sta facendo diventare pazza.

Dopo una settimana intera, lo mette alle strette nel mentre che sta uscendo dal bagno, nell’aria il profumo di dentifricio alla menta e di sapone.

“Quale cavolo è il tuo problema?” gli dice.

Lui la guarda, a lungo, con uno sguardo intenso, penetrante, struggente, del tipo di cui si scrive nei romanzi. Poi la bacia, accarezzandole le labbra con la lingua e quando si separano lei non riesce a proferir parola, se non “huh”, che è tanto intelligente quanto può esserlo in quel momento.

“So che ti piace, ma non lo chiameremo Hugo,” afferma e poi la trascina nella sua stanza, dove fanno la scoperta che anche la sua, di libido, è perfettamente funzionante. 




Arriva alla fine oltre il termine, nervosa e irritabile, verso la metà di Marzo, sbottando contro chiunque ed imbarcandosi in litigi interminabili con Draco; quando le si rompono le acque sul pavimento del salotto subito dopo colazione, anche gli gnomi del giardino sentono il sospiro di sollievo del ragazzo, o almeno così lei pensa.

Non riesce nemmeno ad arrivare sul letto al piano di sopra, finendo con l’avere troppi proiettili a portata di mano.

“Attenzione alle cose fragili, cara,” avverte Molly, mentre sprimaccia i cuscini dietro alle spalle rigide di Hermione.

“Vorrei che tu fossi morto” sbotta contro Draco, aggrappandosi alle lenzuola che sono state stese sul pavimento, pulito magicamente.

“Dicono sempre così” cerca di mediare Arthur, con un pacca sulle spalle del ragazzo, che tentenna, borbottando qualche “Ehm,” sedendosi a scatti di fianco a lei e agitandole una mano davanti al viso. “Puoi…sai…se tu…ow, OW OW LA MANO!”

Quando si lagna per un’ora della sua mano ‘rotta’, lei gli scaraventa addosso un leone di ceramica.




Nelle prime ore del mattino seguente, Molly prende tra le braccia un cosino che strilla e si dimena, Hermione pensa di avere le allucinazioni, quando si accorge che è uscito proprio da lei.

“È finita?” chiede.

“Già,” le risponde Draco, piano, con lo sguardo fisso, mentre lei li segue con gli occhi. Quando vede che Molly sta reggendo in braccio un fagotto che si agita in un  lenzuolo a scacchi, Hermione si sente il cuore in gola. Ha avuto un bambino, giusto.

“Congratulazioni, è un femmina” dice Molly,  porgendole la bambina – sua figlia, continua a ripetersi Hermione – e mormorando qualcosa sul sorreggere la testa ai neonati.

Non è per niente come si era aspettata, anche se i libri che aveva letto l’avevano già messa in guardia: non ha la pelle color pesca o le guance paffute, ma è rossa, magra e coperta con una specie di pellicola simile alla tela di un ragno. Ha il viso contorto per il pianto, gli occhi chiusi a fessura sopra le guance chiazzate e le labbra tirate. Hermione la riaggiusta tra le sue braccia, accarezzandola con un dito su un braccino, giù fino a delle minuscole manine che terminano con altrettanto minuscole unghiette. Il suo viso si rilassa, si distende tutto ad un tratto, come una rosa in boccio.

“Ciao Rose” la accoglie Hermione.

“Mi piace Rose,” interviene Draco, baciandole la tempia, poi prende la mano di sua figlia ed Hermione comincia a singhiozzare.

“Merlino, Hermione”

“Taci.”

Il suo cuore si gonfia di gioia, come il mare, quando sua figlia apre gli occhi per la prima volta.




Harry Potter uccide l’Oscuro Signore, Neville Paciock uccide un rettile ed Hermione viene spedita a casa di Andromeda durante la battaglia finale, mentre Draco tira fuori un coraggio da Gryffindor e si precipita a combattere e a cercare i suoi genitori. Lei avrebbe voglia di torcergli il collo, soprattutto quando dimostra di essere abbastanza Slytherin da usare la loro figlia come merce di scambio: è meglio che abbia almeno un genitore, in caso morisse, dice lui. Nel frattempo Rose e Teddy vanno d’accordo a meraviglia.

“Un giorno o l’altro lo uccido” dice ad Andromeda mentre bevono il the.

“Lo hai già detto.”

Quando la battaglia è finita, tutti e quattro si materializzano ad Hogwarts, Andromeda raggiunge il cadavere di sua figlia, mentre accarezza i capelli azzurro cielo di suo nipote, Hermione, invece, setaccia la folla in cerca di una testa bionda.

Ne individua una rossa per prima.

“Hermione!” è Ron, sporco, con i segni di lacrime sulle guance e fortunatamente vivo.

“Ron, grazie a Dio!” gli dice, cingendolo con un braccio solo.

“Wow, guarda qui” esclama quando si separano, strofinando le nocche contro le guance paffute di Rose, “hai avuto un bambino.”

“Già, di solito succede dopo tutta la faccenda della gravidanza. Stanno tutti bene?”

Le racconta quello che è successo, una lista di morti che include anche uno dei suoi fratelli, e a quel punto lo abbraccia ancora, talmente forte che Rose comincia ad innervosirsi.

“Ho visto Malfoy laggiù” le indica con una mano verso il tavolo degli insegnanti, distrutto e bruciacchiato dalle maledizioni, “con i suoi genitori.”

“Grazie”

Lo abbraccia ancora e si lancia in mezzo alla folla, con il cuore in gola: Ron non ha specificato in quali condizioni si trovasse Draco, se fosse in piedi, seduto, ferito e sanguinante oppure se giacesse morto in una fila vicino a sua madre e suo padre.

Sta abbracciando sua mamma quando lo vede.

“Se mi farai ancora una cosa del genere io…io non…non lo so, ma stai certo che non ti piacerà,” balbetta, con la vista offuscata da stupide lacrime; non appena Draco la vede si precipita verso di lei e la bacia sulla fronte. Lucius, invece, sembra che stia per avere un infarto.

“Stai bene?” le chiede Draco, con le labbra ancora premute contro la pelle di lei, che riesce appena a percepire le sue parole.

“Sì”

Le rimane accanto, accarezzando i suoi fianchi e i capelli chiarissimi di Rose: ha ereditato i capelli di suo papà e gli occhi di sua mamma.

“Mamma, Papà,” annuncia, girandosi e tenendo le mani su di lei, “vi presento vostra nipote.”

Lucius fa cadere a terra la bacchetta.




Trascorrono ore a Hogwarts, Lucius è seduto accasciato sulla piattaforma del tavolo degli insegnanti, con le mani abbandonate tra le gambe e la bacchetta nella borsa di sua moglie. Hermione fa la spola tra loro e i Weasley, gli uni isolati dagli altri, e si chiede se la sua vita d’ora in poi sarà così, se le persone a cui tiene rimarranno sempre separate come olio e acqua. Draco sta portando a spasso Rose in circolo, ma la sua spossatezza sta innervosendo lei e esasperando lui, Narcissa quindi risolve la situazione prendendo la nipote dalle sue braccia.

Quando Hermione torna dopo aver parlato con Ginny, vede tre donne disposte a triangolo; una bionda, l’altra bruna, sono accanto alle loro famiglie con in braccio i nipoti. Una famiglia è sopravvissuta, l’altra no e all’ultimo vertice del triangolo c’è una terza donna, con i capelli scuri sparsi attorno al suo corpo immobile come una pozza d’inchiostro. Narcissa e Andromeda si osservano a lungo, voltandosi di tanto in tanto verso la sorella morta.

Hermione stringe la mano di Draco.




Spiegare tutto ai Malfoy non è impresa facile; Lucius picchia suo figlio sulla testa e lo insulta in modi particolarmente fantasiosi, pretendendo che faccia la cosa giusta prima che sia troppo tardi per usare la guerra come scusa, nel frattempo Narcissa gioca a fare cucù. Hermione è ancora indecisa su chi dei due è più surreale.

“È tutta una questione di onore di famiglia, soprattutto adesso” le dice Draco, mentre si strofina il cranio dolorante “Potrai anche non essere purosangue o avere conoscenze altolocate o altre sciocchezze –  

Hermione sorride con orgoglio.

“ – ma se avessi un figlio con te e non ti sposassi, beh, probabilmente i miei bis-bis-bis-bisnipoti vivrebbero ancora nella vergogna. È quello che si deve fare.”

Spiegare tutto ai genitori di lei, una volta tornati dall’Australia e con la memoria ripristinata, è, in effetti, peggio dell’aver avuto a che fare con i Malfoy; sua mamma sbianca improvvisamente, Rose comincia a piangere, Draco finisce col fare una gara a chi urla di più con il padre di lei ed Hermione marcia avanti e indietro per il salotto, ninnando la sua bambina.

“Non sei costretto a sposarmi, sai” gli dice, durante una cena Malfoy-Granger che sembra uscita da un libro di Lewis Carroll. “Dico davvero, non abbiamo nemmeno finito la scuola! E statisticamente…”

Draco la bacia delicatamente sulle labbra “Certo che devo, mio padre ha chiaramente minacciato di farmi qualcosa di molto crudele ed insolito, ma, sciocca, lo voglio anche.”

Lei e Draco si sposano due mesi dopo, a questo punto, ormai, la frittata è fatta.




Diciannove mesi dopo la fine della guerra, Rose compie due anni. È una vicenda strana, Malfoy Manor viene decorato con festoni e palloncini bianchi e rosa, ci sono bambini dell’asilo di Rose che corrono su gambette paffute e che si macchiano i vesti di erba. I Weasley sono lì, a disagio, fino a quando Teddy scorge Narcissa in mezzo alla folla e si districa da sua nonna e dal suo padrino, mostrando orgoglioso alla zia Cissy che è capace di farsi diventare i capelli biondi come i suoi.

Lucius e il padre di Hermione parlano delle fluttuazioni della Borsa (magica e babbana) e si lamentano dei troppi dolci che i bambini mangiano al giorno d’oggi. Hermione è ancora inorridita dal fatto che riescano ad andare così tanto d’accordo.

“Tutti i regali di questo mondo e nostra figlia sta giocando con una scatola” si lagna Draco, con un bicchiere di punch in mano; lei riesce a sentire l’odore di alcol, gli prende il bicchiere e lo rovescia sul prato.

“È il suo compleanno, può giocare con qualsiasi scatola voglia,” dice “E togliti quello sguardo dalla faccia. Se devo sopportare tutto questo da sobria, lo farai anche tu.”

“Chi dice dobbiamo rimanere sobri tutti e due?” lei sogghigna e lui inarca un sopracciglio

Tutt’intorno a loro i bambini gridano, gli adulti chiacchierano e Molly rimprovera George per aver portato un fiasco di alcolici ad una festa per bambini. All’improvviso un gufo recapita una lettera sulla testa di Draco.

“Sul serio?” dice dopo averla letta, entrambe le sopracciglia a livello dell’attaccatura dei capelli.

“Questa volta sono riuscita a mandarti un gufo”

La trascina vicino a sé, premendo il viso contro il suo collo. Lei fa cadere i festoni rosa dalle mani e stringe la sua maglietta tra le dita. Sa perfettamente che, anche se sono passati due anni, è ancora amareggiato dal fatto di essersi perso così tanto, di non essere stata la prima persona a saperlo, di non poter raccontare aneddoti sulle sue voglie in gravidanza e di non aver visto il suo corpo cambiare gradualmente. Rose è stata come un pugno nello stomaco, ma lei sa che lui lo rifarebbe in un attimo, se gli fosse data l’opportunità, e sa anche cosa vuol dire per lui essere lì con lei fin dall’inizio.

Gli tira una pacca sul braccio quando dichiara “E comunque non lo chiameremo Hugo.”




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