Anime & Manga > Saint Seiya
Ricorda la storia  |      
Autore: Stateira    06/03/2011    3 recensioni
- Ti prometto che un giorno ti dirò che cosa sono questi. – disse, indicandosi la fronte. – Adesso non posso, perché è un segreto. Quando saremo grandi, lo dirò solo a te. –
Genere: Fluff, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Aries Shion, Libra Dohko
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
La foresta fittissima era così silenziosa che si sarebbe riusciti a sentire il respiro degli animali selvatici che la abitavano, e persino quello dei demoni leggendari che vegliavano su quelle terre.
I cespugli bassissimi, l’erba, il bambù, persino l’acqua: era tutto di un verde abbagliante.
E verdi erano gli occhi accigliati di un bimbetto ancora più selvatico delle tigri signore della macchia.
- Tu sei diverso da me. Di-ver-so. – scandì, con un ché di trionfale.
Il bambino che gli stava di fronte sembrava mille volte più piccolo di lui, rannicchiato com’era a proteggersi dalle sue parole.
- No, nnno! – protestò.
- Non ti daranno mai l’armatura d’oro! –
- E invece sì! – Sion strinse i pugnetti già sorprendentemente forti per darsi un’aria risoluta. – Me lo ha detto il mio maestro! –
- Ah sì? E ti ha detto anche che sei uno scherzo della natura? –
Gli fu addosso prima che Sion avesse il tempo di reagire, gli artigli sfoderati e le zanne in mostra nel suo sorriso già troppo malizioso per la sua età.
- Dimmelo! Avanti! –
Gli afferrò i capelli con violenza, dando qualche strattone a mò di monito.
- Devi dirmi cosa sono! – comandò tirandogli ancora più forte i capelli.
– No! – strillò il piccolo Sion con tutta la voce che aveva in corpo.
Aveva le lacrime agli occhi, e il faccino ridotto ad una maschera di rabbia e di orgoglio ferito.
 
Allora, Doko lo prese per il mento, e lesto premette il pollice sopra uno dei due segni che Sion aveva al posto delle sopracciglia.
Lo vide chiudere gli occhi di riflesso, e vacillare.
- Lo vedi? – ghignò, esaltato. – Lo vedi che sei strano? Non sono sopracciglia, queste. –
- Sì che lo sono! –
- No, invece. Secondo me sono dei simboli magici che ti ha fatto qualcuno. Dei sigilli. Perché non me lo dici, Sion, da brav- –
 
Ma, con suo sommo stupore, Sion non c’era più.
Anzi, meglio dire che c’era ancora, ma una manciata di metri più in là, nascosto dietro un grosso albero tutto contorto. Cercava di spiarlo senza farsi vedere, ma i suoi capelli erano un po’ troppo vistosi per non essere notati.
 
Doko fece due occhi grandi come pigne, e per un momento non seppe nemmeno lui cosa dire.
- Cos- –
Il fatto che Sion avesse assunto un’aria molto allarmata, però, quasi lo deliziò.
Lentamente tese le mani in avanti. Lo inquadrò fra i palmi aperti. Lo puntò.
- Che cos’hai fatto, appena ora? –
- Niente. Proprio niente. –
- Proprio niente? –
 
Non era altro che un gioco. Il gioco sleale e sbilanciato di un cucciolo di tigre che artiglia un povero agnellino per maltrattarlo un po’. Magari, pretendendo di non mettergli nemmeno paura.  
 
In un attimo l’ebbe raggiunto, e stava già per ricominciare a tirargli i capelli, quando si accorse che Sion singhiozzava. La paura, la rabbia e l’umiliazione erano ancora lì, disegnati sul suo volto di bambino, eppure con quella stessa espressione ribelle ed impotente riusciva a piangere-
E da quegli occhi enormi potevano colare solo lacrime grosse come ciliegie.
 
Doko si morsicò forte il labbro inferiore. All’improvviso pensò che le strane sopracciglia di Sion non gli importavano più così tanto. Non gli importava sapere se fossero sul serio sopracciglia o no, o se fossero dei simboli magici che soltanto lui poteva portare, perché era un po’ più eletto fra tutti gli eletti.
Non gli importava, no. avrebbe barattato volentieri tutto quel mistero con le sue lacrime.
 
- Scusa. – mormorò dolcemente. – Non avrei dovuto essere così cattivo. –
Doko possedeva un dono raro. Così piccolo, sapeva già chiedere scusa con il cuore. Sion tirò su col naso, colpito dall’intensità della sua franchezza.
- Vuoi ancora essere mio amico? –
Sion , che era piccino piccino, si strinse goffo a lui. Aveva un visino paffuto e sveglio, e le guance gonfie come due piccole melagrane.
- Però. – comandò, serio. – Tu devi promettermi che sarò il tuo amico più prezioso, e che giocherai solo con me. –
-D’accordo. – promise, facendogli qualche carezza ai capelli maltrattati.
- Mh. Allora ti perdono. Da oggi in poi, mi vorrai sempre bene, non mi farai più i dispetti e ti allenerai con me. –
- E tu? Mi vorrai bene anche tu? –
- Io sì. – Sion fece di sì con la testa, serio come solo un bambino può essere, quando parla di cose importanti. Quando si è piccoli, dire “per sempre” è come fare un patto con l’universo, perché si hanno ancora così tanti anni da vivere che quel “per sempre” è quasi letterale.
- Allora, diventeremo Cavalieri insieme. –
- Ma se hai detto che… -
- Non lo penso davvero secondo me, sei forte abbastanza da mandare in polvere tutte le stelle del cielo. Però, devi crescere, Sion, perché sei un po’ troppo piccolo. –
- Sì. – promise Sion, con slancio. – Sì, te lo prometto, crescerò. E, Dokoyo? Ti faccio anche un’altra promessa. –
- Ah sì? –
- Sì. Ti prometto che un giorno ti dirò che cosa sono questi. – disse, indicandosi la fronte. – Adesso non posso, perché è un segreto. Quando saremo grandi, lo dirò solo a te. –
- Va bene. Allora, io mi preparo a mantenere il segreto. Comincio già adesso a scavare un buchetto dove nasconderlo, così quando me lo dirai, fra qualche anno, il buco sarà così profondo che nessuno potrà mai vedere che cosa ci avrò nascosto dentro. –
 
Attorno a noi c’era il verde accecante del bambù, con le sue foglioline appuntite che io sapevo far suonare e tu no. Quelle ingiallite e cadute a terra crepitavano come tanti piccoli fuocherelli sotto i tuoi piedini che correvano via svelti da me.
La tua schiena era piccola e stretta, e nascosta da tutti quei capelli, che se per caso una foglia ancora fresca di bambù vi si impigliava ti regalava una luce ancora nuova. Eri piccolissimo, tutto occhi, ed emanavi la potenza di un dio. Io, segretamente, pensavo che nemmeno l’Olimpo di cui tanto mi parlava il mio maestro sarebbe stato una degna dimora per te.
Che tempi felici.
Che tempi lontani.
Poi, accadde che tu diventasti l’Olimpo stesso. Altissimo, sacro, bello da farmi tremare il respiro. E dorato.
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Saint Seiya / Vai alla pagina dell'autore: Stateira