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Autore: May90    06/03/2011    3 recensioni
Abitare a Ward-Golfe é molto difficile: tra pirati e marinai é il peggiore tra i porti di mare sulla rotta più ambita.
Lavorare a Ward-Golfe é un incubo: la Fratellanza dei Mercanti gioca con i rialzi doganali, con la fornitura di merci, alla fine con la vita stessa dei poveri abitanti.
Tirare avanti a Ward-Golfe é impossibile se non fai parte della massa informe: essere nota come "Strega", avere un carattere un tantinino forte e una famiglia controversa sono quelle che potremmo chiamare aggravanti...
(Prima storia della serie "Come..." )
(Tre assurdi personaggi originali e comprimari vari ^_^)
Genere: Avventura, Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Portuguese D. Ace
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '"Come..."'
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Capitolo 1

 

L’inquietante cigolio del finto portoncino da saloon si udì in tutta la sua vibrante lunghezza nel lieve chiacchiericcio del locale. Come sempre accadeva, tutti gli astanti, altrettanto abitualmente un numero esiguo di clienti, si distrassero dalle loro attività. Le carte si appoggiarono, esclusivamente coperte, sui tavoli un po’ unti dai resti di vivande. Gli sguardi si incrociarono per millesimi di secondo, dubbiosi, per poi puntarsi incuriositi sull’uscio, in attesa che quel suono desse seguito ad un’apparizione nell’ambiente fumoso.

Il ticchettio dei tacchi sulla scala che portava a quella tavernetta adibita a pub se possibile alzò ancora di più il margine di attenzione. Solo i più affezionati frequentatori riuscirono subito a capire cosa li aspettava. Un’unica donna frequentava di solito quel luogo e non era mai una buona cosa.

Quando, con gli stivaletti inzaccherati dalla terra bagnata e in una mano l’ombrello grondante di pioggia, scese l’ultimo gradino e giunse nel lieve bagliore arancione delle lanterne, emise un sospiro soave, raffinato e enfatico. Lasciò andare l’orlo fradicio e macchiato del fine abito panna e si ravvivò i capelli rossi, lunghi fino alla vita, purtroppo resi crespi dall’umidità.

- Oh, che tempo! – esclamò, con un falsetto delizioso, rivolgendo sorrisi di cortesia a tutti i presenti, per poi posare l’ombrello fradicio nel gruppo all’ingresso – Buonasera! -

- Buonasera, Principessa! –

La voce divertita del padrone del locale rimbombò dal retrobottega in tutta la sala, strappando sorrisetti a molti.

Un lampo inquietante passò sul volto pallido della giovane. Eppure la sua espressione tornò forzatamente affabile in un istante. Con passo leggero, liberandosi dalla stola chiara, si sedette al bancone, accavallando le gambe con eleganza sull’alto sgabello.

- Ah, Johnny! Vorresti per caso prendere la mia ordinazione, carissimo…? – chiese. Una patina quasi tangibile di lucente educazione rese ancora più vibrante quell’ultimo appellativo.

Il locandiere uscì dallo stanzino con quattro larghi boccali di vetro appena lavati e asciugati, che appoggiò con cura su un ampio ripiano posto subito sotto i due scaffali ricoperti di bottiglie di alcolici. Si asciugò con calma le mani sul grembiule scuro, molto stretto sulla sua vita sottile di ragazzo poco più che venticinquenne.

- Mi dica pure… - la esortò, lisciandosi i baffetti da moschettiere che più di tutto rappresentavano il suo vezzo.

- Va benissimo il solito, molte grazie! – rispose lei, ignorando l’ironia neanche troppo velata delle sue parole.

Per tutta risposta, quello alzò gli occhi al cielo e le sorrise con malizia.

- Di grazia…? – domandò lei, con un lampo infastidito negli occhi neri come la pece.

- Mi chiedo perché non la smetti con questa storia. – commentò quello, scuotendo la testa.

- Se non mi servi me ne vado. – rispose pronta, a voce bassa e minacciosa.

Johnny scrutò da vicino la curva pericolosa che avevano assunto le sopraciglia di fuoco della cliente e sospirò, senza però smettere di stuzzicarla.

- Come vuoi, Principessa. -

Per un istante solo, breve come un battito di ciglia, le mani curate della ragazza si strinsero minacciose per poi tornare aperte per lisciare con noncuranza l’ampia gonna dell’abito panna.

- Fingerò ancora una volta di non aver sentito… - sentenziò, rivolgendo un sorriso pieno di civetteria ai due marinai seduti a pochi sgabelli di distanza.

- Proprio non ti capisco. Dovresti ormai averci fatto l’abitudine. – riprese il giovane locandiere, che si era già voltato a trafficare con dei bicchieri.

- Ciò non toglie che non mantieni mai il favore che ti ho chiesto, caro. Per questo mi… altero lievemente… e potresti concedermi che non ho neanche torto. – protestò con tono leggiadro, ponendo un breve gesto della mano ad ogni intervallo delle sue parole, quasi fossero una melodia.

- Ti rendi conto, spero, che è una… - cominciò, voltandosi per un istante a rintracciare l’espressione di avvertimento della ragazza - …sciocchezza… - si corresse preventivamente.

- No, è un piacere. – minimizzò, estraendo dalla borsa uno specchietto, con il quale si controllò lo stato dei capelli mossi.

Poi però si voltò quanto bastava di lato per poter vedere riflessi nel piccolo oggetto anche i due ufficiali seduti al bancone, giusto a qualche sedile di distanza. Confabulavano a bassa voce, ogni tanto si rivolgevano sorrisetti e gomitate. Si, due perfetti soggetti da osteria, molto interessati a qualunque donna respirasse. Nessuno dei due piacente, per nulla, ma non si poteva pretendere molto in quel buco di isola. La ragazza sorrise al suo stesso riflesso. Aveva imparato molte cose importanti per una donna, cose che potevano aiutarla nella sua piccola impresa di eleganza e formalità. Una però risultava sempre più importante delle altre, ai suoi occhi: farsi desiderare, sempre, il più possibile, ad ogni costo, perché la civetteria era la cosa più femminile che esistesse.

Ed era certa che la via per essere una ragazza fine, gradevole e desiderabile passasse proprio per quella sottile arte che doveva migliorare ad ogni costo.

Ecco anche perché aveva ordinato “il solito”…

- A voi, Mademoiselle… - la richiamò Johnny, appoggiandole davanti un alto calice pieno di liquido ambrato, nel quale navigava, placida, un’oliva.

Con la coda dell’occhio, la ragazza si godette gli sguardi stupiti e ammirati dei due uomini, che quasi non credevano a quello che vedevano. Dall’altro capo della stanza udì, quasi nello stesso tempo, un paio di affezionati del locale tossicchiare per celare le risatine, ma cercò di non farci caso, preferendo sollevare la sua ordinazione tra le due dita per poi concedere un gesto simile ad un brindisi ai militari.

Non fece in tempo a portarsi alle labbra il bordo del bicchiere prima di udire l’evidente risata del locandiere.

- Johnny… - lo ammonì lentamente, appoggiando con cautela il lungo calice. Solo la prospettiva di ciò che stava per dire le faceva sentire particolarmente stretto il sottile collarino di seta bianca che si era legata al collo…

- Non fatevi ingannare, vi prego! – esclamò quello rispondendo alle sue peggiori aspettative – E’ semplice birra! –

Un boato generale di risate si sollevò in un’eco clamorosa nell’intero locale. I due marinai, dopo un istante di stupore, si unirono al divertimento generale.

- Bene, ora ce l’hai fatta… -

Nel fragore quella breve frase, più simile ad un sibilo che ad un tono umano, non si sarebbe dovuta percepire. Invece, fu come uno scoppio che ridusse tutti al silenzio.

- Sei un bastardo. -

A chiunque fosse capitato in quel luogo per la prima volta, quella voce sarebbe sembrata sconosciuta almeno quanto oscura e diabolica. Nessuno con un tono tanto cupo e violento aveva ancora pronunciato anche una sola parola quella sera. Molti, i due militari compresi, cominciarono a guardarsi intorno alla ricerca della persona che aveva indirizzato quell’insulto come una sentenza di morte, senza riuscire a trovarla. Alcuni, i più saggi, cominciarono a spostare cautamente le sedie e ad avvicinarsi all’ingresso, pronti ad andarsene. L’unico davvero tranquillo era il barista, che sorrise affabile e disse semplicemente:

- E tu sei davvero falsa quando fai la signorina beneducata, Principessa! –

Fu a quella frase che i passi verso l’uscita si fecero più concitati. Johnny salutò con la mano gli avventori diretti alla via di casa e questi risposero con un altrettanto garbato cenno di saluto, ormai abituati a quel bizzarro gioco al massacro. Perché scatenare quella ragazza era qualcosa di molto simile ad un probabile massacro. Sentirla abbandonare il suo ridicolo falsetto per quella voce certo ancora femminile ma incrinata dalla rabbia, era un segnale d’allarme anche per i più inebriati dall’alcol.

Il silenzio era ancora palpabile quando finalmente nessuno poté negare che la persona che stava per scatenare l’inferno era seduta in mezzo a loro. La minaccia era scritta nell’espressione della giovane, dagli occhi neri come abissi stretti dalla rabbia, alle labbra rosse tirate per scoprire denti bianchi, digrignati come sciabole. La curva delle sopraciglia aveva raggiunto vertici inimmaginabili, corrugando la fronte quanto mai sarebbe dovuto avvenire per una calma giovane di buona famiglia. Nessuno si sarebbe stupito se da un istante all’altro i lunghi capelli color fiamma fossero diventati davvero di fuoco.

- DEVI PIANTARLA DI CHIAMARMI “PRINCIPESSA”! – gridò, afferrando per il bavero il disgraziato locandiere, che in realtà continuava a sghignazzare.

- Non ti sembra di stare molto meglio ora che sei te stessa, Principessa? –

- SMETTILA DI RIDERE, DANNATO STRONZO! VAI AL DIAVOLO, VAI AL DIAVOLO! – continuava a urlare, scuotendolo come uno shaker.

La coppia di militari rimase immobile, pietrificata dal cambiamento repentino che era avvenuto in quella giovane prima leggiadra e fine, ora rude e violenta. Non sapevano neanche come reagire, fino a che lei puntò lo sguardo assetato di sangue verso di loro.

Lasciò il colletto del locandiere e sferrò un pugno al bancone prima di risollevare il palmo chiuso verso di loro, come per un gesto di sfida:

- Non avete mai visto una donna arrabbiata!? Allora!? Credete di essere i soli ad avere il diritto di urlare e sbraitare come ossessi!? Maschilisti figli di… -

- No, fai la brava! – esclamò Johnny, nascondendo il vero insulto dietro quell’ammonimento.

- Ma crepa un po’ anche tu! – gli rispose lei, con un cenno di stizza che avrebbe voluto essere una sberla, se avesse avuto interesse a rivolgergli di nuovo lo sguardo, puntato invece sui due malcapitati – Voi eravate gasati! Esaltati all’idea di essere maschioni attraenti, pronti a sedurmi! Ho solo fatto il vostro gioco! Dovrei essere io a ridere di due come voi! –

Si scambiarono uno sguardo di intesa per poi scuotere la testa vigorosamente.

Inutile dire che ciò non cambiò di molto l’umore tempestoso della cliente. Continuò a sfoggiare, minacciosa, il pugno chiuso, sempre più vicino ai suoi avversari improvvisati:

- Ora non vi divertite più, eh!? Solo perché avete quella divisa vi credete tanto superiori! Se le prendeste da me, immagino che figura fareste con i vostri superiori! Avanti, sfidatemi, se ne avete il coraggio! –

- Su, adesso stai esagerando! – la mise in guardia il locandiere, cercando di afferrarle quella mano ancora sospesa e prontamente si rivolse agli altri – Scusatemi, ma credo sarebbe meglio… -

- Vecchio prete, lasciami andare! Questi due montati li abbatto in un secondo! –

- Signorina, vi prego… - tentò il più giovane dei due uomini di mare, tentando di muovere un paio di passi verso di lei.

- Ti sembro una “signorina”!? Dove la vedi la “signorina”, ora!? – esclamò lei, pronta a balzargli addosso.

Johnny fu abbastanza veloce da afferrarle il braccio per fermarla.

- Vi prego, signori, credo sia il caso che ve ne andiate, seriamente… - interloquì ancora il padrone, indicando la scala per l’uscita con il capo.

- Non se ne parla! Questi due balordi pieni di sé diventeranno pasticci per la cena! – strillava la ragazza, ancora determinata a sfogarsi.

I due si strinsero nelle spalle, lasciarono i soldi sul tavolo e si allontanarono verso l’uscita. Gli occhi scuri della ragazza li seguirono per tutto il tragitto, finché afferrarono l’ombrello e presero le scale. Allora tornò a sedersi di malagrazia sullo sgabello e buttò giù in un solo veloce sorso il suo bicchierino:

- E adesso dimmi cosa ti aspettavi di ottenere difendendo quei due montati in divisa. Sei proprio un sempliciotto, Johnny! –

L’altro sorrise, posando nel lavello i due boccali appena svuotati dagli sfortunati avventori: - Io veramente pensavo di difendere te da un’accusa di aggressione a pubblico ufficiale… -

La ragazza lo fermò a metà di quella frase con un cenno brusco della mano e nello stesso movimento gli indicò la via per l’ingresso. Si sentivano, attutite dallo scrosciare della pioggia e dalla distanza, quelle che sembravano grida.

- Attento a dove vai! -

- Chiedo scusa… - rispose, a malapena udibile, una voce quieta.

- Anche questa ora! –

- Siamo ufficiali, dannazione! Attento a mancarci di rispetto! –

Ma non ottennero alcuna risposta e l’episodio sembrò chiudersi lì.

Nella tavernetta entrambi erano rimasti con il fiato sospeso ad ascoltare quello scambio di battute: un incontro sbagliato davanti ad un locale poteva essere l’inizio di una sequela di guai, per il malcapitato ma anche per gestore e clienti. Quando però tornò il silenzio, turbato solo da un cigolio delle ante da saloon  e da passi in discesa lungo il passaggio, Johnny fu il primo a sciogliersi da addosso la tensione: - Visto quanto poco ci vuole…? –

- E credi che quei due idioti avrebbero avuto il coraggio di accusare una come me di lesa maestà!? Per favore! -

Mentre ancora parlava si stava tuttavia accomodando in modo più composto e sistemando i capelli, pronta all’arrivo del nuovo avventore.

- Principessa… - la ammonì il locandiere, guardandola riprendere la sua sembianza elegante.

- Se mi fai di nuovo fare una figura simile, è la volta che ti uccido con le mie mani. – sentenziò per risposta, sottovoce, ma con un’occhiata crudele abbastanza eloquente.

I passi terminarono sul parquet modanato del locale, dopo il fuggi-fuggi generale di poco prima, quasi vuoto.

- Buonasera. – salutò una voce molto giovane.

Attirata da quella novità, la giovane si voltò quasi contemporaneamente al padrone del locale, curiosa di scoprire l’identità del nuovo venuto.

Una figura alta, all’apparenza slanciata, si stagliava scura nel bagliore arancione delle lampade all’ingresso. Non faceva cenno di volersi togliere il pesantissimo mantello nero, che indossava coprendo anche la testa con il cappuccio, nonostante fosse evidentemente grondante d’acqua. Anzi, avanzò qualche passo nella tenue luce della sala, guardandosi intorno. 

- Buonasera! – esclamò conciliante Johnny – Cosa posso servirti? –

Evidentemente voltò il capo verso il locandiere e dopo un istante di esitazione si avvicinò al bancone:

- Un boccale di bionda. Grazie. -

Si sedette su uno sgabello poco lontano da quello della giovane e appoggiò comodamente i gomiti sul piano di legno. Tuttavia dopo pochi secondi nei quali era rimasto fermo in quella posizione, il mantello prese a gocciolare con molta più intensità, creando una pozza d’acqua intorno a lui.

- Che disastro… - osservò quella persona misteriosa, abbassando il capo a scrutare il lago che si formava ai suoi piedi.

- Non ti preoccupare, non c’è problema. – lo rassicurò Johnny avvicinando il contenitore di vetro al rubinetto della botte più vicina – Asciugherò più tardi. –

- Chiedo scusa per il disturbo. – rispose, con voce sinceramente dispiaciuta.

- Temo di dover essere io a chiederti scusa. Quei due marinai che hai incontrato mentre risalivano da qui sarebbero stati probabilmente molto meno scortesi se non… li avessimo aizzati un po’. – osservò, per poi rivolgere un cenno del capo alla ragazza – Giusto? –

- Non dire assurdità. La maleducazione è insita in gente come quella. – rispose lei, riprendendo a modellare la sua voce su quel fine falsetto.

Per tutto quel tempo, comunque, non aveva ancora tolto gli occhi da addosso a quello strano cliente. Decisamente saggia l’idea di usare un mantello come quello, evidentemente impermeabile, per coprirsi dalla pioggia. Ma che senso aveva arrivare a non toglierselo neanche al chiuso?

- Scusate, qualche problema? -

La figura si era accorta solo ora che aveva parlato della sua presenza e aveva diretto il viso verso di lei. La luce sfiorava solo il mento non molto pronunciato e la bocca sottile, lasciando ogni altro tratto nell’ombra del cappuccio grondante.

Ecco, adesso erano passate a tre le cose che infastidivano la ragazza: dopo quel mantello che non le permetteva di valutare la persona che vi era nascosta sotto; dopo il fatto che quel tipo, chiunque fosse, aveva dato prova di essersi accorto della sua esistenza solo sentendola rispondere al locandiere; si aggiungeva a quel punto anche l’uso del “voi”. Una cosa era sentirselo dare con cortesia da un ammiratore o da un negoziante o da un bambino piccolo, ma a giudicare dalla voce e dal poco che riusciva ad intuire dei tratti del volto, quello poteva essere un suo coetaneo. Nonostante ogni sua pretesa di ammirazione e devozione, sentirsi trattare con quella riverenza, come una vecchia, da un ragazzo della sua stessa età le suonava come un insulto.

Sarebbe bastato questo a mandarla su di giri in qualunque altro momento, ma questa volta aveva intenzione di non perdere la faccia come poco prima.

- No, assolutamente. – rispose, dandosi un contegno fin troppo sostenuto.

Quello le rivolse un lieve cenno del capo, rassicurato, per poi voltarsi.

Tornò come a fissare qualcosa di fronte a sé, ma quasi subito, con un tonfo sonoro… crollò sul bancone.

- Johnny! – esclamò lei, saltando giù dalla sedia e accostandosi all’avventore mascherato.

L’interessato si voltò di colpo e rischiò quasi di rovesciare il boccale ormai colmo: - Principessa, il tuo brutto vizio di picchiare la gente per inezie! –

- Ma se non l’ho neanche toccato! E’ andato giù da solo come un sacco di patate! – protestò lei, gesticolando irritata.

Johnny pulì con uno strofinaccio la schiuma che scendeva dal bordo del grosso bicchiere, poi lanciò un’occhiata sbieca all’avventore svenuto. La ragazza notò che quello sguardo si concentrò per un istante sul braccio, dove il mantello si era scostato abbastanza da mostrare il tatuaggio di una “E” maiuscola.

- Ah! – commentò allora il locandiere con un sorriso – Allora so chi é! -

- Mi fa piacere… - rispose ironica lei, con una smorfia.

- E comunque non sta male, devi solo lasciarlo tranquillo. –

- Come sarebbe a dire!? – sbuffò l’altra, guardando con sempre più malumore il saccente disinteresse del padrone.

- Tranquilla e fidati. – minimizzò, appoggiando il boccale di fronte al tipo misterioso.

La ragazza sbuffò sonoramente e, conscia che insistere non sarebbe stato né educato né produttivo, per qualche momento cercò di distrarre la sua attenzione. Dopo essersi riavviata i capelli color fiamma dietro le spalle, chiese vagamente se servissero delle provviste al locale, perché le avrebbe fornite volentieri e senza alcun disturbo. Questa fu l’occasione per battibeccare ancora qualche minuto con Johnny, il quale fu ben lieto di ricordarle quante volte gli avesse fatto penare la semplice fornitura di spezie comuni. La cosa fu subito allontanata dalle responsabilità dell’interessata, che rinviò le colpe alla feroce burocrazia delle compagnie mercantili. Al che il padrone scosse la testa e andò a chiedere le ordinazioni di due nuovi clienti, che non si erano lasciati spaventare dalla sala quasi deserta.

- Devo ricordare a quel rimbambito in emporio le dannate spezie… - commentò tra sé, pensando se fosse necessario segnarselo. Eppure vantava una memoria abbastanza buona, per quanto ne dicesse quell’ingrato, e non si sentì di offendere la sua stessa ricordanza con una stupida annotazione.

Adesso però non aveva più nulla con cui tenere la mente impegnata.

I suoi occhi tornarono subito, indagatori, su quell’individuo, a giudicare dalla respirazione regolare e rilassata, ora poteva affermarlo, solo addormentato sul duro ripiano di legno. Quella lettera tatuata in grande dimensione su quel braccio massiccio e forte doveva comporre una frase o una parola. Nient’altro si poteva vedere di quel ragazzo - perché era innegabile si trattasse di un giovane, non riusciva a trovare discriminanti: il fisico e il timbro della voce non mentivano quasi mai. Possibile che da quei pochi dettagli un facilone come Johnny avesse compreso l’identità segreta tanto ben nascosta? C’era di certo qualcosa che le sfuggiva.

- Sei ancora qui a fare il terzo grado al “bello addormentato”? – chiese quest’ultimo, tornando a riempire due boccali, appena inseriti tra le ordinazioni.

 - Odio quella tua aria da saccente. – sbuffò lei, aggrottando in quel modo tanto pericoloso le sopraciglia – Mi viene una voglia di pestarti a sangue... –

- Insomma, è evidente! – rispose quello, preferendo aiutarla a capire, piuttosto che doversi difendere da un suo repentino attacco – Soffre di narcolessia. Non ti dice nulla, ora? –

- Dovrebbe…? -

Johnny la guardò incredulo per qualche momento per poi scuotere la testa e accennare ad allontanarsi con i due boccali in mano:

- Se è così, non so cosa farci. -

- Fai prima a dirmi come si chiama, no!? – esclamò, indispettita da quell’atteggiamento indisponente.

- Quando una persona agisce per non far capire la propria identità, chi sono io per sbandierarla ai quattro venti? –

- A me! Dovresti dirla a me! E basta! – rispose lei, indicandosi insistentemente con i due indici.

- Chiedi a Clayton. – sentenziò l’altro, questa volta allontanandosi per davvero.

- Cosa c’entra quello adesso!? – chiese lei, offesa.

- Sono stato in quel negozio, poco fa. –

La rossa si immobilizzò appena udì di nuovo la voce dello sconosciuto con il mantello. Si era appena sollevato dalla precedente posizione di riposo e stava afferrando con la grande mano il manico del boccale.

Ma dato che si era messo a sorseggiare la bevanda senza aggiungere nulla a quella semplice affermazione, cominciò a temere.

- A fare cosa…? – chiese, suo malgrado con quel falsetto leggermente tremante.

Lo sconosciuto si voltò nella sua direzione e questa volta il cappuccio lasciò intravedere anche la punta del naso, ma poco altro. Sembrò inclinare la testa, in un gesto di vago sconcerto.

- A comprare. Cos’altro? – chiese a sua volta, incredulo.

Resasi conto di aver rivelato un po’ troppo con quella sola esitazione, si ricompose: - Già, certo. E’ chiaro. –

- Eppure mi sembravate preoccupata. –

Lei arricciò le labbra, infastidita: - Quel negozio è frequentato da gente di ogni genere. Spesso più interessata a rubare che a comprare. Quindi, ogni dubbio è di rigore. -

-  Vi assicuro di non rientrare in quella categoria. – rispose, con un sorriso gentile visibile nella penombra dell’ampio cappuccio.

Con dispetto, ma cercando di mantenere la sua immagine vagamente snob, contestò, scettica: - Dovresti allora concedere agli altri di giudicare. Invece di nasconderti sotto quella palandrana.-

Quando si sentiva piccata, non sapeva fare a meno di essere così diretta e offensiva. Incrociò le braccia al petto e distolse lo sguardo, aspettandosi che anche l’altro si sentisse oltraggiato e rispondesse a tono.

- Non ci posso fare nulla, temo. - riprese, al contrario placido e tranquillo – Mi è stato chiesto di evitare di dare spettacolo, nonostante dovessi fare questo giro in città, quindi ho accettato questo mantello. – e sospirò sonoramente – Anche se tiene un caldo insopportabile. -

Sorpresa dalla novità, ovvero dall’atteggiamento conciliante del tipo, tornò a guardarlo, per quel poco che riusciva a distinguere. Non avrebbe saputo dire se quel modo di fare, per nulla indisposto alle critiche, le piacesse o meno, se lo considerasse saggio o indulgente alla sottomissione. Era strano che qualcuno non si arrabbiasse per le arie da superiore che assumeva e intensificava con commenti aspri. Per un istante, in una parte crudele mai completamente celata della sua personalità, si chiese come si potesse fare a ferire una persona così stranamente garbata. Tutti avevano un punto debole che scatenava quell’istintivo bisogno di vendetta. Stuzzicare una persona tanto paziente poteva essere un passatempo un po’ infruttuoso ma piuttosto gratificante se portava all’indignazione del soggetto.

Essere una donna beneducata necessitava però di una certa eleganza, che non si conciliava per nulla con una serie di ripicche senza ragione, benché molto gradite al diavoletto sulla sua spalla sinistra.

Allora, imponendosi un comportamento decoroso, si limitò a chiedere, spiando attentamente se si potesse intuire qualcosa di nuovo su quell’ombra oscura approfittando di un suo movimento:

- Quindi non avresti problemi a mostrarti. -

- No, per quel che mi riguarda, per nulla. Solo che non posso farlo. – rispose, sicuro.

- Umh… - commentò lei, delusa.

- Ti sta disturbando? –  chiese Johnny, che era appena tornato dietro il bancone.

- No, affatto! – esclamò subito la ragazza, aggiustandosi con cura un ciuffo rosso dietro l’orecchio.

- Non avevo dubbi. – osservò il ragazzo, ironico – Infatti stavo chiedendo a lui! –

La figura nascosta fece un cenno di improvviso diniego con la mano e tentò di parlare. Tuttavia non fece in tempo a farsi le sue ragioni…

- Johnny, - il tono era tanto forzatamente pacato da suonare stridente – cosa stai dicendo…? -

- Dico che non l’hai ancora lasciato in pace a bersi un po’ della sua birra. Cosa molto maleducata, se mi permetti. –

Forse, ma solo forse, avrebbe acconsentito a questa osservazione, se il locandiere non l’avesse esplicitata insieme ad un sguardo divertito e un sorriso che era tutto una presa in giro.

- Stavamo svolgendo una normale discussione… Se permetti, sei tu ad essere… - tentò ancora lei, anche se le friggevano le mani.

- Oh, mi sembrava piuttosto che lo stessi tormentando con domande alle quali non vuole rispondere. Quanta maleducata insistenza! - le fece il verso lui, portandosi due mani alla bocca in un accentuato cenno di femminile sconcerto.

- Ma brutto…! – scattò in piedi lei, con fine indignazione ma gli occhi già iniettati di sangue – Non ti permettere di fare una così orribile imitazione! –

- Non ci siamo, Principessa! Non ci siamo proprio! – rise quello, di gusto – Ancora con questa finezza e graziosità! –

- Io ti spacco le gambe e vediamo alla fine dove ti metto la “graziosità”! – sbottò allora, in un urlo rabbioso che fece sobbalzare i poveracci delle ultime due birre.

- Ecco! Così va meglio! – osservò raggiante il ragazzo, schivando poi agilmente un cartone che avrebbe rischiato di frantumargli il naso.

- Vediamo se andrà meglio quando ti metterò le mani addosso! – scattò quella, pronta a cominciare una rissa.

- Quindi sareste una nobile. –

Il silenzio piombò nell’intera sala come una pietra per qualche secondo, momenti nei quali anche gli stessi combattenti improvvisati si guardarono con uno strano sgomento. La ragazza calò seduta sullo sgabello sul quale si era appollaiata per cercare di raggiungere il suo istigatore dietro il bancone.

- Prego? – chiese, rivolta, con uno sguardo allucinato, sulla misteriosa figura che aveva appena tratto tale conclusione, ai suoi occhi del tutto insensata.

Johnny fu invece più svelto a capire cosa intendeva quel tipo. Interpretò un vasto sorriso che gli scoprì tutta la dentatura avorio, portando poi una mano a lisciare i baffetti biondi:

- Oh, ma “Principessa” è il suo nome proprio! – rispose, senza celare la soddisfazione che gli procurava.





§ § § § § § § § § § § § § 

Buonasera! Sono alla fine giunta a buttarmi nella mischia di questa sezione! XD 

Dopo molto sclero, molto delirio su questa storia (ops,  serie, perché sappiate fin da ora che punta a diventarlo) sono riuscita a scrivere abbastanza da osare la pubblicazione. Credo che questo "first step" sarà sui cinque capitoli,  ma spero vogliate poi leggerne anche il seguito...  ^_^ Devo solo preannunciare che, ahimé, sono arrivata per ora solo al terzo capitolo, ma sta cominciando l'ingrato tempo degli esami, che mi rallenterà parecchio. Quindi vi diluirò parecchio gli aggiornamenti per non lasciar passare poi tempi eterni. 

Tre saranno i personaggi originali ad avere un ruolo importantissimo nella saga e una l'avete appena conosciuta. Non esattamente una "principessa Disney", non esattamente una buona compagnia, non esattamente la coerenza in persona. Tuttavia, spero con il tempo la adorerete quanto io non la cambierei con nessuna al mondo! Poi, iInsomma, non suggerirò chi c'é sotto il mantello, ma suvvia! ^_^

Sui comprimari non mi sbilancio, anche perché non tutti saranno specialissimi come il nostro Johnny, temo... Ma farò del mio meglio...

Grazie in anticipo a tutti coloro che leggeranno questa mia follia e avranno la gentilezza di lasciare un commento! ^_^

 

  
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