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Autore: Arashinoharuka    07/03/2011    5 recensioni
"Poteva assomigliare al respiro di una persona. Rauco e lento. Il suo sguardo saltò alla finestra. La luce della luna faceva risaltare una figura scura. Jude si rese conto con orrore che la figura era viva e che era da lì che proveniva il rumore del respiro. Aprì la bocca per gridare, ma non ne uscì nessun suono, quindi ordinò alle sue gambe di mettersi a correre."
Genere: Dark, Horror, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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~Fatality is like ghosts in the snow and you have no idea what you’re up against.
 
 
 
 
La strada era buia, forse un po’ troppo per i suoi gusti. I lampioni illuminavano tutto con una debole luce giallastra, che rendeva tutto simile ad un film dell’orrore. Gli ricordava tantissimo la strada dove era ambientato A Nightmare in Elm Street, e sembrava che da un momento all’altro potesse sbucare fuori da un angolo male illuminato una mostruosa creatura poco simile ad un essere umano. Jude effettivamente aveva i brividi. Forse era anche il freddo penetrante a fargli drizzare i capelli sulla nuca, ma era un dato di fatto che la casa in fondo a Dearboard Street aveva tutto quello che serviva per essere una casa infestata dai fantasmi e da altre creature poco simpatiche.
Jude si strinse nel giubbotto. Ormai era quasi arrivato, e tanto valeva entrare. Era persino riuscito a farsi dare dal vecchio proprietario della villa le chiavi, che gli tintinnavano nella tasca malgrado le stringesse con la mano. Ma non aveva molta intenzione di entrare dalla porta. Sapeva che sul fianco c’era una finestra con un vetro rotto (un altro classico delle case dell’orrore), il perfetto pertugio per lasciar entrare un diciassettenne di esile corporatura. Si ritrovò davanti al cancello di ferro ormai arrugginito e guardò con diffidenza le punte rovinate che lo sovrastavano. Un altro brivido gli percorse la schiena. Non ci badò e cominciò a scavalcare, facendo attenzione a non lasciar cadere la torcia dalla tasca, perché persino nell’erba rada del giardino della villa poteva rischiare di perderla, con il buio che c’era.
Si lasciò cadere pesantemente sul prato ingiallito e si affrettò ad accendere la torcia, che puntò dritto verso la casa diroccata. Era davvero una casa dell’orrore, con i vetri impolverati che non lasciavano intravedere nulla all’interno, la vernice marrone scrostata della porta, le crepe sulla facciata.
Mentre Jude si avventurava sui gradini cigolanti prima della porta, si ricordò della finestra sul fianco. Era certo più sicuro entrare da lì, e poi mentire al signor Cheller dicendo che era entrato dalla porta – e in pieno giorno. Il signor Cheller aveva sempre un ghigno sul viso che gli metteva i brividi e Jude preferiva non scoprire mai cosa succedeva quando lo si faceva arrabbiare. Si scostò una ciocca di capelli dal viso e si fece strada tra le erbacce scricchiolanti. Tra l’altro, Cheller era vedovo, e in caso di feroce arrabbiatura Jude non poteva contare sulla bontà della moglie. La signora Cheller, morta quando ancora poteva essere chiamata “signorina”, era morta proprio in quella casa insieme alla bambina di pochi mesi. Dopo la tragedia, il signor Cheller era andato a vivere dall’altra parte della città e aveva lasciato la vecchia villa abbandonata a sé stessa. Era già vecchia quando era stata abbandonata, doveva essere stata costruita nell’ottocento. Jude si arrampicò sul davanzale e scivolò dentro, tenendo la torcia fra i denti e facendo bene attenzione a non tagliarsi con i frammenti di vetri. In fondo il buco era molto più grande di quello che sembrava, poteva passarci benissimo un adulto di media statura. Atterrò sul pavimento di legno con un tonfo e sollevando una piccola nuvola di polvere, che gli pizzicò il naso. Puntò la torcia in giro, per farsi un idea di dove si trovasse. Sembrava una vecchia camera da letto, forse quella per gli ospiti, che nelle vecchie case doveva trovarsi al piano di sotto. Jude camminò verso la porta aperta, ed entrò nel corridoio. Era un locale lungo e stretto, completamente oscurato se non dalla luce della sua torcia. In fondo c’era un piccolo comodino scrostato. Si aprivano tre porte su quel corridoio, una che Jude immaginò essere la cucina , uno il salotto e uno un bagno o una sala da pranzo. Sentì i lievi tonfi delle sue scarpe da basket avviarsi lenti verso il fondo del corridoio, verso le scale.  Poi gli scalini cigolare sinistri sotto il suo peso, uno dopo l’altro, e li contò mentalmente. Quando arrivò al dieci, le scale fecero una svolta verso sinistra, e Jude le seguì muto. Altri dieci scalini seguirono i precedenti. A ogni passo Jude sentiva il suo stesso respiro sibilare fievole nell’aria che sapeva di chiuso della vecchia villa. E a ogni passo la sua paura aumentava. Finalmente arrivò in cima alla seconda rampa di scale. Tirò un vago respiro di sollievo, ormai poteva essere sicuro che la casa non era infestata da nessuna specie di mostro orripilante. Tanto meno quello di Nightmare, pensò Jude non molto sollevato. Si diresse piano verso quella che doveva essere la camera da letto principale. Uno scricchiolìo improvviso del pavimento lo fece sobbalzare e gli fece cadere di mano la torcia. Sentì un rumore di vetri rotti e all’improvviso si ritrovò nel buio più completo. Gli venne voglia di imprecare, ma non lo fece. Aveva solo un motivo per fare più in fretta ancora, e non aveva intenzione di sprecarlo. Raccolse i resti della torcia e sentì qualcosa che gli lacerava la pelle, poi la sensazione di bagnato sul dito. Gli mancava soltanto di tagliarsi e l’aveva appena fatto. Grandioso. Entrò nella camera davanti a lui a tentoni. Ad aspettarlo c’era una vaghissima penombra donata dalla luna che faceva penetrare la sua debole luce dai vetri sporchi. Riusciva a intravedere il contorno del letto e di un piccolo mobile a fianco, probabilmente un comodino. Si diresse deciso ma lento verso quest’ultimo, cercò a tentoni il pomello del cassetto che avrebbe dovuto esserci – doveva esserci! -, finalmente lo trovò, lo aprì e ci frugò dentro, il senso di paura gli cresceva sempre di più nel petto, come un onda che rischiava di travolgerlo. Trovò qualcosa che sembrava un libro. Decise di guardarlo meglio dopo, se lo passò nell’altra mano e continuò a cercare. Finalmente sotto le dita sentì la fredda brillantezza di un ciondolo d’argento. Il motivo per cui era lì. Si lasciò sfuggire un sorriso, chiuse di corsa il cassetto e si voltò per uscire dalla camera. Fu lì che si accorse del rumore.
Poteva assomigliare al respiro di una persona. Rauco e lento. Il suo sguardo saltò alla finestra. La luce della luna faceva risaltare una figura scura. Jude si rese conto con orrore che la figura era viva e che era da lì che proveniva il rumore del respiro. Aprì la bocca per gridare, ma non ne uscì nessun suono, quindi ordinò alle sue gambe di mettersi a correre. Filò fuori dalla camera, giù per le scale e poi nel corridoio, sbatté forte contro la porta d’ingresso, ma il legno era talmente vecchio e marcio che cedette di schianto all’urto del corpo di Jude, che volò fuori nell’aria gelida della notte e colpì con forza la terra arida del giardino. Si rialzò in fretta, preso dal terrore che la cosa che aveva visto nella camera lo stesse inseguendo, scavalcò di nuovo il cancello e corse a perdifiato lungo la via, finché non fu sicuro di non essere seguito.
 Allora si accorse di avere ancora lo strano libro in mano. Dirigendosi lentamente verso casa, lo guardò meglio. Non era un libro come gli era sembrato all’inizio, era un diario, scritto a mano. Non era molto interessante, doveva essere un diario stupido della signorina Cheller, pieno di pettegolezzi dell’epoca e notizie inutili sulla guerra.
Era proprio mentre faceva tutte queste considerazioni che si accorse di aver lasciato il ciondolo d’argento nella camera da letto della vecchia villa degli Cheller.

 
 
 
 
 
Altra oneshot circa horror in cui esseri poco simpatici se la prendono con adolescenti troppo curiosi U.U
Mmmh..Niente da dire,è solo una pagina e mezza di descrizione di cosa fa questo povero sfigato. Scritta millenni fa ovviamente. Il titolo è una frase di Vampires Will Never Hurt You dei My Chemical Romance. L’ho scritta tutta ascoltando i {vecchi} MCR.
Nomi inventati, luoghi inventati e quant’altro. Mi risparmio il disclaimer,è tutto frutto della mia mente malata ._.
Una piccola recensione eh eh eh?
 
*Frankie
   
 
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