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Autore: VaniaMajor    07/03/2011    5 recensioni
Cos'ha provato Sesshomaru quando è venuto a sapere della morte di suo fratello? La freccia di Kikyo ha sigillato Inuyasha all'albero Goshinboku insieme alla soluzione dell'enigma che avrebbe condotto il Principe dei Demoni alla Tessaiga...Cosa può fare ora Sesshomaru? Una one-shot sull'inizio della lunga attesa del Signore dell'Ovest.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sesshoumaru
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Scattò prima ancora che avessero il tempo di sfiorarlo. Un lampo bianco con riflessi argento, la lunga coda come una nuvola leggera a seguire i suoi movimenti. Allungò la mano, le dita tese, e l’aria si riempì di sangue. I tonfi dei corpi che cadevano senza un grido si succedettero rapidamente, fino a lasciarlo di nuovo nel silenzio. Toccò terra come se avesse fatto un solo passo aggraziato. L’unica differenza era la sostanza scura che gli gocciolava dalla mano e che gli aveva inzuppato la veste. Una goccia gli scendeva lentamente sulla guancia, in una carezza tiepida.
Sesshomaru la deterse, ripulendosi il volto, poi scosse la mano con indifferenza, liberandosi dell’eccedenza di sangue dalla pelle mentre guardava con freddezza il massacro appena compiuto. Una tribù di stupidi oni che avevano osato attaccarlo solo perché attraversava il loro territorio. Sciocchi, ad aver sfidato in quel modo il Grande Sesshomaru, Signore di tutte le terre dell’Ovest. Se si fossero tenuti nascosti, avrebbero conservato la vita. Lui non aveva alcun interesse verso quegli esseri inferiori. Era altro, ciò che stava cercando.
«Sesshomaru-sama! Siete stato eccezionale!- gracchiò Jaken, correndogli goffamente incontro con in spalla il bastone Ninto, girando al largo da quelle membra disfatte per raggiungerlo- Non avevano speranza, contro di voi!»
«Stai zitto, Jaken.» mormorò Sesshomaru, ottenendo immediata obbedienza.
Non si accorse dell’agitazione del suo servitore; quantomeno, non gli diede peso. Non gli interessava nulla del piccolo rospo, che d’altra parte era sempre sulle spine in sua presenza. Diede le spalle agli oni e si incamminò, subito seguito da Jaken. Alzò gli occhi al cielo notturno, in cui iniziava ad occhieggiare qualche stella. L’aria era fredda, gli premeva addosso come se desiderasse essere respirata, gustata. Nonostante ciò, non riusciva a sentirvi alcun odore utile.
Era da parecchio tempo che indagava sull’indovinello che suo padre gli aveva lasciato, insieme alla ridicola, umiliante eredità che portava al fianco. Una perla nera a destra…cosa poteva significare? Perché suo padre non era stato più chiaro? Lo aveva allontanato dalla Tessaiga, l’arma che l’avrebbe reso il più potente demone in circolazione, affidandola a quel cucciolo mezzo sangue e buono a nulla. Eppure, gli aveva lasciato un indizio; non aveva troncato in modo definitivo le sue pretese sulla Tessaiga. Desiderava quindi che Sesshomaru uccidesse quell’aborto di suo fratello e si guadagnasse così la spada? Oppure, intrappolandolo in quella caccia priva di senso, non aveva fatto altro che legarlo, costringerlo attraverso la curiosità e la brama del potere a tenerlo in vita?
Fino a quel momento, infatti, non aveva ucciso Inuyasha, anche se per lui sarebbe stato facile come bere un bicchiere d’acqua. Questo perché il suo bastardo fratello non si decideva a consegnargli la conoscenza del nascondiglio di Tessaiga. Inuyasha non l’aveva mai portata a fianco, si ostinava a dire di non sapere dove fosse la spada, benché Sesshomaru lo avesse condotto più volte ad un passo dalla morte. Possibile che dicesse la verità? Il dubbio si era insinuato in lui, con il passare degli anni, e aveva cercato di risolvere l’indovinello evitando di vedere Inuyasha come la sua chiave…ma senza risultato. Un sonoro, profondo buco nell’acqua.
“Cosa darei per comprendere il tuo pensiero, padre.” pensò, rancoroso.
«Ehm…Sesshomaru-sama…»
La voce sgradevole di Jaken si fece strada nei suoi pensieri. Doveva essere già la terza o la quarta volta che cercava di ottenere la sua attenzione, senza successo.
«Non seccarmi, Jaken.» disse, lapidario.
«Ma…ehm…penso che possa interessarvi, padrone. Ero giù allo stagno cercando di stare al vostro passo…voi siete così veloce…e fermandomi a riposare questo kappa ha attaccato discorso con me, e…»
«Jaken, se non stai zitto ti uccido.»
«Ma aveva novità su vostro fratello Inuyasha, Sesshomaru-sama!»
Jaken si rese conto che il padrone si era fermato di botto. Cercò invano di frenarsi, inciampò, andò a sbattere contro la gamba di Sesshomaru e quindi, per completare l’opera, cadde a terra di faccia. Fece appena in tempo ad emettere un gemito rassegnato che Sesshomaru lo sollevò da terra per il vestito. Nell’incontrare gli occhi ambrati del padrone, Jaken rabbrividì.
«Quante volte ti ho detto di non nominare quel bastardo mezzosangue?» disse Sesshomaru, mostrando i denti in una smorfia di disgusto molto minacciosa.
«Mi…mi dispiace, ma…- balbettò Jaken, che cominciava a farsi paonazzo- Il…il fatto è che…lui…»
«Lui cosa?» chiese Sesshomaru, visto che Jaken aveva smesso di parlare. Il piccolo rospo indicò con frenesia la mano che lo stava strangolando, togliendogli il fiato. Sesshomaru mollò la presa con indifferenza, facendo cadere a terra un Jaken ansimante e violaceo in volto. «Allora?» lo incalzò.
«Lui…- Jaken tossì, poi prese un bel respiro- Sesshomaru-sama, pare che Inuyasha sia morto!»
Attese qualche istante che vi fosse una reazione alle sue parole, ma il suo padrone sembrava scolpito nel marmo tanto era immobile e silenzioso. Il suo sguardo indecifrabile, fisso sul terreno, si alzò di scatto su di lui, come se volesse perforargli la fronte per scavargli le informazioni direttamente dal cranio.
«Dove? Come?» chiese Sesshomaru, distaccato.
«Pare sia successo tutto a causa di un gioiello chiamato Shikon no Tama, padrone. Lo conoscete?» disse Jaken, riprendendosi del tutto. Fortunatamente il padrone era interessato alle sue informazioni e non era più arrabbiato! Anzi, forse l’avrebbe premiato per avergli portato una tale notizia!
Sesshomaru corrugò appena le sopracciglia. Sì, aveva sentito parlare di quel gioiello maledetto, pronto a donare tanto potere quanto a governare chi lo possedeva. Sapeva anche che Inuyasha lo stava cercando da tempo. Glielo aveva gridato in faccia l’ultima volta che si erano scontrati. Quella stupida boccaccia gli aveva urlato che presto avrebbe avuto in suo potere la Shikon no Tama e con i poteri di uno yokai completo gliel’avrebbe fatta pagare. Idiota. Nemmeno la magia l’avrebbe mai reso più forte di suo fratello maggiore.
«Lo conosco.» disse soltanto Sesshomaru, senza scendere in particolari.
«Ebbene, vostro fratello ha tentato di rubarlo alla sacerdotessa che lo custodiva ed ella si è battuta con lui. Una sua freccia gli si è piantata nel petto e l’ha ucciso, Sesshomaru-sama!» continuò Jaken, orgoglioso come se fosse tutta opera sua.
«Una freccia sacra?- mormorò Sesshomaru- Ne avrà fatto polvere…»
«In verità, no, Sesshomaru-sama. Questo è strano, non trovate? L’ho detto anche al kappa, ma lui ha ribadito chiaramente che la freccia ha trapassato il petto di Inuyasha e ne ha inchiodato il corpo ad un albero. Nessuno può toccarlo.- borbottò Jaken, scuotendo la testa con perplessità- Le sue informazioni sono vecchie di tre settimane, pare che la battaglia abbia fatto tanto scalpore da essere passata di bocca in bocca…soprattutto perché anche la miko è morta, portandosi nell’aldilà quella stramba Sfera.»
Sesshomaru alzò la testa al cielo notturno. Ora capiva perché il vento non aveva odore, non gli diceva nulla.
«E dov’è successo?» chiese.
«In un villaggio a ovest di qui. Edo, mi pare che si chiami. Padrone, non siete contento?- gli chiese Jaken, ansioso di ricevere il plauso che meritava- Finalmente ci siamo sbarazzati di quella macchia sul vostro nobile sangue! Finalmente…padrone?! Padrone, dove andate?!»
Sesshomaru si alzò in volo senza una parola, lasciandosi dietro la scia della sua lunga coda. Jaken fece appena in tempo ad aggrapparvisi per non essere lasciato indietro. Ingoiò le proprie domande, accontentandosi di seguire in silenzio il volo del padrone.
Sesshomaru attraversò il cielo notturno come una cometa, diretto a occidente.

***

Quando gli alberi si aprirono di fronte a lui, mostrandogli la pietosa figura di suo fratello, era di nuovo notte. Una falce di luna calante illuminava il cielo, facendo brillare i capelli di Inuyasha, quei capelli identici ai suoi, a quelli del padre. Erano immoti, come tutta la sua figura. Non c’era vita in quelle membra, congelate in una stasi eterna.
Sesshomaru si incamminò, dopo aver ordinato a Jaken di non seguirlo. Si fermò a pochi passi dal grande albero, dalla freccia che si protendeva dal petto di Inuyasha. Non c’era sangue. Non c’erano altri segni di violenza sul suo corpo, alcuna mutilazione. Inuyasha sembrava solo addormentato, ma la sua anima non c’era, imprigionata chissà dove dall’incantesimo della sacerdotessa. Sesshomaru scrutò il volto del moccioso che tante volte avrebbe voluto uccidere, provando una sensazione incerta, indefinibile, che lo infastidiva e alimentava una sorda ira senza nome.
Ecco che fine aveva fatto la sua possibilità di ottenere Tessaiga: giaceva lì, muta per sempre, inchiodata ad un albero.
«Sei stato uno sciocco, Inuyasha.» mormorò, sprezzante.
Uno sciocco, sì. Un povero idiota, a pensare di poter gareggiare con una sacerdotessa tanto potente, a pensare di poter diventare un giorno un vero yokai. Cosa credeva di fare? Un hanyo doveva restare un hanyo, punto e basta. Quante volte gliel’aveva detto? Non avrebbe mai avuto il cuore gelido, la forza, lo sprezzo per tutto ciò che lo circondava…tutte le caratteristiche che dovevano essere parte integrante di uno yokai dal sangue puro. Come lui. A lui non importava niente della vita altrui; solo Tessaiga era fondamentale nella sua esistenza. Inuyasha aveva un cuore umano, tenero e sentimentale. Era impulsivo, non si rendeva conto dei propri limiti. Non si arrendeva mai. Morire presto era l’unico destino che poteva attenderlo.
Sesshomaru corrugò la fronte. A conti fatti, era stato lui a spingerlo verso quella fine prematura, inutile. Se non gli avesse dato la caccia fin da quando era un bambino, fin dalla morte della sua stupida madre umana, Inuyasha forse si sarebbe accontentato della sua natura inferiore.
“Avrei dovuto ucciderlo prima.” si disse, infastidito. Sì, avrebbe dovuto torturarlo fino a ottenere le sue risposte e poi porre fine alla sua vita, molto tempo prima. Aveva protratto il gioco troppo a lungo e ora la cosa gli si era ritorta contro. Eppure, pensava che Inuyasha sarebbe sopravvissuto agli altri pericoli, che solo lui avrebbe potuto porre fine ai suoi giorni…Come essere inferiore, Inuyasha era piuttosto forte. Possedeva pur sempre qualche goccia del sangue paterno. Come aveva potuto farsi infinocchiare tanto facilmente da una miko umana?!
Molte cose contribuivano a seccarlo. Avrebbe voluto essere lui a porre fine alla vita di Inuyasha. Avrebbe voluto ucciderlo dopo aver risolto l’indovinello e messo mano su Tessaiga, dopo aver dimostrato a quel piccolo bastardo che solo il Grande Sesshomaru era degno dell’eredità paterna e che la sua nascita era stata solo un errore del destino. Cosa gli restava, ora che Inuyasha era morto?
Non aveva più nessuno da inseguire. Non aveva più nessuno da tormentare. La sua strada per la Tessaiga era crollata in una voragine senza fondo. L’unico indizio vivente che l’avrebbe condotto alla spada non esisteva più, reso muto dalla Morte. L’unica persona contro cui gli interessasse combattere era scomparsa. Cosa avrebbe fatto ora? Cosa?!
Allungò la mano prima di rendersene conto e quando la freccia reagì scaricando una violenta energia lungo il suo braccio si ritrasse con una smorfia di divertito sarcasmo rivolto a se stesso. Cosa credeva di fare? Aveva forse pensato di togliere la freccia dal petto di Inuyasha per riportarlo alla vita? Che gesto assurdo!
«Non mi importa che tu sia morto.- disse al volto immobile- Ma Tessaiga…»
Già, non gli importava niente di suo fratello, ma continuava a desiderare la spada. La voleva con tutte le sue forze. Spostò gli occhi ambrati sulla freccia che faceva da sigillo al corpo di Inuyasha. Da sigillo…Il colpo non aveva realmente ucciso Inuyasha, altrimenti ne avrebbe fatto polvere. La freccia lo aveva solo…sigillato. Allontanato dalla vita. Perché?
«Quella miko non voleva ucciderti. Ti ha punito, ma non voleva ucciderti. Perché?- mormorò Sesshomaru, corrugando la fronte mentre tornava a guardare suo fratello- C’era qualcosa tra voi, Inuyasha, prima che tu tentassi di prenderle il gioiello? Sei davvero stato tu a ucciderla? Oppure…si è uccisa lei stessa, dopo averti sigillato?»
Ciò che vedeva, ciò che intuiva dagli odori disperati che ancora aleggiavano attorno all’albero, gli raccontavano una storia diversa dalle chiacchiere che gli yokai stavano facendo circolare. Qualcosa di drammatico si era consumato in quel luogo. Inuyasha era morto in preda a rancore e tristezza.
«La amavi, Inuyasha?» chiese ancora, perplesso.
Sicuramente, lei lo amava, altrimenti non si spiegava quel sigillo tanto potente quanto misericordioso. Già, perché un sigillo può essere tolto. Forse, un giorno, sarebbe giunto un essere umano dotato di un potere pari o più forte di quello della miko; allora, Inuyasha sarebbe stato liberato…e, con lui, il segreto della Tessaiga. La freccia poteva essere tolta: a Sesshomaru non restava altro da fare che aspettare.
«Sarà una lunga attesa.» disse, corrugando la fronte, poi voltò le spalle a Inuyasha, in quel momento tanto simile al moccioso addormentato mostratogli una notte da suo padre, tanti anni prima. «Un giorno tornerai in vita, Inuyasha.- disse, piano- Quando accadrà, mi troverai ad aspettarti. Ci scontreremo ancora. Ti costringerò a consegnarmi Tessaiga…e poi, ti ucciderò.»
Si incamminò. Jaken, al limitare del bosco, uscì da un cespuglio con aria preoccupata.
«Sesshomaru-sama…è veramente morto?» chiese. Sesshomaru non diede segno di aver udito la domanda.
«Andiamo, Jaken. Qui abbiamo finito.» ordinò.
Jaken balbettò qualcosa, scrutando incerto la tenebra tra gli alberi come per cogliere un immagine di Inuyasha, per essere certo che il fratello del padrone fosse davvero morto, poi si rassegnò. Si aggrappò ancora una volta alla coda dell’inu-yokai, mentre questi prendeva il volo in un cielo che andava ingrigendosi ai primi lumi dell’alba. Si lasciarono alle spalle il bosco, che presto avrebbe preso il nome del defunto hanyo che vi riposava, senza più voltarsi indietro.

La lunga attesa di Sesshomaru era cominciata.

   
 
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