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Autore: Mileycita    08/03/2011    4 recensioni
Mya Nelson dopo l'infanzia trascorsa in un collegio, ormai adulta ritornerà nella sua città, nella sua casa dove ad attenderla ci sarà suo padre, i suoi fratellastri e la sua matrigna. Quest'ultima renderà la vita poco facile alla povera Mya...
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Freddo. Un freddo gelido, in questa stagione, Gennaio. Ed eccomi qui al ritorno nella mia casa, nel mio paese. Nella mia amata New York
La mia era un’infanzia felice, allegra, finché non morì mia madre, la mia meravigliosa madre, la madre che ho perso a soli sette anni. Mio padre ci soffrì molto, ma dopo qualche anno, incontrò lei, la Bastarda che mi ha portato via quel piccolo d’infanzia felice che avevo, me l’ha strappata come se fosse un pagina di giornale. Lei si chiama Sophie, credo che abbiate già capito che sto parlando della moglie di mio padre. A dieci anni ha convinto mio padre a farmi chiudere in un collegio di Londra, allontanandomi dalla mia casa, dalla mia città, dai miei amici, da mio padre, credo sempre e comunque che lui non doveva lasciarsi convincere da lei, doveva difendermi, ed io a dieci anni non potevo fare più di tanto che subire le sue maledette calugne, era lui l’uomo, era lui che gli doveva impedire di mandarmi in uno dei più severi collegi di Londra. Una volta all’anno mi mandavano una lettera, in cui c’era scritto quanto erano felici, la gioia di aver avuto dei figli. Ora hanno una bambina di otto anni l’hanno avuto subito dopo avermi messo in collegio ed un bambino di cinque anni. Loro mentre scrivevano le loro lettere non pensavano al dolore che io provavo rinchiusa in quel collegio così severo e con Miss.Dugal che non mi dava tregua. Mi trattava in modo più severo dalle altre, in modo diverso e sono arrivata al punto di pensare che sia stata lei a dirgli di trattarmi male. Ma ora sono cresciuta, sono cambiata. Questa esperienza però, nasconde un lato positivo. Sono diventata più forte caratterialmente e ho conosciuto la mia migliore amica Sami ovvero Samantah una ragazza davvero dolcissima e divertente che mi dava il sorriso al momento giusto. Ora però le nostre strade si sono divise. Lei è andata nella sua città a Parigi. Ma ci siamo ripromesse che in vacanza io andrò da lei o lei verrà da me.
Tornando a Sophie, sono molto curiosa di vedere se davanti a mio padre fa ancora la buona samaritana o è cambiata. Voi penserete, sarà come la storia di Cenerentola? Con la matrigna e tutto il resto? Beh c’è una piccola differenza fra noi due. Io non mi faccio scavalcare.
Siamo arrivati a New York, il taxi si ferma davanti alla mia casa, bella e grande come una reggia, con un giardino alle spalle, mio padre, Sophie e i loro figli sono sull’uscio di casa ad aspettarmi. Vedo mio padre. Non è cambiato per niente, ha le stesse somiglianze che aveva prima solo con qualche ruga in più. Esco dal taxi, mio padre paga il tassista e corre ad abbracciarmi. Sono felice di vederlo, nonostante mi abbia chiuso in quel collegio. Ci abbracciamo in un abbraccio desideroso. Sto vivendo questo momento con nostalgia, mi mancavano i suoi abbracci. Sono otto anni che non lo vedevo, volevo restare li a recuperare il tempo perso, quando ci interrompe lei, la serpe velenosa e malefica, e mi da un bacio sulla guancia, provo ribrezzo, mi avvicino e poggio leggermente la mia guancia sulla sua e mi presenta i due bambini, si, loro sono carini, spero che non diventano come la madre, altrimenti poveri loro.
Entriamo in casa e lei mi accompagna verso la mia camera. La vedo, sono felice di vederla, l’unica cosa che non è cambiata come tutto il resto della casa. Vedo ancora le mie pareti viola che avevo scelto da piccola insieme a mia madre, sotto la finestra c’è la mia scrivania. Appoggio la mano sopra e mi risalale un brivido su tutto il corpo mentre penso a quanto sono stata felice in questa casa.
“Bene, tesoro, puoi disfare le valigie. Vuoi che ti aiuti?” Che fastidio quando mi chiama “tesoro”, non la tollero. E’ strano, si sta comportando gentilmente, ah si, dimenticavo c’è mio padre, spero di sbagliarmi.
“No, faccio sola” gli rispondo acida mentre inizio ad aprire la valigia.
“Sono felice che tu sia tornata tra noi!” mi dice mio padre, avvicinandosi e stampandomi un bacio sulla fronte.
“Anch’io lo sono, soprattutto per essere andata via da Londra.” Lui sospira e se ne va dicendomi…
“Noi ti aspettiamo giù, oggi andiamo fuori a cena”
“Okey papà scendo tra un minuto”
Rimango un po’ in camera a gustarmi la mia stanza, a vedere il panorama senza sbarre che si affaccia dalla mia finestra, lo ammetto non è un panorama bellissimo, si vedono solo case, ma per me è il panorama più bello che ci sia perché si affaccia dalla finestra della mia camera e non dalla finestra della camera del collegio con le sbarre.
Mi preparo, mi faccio una doccia per togliermi la stanchezza del viaggio e indosso un vestitino azzurro chiaro con il cappuccio e scarpe con il tacco. Scendo giù e li vedo lì ad aspettarmi.
Ci avviamo verso la macchina, saliamo e mentre andiamo nel luogo dove si trova il ristorante guardo fuori, l’asfalto grigio e ruvido.
Arrivati al ristorante, vedo un’insegna dove c’è scritto, “Little Italy” un ristorante Italiano. Che buono! Oggi si mangia italiano! Mio padre si avvicina al cameriere e gli dice il tavolo ordinato. Lo seguiamo e ci sediamo al tavolo.
Arriva il cameriere e ci porta il menù. Oggi ho molta fame, non mangio da stamattina.
Arriva il cameriere “Avete scelto?”
“Ordino come antipasto prosciutto crudo e bocconcini come primo ravioli al pomodoro e per secondo pollo al forno con patatine fritte”. Lui annota tutto, e prende le altre ordinazioni, mentre aspettiamo che arrivino…
“Cara, cosa farai in futuro? Andrai all’università?” Perfetto già vuole liberarsi di me.
“Si, ci sto pensando, solo che non ho ancora deciso dove andare” ribatto con educazione, quella che mi è stata insegnata a collegio.
Nel frattempo arrivano le ordinazioni e continuiamo la nostra “chiacchierata”.
“Ho visto un Università che potrebbe interessarti.” Chissà dove mi vorrà mandare.
“Dove?” gli dico portandomi il tovagliolo sulle labbra.
“Alla Université Paris, una scuola molto prestigiosa di Parigi.”
“No grazie, ma non voglio allontanarmi più da New York, ne cercherò una qui” e gli faccio un sorrisino. Finiamo di mangiare e vado una attimo in bagno. Mi lavo le mani ed esco, vedo il tavolo vuoto. Vedo un cameriere e lo fermo.
“Mi scusi sa dirmi dove sono le persone che erano con me?”
“Si, signorina, sono andati via, la signora si è sentita poco bene e aveva fretta di andare a casa.” Lo ringrazio mi metto il giubbotto e vado via.
Non ci posso credere, è riuscita di nuovo ad imbrogliarmi. Mi tocca tornare a casa a piedi, se mi ricordo bene la strada. Mi avvio per la stara mentre penso che mio padre si fa sempre abbindolare, come farò a sopportarla? Mi arriva una goccia in testa, oh no, ci voleva solo questo, sta anche piovendo, così prendo il cappuccio del vestitino e me lo metto in testa. Vedo una macchina rallentare e sento una voce calda “Ciao bella, vuoi un passaggio?”
“No grazie, non ho bisogno di un passaggio” mentre gli parlo mi giro verso di lui e lo vedo, mamma quanto è bello, è un Dio Greco moro, occhi azzurri e lineamenti delicati, ha un piccolo taglietto sul sopracciglio. E’ proprio bello!
“Dai su ti stai bagnando tutta, entra in macchina”
“No, ti ho già detto che non bisogno di un passaggio” ma perché gli sto dicendo così, maledetta prudenza
“Okey, ma io te l’ho detto” e così sfreccia via con la sua Audi R8. Subito dopo vedo un’altra macchina, è quella di mio padre, forse si sarà messo una mano sulla coscienza? Si ferma, ed entro.
“Finalmente, siete spariti come dei fantasmi” gli dico mentre mi tolgo il cappuccio.
“Scusami ma Sophie non si è sentita molto bene e siamo dovuti tornare a casa”
“Potevate anche aspettarmi per due minuti, non succedeva niente”
“Si lo so ma….” Fa un sospiro e lo interrompo.
“Ma niente, sai che c’è, c’è che non te ne mai importato di me e non te ne importerà mai.”
“Non è come pensi, a me importa tanto di te, e se ce l’hai con me perché ti ho mandato in quel collegio, io e Sophie l’abbiamo fatto solo per il tuo bene.” Questa cosa che ha detto non mi è proprio piaciuta.
“Per il mio bene?! Se davvero mi volevi bene non mi avresti mandato in quell’orrore di collegio e non ti faresti comandare da tua moglie. Su cosa è giusto o sbagliato per me, il mio bene sarebbe stato farmi crescere come una bambina normale e non in un collegio.”
“Non puoi parlare così di tua madre!”
“Mia madre? Non permetterti più di paragonare quella donna a mia madre.”
“Si, hai ragione scusami” così dicendo entra nel garage. Restiamo zitti e esco dalla macchina sbattendo lo sportello. Non lo sopporto quando si comporta così.. Salgo su per le scale e vado in camera mia. Indosso il pigiama e mi infilo nel letto. Penso e ripenso a quello che è successo stasera e non riesco a togliermi l’immagine di quel ragazzo dalla mia mente. E pensando un po’ a quello e un po’ a quell’altro mi addormento.
  
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