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Autore: Eerin    15/01/2006    3 recensioni
Ho provato con questa ff a descrivere il momento di crollo di un'illusione d'amore. (il tema mi sta a cuore,avevo provato già in "il ghiaccio dei fiori di pesco", scritta un paio di anni fa, ma il risultato è venuto piuttosto diverso.)
Non è autobiografica, ma è scritta in prima persona perchè mi sembrava che rendesse meglio. Ho cercato di creare un atmosfera un po' irreale, non so quale sia il risultato... fatemelo sapere con un commento magari:)
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi ero svegliata abbastanza presto quella mattina. Forse perché era la vigilia di Natale.
Non ricordavo di aver sognato nulla. Non ricordavo nemmeno che cosa avevo fatto la sera prima.
Pensai che era strano quel vuoto di memoria, ma non me ne preoccupai affatto.
Scostai le tende di camera mia per guardare fuori.
La solita immagine grigia di basse villette a schiera e di un prato con pochi alberi si sovrappose al panorama pulito e innevato che mi ero immaginata degno del 24 Dicembre.
Come obbedendo a qualche strano automatismo girai la maniglia della porta finestra e uscii in balcone.
Faceva freddo e non me ne importava niente. Sapevo di essere in pigiama e di avere i capelli spettinati. Non avevo le pantofole ma un paio di calze, e sentivo il contatto gelido del pavimento con la pianta dei piedi. In tutto ciò, mi sentivo indefinibilmente bene.
Non so come, mi trovai in mano il cellulare.
Feci scorrere svogliatamente i nomi della rubrica. Mi fermai su Davide.
Era un sacco che non lo sentivo e mi dispiaceva, così gli feci uno squillo.
Dopo un po’ di tempo (quanto tempo? Un minuto? Un’ora?) mi arrivò un suo messaggio.

Ciao Ire! Come va? Senti, dovrei dirti una cosa. Ma non devi assolutamente dirlo a nessuno.

Lessi, ripetendo ogni parola nella mia mente. Di colpo il freddo centuplicò. Rabbrividii e rientrai in camera, rispondendo al messaggio con qualche scontata promessa di silenzio.
Sul mio comodino c’era una tazza di caffè caldo. Non sapevo chi ce l’avesse messa e non me lo chiesi. Ne bevvi un po’, incurante del fatto che mi stavo scottando le dita perché la tazzina di ceramica era bollente.
Il cellulare suonò per avvertirmi dell’arrivo di un nuovo sms. Non avevo mai notato quanto quel suono fosse metallico e fastidioso.

Non te lo dovrei dire, solo che vista la situazione… beh, forse non è importante. Lui si è fidanzato.

Lui.
Non si era nemmeno sprecato a scrivere il suo nome. Aveva la certezza che avrei capito, perché per me la parola“lui” indica una sola persona. E inserito in quella frase “lui” era un pugno improvviso in pieno stomaco.
Appoggiai la tazzina, sapendo che non sarei riuscita a mandar giù nemmeno un altro sorso per quella mattina. Non risposi subito al messaggio. Non sapevo cosa dire, come dovevo reagire. Non sapevo esattamente che effetto mi stava facendo quella notizia, e se anche l’avessi saputo non ero sicura che fosse il caso di dirlo a Davide.
Mi vestii con gesti automatici e uscii di casa. Non ricordavo dove dovevo andare, ma inspiegabilmente sapevo che autobus prendere. Mentre lo aspettavo risposi a Davide qualche parola insignificante, un “grazie per avermelo detto” a metà fra il sincero e l’ipocrita.
Non avrei saputo dire se avrei preferito saperlo o non saperlo.
Salita sull’autobus guardai fuori dal finestrino. Le strade scorrevano, la gente passava. Non mi faceva nessun effetto. Sembrava che niente esistesse sul serio.
Mi sentivo un nodo strettissimo allo stomaco, e volevo piangere. Non perché stessi così tanto male, ma solo perché forse le lacrime avrebbero sciolto quel nodo.
Speravo che quell’autobus non si fermasse mai.
Invece si fermò. Scesi, andai a salutare le mie compagne di classe.
Nomi, volti conosciuti. Ci salutammo, ci scambiammo i regali, baci di convenzione sulle guance.
A nessuna di loro potevo dire che quella mattina un sms mi aveva ribaltato l’esistenza. Nessuna avrebbe potuto capire, perché a nessuna di loro avevo mai parlato di lui. Effettivamente, a nessuna di loro avevo mai parlato di me. Stiamo in classe insieme da 4 anni e le nostre vite non si sfiorano quasi.
Non che mi importasse molto ormai.
_ Beh, io vado. Ciao, buon Natale, buone vacanze.
Buon Natale, Buon Anno, Buon Natale.
Ma che cosa cavolo mi importava? Ma che cosa c’era da dire Buon Natale?
Forse era davvero Natale, ma di certo non era affatto Buono.
Era solo ipocrisia.
Era come se tutto quanto non esistesse, non fosse mai esistito.
Era come se camminassi immersa in un niente senza senso.


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Sbadiglio.
Mi sveglio, mi stropiccio gli occhi.
Che giorno è?
Che anno è? Che giorno è? Questo è il tempo di vivere con te…
Battisti risponde subito nella mia mente.
Sorrido e do un’occhiata al calendario, che è un po’ più attendibile.
24 Dicembre.
Mi alzo di buonumore, domani è Natale.
Oggi mi trovo con le mie compagne di classe, così ci scambiamo i regali. E’ una nostra piccola tradizione e mi mette sempre allegria.
Prendo gli occhiali e il cellulare e vado in cucina a preparare un cappuccino.
Amo svegliarmi col cappuccino caldo.
Eppure c’è una nota stonata stamattina.
Dev’essere qualche sogno che ho fatto.
Stringo gli occhi sforzandomi di ricordare qualcosa.
Niente da fare. Sarà stato un brutto sogno, ma se non me lo ricordo non poteva essere tanto brutto.
Spengo i fornelli e verso latte e caffè in una tazza.
Gioco con il cellulare mentre aspetto che il cappuccino si raffreddi un pochino.
Giro i numeri della rubrica. Quando arrivo a Davide mi viene in mente che non lo sento da troppo e avrei proprio voglia di parlargli. Sto per fargli uno squillo ma mi fermo.
Non so perché, di colpo non mi va più. Penso che forse glielo farò più tardi.
Sorseggio il cappuccino sperando che mandi via quella nota stonata che promette di rovinarmi un po’ la giornata.
Prima che abbia finito sento la suoneria del mio telefono. Uno squillo, proprio di Davide.
Sorrido e gli faccio uno squillo a mia volta, divertita da quella coincidenza.
Dopo qualche secondo il segnale di arrivo di un nuovo sms suona forse un po’ troppo forte per la mia casa ancora silenziosa. Dormono tutti, a parte me.
Finisco il cappuccino, lascio la tazza nel lavandino, poi vado a leggere il messaggio.

Ciao Ire! Come va? Senti, dovrei dirti una cosa. Ma non devi assolutamente dirlo a nessuno.
  
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