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Autore: Aching4perfection    11/03/2011    8 recensioni
L'ex marito odioso che, nonostante la nuova fiamma, non riesce a smettere di pensarti;
il nuovo capo disposto a tutto per averti nel suo letto ancora una volta;
il migliore amico che ti ha sempre offerto una spalla su cui sfogarti;
il ragazzo della porta accanto che, degli altri uomini, non sa niente.
Quali sono i segreti per gettare solide fondamenta in una relazione con un uomo?
E come fare quando, di uomini da gestire, ce ne sono ben quattro?
E se uno di loro custodisse un segreto che, se rivelato, sconvolgerebbe tutto e tutti, senza eccezioni?
Forse, le donne hanno davvero bisogno di un promemoria per ricordarsi che il romanticismo non è morto e che, a volte, si è talmente fortunate da incontrare un uomo che sappia ancora cosa sia o come lo si crei. Ma quand'è che abbiamo smesso di credere nel gesto romantico del regalare una rosa al primo appuntamento o nell'accettare un conto già pagato, quando siamo diventate così ciniche?
Io ho sempre avuto una sola convinzione sui film romantici, che non sono mai belli quanto i loro trailer.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Satisfaction'
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At the end of the day... you wait for rain

Due colpi secchi mi fecero sussultare, scrollandomi dal parziale stato catatonico nel quale mi ero calata circa venti minuti prima e costringendomi ad abbandonare David Boreanaz proprio mentre mi stava consegnando il pass per quella che prometteva di essere l'ora più orgasmica della mia vita.
Altri due colpi, stavolta più insistenti e ravvicinati. Spero vivamente che, chiunque sia, abbia avuto una validissima ragione per portarmi via dalle braccia di David Boreanaz, ed ero disposta ad accettare solo scuse che includevano almeno un morto o la fine del mondo...
Mi alzai pigramente dal divano facendo molta attenzione a non svegliare Andrew e Lidia, i quali dormivano tranquillamente l'uno accanto all'altra (beati loro che non si svegliavano neanche con le cannonate) sul giaciglio di cuscini che Andrew aveva ammucchiato per giocare, e andai ad aprire la porta, ritrovandomi faccia a faccia con la personificazione dell'uragano Katrina.
-È finita! Ho lasciato Duncan!
Melanie mi gettò le braccia al collo, rischiando peraltro di farci ribaltare all'indietro tutte e due, soffocando i singhiozzi contro il tessuto della mia maglietta mentre io cercavo ancora di mettere insieme una frase di senso compiuto che non contenesse espressioni tipo “di nuovo?” o “che malattia venerea ha portato a casa stavolta?”.
Mi limitai ad accompagnare la mia migliore amica in cucina facendola accomodare su uno degli sgabelli di fronte al bancone, poi tirai fuori un bicchiere dalla credenza e una bottiglia di vino rosso dalla piccola cantina elettrica che tenevo accanto al frigo, mi riempii metà bicchiere e spinsi il resto della bottiglia verso Melanie, che se la portò direttamente alla bocca bevendone due sorsi di fila. Mi sedetti accanto a lei circondandole le spalle con un braccio e cominciai anche io a sorseggiare il mio modesto mezzo bicchiere di vino, psicologicamente pronta a calarmi nel ruolo della migliore amica che l'avrebbe aiutata a coniare nuovi insulti per Duncan Davenport, il suo ex-fidanzato-per-la-terza-volta-di-fila-in-due-mesi. Quel compito mi riusciva anche piuttosto bene dal momento che, verso di lui, provavo un odio che rasentava il viscerale.
-Che è successo tesoro?
-Oh Eva! Stavolta è finita davvero, me lo sento!- la sua voce sembrava sinceramente disperata, come tutte le altre volte del resto, tranne che per l'intensità, che aumentava ogni qualvolta che si lasciavano. Ci stavo quasi facendo l'abitudine.
-Per cosa avete litigato stavolta? Non mi dire che è di nuovo la storia dello sciacquone...
-La discussione è partita da lì però... insomma, quel bastardo lo sa che odio quando lascia la tavoletta alzata senza nemmeno tirare l'acqua, io gliel'ho fatto notare mentre guardava la partita... e poi abbiamo cominciato ad insultarci... ma è così difficile tirare quel cazzo di scarico quando vai in bagno?!
In cuor mio speravo vivamente che, questa volta, sarebbe stata irremovibile sulla sua decisione, ma sapevo anche che, non appena quello smidollato figlio di papà si sarebbe presentato con un mazzo di fiori in una mano e un Cartier nell'altra, lei si sarebbe sciolta come una noce di burro e avrebbe ricominciato a scodinzolargli dietro come un piccolo terrier. Ma questo non avrei mai avuto il coraggio di dirglielo o avrei potuto essere morta prima ancora di rendermi conto di quanto si sarebbe potuta arrabbiare!
-Melanie, quante volte te lo devo ripetere? Tutti gli uomini sono dei bastardi e tutte le relazioni finiscono sempre male... ma la mia vita non ti ha insegnato proprio nulla?
Lei si limitò a prendere un altro sorso di vino dalla bottiglia per poi girarsi alle sue spalle, indicando il salotto con lo sguardo che, per un attimo, si accese di speranza.
-I bambini sono svegli?- chiese allungando le labbra in un piccolo sorriso.
-Dopo il tuo sfogo da cantante lirica con l'influenza? Non lo so...
-Ti senti simpatica oggi, vero?- domandò evidenziando con tono sarcastico quello che, nella sua lingua quotidiana in assenza di occhietti innocenti a censurarla, sarebbe stato un clamoroso “vaffanculo!”
-Hai interrotto un sogno erotico nel modo più brutale conosciuto all'uomo Mel, spero solo che i discorsi che ti farò sulla natura maschile servano a qualcosa...
Melanie alzò gli occhi al cielo in una muta richiesta di intervento divino, poi allontanò da sé la bottiglia facendola scivolare sul ripiano del bancone per e si diresse a passo rapido (tutt'altro che felpato dati i suoi tacchi a strapiombo) verso il salotto, più che sicura di aver interrotto anche il pisolino pomeridiano dei miei pargoli. La seguii a ruota constatando che, in effetti, Lidia si era svegliata, mentre Andrew continuava a dormire con una manina sotto alla guancia e l'altra sopra all'orecchio. Melanie raccolse Lidia da terra e si sedette sul divano per cominciare a farle le moine, mentre io ne approfittai per accoccolarmici accanto, anche se sapevo perfettamente che non avrei reincontrato i muscoli di David Boreanaz prima di sera. Osservai Lidia ridere a tutte gengive e cercare di afferrare i capelli di Mel, la quale rideva a sua volta ad ogni versetto da bimba di cinque mesi che emetteva mia figlia. Non potei fare a meno di sorridere davanti a quella scena, il primo momento sereno che ho da settimane...
Tra il divorzio, il fatto che ho due bambini e una sorella che studia a NewYork da mantenere, tutto ciò senza avere un lavoro tra le mani, avevo accumulato un bel po' di stress. Melanie e suo fratello Sean, il mio migliore amico, si erano offerti più volte di darmi una mano, ma ero troppo orgogliosa per accettare i loro soldi. O ce l'avrei fatta da sola o sarei tornata in Italia dai miei genitori, pensiero che odiavo più del traffico nelle ore di punta.
-Come va la ricerca del lavoro?- mi chiese senza smettere di sorridere a Lidia, spezzando così il piacevole silenzio nel quale ci eravamo calate. Sbuffai al pensiero, anche oggi era stato un completo fallimento e avevo il morale decisamente sotto i tacchi.
-Male, stamattina sono andata ad un altro colloquio ma hanno detto che non ho abbastanza esperienza nel campo...- mi salii istantaneamente il nervoso ripensando al tipo che avrebbe dovuto decidere se darmi quel posto o no. Un nano di cinquant'anni con gli occhiali da mosca che, a mio modestissimo parere, doveva aver avuto dei seri problemi con sua madre dal momento che non la smetteva di fissarmi, anche in maniera abbastanza spudorata, il seno... mamma mia! Mi venivano i brividi freddi anche solo a pensarci!
-Come diamine possono pretendere che tu abbia esperienza se non hai neanche l'occasione di fartene una?- domandò sconcertata, interrompendo per un attimo la serie di smorfie buffe che stava dedicando a mia figlia. Scrollai le spalle, sconfitta. Ormai stavo cominciando a farci il callo.
-Boh... vai a capire i ristoratori...
La vidi sollevare gli occhi al cielo, mimando un'espressione che io conoscevo molto bene e che mi ripeteva più volte nel corso delle nostre conversazioni più malate “Gesù, guarda giù e tirala su, ti prego!” -Anche tu però, proprio in un ristorante vai a cercare lavoro? Tu che sei mesi fa hai sfondato il frigo, hai rotto il microonde e hai incendiato quel povero cactus che tenevi sul davanzale sopra al lavello.
-E allora? Sono incidenti che capitano...
-Preparando un toast?!- esclamò sconvolta. Se non avesse visto tutta la scena in diretta non ci avrebbe mai creduto, infatti mia sorella ancora non ci crede... e dire che le avevo pure spedito a New York le foto dei resti carbonizzati del cactus che mi aveva regalato quando io e Daniel ci eravamo trasferiti.
-Perchè ti fissi sempre sui dettagli?- sbuffai togliendole Lidia dalle braccia e portandomela delicatamente al petto, offesa per essere stata punta nel mio orgoglio. Sia lei che Daniel non perdevano mai l'occasione per deridere le mie incapacità culinarie, le quali si erano arrese dopo il quarto promettente corso di cucina a cui avevo partecipato e avevano promesso tutta la loro devozione ai cibi pronti. L'unica persona che non mi prendeva in giro era il fratello maggiore di Melanie, Sean (e io infatti lo adoravo per questo)... più che altro perché era nella mia stessa barca, anche se la sua lista di danni includeva solo cibo bruciato o troppo salato, ma vabbè!
Un lieve fruscio tra i piedi mi indicò che anche Andrew, grazie al mezzo urlo di Mel, si era svegliato dal suo pisolino pomeridiano.
-Mamma...
I suoi occhietti nocciola interamente frutto dei miei geni fecero capolino dal mucchio di cuscini beige tra cui si era rintanato, accompagnati subito da un sorriso di gioia non appena vide che la sua adorata zia Melanie era con noi; infatti si alzò subito in piedi per correre ad abbracciarla, cosa che a lei faceva sempre piacere perchè considerava davvero Andrew e Lidia suoi nipoti ed io condividevo pienamente la sua felicità.
-Zia Mel!
-Ciao cucciolo! Come stai?
-Bene, sai che papà ha detto che oggi saremmo andati al luna park?- domandò Andrew, entusiasta all'idea di fare la sua prima gita al luna park.
Peccato che, probabilmente, non l'avrebbe mai fatta... soprattutto dal momento in cui Daniel sarebbe dovuto passare a prenderlo circa tre quarti d'ora fa. In quel momento sentii una fitta in un punto ben preciso del mio petto: nella parte bassa, all'altezza dello stomaco. Il mio segnale d'allarme che precedeva i conati di vomito.
-Oh, ca... cavoletti. Ehm... Andrew, tesoro, perché non vai di sopra a controllare di aver messo tutti i tuoi giocattoli nello zaino?
-Ok, mamma.
Aspettai che mio figlio sparisse in cima alle scale per potermi gettare nello sconforto, non volevo che Andrew ricevesse un'altra delusione da quell'uomo. Melanie probabilmente percepì il cambiamento del mio stato d'animo perché prese Lidia e la mise nella sua culla a dondolo, poi mi affiancò sul divano, chinandosi un poco per osservarmi meglio.
-Daniel è di nuovo in ritardo?- sussurrò, tentando di indovinare la causa della mia frustrazione e riuscendoci al primo colpo.
-Sì, quel figlio di buona donna non ha nemmeno chiamato per avvisare Andrew che avrebbe fatto tardi... se non dovesse presentarsi nemmeno stasera ci rimarrà malissimo! Pensa che ieri sera stavamo litigando al telefono perché questo mese non mi aveva ancora inviato l'assegno degli alimenti, e sai che cosa ha detto? Che l'unico motivo per cui aveva accettato di crescere Andrew come se fosse stato suo figlio era perchè altrimenti non avrei mai accettato di stare con lui! MA TI RENDI CONTO?!- soffocai le ultime parole sul palmo della mia mano, giusto in tempo per rendermi conto che avevo cominciato a singhiozzare. Come ogni volta che la conversazione ricadeva su tutto quello che mi aveva fatto negli ultimi tre mesi.
Sentii il braccio di Mel circondarmi affettuosamente il collo, stringendomi di più a lei che aveva potuto vedere coi suoi occhi tutte le cattiverie e gli insulti che Daniel Van DeMason mi aveva lanciato contro.
-Che bastardo senza cuore. Oh Eva, tesoro mi dispiace tantissimo. C'è qualcosa che posso fare per aiutarti?
Mi asciugai le prime lacrime col dorso della mano, risparmiando sia a lei che a me stessa l'ennesimo pianto nervoso che sarebbe sicuramente sfociato in una magnifica quanto deleteria abbuffata di gelato. -No, lascia stare... quella era la vecchia Eva! Quella che si lasciava fregare dagli uomini senza protestare e che non aveva il coraggio di replicare su niente. Ora sono cambiata, mi sono reinventata ecco!
-Brava, così mi piaci.
-Oh cavolo, mi dispiace... sono un'amica orribile vero?- domandai cercando, debolmente, di sorriderle.
-Perché dici così?
-Insomma... tu vieni qui per sfogare il tuo dolore per Duncan e io monopolizzo l'attenzione su di me, mi dispiace.
La vidi replicare, in forma più ampia e serena, il mio sorriso, cosa che mi diede un conforto immenso. -Eva, se permetti io non ho appena attraversato un divorzio merdoso... e poi possiamo fare quello che facciamo di solito per confortarci!
-Tu che ti scoli un'intera bottiglia di vino mentre io ti guardo perché sto ancora allattando?
-A parte quello, potremmo passare la serata insieme... io, te, i bambini e tante scatole take away dell'unico ristorante cinese in zona che non ha ancora ricevuto visite dall'ufficio di igiene!
Dai, era una visione meno tragica di quella che avevo immaginato, io e lei circondate da tante confezioni di gelato alla stracciatella e, non contente, da glassa liquida al cioccolato fondente. -...ok.
Ormai sicura che Daniel non sarebbe arrivato, io e Mel trascorremmo il pomeriggio a giocare coi bambini, beh... a dire il vero ci giocava solo Mel, io li guardavo mentre “giocavo” col ferro da stiro e la montagna di biancheria asciugata che avevo disordinatamente ammucchiato sul tavolo. In quel momento, il suono del campanello interruppe il mio lavoro. Mi venne immediatamente in mente che la casa accanto alla mia era appena stata comprata da una ragazza che, a quanto mi avevano raccontato le anziane signore che occupavano la metà delle case del nostro quartiere, aveva fatto la modella e che aveva percorso, per qualche anno, una discreta carriera come attrice. Chissà come sarebbe stato avere un'attrice come vicina di casa...
-Eva, apri la porta.
Il suono di quella voce, della sua voce, mandò in frantumi il mio piccolo viaggio mentale. Feci un cenno a Melanie, che prese subito Lily e la portò al piano di sopra insieme a Andrew, comunicandomi che li avrebbe portati giù solo e se l'avessi chiamata. Appoggiai il ferro da stiro sull'asse imbottita ed andai ad aprire, pentendomi subito di avergli semplicemente lanciato l'elettrodomestico attraverso il vetro della porta d'ingresso.
I suoi occhi. Dio, i suoi occhi che avevano catturato i riflessi degli zaffiri lavorati dai migliori artigiani, gli stessi zaffiri che rivedevo ogni giorno nel viso di mia figlia. Anche se avevamo divorziato da quasi due mesi non ero riuscita ad allontanarlo davvero, non se potevo osservare i suoi tratti nel viso della mia Lidia.
-Alla buon'ora... la borsa di Andrew e Lidia è già pronta- mormorai, visibilmente seccata del suo ennesimo ritardo. Lui, dietro al suo completo firmato e al viso curato, deglutì imbarazzato, e questo non fece altro che aumentare il mio nervosismo e la mia voglia di lanciargli contro il ferro ardente per lasciargli la stimmate sul bassoventre!
-Ascolta, oggi non riesco a prenderli...
-E perché mai?- domandai furente, già sull'orlo dell'ira.
-Ho del lavoro da fare e non riesco a occuparmi anche dei bambini...
-Strano, mica eri stato tu ad insistere per tenere i nostri figli almeno nei weekend?
-Lo so, ma questa settimana non ce la faccio.
Daniel Van DeMason era l'avvocato divorzista (oltre che l'uomo) più squallido e immorale che ci fosse sulla piazza, un vero squalo. La cosa peggiore del nostro divorzio fu che non potè rappresentarmi, quando aveva finito di trovare scappatoie e nascondere il patrimonio non c'era più niente da dividere. Mi ero tenuta la casa e l'affidamento dei bambini, è vero, ma per il semplice motivo che qualsiasi giudice sano di mente non avrebbe mai dato l'affidamento a lui e alla sua nuova compagna-zoccola: Sheyla.
Daniel sospirò alla vista della mia espressione per nulla convinta, si passò una mano nel capelli castani per poter pensare a quale altra balla inventarsi per tenermi buona e poi parlò ma, incredibilmente, le sue capacità ammalianti non mi fecero alcun effetto.
-Eva, senti... a proposito di quello che ti ho urlato ieri. Ho detto delle cose orribili e ti chiedo scusa.
-Ti avevo chiesto di dirmi la verità... in fondo non è colpa tua se è brutta- mormorai a voce ancora più bassa, in modo che Mel non mi potesse sentire. Sapevo che mi avrebbe fraintesa, scambiando la mia semplice constatazione per una forma di giustificazione, perchè era sempre così, io lo giustificavo sempre. E invece no, non questa volta.
-Sì, e mi dispiace...
Mi venne quasi da ridere.-Ti dispiace? Davvero ti dispiace?
-Sì, spero solo che tu e Andrew siate in grado di perdonarmi.
E in quel momento sentii distintamente la rabbia repressa rompere gli argini di pazienza che mi ero costruita dopo anni di sfiga e una serie incredibilmente lunga di pessimi fidanzati, mi trattenni a stento dal saltargli al collo e divorargli la faccia.
-Senti, faccia da culo che non sei altro. Per quello che mi importa puoi portare te e le tue scuse del cazzo a farsi fottere. Ogni tuo contatto coi miei figli è finito, non osare mai più presentarti a questa cazzo di porta, se vuoi parlare puoi farlo solo attraverso il mio avvocato e, se provi a portarmi via Lidia, io farò alla tua colonna vertebrale quello che ho fatto il mese scorso alla tua cazzo di collezione di cimeli sportivi, sono stata abbastanza chiara?
Ma non sentii mai la sua risposta perché gli sbattei la porta in faccia così velocemente da poter sentire il legno lamentarsi e picchiare contro i cardini d'acciaio. Feci scattare la serratura due volte e lasciai la chiave dentro, in modo che non potesse usare la sua per entrare, e ritornai ad occuparmi del bucato come se non avessi mai mandato a stendere il mio ex-marito, con una nonchalance che farebbe invidia a chiunque.
Sentii Melanie scendere le scale e piazzarsi di fronte all'asse da stiro con un sorriso strabiliato e incredulo. Sentivo che era orgogliosa di me e ne ero felice.
-Wow, sei davvero tu?
-La vecchia Eva non avrebbe mai risposto così, ma quella nuova gliene ha dette quattro!- esclamai ripiegando con cura il pigiama preferito di Andrew e mettendolo nel cesto dei panni puliti.
-Anche cinque o sei dal numero di parolacce che hai inserito! Qual'era la scusa stavolta?
-Aveva del lavoro da fare, traduzione: “Io e Sheyla abbiamo intenzione di passare un piccante fine settimana a casa, da soli”.
Ci fu un silenzio di circa due secondi, giusto il tempo necessario per permettere a Mel di pensare a qualche cattiveria.
-....io propongo di ucciderlo mentre la sua puttanella minorenne guarda- propose, serissima.
Scoppiai a ridere, era circa la settima volta che proponeva quella soluzione ma dovevamo ancora trovare il modo di attuarla senza finire in galera, il che era difficoltoso.
-Non lo dire o sarò tentata di darti ascolto...
-Ok, come preferisci. Ordino gli gnocchi di riso gli spaghetti di soia?
-Tutti e due!

Un'ora e mezza dopo, circondate da una fornitura militare di cibo cinese che ci avrebbe assicurato le successive 36 ore a intermittenza sul gabinetto, eravamo tornate a parlare a ruota libera del nostro tema preferito “gli uomini sono dei bastardi”; argomento su cui avevamo sempre nuovi pensieri, uno più offensivo dell'altro. E mentre io cercavo di parlare nel modo più vago e generico possibile poiché anche solo nominare Duncan avrebbe fatto esplodere Melanie in una valle di lacrime, lei insisteva particolarmente nell'usare Daniel come esempio del famosissimo Homo Solo Penis Erectus. Chi ero io per fermarla?
Ad un certo punto, in un momento non ben precisato della nostra conversazione, sentii le gocce d'acqua attaccarsi ai vetri delle finestre, scivolando lentamente su tutta la superficie trasparente, prima di toccare i fili d'erba sul terreno. Man mano che i secondi passavano aumentava anche la quantità d'acqua che cadeva al suolo, assumendo in poco tempo le proporzioni un vero e proprio temporale. Le previsioni promettevano un sole da tropici per cinque giorni, e invece si presenta questo diluvio... e la cosa non mi dispiaceva affatto. La pioggia avrebbe lavato via tutta la mia frustrazione.
-Ha cominciato a piovere... tu sei in macchina vero?
Melanie sbuffò alzandosi in piedi. Lei, e soprattutto i suoi capelli, odiavano la pioggia. -Sì, e direi che ora devo andare al lavoro... e devo anche sbrigarmi sennò Nicole mi farà camminare a piedi nudi sui ceci... sotto alla pioggia!
Mi alzai anche io e seguii la mia amica verso l'ingresso, sorridendo davanti all'immagine di Nicole che minacciava sangue e violenza con in mano un sacchetto di ceci surgelati... la sua tortura preferita e che mai aveva messo in pratica, per fortuna!
-Sì, ne sarebbe capace... salutami quell'asociale di tuo fratello quando lo vedi!
-Senz'altro... anche se dubito che lo vedrò, stasera Sean è pieno di lavoro. Dai un bacio ai miei figliocci da parte mia ok?
-Sì, certo.
-Buonanotte tesoro, e tanta merda per il lavoro!
-Grazie... 'notte.
Stavolta richiusi la porta piano, giusto per strapparmi qualche secondo in più davanti allo spettacolo d'acqua che si mostrava ai miei occhi. Immaginai le gocce di pioggia lavare via ogni singolo ricordo che il mio vialetto aveva visto negli ultimi mesi: ogni litigio, ogni urlo, ogni pianto, ogni crepa che mi aveva segnato irrimediabilmente il cuore. Non potei fare a meno di chiedermi se, per quanto amassi la pioggia, sarei mai riuscita a trovare qualcuno con un ombrello abbastanza robusto da poter resistere al mio passato e a quello che ero diventata, in modo da tenermi finalmente all'asciutto dopo tutta l'acqua che il mio cuore aveva raccolto.




ANGOLO DELL'AUTRICE

Buonasera, mi rendo conto che sono in ritardo di quasi una settimana rispetto alla data che avevo postato sul mio profilo, vi chiedo scusa. Ho riscritto questo primo capitolo una cosa come 5 volte e mi sembrava sempre peggio, ma quest'ultima versione mi ha finalmente convinta a spezzare l'attesa di chi, precedentemente, aveva letto la versione precedente di Satisfaction.

Voglio subito partire ringraziando SuxFrago1212 per avermi fatto da pre- reader e per aver sciolto la mia insicurezza, grazie mille tesoro!

Poi ci tenevo a ringraziare chi mi conosce già per questa storia e ha avuto la pazienza di aspettare fino ad oggi per rivederla pubblicata, perché senza i loro incoraggiamenti non lo avrei mai fatto. Grazie!

Per chi volesse conoscere i volti dei miei personaggi, vi do i link:

Eva

Melanie

Daniel Van DeMason

Andrew

   
 
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