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Autore: Nuage9    13/03/2011    1 recensioni
Raccolta di one-shot sui vari monaci Sanzo, e sul legame che c'è/c'è stato tra loro. :)
01. « Ha paura che gli rubi il giocattolo, anche se è già stato usato? Ai miei tempi, si preferiva averne di nuovi ».
02. « Guardare la Luna ti farebbe bene. Non sai mai quando potrà mancarti questa vista »
03. « Avevo sospettato avessi degli strani passatempi, ma così mi sembra un po’ troppo, non credi? »
[Questa raccolta partecipa al The OHHP indetto da BlackIceCrystal ~]
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Genjo Sanzo Hoshi, Komyo Sanzo, Ukoku Sanzo
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: The importance of being Sanzo (L'importanza di chiamarsi Sanzo)
Fandom: Saiyuki
Personaggi: Genjo Sanzo, Komyo Sanzo, Ukoku Sanzo
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of Life
Avvertimenti: Raccolta, Missing Moments, Shounen-ai
Note: 1) Questa raccolta partecipa al The One Hundred Prompt Project, indetto da BlackIceCrystal;
The One Hundred Prompt Project
2) Chiedo scusa a Morfeo per l'abuso del suo nome. Perchè nelle fanfiction "dormire tra le braccia di Morfeo" è fin troppo usato - ma tant'è, giusto per essere banali, al momento non ho trovato metafore migliori.
Prompt del capitolo: n° 84. Rimpianto
Disclaimer: I personaggi non mi appartengono (sigh!) e la storia non è scritta a scopo di lucro ~

The importance of being Sanzo.

Il suo unico rimpianto si presentava solo nelle notti di plenilunio o di novilunio, ed aveva l’aspetto di un giovane monaco attraente, irresistibile. L’incarnazione della sua oscurità.

Komyo Sanzo non si era mai ritenuto un uomo dai mille pregi; tuttavia, se c’era qualcosa che gli piaceva di se stesso, era il modo con cui aveva condotto la propria vita fino a quel momento.
Senza rimpianti, mai.
Non avrebbe saputo dire se era a causa del suo carattere, certe volte apparentemente troppo frivolo, o di che altro, comunque sia non aveva nulla di cui lamentarsi. Ora, poi, aveva pure un allievo a cui, un giorno lontano, avrebbe potuto passare il ruolo di Sanzo.
Sorrise dolcemente, il monaco, osservando un bambino biondo di appena quattro anni che dormiva in un piccolo futon steso a poche braccia dal suo. Notò solo in quel momento che, a dispetto dell’età, Koryu della corrente del fiume - così lo aveva chiamato - non abbandonava quella sua tipica espressione corrucciata nemmeno tra le braccia di Morfeo*.
« Avevo sospettato avessi degli strani passatempi, ma così mi sembra un po’ troppo, non credi? », esclamò qualcuno alle sue spalle che, avvicinatosi così di soppiatto, a momenti faceva sobbalzare l’uomo per la sorpresa.
« Ken’Yu... Anzi, Ukoku. A cosa devo la visita? Non mi verrai a dire che dopo neanche un mese ti sei già stancato della carica che ti è stata... - lasciò cadere per un attimo il silenzio, indugiando su quella parola - Assegnata? ».
Le voci di entrambi, le loro espressioni, erano quanto di più rilassato ci si potesse immaginare; erano i visi di due amici di vecchia data che, dopo molto tempo, si incrociano per caso.
« Ho interrotto un momento speciale? » domandò il giovane monaco, avvicinandosi - forse un po’ troppo - alla porta, e all’altro uomo che era appoggiato proprio allo stipite di questa, per sbirciare oltre le spalle di quest’ultimo.
Biascicò qualcosa che alle orecchie altrui venne interpretato come “Carino”, detto però senza molta convinzione.
« Ti stai calando nel tuo ruolo di genitore? Fratello? », e si volse a guardarlo, il viso appena sopra la sua spalla. Komyo poteva sentire il suo respiro collo, e scorgere i suoi lineamenti con la coda dell’occhio. Tuttavia non si girò, rimase poggiato contro il fusuma, le braccia conserte.
« Stavo pensando... Un po’ a tutto. A questa vita ».
« Aah, capisco. I rimpianti non sono una bella cosa, eh? »
« No, probabilmente. Ma non credo di averne ». Solo allora si girò a guardare Ukoku dritto negli occhi il quale, a sua volta, ricambiava lo sguardo. E sorrideva - anzi, sarebbe stato meglio dire ghignava. A soli diciassette anni di età, era già monaco Sanzo; per questo motivo, credeva di dover mettere tutti a conoscenza dei suoi pensieri, che riteneva sempre esenti da ogni errore.
« Un uomo che non ha rimpianti non passa due ore in piedi a fissare il nulla - o la causa stessa del suo rimpianto. Non credi? » e l’altro non poté fare a meno di arrossire, sentendosi, in un certo senso, “colto in flagrante” - era lì da così tanto tempo?
« Piuttosto che fare di lui un tuo rimpianto - per averlo portato qui, perché lo costringerai a diventare qualcosa che non gli porterà alcun sollievo -, perché non cerchi di... Insegnargli cosa c’è fuori? » ed a quel punto la sua voce si fece più bassa, quasi volesse imprimergli nella mente il discorso. Quella sera, una notte senza Luna, le difese del monaco custode dei due sutra sembravano abbassate. In realtà, con quel ragazzo non aveva mai avuto alcuna difesa.
« Non lasciarlo diventare un tuo rimpianto - ripetè, abbracciandolo da dietro -. Per quello, basto e avanzo io ».

Solo più avanti Komyo si rese conto che, evitando al bambino di divenire il suo rimpianto, era lui stesso diventato quello del nuovo Genjo Sanzo. Ed il suo irreparabile errore, privo di espiazione.
Ma, a quel punto, poté solo augurare al suo giovane allievo di trovare qualcuno disposto a tendergli una mano, a non trascinarlo nelle tenebre. Qualcuno che sarebbe potuto essere, più che una notte di novilunio, il suo Sole.

  
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