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Autore: Stray cat Eyes     14/03/2011    1 recensioni
Dalla finestra del corridoio scorsi la folla raccolta in giardino.
Il Club. Le clienti. Lei.
No. Hai sbagliato persona.”
[Reiko Kanazuki/Renge Hoshakuji]
Rispondo all'iniziativa indetta dal « Collection of Starlight »: The Fandom Show.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Altri
Note: OOC | Avvertimenti: Spoiler!
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Quando il fandom ti chiama non puoi non rispondere! The Fandom Show, è un'idea del « Collection of Starlight », said Mr Fanfiction Contest, « since 01.06.08 »

Allora, chiariamo subito che tutto questo non è assolutamente colpa mia. XD
Fondamentalmente, sono stata traviata (ancora una volta) dalle iniziative del forum; ho sparato (i doverosi) sette numeri a caso, ed ho così ricevuto la mia lista di parametri da rispettare:
Drabble Shot - Angst - R (Restricted) - POV - Shoujo-ai - Personaggio marginale - Crossover (anche solo accennato).
La mia reazione quando li ho letti:
WTF?!?!
Ho tentato di rispettare tutti i prompts, anche se qualcuno è venuto un po’ tirato via. Nel mezzo, ci ho aggiunto di mio anche un certo quantitativo di OOC, ma non sono riuscita a fare altrimenti.

In particolare, mi sentirei in dovere di spiegare il Crossover:
Beatrice-san è un personaggio del manga “The Prince of Happiness”, di Tanaka Suzuki (ancora inedito in Italia), quindi non di mia invenzione, ed è questa signorina qui.
Non si tratta di un essere umano, bensì di una sorta di fatina; le proporzioni tra una persona e un esserino come lei sono più o meno queste.

Perdonatemi, va bene?












[There’s nothing to composing.]





Today’s tears always bring tomorrow’s happiness.

Mi parve tanto come un incubo a fiorellini, gli stessi che Haninozuka-kun spargeva nel mondo, un sorriso alla volta.
“Ciao, Reiko-chan! Io sono Beatrice!”
Sembrava solo un brutto sogno, con una fatina eccitata, un paio di ali e tanto, tanto luccicare.
Soprattutto, sembrava supplicarmi in ginocchio di lanciarle addosso una maledizione, con tutto quell’affannarsi a brillare.
“Soltanto tu puoi vedermi, perciò attenta!”
Quel giorno la ignorai, tornando a pestare erbe e ossa finte nel mortaio. Ma da quell’incubo, purtroppo, non mi sarei svegliata tanto presto.
“Sono qui in attesa che tu sia felice!”
In qualche modo, sapevo che non mi avrebbe portato a niente di buono.




Is this the scent of “Happiness”?

Beatrice-san era apparsa all’improvviso, professando in me una fede così fuori luogo che per molto tempo fui davvero convinta di aver sognato tutto.
“Tu sarai felice, io lo so. Riesco a sentire già ora il sapore della tua felicità!”
Le sue alucce vibravano di uno scintillio breve ma ripetuto, insieme ai suoi sorrisi fiduciosi, come lo scodinzolare di un cagnolino.
M’infastidì.
“Ti hanno fatto una predizione? Non puoi sapere se sarò felice, allora.”
Lei luccicò, agitando le braccia. Ebbi l’impressione che mi gettasse polvere negli occhi, perché mi bruciavano.
“No, io lo so! La felicità delle persone è cibo per quelli come me, e sprigiona un’aura deliziosa! Tu hai un buon odore. Un odore felice. Mi basterà aspettare.”
La guardai. Fin lì avevo sperato fosse solo l’effetto collaterale di una maledizione non riuscita, ma Beatrice non spariva mai.
“Sei disposta a credermi?”
Dalla finestra del corridoio scorsi la folla raccolta in giardino.
Il Club. Le clienti. Lei.
No. Hai sbagliato persona.”




Perché i miei occhi l’avessero scelta, questo non lo so.
Forse su di me gravava il peso di un incantesimo.
Magari era stato soltanto il suo chiacchiericcio ad attirare la mia attenzione.
O era la sua luce. Doveva esserci qualcosa di strano e scorretto, nel giogo della sua luce. Era così forte che anch’io, pur reticente, iniziai a guardarla. Con un certo tormento, quando scoprii di non poterne fare a meno; con più dolore ancora, quando ricordai che le mie ombre silenziose non l’avrebbero mai chiusa in trappola; che lei che sprigionava luce le avrebbe cancellate... senza neanche accorgersene.




We just write, and play, and write, and play and write and...

Haninozuka mi aveva insegnato che, per comunicare, bisogna parlare.
Ebbene, io le avevo parlato.

Da che il Club era partito, non era più così difficile trovarla inoccupata. E così la scoprii in biblioteca - armata di fogli, tanti fogli, e matite e pennini a decine - nell’atto di ricalcare le bozze di disegni in qualche modo osceni.
Erano la sua passione, i suoi incantesimi.
Il testo nei balloon mi sfuggì, ma riuscii a rubarne uno stralcio.
“Ti amo.”
Troppo nervosa per tentare un sorriso, troppo seria per aiutarmi a gesti; ma glielo proposi come meglio mi riuscì.
Renge mi guardò, come incastrata in un limbo da cui non sapeva uscire.
Poi tese un indice.
“Così non va bene! Ci vuole più dolcezza, più femminilità! Se vuoi dichiararti a un ragazzo, devi saper sfruttare le tue espressioni facciali! Ce le hai, delle espressioni facciali?!”

Haninozuka mi aveva insegnato, ed io avevo parlato.
Ma non ero riuscita a comunicare.




I’m a wanderer now, sorrow befalls me.

Renge continuò a trovare cose sbagliate, in me. Di tutto era possibile far una critica, che fosse l’aspetto, il silenzio o la parola; ogni giorno mi elencava i miei errori, nel tentativo di correggermi, ma io non ero in grado di seguire le sue direttive. Restavo un personaggio sbagliato, su tutti i fronti.
Non che m’importasse – ero già rassegnata all’idea di restare fuori dal mondo, e da molto, anche.
Perciò tornai alle maledizioni. Un lembo della sua divisa, la registrazione della sua risata, il ricordo intenso del suo sguardo mentre scriveva, rapita dal proprio universo.
... Inutile.

Beatrice-san avrebbe atteso un pasto invano; e questo, in cuor mio, lo sapevo.




He pointed to his heart and mind and ears.

Il cero nero si spense di botto, quando rovesciai tutto a terra. Mortaio, fiori vari, ciocche di capelli.
Ventisette maledizioni fallite, ed io ero stanca.
Beatrice-san si appollaiò sulla mia spalla, improvvisamente così pesante da spingermi giù, nell’angolo più buio dell’aula deserta.
“Non preoccuparti. La tua felicità deve ancora arrivare, riesco a sentirla.”
La sua minuscola carezza bruciò sulla mia guancia, ferendomi sottopelle.
“Era solo in ritardo, vedi?”
Sollevai lo sguardo.
Le luci buie dell’aula del club di magia nera non le consentivano di scintillare, ma nei miei occhi s’insinuò la sua immagine e vi rimase, come un mostro nell’armadio.
“Tu... fai sul serio, Kanazuki-chan?”
Annuii.
Il mostro tese una mano, trovando il mio viso.




Here, here and here.

Dovevano essere così, quelle cose oscene che l’appassionavano tanto. Strane così, travolgenti così, calde così.
“Sta’ giù, Kanazuki-chan...”
Tirò giù le calze; le mani inglobate dalla mia gonna, un singulto. Mi chiesi cosa l’avesse spinta a rendermi partecipe di quella fantasticheria sin troppo tangibile.
Forse aveva voluto provare sulla propria pelle ciò che costringeva i suoi personaggi a vivere. Sperimentarlo in prima persona, come fosse entro le pagine di una doujinshi, non chiusa in un’aula in disuso.
Ren...”
Mentre le sue mani mi scivolavano addosso, scorrendo dalle ginocchia all’inguine, mi prese una strana tristezza. Un buio in cui non sapevo crogiolarmi.
Nh...”
Ero soltanto un esperimento, quindi.




Even if this isn’t happiness, my feelings won’t change.

Il giorno dopo, mi decisi finalmente per la resa.
Chiaramente, né lei né la felicità erano alla mia portata; stando così le cose, tanto valeva smettere.
Tornai in biblioteca, le restituii la sua ciocca di capelli, il tessuto della sua uniforme, la sua voce intrappolata nel registratore. Il ricordo del suo sguardo non potei ridarglielo e nemmeno lo menzionai, ma quello temo avrei voluto conservarlo in ogni caso.
“Da oggi, smetterò ufficialmente di maledirti. Ti ringrazio per la pazienza dimostrata nei miei confronti.”
Renge mi guardò, nel sottofondo tante note e tante voci diverse che cianciavano di me, di lei, della fortuna e della sfortuna toccatale. Lei non parlò. Eppure mi comunicò qualcosa.
Confusione.




Love’s aura of “happiness”.

Aveva un sorriso enorme e gli occhi luminosi. Dovette abbagliarmi, perché gli occhi mi bruciavano.
Ti amo.”
Il vociare nei corridoi non fu abbastanza, non le nascose la voce – non alle mie orecchie, almeno. Quelle parole mi giunsero perfette, chiare e tonde, e mi dissero qualcosa che non mi ero mai azzardata a immaginare.
Doveva essere una magia, pensai.
“Vedi? È così che si dice.”
Ebbi l’impressione che qualcosa mi si trasformasse in viso, in un disegno nuovo e quasi senza criterio – Sorrisi, credo.
Alle mie spalle, invisibile a chiunque, Beatrice-san si godette un bel pasto e lo condì di estatici gridolini.















Note.
I titoli “Today’s tears always bring tomorrow’s happiness”, “Is this the scent of “Happiness”?”, “Even if this isn’t happiness, my feelings won’t change”, “Love’s aura of happiness” sono citazioni dal manga “The prince of Happiness”; gli altri, invece, sono versi tratti da Here, here and here, Meg&Dia.


... Ma l’imbarazzo di scrivere questa fanfiction...! Primo, perché io nelle zozzerie ci sto scomoda e non sono in grado di scriverle; e il rating arancione, in mancanza di violenza e/o scene abbastanza forti, in questo caso non avrei saputo come renderlo.
Secondo, perché questo pairing...! Se l’è mai sognato nessuno? Eh? No! E allora, perché diavolo m’è venuto in mente? *tears*
Diciamocelo: è una cosa crack che più crack non si può. Ma, in un manga come questo, per trovare dello shoujo-ai reale (che nessuno mi nomini Benio!), non avrei saputo dove altro sbattere la testa. *tears again*
Che dite, ce la fate a perdonarmi? *__*




  
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