Guardai le lancette, del mio orologio da polso, che segnavano le 17
passate.
Ero in piedi alla fermata del tram da non so quanto tempo, stanca e
piuttosto infastidita da quello sguardo che sentivo su di me.
Ma che avrà
mai da guardare? – mi chiesi cercando di non
far vedere il mio disappunto mentre osservavo di sottecchi il ragazzo
appoggiato al lampione ormai illuminato.
Bene! si sta facendo
anche buio, io sono in ritardo e in più
c’è questa specie di psicopatico che mi osserva da
più di un’ora! – ero
proprio esasperata, ma tutte a me capitavano!?
Mi ritrovai a battere nervosamente un piede per terra quando il mio
sinistro compagno mi rivolse la parola… – se continui a picchiettare in
quel modo finirai per fare un buco sul marciapiede – disse
ironico con un mezzo sorriso.
Osservandolo meglio notai che era piuttosto affascinante, alto, con un
ciuffo castano scuro che gli scivolava da sotto il cappuccio della
felpa, sfiorandogli la fronte, occhi verdi, profondi ma con qualcosa di
cupo, come una velata tristezza, un’ombra di dolore.
Ancora ammutolita da quelle sue parole mi ritrovai a fissare il suo
sguardo che adesso non sembrava più amichevole ma piuttosto
inquietante.
Osservai lui, osservai il mio piede, che con un gesto automatico smise
di battere, e poi sentii la mia voce bisbigliare delle scuse.
Lui si costrinse a sorridere e tirò un po’
più giù il cappuccio cercando di ripararsi da
quella timida pioggerella che stava cominciando a bagnare
l’asfalto.
Rimasi così, a fissare il vuoto, cercando di non fare troppo
caso alla sua presenza, di cui però non sentivo
più lo sguardo addosso.
Dopo poco, un leggero trillo annunciò l’arrivo del
tram.
Saint Mary –
comunicò la voce elettronica della vettura.
Mi apprestai a scendere, mi sentivo sollevata, stavo per raggiungere il
mio appartamento.
Appena fuori dal tram, una ventata di aria gelida mi
investì, facendomi rabbrividire e stringere nel mio piumino
bianco.
Mi avvolsi intorno la spessa sciarpa e mi incamminai verso casa.
Ma un rumore mi fece trasalire. C’era qualcuno
alle mie spalle?
No, ero solo io quella sera a essere particolarmente ansiosa...
Così, imponendo me stessa di non guardare indietro,
continuai a camminare…
Ma stavolta con un passo leggermente più frettoloso.
E poi di nuovo quel rumore.
Sembravano passi…
Mi voltai lentamente appena in tempo per intravedere un’ombra
nascondersi in una stradina secondaria posta a lato del marciapiede.
Così, inconsciamente, mi girai e cominciai a correre...
Correre come mai avevo fatto in vita mia.
Pochi minuti dopo ero davanti al portone di casa.
Con mani tremanti infilai la chiave nella serratura, e entrai nel mio
appartamento.
Sono una stupida –
dissi appoggiando la fronte contro il freddo legno della porta.
Quella sera mi infilai sotto le coperte con uno strano presentimento.