Angeli e demoni
di
Beren
tradotto
da madjoker
Beta:
Sanzina
Rinuncia: Questa storia è basata su caratteri
e situazioni create e possedute da JK Bowling e i vari editori, inclusi ma non
limitati a Scholastic Books, Raincoast Books e Warner Bros Inc. Non c’è
guadagno e non è intesa nessuna infrazione della proprietà letteraria riservata
o del marchio.
Avvertimenti: Questa storia è intesa come post OOTP, perciò contiene
SPOILERS. Se non volete sapere nulla del 5° libro non leggete questa storia.
Le Note d’autore: Questa fic contiene Veela!Draco e molte altre cose che
sembrano essere un cliché in molte fandom. Ho provato un gran divertimento
nello scrivere questa fic, tentando di esplorare le possibilità in un modo
lievemente diverso da ciò che ho visto in precedenza. Può esserci Veela!Draco,
ma è tutto basato sul POV di Harry, in caso che qualcuno se lo chiedesse.
cap.
1
Scoperte
Harry
scostò la schiena dal sofà, allungandosi, ma non servì. Il male che avvertiva
sotto e tra le scapole non andò via. In principio aveva pensato che fosse a
causa di uno stiramento causato dagli allenamenti di Quidditch, ma solitamente
questi scomparivano poco tempo dopo. Un viaggio nell’ala dell’infermeria aveva
attraversato la sua mente dopo un paio di giorni di dolore, ma non gli piaceva
infastidire le persone con cose di poco conto. Se crescere con i Dursley gli
aveva insegnato qualcosa, era l’essere autosufficiente, ed un dolore nella
schiena non era abbastanza per fare chiasso.
“Tutto
bene, Harry?” Gli chiese Ron, dall’angolo in cui stava stracciando Neville agli
scacchi.
“Un
po’ di dolore nella schiena”, fu la risposta di Harry, che si alzò, per provare
se serviva a far diminuire il dolore.
“Ancora?”
Disse Ron che si girò per guardarlo, un piccolo cipiglio sul volto.
Ron
si era accorto del suo disagio il giorno precedente, ma Harry l’aveva
rassicurato con la scusa di una mossa avventata durante il volo.
Dall’espressione sul viso di Ron, Harry capì che questa volta non avrebbe
potuto scamparla con la stessa scusa. Tutto ciò che desiderava era che
l’irritante sensazione sparisse. Essendo un mago, aveva pensato che avrebbe
dovuto essere in grado di affrontare un semplice dolore, ma fino a quale
momento, la pozione per rilassare i muscoli che aveva fatto durante la
punizione la settimana precedente non stava funzionando. Harry spostò le
spalle, in un tentativo di liberarsi del dolore sordo che era diventato
lancinante. L’agonia corse attraverso la schiena, per poi dirigersi giù, lungo
la spina dorsale, causando un grido di spavento pieno di dolore e pianto, che
lo fece sentire stordito.
“Harry!”
Gridò Hermione, che si lanciò verso l’amico.
La
ragazza prese Harry per un gomito con una mano, posando l’altra sulla schiena
per offrirgli appoggio. Quasi immediatamente la ritirò, osservandone il palmo,
sotto lo sguardo di Harry.
“Harry”,
disse Hermione lentamente, come se stesse tentando di rimanere calma “dobbiamo
portarti da Madama Pomfrey.”
L’espressione
sul viso della ragazza era di preoccupazione e anche se le fitte lancinanti
erano passate, il dolore preesistente era aumentato notevolmente. Allo sguardo
interrogativo di Harry, Hermione girò la mano, rivelando un palmo rosso.
“Stai
sanguinando” disse calma.
==========
Ron
e Hermione avevano insistito per accompagnarlo all’ala dell’infermeria ed era
stato solo grazie alla loro fermezza che non erano stati seguiti dal resto dei
settimo anno. Fin dalla fine della guerra erano divenuti un gruppo molto
affiatato, ed erano molto protettivi l’un con l’altro, specialmente quando si
trattava di Harry. Il fatto che fosse sopravissuto già era un miracolo, ed i
suoi compagni avevano preso molto seriamente il compito di preoccuparsi della
sua sicurezza. Il fatto che dopo la vittoria su Voldemort fosse caduto in coma
per due mesi e che durante tale periodo l’intero suo anno l’aveva visitato a
rotazione per tutto il tempo l’aveva fatto diventare il perno delle loro vite.
Erano passati più di sei mesi, e ora Harry era normale come sempre, ma la casa
di Gryffindor non sembrava vederla in quel modo.
Nel
momento in cui entrarono nell’ala dell’infermeria Poppy lo fece sedere su di
uno dei letti ed alzò il dietro della t-shirt nera, per dare un rapido sguardo.
Quello fu il momento in cui le cose andarono a rotoli. Poppy mormorò qualcosa
tra sé, poi spedì Hermione e Ron via con una qualche scusa, infine tirò le
tende del letto.
“Per
favore, rimuovi la maglia e rimani a faccia in giù sul letto, Harry” disse la
donna con tono calmo, ma un po’ tremante.
Harry
aveva passato mesi a rimettersi in sesto sotto le sue cure dopo la sconfitta di
Voldemort, e la conosceva molto bene. Ecco perché, quando non c’era nessun
altro presente, la chiamava ‘Poppy’ e lei sempre ‘Harry’. E per questo motivo
sapeva che c’era qualcosa che non andava. Harry aveva imparato a conoscere
molto bene la guaritrice, durante le settimane dopo il suo risveglio dal coma e
le vacanze estive passate a scuola per recuperare tutto il lavoro perso mentre
era incosciente. I suoi istinti gli annunciavano che qualcosa la stava
infastidendo, anche se sembrava essere occupata nelle faccende normali.
Giacendo
a pancia in giù, la fronte posata sulle braccia, Harry si sentiva molto nervoso
per ciò che Poppy poteva aver scoperto, ma non aveva ancora trovato il coraggio
di chiedere. Harry si accorse che quella posizione era, davvero, la più comoda
che fino a quel momento avesse provato e
gli provocava molto sollievo al dolore.
“L’emorragia
è superficiale”, fu l’efficiente risposta di Poppy e il ragazzo avvertì il
tocco gentile della donna sulla schiena “ma è infetta. Pulirò le ferite,
preparati perchè può fare un po’ male.”
Prima
che Harry potesse fare l’ovvia domanda su ‘quale ferite?’, la guaritrice si
allontanò per recuperare le sue scorte. Appena ritornò qualcosa di freddo e
doloroso toccò la pelle tra le scapole. Harry gemette, seppellendo il viso nel
cuscino, mentre Poppy procedeva con la cura delle ferite, e, come suggerito, qualsiasi
cosa stesse usando pungeva come sodomia. Ci vollero circa trenta secondi perché
il dolore che i suoi nervi gli stavano spedendo scemasse in un felice
intirizzimento, che fece rilassare Harry completamente. Il tocco
dell’infermiera era gentile e appena ebbe pulito il danno, insieme al resto
della schiena, Harry precipitò in un piacevole stordimento.
Solo
quando le bende furono sostituite dalla pressione delle dita Harry ricordò la
sua domanda.
“Cos’è,
Poppy?” chiese Harry, mentre la guaritrice toccava la sua schiena. “Perchè
stavo sanguinando?”
Il
silenzio prolungato della donna iniziò a preoccuparlo, e Harry girò la testa
verso di lei. Poppy stava fissando la sua schiena con serietà, e non gli
piaceva l’espressione sul suo viso. Davvero non gli piacque, quando lei
indietreggiò. Notando che la stava guardando provò a sorridere, ma era
chiaramente forzato.
“Non
è nulla di cui preoccuparsi, Harry” disse lei, con una voce troppo allegra per
essere credibile. “Tornerò tra pochi minuti: devo solo controllare qualcosa
sulle tue schede mediche. Tu resta steso e rilassati.”
E
detto quello Poppy lo coprì con una coperta tirata su dalla fine del letto, si
girò e lo lasciò isolato nel suo piccolo mondo. Per circa dieci secondi Harry
cercò di sbirciare la schiena, per vedere che cosa avesse provocato nella
guaritrice tale disagio, ma chiaramente fu inutile, e fece male. Crollò
nuovamente sopra il letto, fissandone la testata, chiedendosi che cosa avesse
fatto questa volta.
Dopo
la sconfitta di Voldemort, Harry aveva sperato che i giorni passati
nell’infermeria fossero finiti. Evidentemente stava desiderando l’impossibile.
Qualunque fosse la pozione che Poppy aveva usato, alleviò il disagio e Harry
riuscì a rilassarsi, lasciando che la mente andasse alla deriva. Erano tre
giorni che aveva iniziato a sentire dolore, e Harry godette per essersene
liberato per un po’.
Harry
non era sicuro di quanto tempo rimase da solo, ma ritornò alla realtà quando
sentì le voci familiari del professor Dumbledore e di Poppy. Stavano parlando
tra loro, a bassa voce, ma se si sforzava un po’ riusciva ad ascoltare qualche
frase.
“E
non c’è dubbio, Poppy” stava dicendo con voce calma il preside “che non sia uno
scherzo?”
“No”
rispose Madama Pomfrey “ho controllato per quanto riguarda fatture e pozioni: è
un fenomeno naturale.”
“Senza
segnali di complicazioni”, disse Dumbledore, come se stesse confermando
qualcosa che la guaritrice già gli aveva detto.
“Sembrano
perfettamente sani” confermò la donna al vecchio mago. “Il povero ragazzo deve
provare dolore da giorni. Mi chiedo per quale motivo non sia venuto subito,
quando è cominciato.”
Le
loro voci si abbassarono improvvisamente, e Harry non potè più sentire quello
che stavano dicendo. Harry rimase intrigato ed un po’ preoccupato, ma la cosa
non suonava come se stesse per morire o qualcosa di simile, il che scacciò le
sue peggiori paure.
“Ah,
bene”, la voce del direttore si alzò nuovamente, “suppongo che dovremo dare la
notizia a Harry. Vorrei che non accadesse sempre a lui.”
Poppy
assentì rumorosamente, poi Harry avvertì il suono di passi che si avvicinavano.
Al rumore delle cortine che si spostavano Harry voltò il capo, incontrando gli
occhi di Dumbledore.
“Buona
sera, Harry” lo salutò vivacemente il preside “spero che non ti senta troppo
male.”
“Qualsiasi
cosa fosse quello che ha usato Pomfrey sulla mia schiena mi ha aiutato molto,
grazie professore.” Gli rispose, cercando di capire quale fosse l’umore di
Dumbledore. “Cosa mi è successo?”
Harry
non aveva voglia di giocare e neppure di ricevere risposte zuccherine;
desiderava solo sapere. Dumbledore lo guardò per alcuni secondi, poi accennò
col capo.
“E’
molto semplice, Harry”, disse calmo Dumbledore “ti stanno crescendo delle ali.”
Il
desiderio di ridere all’assurdità dell’asserzione del preside s’innalzò a
velocità incredibile; poi, dopo lunghi secondi, comprese che l’uomo non stava
scherzando.
“Mi
sta crescendo che cosa?” fu l’incredula domanda di Harry.
“Ti
stanno crescendo le ali” rispose calmo Dumbledore. “Il dolore che hai avvertito
finora erano le protuberanze che laceravano la pelle.”
Il
cervello di Harry si ribellò, non riuscendo a credere al direttore, ma
conosceva troppo bene Albus Dumbledore per considerare la possibilità che il
vecchio mago, finalmente, fosse caduto dalla sua sedia a dondolo. Anche quando
la sua intelligenza affermava che non poteva essere vero. Agli esseri umani non
crescevano ali, neppure se erano maghi, salvo che fossero sotto un incantesimo.
“Non
può star accadendo questo” disse Harry, tentando di calmare il suo cuore
impazzito, più che per crederlo possibile.
“Temo
che sia tutto vero” disse gentilmente Dumbledore “ma non preoccuparti, ragazzo
mio, è perfettamente naturale.”
“Naturale?”
In quel momento Harry quasi perse il controllo, ma riuscì a riprendersi prima
di iniziare a gridare. “Come può essere naturale avere delle ali?”
Harry
tentò di girarsi ma la mano del direttore, posata sulla sua spalla, prevenne
tale azione.
“Rimani
disteso, Harry” disse dolcemente Dumbledore “è meglio non aggravare le ferite
finché non si sono rimarginate nella loro nuova forma. Mi sposterò dove tu
possa vedermi e io possa rispondere alle tue domande.”
Non
c’era modo di discutere quando Dumbledore aveva quel tono, ed Harry fece del
suo meglio per non bestemmiare al mondo in generale aspettando che il direttore
si sedesse. Harry sentì l’uomo scambiare alcune parole sottovoce con Poppy ma
l’ignorò, ancora scioccato dalle notizie. Solo un leggero tocco sulla sua
spalla fece sì che Harry voltasse il capo verso il preside, seduto a poca
distanza da lui.
“Perchè
mi stanno crescendo delle ali?” chiese un poco disperato. “Per favore, mi dica
che non è uno scherzo di Voldemort dall’oltretomba.”
“Ha
poco a che fare con Tom Riddle” lo rassicurò con voce calma Dumbledore “a parte
il fatto che hai assorbito il suo potere, ma di questoo parleremo tra poco.”
Il
direttore fece una pausa, osservando pensierosamente Harry, per poi proseguire.
“Harry,
ragazzo mio,” cominciò Dumbledore “questa può essere una sorpresa per te, ma
non è la prima volta che hai le ali.”
Il
direttore aveva ragione, era una sorpresa, ma Harry non ebbe bisogno di
esprimerlo dato che Dumbledore continuò.
“Tu
sei nato con vestigia alate” fu la seguente rivelazione rilasciata dalle labbra
di Dumbledore “la qual cosa non è così insolita come potresti pensare. Ci sono
molte famiglie magiche con irregolarità ataviche che danno luogo a tali
avvenimenti. La linea dei Potter occasionalmente mostra delle ali, e deliziò
tuo padre il fatto che tu avessi tale cosa, in quanto è indice di gran forza
magica nel bambino. Le tue ali non si sarebbero mai sviluppate e i tuoi
genitori le fecero rimuovere quando avevi pochi giorni.”
Questo
era un colpo abbastanza forte, ma le notizie richiedevano una domanda ovvia.
“Perchè
le ali?” Chiese Harry, non sicuro di voler realmente sapere la risposta.
“Seraphim”
disse calmo il direttore, e Harry lo guardò di sottecchi, chiedendosi se
sentisse bene.
“Seraphim”
disse lentamente Harry. “Non è un qualche genere di angelo?”
La
conoscenza religiosa di Harry era limitata, i Dursley non erano mai stati
anglicani particolarmente devoti, ma si ricordava di qualcosa su cherubini e
serafini. Il Natale era l’unica occasione in cui la zia Petunia vedesse
l’opportunità per trascinare la famiglia intera, che sorprendentemente
includeva anche lui finché non andò a Hogwarts, in chiesa. Ripensandoci, era
possibile che fosse una delle manovre della zia per mondarlo dalla magia.
“Credo
che i Muggle usino tale nome per indicarli” disse Dumbledore pensierosamente “e
suppongo che i Seraphim soddisfino i criteri con cui li descrivono, ma sono, in
effetti, creature magiche. Sembrano creature umane in molti modi, e da una
certa distanza non lo sapresti mai finché non dispiegano le ali. Sono esseri più
segreti dei centauri e pochi di loro entrarono in contatto con quelle che
consideravano razze inferiori. Uno dei tuoi antenati, evidentemente, trovò il
modo di conquistare il cuore di uno di loro, e l’eredità è discesa attraverso
la linea dei Potter.”
“Ma
perchè ora?” Erano centinaia le domande che si rincorrevano nella sua mente, e
Harry ne scelse una a caso.
Era
una domanda ragionevole ed una per cui il direttore prese tempo per pensare.
“E’
a causa di quanto sei diventato potente, Harry” spiegò gentilmente Dumbledore.
“ I Seraphim sono molto più che esseri magici: sono magia. Per i Seraphim la
riproduzione richiede molto potere grezzo, e quando uno di loro si univa con la
linea umana, l’ammontare richiesto non era disponibile. Questo è quello che intendevo
quando ho detto che qualsiasi accenno di ali era il segnale del potenziale del
mago. Che tu esibissi la prova dell’eredità dei Seraphim mostrava un’abilità
magica sbalorditiva. Quando hai assorbito i poteri di Voldemort, diciamo, è
iniziata l’attivazione della tua eredità.”
Harry
aveva voglia di gridare, ma si morse la lingua, tentando di rimanere razionale.
Per una volta, avrebbe preferito che una cosa simile accadesse a qualcun altro.
“Possiamo
liberarcene?” Chiese calmo, temendo la risposta che sapeva stava per arrivare.
“Mi
spiace, ragazzo mio, ma no” disse dolcemente il preside. “Quando ti vennero
rimosse la prima volta, da bambino, non erano sviluppate. Erano più un
ornamento che altro. Queste, per quello che possiamo capire, sono completamente
funzionali e si sono evolute come parte del tuo essere fisico. Rimuoverle
potrebbe danneggiarti gravemente.”
Harry
non poté evitare di lamentarsi, seppellendo la faccia nelle mani. Dumbledore
posò una mano sulla sua spalla, aspettando che si calmasse per continuare.
“Quanto
grandi saranno?”Chiese Harry, rivolgendo gli occhi stanchi al direttore.
“Spiegate”
fu la calma risposta di Dumbledore “almeno cinque metri da una punta all’altra.
Quello che devi ricordare è che le ali dei Seraphim non sono come le ali comuni
di un uccello; sono molto più utili e dinamiche. Sono ali controllate
magicamente, invece che fisicamente, e sono un potente meccanismo di difesa.
Poche maledizioni sono in grado di penetrare le ali di un Seraphim, quando
vengono usate come uno scudo. Chiaramente ti permetteranno di volare, e la
buona notizia è che a meno che tu scelga di usarle non saranno visibili più di
adesso.”
A
tale notizia Harry si sedette, considerandone le implicazioni. Quando gli era
stato detto che gli stavano crescendo le ali, aveva immaginato una massa di
penne piccole e delicate come quelle di una fata, ed ora si sentiva confuso.
“Come
può essere possibile che ali larghe cinque metri non siano visibili?” Chiese,
curioso di come potesse accadere.
“Ali
magiche, ricordati Harry” disse sorridendo Dumbledore. “Le protuberanze delle
ali sono ciò che è visibile normalmente. Quando le ali sono spiegate, le
protuberanze si dividono e le ali vengono liberate.”
Harry
fremette. Questo sembrava alquanto sgradevole.
“Credo
che le ali siano ritirate nella maniera inversa” disse brillantemente il
direttore.
C’era
chiaramente qualcos’altro che Harry desiderava conoscere. Harry non desiderava
realmente chiederlo, ma aveva imparato, dolorosamente, che non avere tutte le
informazioni era peggiore che sapere la verità.
“Le
ali sono la fine del processo?” chiese calmo.
“Probabilmente,
ragazzo mio” disse apertamente il preside “ma non c’è modo per esserne sicuro.
Tu sei il mago più forte che la linea dei Potter abbia mai prodotto e sei il
primo a mostrare tale livello di integrazione con l’eredità dei Seraphim.
Suggerisco di attraversare tali ponti quando vi giungeremo.”
Almeno
su questo punto, Harry si disse d’accordo con lui.