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Autore: Marselyn    17/03/2011    6 recensioni
Sirius trova un orologio a pendolo per casa, gli ricorda qualcosa. Gli ricorda qualcuno: cercando di capire il perché, scava dentro se stesso, facendo riaffiorare risposte e domande che aveva messo a tacere o che, forse, non aveva mai permesso venissero a galla.
Questa storia ha partecipato al contest 'Le Petit Prince' di Only_Me, classificandosi quarta.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Regulus Black, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
- Questa storia fa parte della serie 'Coriandoli Neri.'
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Questa storia ha partecipato al contest 'Le Petit Prince' indetto da Only_Me sul forum di EFP, classificandosi quarta.

Sono contenta, contentissima per la posizione e per il giudizio, davvero. Ringrazio Only_Me per avermi dato l'opportunità di scrivere questa storia.
E dunque, sì, ecco, spero di non essere diventata ripetitiva scegliendo di scrivere sempre sul personaggio di Regulus: questa storia è stata scritta un bel po' di tempo fa, ma ultimamente ho deciso di distaccarmi un po' da lui e sperimentare nuovi personaggi. Non perchè per Regulus io abbia perso il mio interesse, tutt'altro: non voglio prosciugare la vena Black e spendere tutte le parole in maniera spropositata, forse, come mi sembra di aver già fatto. Dopo una (breve o lunga) pausa, credo, sarà ancora più bello scrivere di lui... diciamo che ho bisogno di sentirne un po' la mancanza.
Mi sento un po' triste, adesso, perciò taccio.
Grazie ancora. ♥



Titolo: Lui andava e veniva, come una marea d'inverno.
Personaggi: Sirius Black, Regulus Black
Citazione scelta: «Non ho saputo capire niente allora! Avrei dovuto giudicarlo dagli atti, non dalle parole. Mi profumava e mi illuminava. Non avrei dovuto venirmene via! Avrei dovuto indovinare la sua tenerezza dietro le piccole astuzie. I fiori sono così contraddittori! Ma ero troppo giovane per saperlo amare». (VIII, 44)











Lui andava e veniva, come una marea d’inverno


«Non ho saputo capire niente allora! Avrei dovuto giudicarlo dagli atti, non dalle parole. Mi profumava e mi illuminava. Non avrei dovuto venirmene via! Avrei dovuto indovinare la sua tenerezza dietro le piccole astuzie. I fiori sono così contraddittori! Ma ero troppo giovane per saperlo amare». (VIII, 44)


*

Quell’orologio a pendolo era lì da chissà quanti anni.
Lo ricordava, intrappolato tra quella vecchia credenza e la trapassata vetrina accanto, fin da quando aveva memoria, eppure non l’aveva mai guardato veramente.
Non che avesse una ragione particolare ora per farlo: di certo l’ultima cosa di cui si sarebbe dovuto preoccupare, da qualche mese a quella parte, era proprio di arrivare puntuale ad un qualsiasi appuntamento.
Ma camminando per Grimmauld Place, in quella dimenticata stanza, in cerca di una camicia pulita – ahilui! non aveva ancora imparato gli incantesimi di pulizia domestica, e cercava una camicia pulita da un’intera mattinata -, aveva posato distrattamente lo sguardo su di esso, nascosto sotto un lenzuolo bianco, e l’aveva liberato dall’oscurità.
Era stata Molly ad averlo coperto.
Quell’orologio era uno dei pochi mobili risparmiati alla serie di incantesimi scrostanti e delucidanti che solo lei era in grado di conoscere alla perfezione. Sirius non ricordava chiaramente quale fosse stata la ragione per cui la signora Weasley l’avesse in quel modo obliato, ma gli tornava nettamente alla mente qualcosa che gli aveva detto riguardo la brutta sensazione che quel pendolo le trasmetteva.
Per essere una strega, Molly era tremendamente suggestionabile.
Afferrò lo schienale di legno di una sedia lì accanto e la trascinò fin davanti l’orologio. Si sedette, prendendo a fissarlo.
Il colore del legno era spettralmente scuro, opaco, tetro. I colori degli intarsi, finemente ricamati nel legno, un tempo accesi e brillanti, erano ora come il resto di un orrendo e macabro marchio a fuoco.
Le lancette sembravano smagrite, prive di quello scatto croccante che, ricordava, amava ascoltare quando in quella casa non era ancora che un piccolo, ignaro Black.
Il grosso pendolo si trascinava avanti e indietro, con una stanchezza disarmante, come un corpo senz’anima che vaga in una valle vuota. Sembrava stranamente lento rispetto a come lo ricordava, come se compisse un enorme sforzo a portarsi a destra e a sinistra, trasportato unicamente per inerzia, passivo e spento.
Più che scandirlo nel suo trascorrere, il tempo, sembrava rallentarlo enormemente.
Nonostante credesse che buona parte dell’avversione di Molly per quel mobile fosse dettata da mere e fasulle suggestioni, Sirius doveva ammettere che quell’orologio era decisamente disturbante.
Era una sensazione negativa, quella che gli trasmetteva, un senso di lugubre.

Il pendolo andava avanti e indietro, avanti e indietro...
Penoso...
Morto...

Regulus.

Non sapeva per quale motivo - non aveva ricordi della loro infanzia che lo legassero a quell’orologio, nonostante avessero vissuto insieme in quella casa per lunghi anni - eppure improvvisamente glielo fece ricordare.
Forse perché aveva sempre creduto che Regulus fosse un po’ così, come una bandiera, sventolante dove tira il vento migliore, proteso verso la parte in cui pende più comodità, potere e prestigio.
O, forse, perchè era semplicemente morto.

Non aveva pianto, non l’aveva fatto né quando gliel’avevano detto, né dopo.
Mai.
Non una sola lacrima.
E forse proprio per quel motivo, lì, davanti a quel pendolo che tanto glielo ricordava, appena il tempo di rifletterci davvero su qualche secondo, la vera consapevolezza della sua morte giunse, infine, come la sorpresa di una malattia improvvisa: lo colpì disarmante, rovinandogli addosso in tutta la sua fredda realtà.
Avanti, indietro.
Come lui, come Regulus era sempre stato: una perenne sorpresa da una parte e un’incessante delusione dall’altra.
Avanti, indietro.

Aveva saputo che era morto perchè, semplicemente, aveva cambiato idea.
Sempre Sirius si era domandato il perchè di quel cambiamento e soprattutto il perchè non fosse giunto prima.
Eppure, ora l’unica cosa riusciva a chiedersi era perchè non gli avesse mai chiesto aiuto.
Sapeva, Regulus, che Sirius aveva scelto da che parte stare e che in lui avrebbe trovato appoggio.
Doveva saperlo.
Invece no, aveva deciso di agire da solo, di consegnarsi alla morte pur di non chiedere aiuto, di sicuro per orgoglio.
Proprio come quel pendolo, ripensandoci, si trascinava avanti e indietro, senza mai cedere alla debolezza del riposo, troppo presuntuoso per farlo.
Ecco, probabilmente era per questo che glielo ricordava: avanti e indietro sempre, in ogni momento solo.
Orgoglioso.
Presuntuoso.
Regulus.

Stupido.
Lo aveva sempre pensato di lui, lo aveva sempre immaginato così, come il pendolo di quell’orologio: capace di andare avanti, ma incapace di non ricadere nei propri sbagli.
Era andato indietro una volta, diventato Mangiamorte, si era spinto avanti, verso il pentimento, e poi era scivolato nuovamente indietro, inciampando nel suo stesso, cieco orgoglio, marchio Black.
E lo aveva sempre detestato per questo, lo aveva sempre detestato per i suoi continui errori. Così stupido. Così stupido ad essersi cercato la morte da solo.

Eppure, mai e poi mai nella vita Sirius avrebbe detto che si sarebbe un giorno, davanti ad un orologio marcito, pentito per non esserci stato.
Sentì il cuore stringersi di rimorso.
Quanta paura? Quanta paura doveva aver avuto Regulus, dopo aver capito di avere sbagliato tutto nella vita?
Quanta paura?
Rabbrividì.

Ma lui c’era stato, Sirius c’era stato per sedici, lunghissimi, maledettissimi anni!
Avrebbe dovuto approfittare della sua presenza, fino ad allora, e invece no, Regulus non l’aveva fatto. Lo aveva ignorato grandemente, aveva ignorato ogni suo tentativo di spingerlo a scegliere il proprio destino in maniera diversa.
Eppure, sebbene la scusante reggesse alquanto, Sirius non riusciva a non domandarsi come, a quindici anni, Regulus avrebbe potuto mai prevedere lo sbaglio che avrebbe commesso.
E lui?
Dove era stato quando Regulus aveva scelto?
Dove era stato?

Cercò di distogliere lo sguardo dall’ingranaggio, ma il lento andare e venire del pendolo in onice era diventato cupo, silenzioso, accusatore.
Non riusciva più ad evaderne.
Rimase a guardarlo.

E lo aveva sempre odiato, quel suo fratello, lo odiava, e lo avrebbe odiato per tutta la sua schifosissima vita da condannato, ma ora se solo gli avessero detto che Regulus respirava ancora da qualche parte dell’universo, se solo gli avessero detto che era vivo, avrebbe mollato tutto per cercarlo fino in capo al mondo, magari per poi dirgli, dopo averlo trovato nella foresta Amazzonica, che in realtà non era lui l’oggetto della sua ricerca, ma lo era solo una maledettissima camicia pulita.
E avrebbe inventato qualcosa sul momento, se Regulus gli avesse chiesto perchè mai cercava una camicia pulita nella foresta Amazzonica.
Avrebbe inventato qualunque cosa sul momento.

E adesso, come quel pendolo si trascinava indietro e avanti, avanti e indietro, senza mai fermarsi, Sirius capiva che, forse, così doveva essere stato Regulus: troppo debole, troppo insicuro per scegliere tra il bene e il male.
E forse per questo glielo ricordava.

Ma era sempre stato così.
Continuamente incerto, sempre trasportato: come la luna attrae il mare verso di sé, Regulus andava e veniva, come una marea d’inverno.
Solo che, per lui, non c’era mai stato un Sole a riportarlo dolcemente al suo posto.

Non l’aveva mai capito, Sirius, non aveva mai capito che avrebbe dovuto aiutarlo, che avrebbe dovuto esserci.
Avrebbe dovuto fare lui il Sole per riportarlo al suo posto, quando cominciava ad albeggiare e le sue onde erano arrivate troppo vicine alla Luna incantatrice, inseguendo stoltamente il fascino di una notte.

Come quel pendolo.
Avanti, indietro, indeciso.
Avanti, indietro, una sorpresa.
Avanti, indietro, e una delusione.
Avanti, indietro, una battaglia tra orgoglio e rimorso.

Ma ora Sirius sapeva, solo ora aveva capito.
Aveva capito che in quel pendolo di Regulus non c’era né la sorpresa, né la delusione che gli procurava, non era l’indecisione ciò che glielo ricordava, né l’orgoglio, né il suo colore spento come la morte: in quel pendolo, di lui, c’era solo un bambino, divenuto uomo troppo presto, che cerca disperatamente di aggrapparsi a qualcosa, ma che inevitabilmente viene trascinato indietro da una forza più forte di lui, troppo più grande di lui.
Ed era stato troppo debole per opporsi.
Era stato troppo solo per rendersi conto.

Scattò in piedi, talmente bruscamente da far rovinare la sedia per terra, afferrò il lenzuolo e lo gettò alla meglio sopra l’orologio, per nasconderselo alla vista.
Uscì dalla stanza quasi di corsa, chiudendosi a chiave la porta alle spalle.

Nessuno gli aveva detto che avrebbe dovuto fare il Sole.
Con lui nessuno l’aveva fatto!


Avanti, indietro.
Come un pendolo.
Avanti, indietro.
Come Regulus.
Avanti, indietro.
Avanti, indietro.
Avanti, indietro.
Avanti, e poi... indietro.

Per sempre.




“Ero troppo giovane per saperlo amare.”














Lui andava e veniva, come una marea d’inverno, Marselyn


• Grammatica e forma: 14.25/15
• Caratterizzazione dei personaggi: 10/10
• Originalità della trama: 5/5
• Attinenza al tema assegnato: 10/10
• Gradimento personale: 5/5
Totale: 44.25/45.

Commento: non so davvero cosa dire di questa fic. È semplicemente meravigliosa.
Andando con ordine, la penalizzazione nella grammatica è dovuta a due errori (un “mai” che poteva essere tranquillamente omesso e una frase che non mi quadrava molto). Mi è dispiaciuto sottrarti quei tre quarti di punto, ma non ho potuto fare altrimenti.
Sirius è caratterizzato divinamente, è completamente IC, credibile e la sua introspezione è spettacolare; il modo in cui pensa a Regulus mi ha emozionata, sul serio. È dolce, rabbioso, frustrato, sconfitto… davvero, uno splendido lavoro.
Hai ottenuto il punteggio massimo nell’originalità perché l’intera situazione – e il pendolo, santo cielo, il pendolo! – è costruita con una maestria da lasciare senza fiato, perfetta.
Il massimo del punteggio anche nell’attinenza, perché sia la citazione iniziale che l’“estratto” finale sono completamente attinenti a tutto il resto della fic, non risultano forzati o altro; anche se non l’avessi inserita, probabilmente si sarebbe compresa lo stesso. Davvero, complimenti.
E dopo questo commento entusiasta, mi sembra superfluo spiegare perché mi sia piaciuta così tanto da assegnarti il massimo anche nel gradimento; rileggi le righe qui sopra e avrai il motivo. Complimenti, davvero! Una fic splendida!
   
 
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