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Autore: Ksanral    18/03/2011    2 recensioni
“Noi fummo da secoli
calpesti, derisi,
perché non siam popolo,
perché siam divisi.”

- Fanfiction partecipante al "Avevo vent'anni e un sogno", indetto dal « Collection of starlight », said Mr Fanfiction Contest, « since 01.06.08 » -
Genere: Drammatico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: L'Ottocento
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“Noi fummo da secoli
calpesti, derisi,
perché non siam popolo,
perché siam divisi.”



Palermo, 27 maggio 1860

Alfio è morto.
Siamo entrati a Palermo, sembrava che le condizioni fossero favorevoli. Gli avversari erano pochi, mal organizzati. Avevamo conquistato metà città durante la mattinata. Ma poi abbiamo iniziato a sentire i boati. Le case iniziavano a bruciare, c’era gente che correva ovunque, urlando, in preda al panico. Il combattimento si fece più difficile, avevo paura di colpire i cittadini. Il fumo copriva il sole, i cannoni sparavano da ogni dove, non riuscivo a capire chi stavo colpendo, se amici o nemici. I soldati nemici si erano moltiplicati, apparsi da chissà dove, a seminare il terrore per la città. Rubavano, saccheggiavano, picchiavano i civili che non riuscivamo a difendere. C’era troppa confusione. Io ero troppo confuso.
Vidi uomini coperti dalle fiamme uscire dalle loro case, urlare cose incomprensibili, cercare di chiedere aiuto per i propri cari ancora dentro, poi stramazzare al suolo.
Poi vidi quelli che ancora erano in grado di camminare, correre e agire, prendere tutto ciò che potevano, bastoni, forconi, persino macellai con le loro mannaie, persino donne e bambini, uscire nelle strade e attaccare i borbonici. Ci demmo speranza a vicenda, loro vedendo noi Garibaldini combattere avevano tirato fuori la loro rabbia e si erano riversati nelle strade, noi vedendo il loro accanimento, nonostante le poche armi a disposizione, traemmo energia, ricordammo il motivo per cui stavamo combattendo: liberarli dagli stranieri, unirli al nuovo regno.
Avanzavamo e indietreggiavamo, colpendo e venendo colpiti. Loro avevano posizioni più vantaggiose, cannoni e navi che sparavano su alleati e nemici, noi avevamo solo le barricate in strada.
Avevo paura, ho paura, una tremenda paura.
Alfio è morto.
Nonostante tutte le morti che ho visto, che ho inflitto, nonostante le battaglie che abbiamo combattuto, quella di Alfio mi ha distrutto il cuore.
Quando sbarcammo a Marsala, eravamo tutti quanti esausti per il lungo viaggio. Ma i comandanti ci spinsero ad avanzare, in una zona più sicura, anche se non c’era segno di soldati nemici. Fu il giorno dopo che conobbi Alfio, era insieme al gruppo di volontari che si unì alla nostra spedizione. Sembrava così piccolo, un ragazzetto, ma non più di quelli che erano già con noi. Lo presi subito in simpatia, anche se quando provai a parlarci la prima volta, non capii molto di quello che mi disse, come probabilmente lui non capì una parola di quello che dissi io. La notte quando ci accampammo, volle a tutti i costi dormire nella mia tenda. Entro la giornata successiva, riuscimmo a comunicare e iniziò a raccontarmi tutto della sua vita e di come aveva convinto suo padre a farlo venire con lui, mi disse che gli ricordavo suo fratello maggiore, “anche se capisco quello che lui dice”, che non si era unito a loro, ma non mi spiegò perché.
Scoprii che due giorni dopo sarebbe stato il suo tredicesimo compleanno, anche se non voleva che nessuno lo sapesse per paura di essere cacciato via. Non sapevo come avrei potuto festeggiare quella ricorrenza, mi spremevo le meningi, ma il destino fece al posto mio. Quel giorno ci imbattemmo in un contingente nemico e ingaggiammo battaglia. Il fucile che Alfio teneva in mano sembrava più grosso e alto di lui, non riuscivo a capire come facesse a imbracciarlo e a puntarlo. Feci il possibile per evitare il suo coinvolgimento e per fortuna riuscii a cacciarlo nelle retrovie, anche se poi mi tenne il broncio per tutto il resto della giornata. Ero troppo stanco e scosso dall’andamento della battaglia per esserne divertito. Quando lo capì, cercò di tirarmi su il morale con le barzellette che conosceva, non ne capii il significato ma vederlo ridere a crepapelle mi contagiò. Anche quando marciavamo verso Palermo, nei giorni successivi, lui era l’anima della compagnia. Cantava a squarciagola, anche quando veniva intimato il silenzio e alla fine nessuno si prese più la briga di fermarlo, perché teneva il morale alto ed era un bene.
Poco prima di entrare in città mi fece promettere di non impedirgli di partecipare e fu talmente pressante, che non potei far altro che accontentarlo. E’ il mio più grande rimorso.
Quel ragazzino in pochi giorni era diventato un buon amico, un fratello, ancor più di tutti gli altri soldati con i quali ero partito. Mi aveva fatto vedere il buono di questa battaglia che volevamo combattere e mi aveva motivato a continuare anche dopo i primi caduti.
L’unica cosa che feci, fu tenerlo vicino a me durante l’assalto. La cosa più terribile fu che mi salvò la vita. C’era fumo, per gli incendi, e non si vedeva quasi nulla, riuscivamo a stento a respirare. Non so come, lui vide un soldato borbonico puntarmi contro il fucile così si mise a urlare il mio nome e mi spinse a terra.
Dopo mezzogiorno ci fu una pausa, che fece pensare al nostro schieramento che i nemici si stessero ritirando, ma poi, quando meno ce lo aspettavamo, nuovi bombardamenti iniziarono a flagellare la città. La battaglia ricominciò e per un secondo soltanto persi di vista Alfio. Quando mi voltai per cercarlo, lo trovai steso a terra ormai incosciente.
Alfio è morto ed io ho paura di non riuscire a sopravvivere ancora.
Se scrivo questo diario, mamma, è per farti sapere cosa sto passando e cosa ho trovato qui. Ho paura, ma da quando ho visto quei contadini combattere al nostro fianco, da quando ho conosciuto Alfio, che portava con sé le sue speranze di bambino, sono ancora più convinto che sia giusto unire l’Italia, che sia giusto che a regnare sul nostro popolo e sul nostro territorio siamo noi stessi e non degli stranieri.


Note: Fanfiction partecipante al Avevo vent'anni e un sogno, indetto dal « Collection of starlight », said Mr Fanfiction Contest, « since 01.06.08 »
Il titolo non è una frase mia, ma un verso del Canto degli Italiani, così come la citazione iniziale.
Se vi fa strano la presenza di un ragazzino, vi posso dire che c'erano due tredicenni nei Mille di Garibaldi e molto altri quattordicenni. Perciò ho inserito il personaggio di Alfio.
Forse tutta la ff vi sembrerà un po' confusa, a volte asettica, ma è una cosa voluta. Ho pensato che un ragazzo che ha appena combattuto una lunga ed estenuante battaglia, che si appresa a riprendere i combattimenti alle prime luci dell'alba e che ha perso un caro amico, non sia esattamente lucido nel scrivere il suo diario, ma voglia farlo ugualmente per testimoniare quello che è successo e quello che prova.
Ok, credo di aver finito. Se ci sono dubbi, esponeteli e vi risponderò!

   
 
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