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Autore: minimelania    18/03/2011    3 recensioni
“Scegli me o il fuoco” aveva detto Claude Frollo ad Esmeralda, condannata al rogo.
E per salvarsi la ragazza aveva scelto lui.
Ora, nella carrozza che la conduce al Palazzo di giustizia, lei sembra già sapere quale destino l’attende. Invece, il Giudice ha in mente un progetto da proporle completamente diverso da quello che ci si potrebbe aspettare…
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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 Epilogo: Un nuovo inizio
 
 
- Scelgo te, per questa notte. – le aveva detto, in un sussurro, facendola tremare appena.
E cosa importava adesso della galera? Dovevano riuscire a non pensarci.
E non vi pensava proprio, lei, mentre si abbandonava al bacio di Claude. Dolce, soffice e caldo, il bacio di Claude, più della volta precedente, come non aveva mai immaginato potesse essere.
Claude insinuò le sue dita sottili tra i capelli neri di lei. Una matassa di ricci, di profumo di fiori e di gioventù. Si lasciò percorrere dal brivido di averla così vicina. Così vicina come era stata solo quella sera, che ormai pareva tanto lontana, in cui si erano baciati, a piedi nudi, nel freddo del suo palazzo di giustizia che, finalmente, sembrava riscaldato dalla tenerezza di quel sentimento.
Tenerezza, non sapeva come altro definire quello che provava. No, non era il sentimento folle che si credeva, quello che poteva portare a bruciare tutta Parigi come Nerone aveva dato fuoco a Roma. Era sorto pian piano, conquistandolo giorno dopo giorno, ma forte a tal punto da tenerlo incatenato a lei, adesso.
A tal punto da lasciar scivolare le sue mani, disegnando le sue forme e perdendosi nei suoi occhi, più neri di quella notte.
- Claude – sussurrò lei, non riuscendo ad aggiungere altro e, sempre più audace, fece scorrere le mani sul petto di lui. Poi si soffermò a sentire come batteva il suo cuore sotto il tessuto ruvido dell’abito.
 – Claude… Allora non è vero che non ti interessavo. -  gli disse ridendo, soffiandogli dolcemente le parole sulle labbra.
- Esmeralda, non so se davvero dovremmo…
- Oh, basta con questi dubbi, giudice della malora. – riuscì a sciogliere i lacci della sua veste, ed ora riusciva a percepire il fremito della sua pelle al tocco leggero delle sue mani.- Io non ne ho. E smetti di chiacchierare.
La sua ironia era risuonata come un chiaro invito e Claude non aveva potuto fare altro che disciogliere dai veli le sue belle forme.
Nel frattempo, Esmeralda aveva preso a tormentargli diligentemente il collo, aspirando forte il suo profumo, di spezie e di vecchi libri, di luoghi lontani e di desiderio, ora, di desiderio per lei.
Si abbandonò alle sue carezze, più sicure ed esperte di quanto non avesse creduto, non riuscendo ad ignorare le piccole scariche elettriche di piacere che riuscivano a provocarle quelle dita affusolate.
Aveva delle belle mani calde, lui, si strinse un po’più forte, sentendosi protetta e amata.
L’amava, era inutile che tentasse di nasconderlo, l’amava.
E glielo disse: - Ti amo, giudice della malora.
Lui si allontanò appena dalla sua bocca, quella bocca che, col suo sapore riusciva a fargli dimenticare qualsiasi cosa, fin dalla prima volta che l’aveva sentita posarsi sulla propria.
Sorrise, con liberazione: - Anch’io, Esmeralda. E non c’è nulla che possa fare o dire per nasconderlo.
Rimase a guardarla, un lungo istante, e pensò che, per quanto potesse cercare nel mondo, nei libri, nella vita, non avrebbe mai trovato nulla di altrettanto bello.
La tenne stretta a sé, con un brivido, un lungo brivido che si dibatté nel suo petto tra l’incredulità e la dolce urgenza di ciò che li stava unendo.
- Claude…
- Hai paura? – le chiese in un soffio.
- No – sorrise – E’ chiusa bene la porta?
- Sì…
Lei sorrise di nuovo, con una lieve malizia: - E allora, cosa stiamo aspettando?
 
 
Claude stava sognando, certamente stava sognando. Era scivolato nel sonno, accanto a lei, dopo l’amore. L’aveva tenuta stretta, con le dita intrecciate nelle sue ed i capelli di lei sparsi a solleticargli le spalle. Questo lo ricordava anche in quell’insolito torpore.
Ma adesso stava sognando di essere trasportato su un carretto, o su qualcosa di simile.
Sentiva le ruote sballottare sui sassi. Si svegliò completamente.
Che diavolo aveva addosso? Cos’erano quegli abiti da contadino che persino Gaston, il suo tuttofare, avrebbe rifiutato di indossare.
Cercò immediatamente lei, con lo sguardo, trovandola ancora addormentata lì accanto, insaccata in un abito di tela grezza.
Erano davvero su un carretto, non doveva essere nemmeno l’alba e, a cassetta, due figure avvolte in cappe nere spronavano con celerità i cavalli.
- Esmeralda! Esmeralda, svegliati!
Lei aprì a fatica gli occhi. Aveva un mal di testa feroce: fu la prima cosa che riuscì a pensare, ancora prima di realizzare cosa fosse accaduto loro.
- Dove… dove siamo? Un carretto? Che storia è questa? Ehi! Dove cavolo ci state portando?
- Ci hanno presi. Vuoi vedere che le guardie ci hanno catturati nel sonno e adesso ci portano in prigione? È l’unica spiegazione. – si mise a sedere – Ad ogni modo è una vergogna! State ledendo i diritti di un pubblico ufficiale: diritto alla difesa, alla tutela del proprio onore e del proprio nome! Espormi così al pubblico ludibrio, fare di me oggetto di scandalo e pettegolezzo… io, un uomo che ha degnamente servito lo stato e la corona per oltre vent’anni… Vergogna!
- E smetti di starnazzare come un vecchio pollo, piccolo Claude.
Quella voce, quella vocina più simile ad uno squittio, non lasciava dubbi.
Si guardarono entrambi con un leggibile stupore: - Lydia?!
- Già! – fece lei, togliendosi il cappuccio – E anche lui!
- Gaston?!
- E chi altri, se no? Mica potevo caricarvi da sola su questo carretto, pesate come due muli ubriachi!
- Ma come diavolo hai fatto a…
- Quando ho sentito che volevi costituirti, ho messo prontamente del sonnifero nel vino. Sai, quel vino che vi ho portato ieri sera, prima che chiudeste la porta a chiave… - aggiunse, maliziosa.
- Quindi tu hai origliato? Razza di spiona!
- Ma piccino, è così che ringrazi la tua vecchia balia per averti salvato dalla galera?
- Ma io dovevo, volevo andare in galera! Devo espiare…
- Oh, se sei tanto desideroso ti metto giù. Gaston, ferma il biroccio!
- No, no, no, scherzavo! E Isabeau?
- Isabeau è scappata. Il Re si è personalmente informato sul perché volesse tanto sposarti, visto che era a conoscenza del fatto che non eri nobile e ha scoperto che è piena di debiti fino al collo.  – prese a spiegare Lydia – Non appena l’hanno saputo i creditori che non aveva più alcuna possibilità di restituire il denaro si sono messi sulle sue tracce come segugi. E lei, posti all’asta tutti i suoi beni, - quei pochi che le rimanevano - ha tagliato la corda il prima possibile. Non ne sentiremo parlare per tanto, tanto tempo. Persino il cane s’è venduta, disgraziata!
- Oh, povera Milù! – fece Esmeralda, con compassione.
Una cosa pelosa si mosse sotto gli stracci, prendendo a leccare amorevolmente il naso rapace di Claude.
- Che schifo! Cos’è sta roba? – lo agguantò – Milù?
- Ovviamente. Mica potevo lasciarla in mano a quegli avvoltoi.
- Milù! – l’esclamazione di contentezza di Esmeralda lo ripagò dell’incontro troppo intimo col pechinese – Come sono felice di rivederti, bella! Capivi più tu della tua padrona! Guarda, Claude, guarda che occhi intelligenti.
- Pechinese a parte, che ci basta al massimo per una cena – fece lui, atteggiandosi all’antica alterigia – abbiamo pensato a come sostentarci?
- Assolutamente – Lydia aveva una risposta per tutto, meglio che un codice civile – Andremo al mulino di Babette, dove tutto ha avuto origine. Tanto noi il mestiere lo sappiamo ed Esmeralda apprenderà in fretta, vero bambina?
- Pensa, Claude, che bello! Mi insegnerai a macinare il grano, a fare il pane e un sacco di altre cose!
- A qualcuna abbiamo già provveduto ieri sera. – sussurrò lui, allusivo, al suo orecchio.
- Nessuno ci cercherà, tanto nemmeno il Re aveva davvero intenzione di farti imprigionare e, intanto, il tuo reato cadrà in pro… in pre… prescrizione. – fece la sua ultima, piccola esibizione di cultura, suscitando l’ilarità di tutti.
- Insomma sarà la fine, la fine di tutti i miei studi, della mia vecchia vita, di tutto.
- O un nuovo inizio, amore mio. – gli disse lei, sorridendo.
La baciò: - O un nuovo inizio...

Su Parigi stava sorgendo il sole. Un nuovo giorno era alle porte.
E, per loro, l’Aurora dalle dita di rosa portava davvero con sé un finire dell'estate carico di promesse e un nuovo, meraviglioso inizio.
 
 

Fine

 
 
*** Alle nostre commentatrici e lettrici ***
 
E così siamo giunti alla fine della nostra storia.
Che dire se non ringraziarvi tutti, dal primo all’ultimo, dal più profondo del cuore?
Un grazie sincero a chi ha commentato – sempre buonissime e gentilissime -, a chi ha inserito la storia tra le seguite/ricordate/preferite, a chi è passato a leggere o ha semplicemente dedicato parte del suo tempo a noi.
Un abbraccione, vostre
 
M & M

  
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