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Autore: miseichan    18/03/2011    12 recensioni
Ci sarà un motivo per quel soprannome.
Dovuto forse agli occhi, chissà. E' difficile pensare con coerenza, alle due di notte.
E' difficile pensare e basta, quando il corpo viene girato... perché il volto del morto, il viso del ragazzo, di occhi di giada, è semplicemente bellissimo.
E vedendo tanta bellezza sprecata, osservando il corpo del ragazzo morto, l'unica cosa che viene spontaneo domandarsi è: perché?
Genere: Commedia, Mistero, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Occhi di giada

 

- Che dici? -

- Assolutamente no –

Il silenziò calò, avvolgendo la stanza, regnando sovrano per qualche secondo.

- E tu che dici? -

- Non se ne parla neanche –

E quel re, spodestato per un attimo, salì nuovamente al trono.

I tre uomini fissavano il giornale, scambiandosi di tanto in tanto un’occhiata incerta. Seduti attorno ad una scrivania mal illuminata, la giornata ormai finita. Quello che era al centro non si arrese e dopo aver fatto fare un giro alla sedia tornò alla carica:

- Siete sicuri? –

Gli altri due sorrisero, aprendo la bocca per rispondere come era dovuto.

Non ci riuscirono, però, le parole che venivano interrotte sul nascere dai passi che risuonarono chiari lungo il corridoio. Saltarono in piedi in contemporanea, affaccendandosi per chiudere il giornale ed assumere l’espressione più innocente possibile.

Chiunque, tuttavia, entrando in quella stanza avrebbe sospettato qualcosa.

Chiunque, vedendoli tesi e tanto impegnati a coprire la scrivania, avrebbe capito che qualcosa non andava. O che, più probabilmente, erano loro ad aver fatto qualcosa che non andava fatto.

Chiunque, quindi, lo avrebbe capito. Figurarsi lei.

- Che facevate? -

- Niente – risposero i tre, in contemporanea, mostrando sorrisi palesemente falsi.

Lei annuì, fintamente condiscendente, cercando di girare attorno alla scrivania. Si muoveva piano, osservando attenta le mosse degli uomini che a loro volta studiavano i movimenti di lei.

Si era spostata appena di qualche centimetro quando, inaspettato, il telefono suonò:

- Beckett -

Ryan sospirò, guardando con sollievo le spalle che la donna aveva rivolto loro: afferrò il giornale e lo passò ad Esposito che, tanto abilmente quanto furtivamente, lo fece sparire all’interno di un cassetto. Lì sarebbe stato al sicuro: sepolto fra verbali che di interessante avevano ben poco.

- C’è mancato poco – sussurrò Castle, sorridendo di sbieco e lasciandosi cadere su una sedia – Spero solo che non sia un… -

- Un omicidio – disse Beckett, girandosi e chiudendo lo slide del cellulare – Sulla Quinta avenue –

Castle fece una smorfia, borbottando qualcosa:

- Ma non c’è un orario di chiusura? – si lamentò, guardando malevolo l’orologio che segnava un quarto d’ora alle due di notte. O di mattina, a seconda dei punti di vista.

- Il crimine non dorme mai – affermò Ryan, stringendosi nelle spalle e indossando il cappotto.

- Non sei costretto a venire, Castle – disse Beckett, sistemando la fondina attorno alla vita – Ce la facciamo anche senza di te –

- No, grazie, vengo – sorrise lui – Non ho niente di meglio da fare –

Afferrò la giacca e si avviò verso l’ascensore.

Beckett, dietro di lui, sospirò: lanciò un’occhiata alla scrivania, trovandola completamente vuota e scosse la testa. Entrando nell’ascensore sorrise sorniona: una volta tornata in centrale avrebbe controllato il cassetto dei verbali di Esposito.

 


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