Storie originali > Avventura
Ricorda la storia  |       
Autore: orkaluka    20/03/2011    2 recensioni
Essylt é una donna che vive ai tempi di re Artù e della grande e prosperosa Camelot. é una donna cresciuta dal padre alla guerra, non cucina, ma maneggia la spada come pochi al mondo, perché Essylt é figlia dell'era della spada. Quando i predoni attaccano il suo villaggio si ritrova costretta a chiedere l'aiuto ad Artù e ai suoi leggendari cavalieri, sulla strada per Camelot conoscerà qualcuno che l'accompagnerà nel viaggio per i boschi.
Molte avventure attendono la coraggiosa e indomabile ragazza.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

Essylt, colei che protegge con la spada

 

“Ti prego, non andare.”

 Lo sguardo di Marcus è implorante, ma io lo ignoro, come ho sempre fatto.

“Lo sai che qualunque cosa tu dica non servirà a farmi desistere, vero?”

 Marcus annuisce, poi mi aiuta ad infilarmi la cotta di maglia e l’armatura completa. Finita la preparazione mi porge la spada. La impugno e la allaccio alla cintura.

 “Essylt, non puoi andare. Tuo padre mi ha chiesto di proteggerti in nome della nostra amicizia, non posso disubbidire a un giuramento, lo sai.”

 Osservo Marcus, uno dei più grandi amici di mio padre. Poso le mie mani sulle sue spalle e lo guardo negli occhi pronunciando queste parole.

“Se io non inseguissi i miei sogni, se non tentassi di salvare questo villaggio, lui non sarebbe fiero di me. Non mi ha cresciuta come un uomo per poi far si che io mi dimostri più donna di tutte le altre.”

Marcus ascolta attentamente le mie parole, poi sospira, mi abbraccia e sussurra.

 “Ciò che dici è vero, va, ma vedi di tornare, non vorrei mai andare in contro all’ira degli dei.”

 Marcus crede ancora ai nostri dei, quelli che i cattolici disprezzano.

“Ora inchinati.”

Mi inchino su un ginocchio come farebbe un vero cavaliere.

“ Io Marcus, capo villaggio, a nome di tutti i nostri compaesani affido a te, Essylt, figlia del miglior fabbro delle terre conosciute, le nostre vite. Che gli dei ti accompagnino in questa tua avventura e che ti portino la buona fortuna.”

Marcus poggia sulle mie spalle un mantello pesante e mi apre la porta. Esco nella notte illuminata dalle stelle. La mia avventura comincia con una passo, poi un altro, purtroppo non posso prendere un cavallo, sono stati tutti uccisi dai predoni che hanno preso il villaggio. Continuo a piedi ed in poco tempo mi ritrovo al di fuori delle mura, entro nel bosco ascoltando le urla di gioia dei predoni, che bevono birra dai boccali di legno. Mi addentro nel bosco, viaggiare di notte sulle strade non battute è pericoloso, molto; purtroppo però devo fuggire senza farmi vedere e questa è la mia unica possibilità. Il bosco produce degli strani rumori, scricchiolii sinistri e suoni che si perdono nell’eco delle montagne. Mi avvio con passo spedito verso la mia meta, Camelot, la città dei Pendragon. Dovrò varcare le montagne e  raggiungere il mare, da lì procedere verso Camelot, raggiungerla e chiedere che re Artù venga in soccorso del mio villaggio. A questo mondo c’è chi direbbe che è un’impresa impossibile folle, ma io la devo compiere. I cavalieri di Camelot, sono gli unici che possano avere anche un minimo interesse a salvarci, soprattutto se a chiedere il loro aiuto è una giovane fanciulla. Camminerò finché non riuscirò a scorgere le bianche mura della città dei Pendragon, oppure finché non perirò combattendo per ciò in cui credo. Questa è una promessa, questo è un giuramento solenne di fronte agli dei.

Sono passati due giorni dall’inizio del mio viaggio e il cibo scarseggia nella mia sacca. Non so quante miglia ho percorso, eppure mi paiono sempre poche, dopo aver attraversato un pezzo di bosco, nel mezzo del primo giorno di cammino, ho deciso di continuare a camminare al fianco della strada principale, è inutile correre il rischio di perdersi nei fitti meandri della foresta. Ora però mi devo addentrare in essa per cacciare, eppure morirò di fame. In breve trovo una buca sotto le radici di un grande albero, prima controllo che nessun essere viventi la abiti, poi pongo all’interno l’armatura, i bagagli e, con mio grande rammarico, anche la spada. Per cacciare bisogna essere agili, scattanti, veloci come il vento e non posso esserlo con tante cose addosso. Prendo l’arco e le frecce e mi avviò nell’oscurità della foresta. Sono sempre stata brava nei lavori degli uomini e negata in quelli delle donne. Mai e poi mai potrei lavare qualcosa senza rischiare di romperlo o cucinare qualcosa di vagamente decente. Però il mio talento con la spada è conosciuto in tutto il villaggio e la mia bravura nel tiro con l’arco è altrettanto nota.

Ci sono delle orme, sembrano quelle di un cervo, il mio stomaco gorgoglia. Le seguo fino ad una pozza d’acqua, lì un cervo si abbevera con calma, non sospettando del cacciatore che silenziosamente incocca la freccia. È un essere magnifico, con delle corna che potrebbero uccidere un uomo con un sol colpo. Rimango alcuni secondi ad osservare quella magnifica creatura e poi lascio andare la freccia che, precisa, si conficca nel cuore del possente animale. Mi avvicino e, per non farlo soffrire troppo, gli taglio la gola con un lungo coltello che mi sono portata appresso. Muore in pochi secondi. Ora arriva la parte difficile, bisogna scuoiare l’animale con cura ed in fretta, perché il rischio che altri animali giungano sentendo l’odore del sangue è grande. A breve finisco di occuparmi dell’animale, poi mi spoglio e mi immergo nella polla d’acqua. Essa è fresca e mi accarezza lambendomi la pelle. Nuoto per un poco, godendomi quella pace, finché non sento lo scricchiolio di un ramo spezzato, poi quello di una persona che sciaccia le foglie secche. Fingo di nuotare ancora, per mia fortuna ho tenuto il coltello in una mano,per casi come questo. È strano però, i passi della persona sono aritmici sul terreno, come se fosse zoppo o ferito. Un uomo affiora dagli alberi intorno alla polla, non sembra avermi vista, mi nascondo sotto la superficie dell’acqua e cerco di acuire l’udito socchiudendo gli occhi. Ci sono altri passi ora, in avvicinamento, sono cinque persone più o meno. Riemergo per respirare e inavvertitamente incontro lo sguardo dell’uomo, la prima cosa che noto è la gamba ferita che si trascina appresso, come un fardello pesante. Comprendo in pochi secondo che, anche se vorrebbe, non mi potrebbe far del male. In quel momento dagli alberi giungono sei predoni. Li riconosco ad un’occhiata, le pellicce che indossano e le vesti li contraddistinguono, al solo pensiero che uno di loro pussa aver ucciso mio padre una cieca furia si impossessa della mia mente. Si avvicinano all’uomo velocemente, fin troppo a breve lo raggiungeranno e non sembrano avere buone intenzioni. Mi avvicino alla riva, nessuno mi guarda, la battaglia è cominciata, il primo predone che si accorge della mia presenza è già steso a terra in una pozza di sangue, il secondo mi sfiora il fianco con la spada, è ovvio che con il mio piccolo coltello non possa fronteggiare cinque nemici, a maggior ragione se il mio alleato è ferito. Lancio il coltello al secondo predone, la lama si conficca in profondità nel cranio, per mia fortuna i predoni non sono abituati a portare l’elmo. Mi avvicino al terzo, che si prepara a combattere, non ho più armi da utilizzare, schivo i colpi del mio avversario con agilità, ma non  potrò continuare così a lungo. Indietreggiando inciampo nel corpo di uno dei due predoni che ho ucciso. Il terzo si avvicina, appena prima che mi dia il colpo di grazia io rotolo su me stessa, nel fango, e lo infilzo con la spada del suo compare morto. Cade a terra con un largo squarcio nell’addome, gli taglio la testa. L’uomo sta combattendo bene, nonostante la ferita alla gamba, peccato che sia in inferiorità numerica. Ne uccido un altro velocemente, quello che sembra essere il loro capo si avvicina a me.

 “Non ti ucciderò, sei una così bella ragazza…, potresti diventare una mia concubina.”

 Lo osservo disgustata, avanzo e lo uccido con la spada che impugno. L’uomo ha già provveduto ad uccidere l’ultimo dei predoni. Mi avvicino a lui, è steso a terra, il petto si alza e si abbassa velocemente, ha il fiatone. “State bene?”

 Una domanda quantomeno non appropriata.

“Si, grazie e voi?”

Ha una voce profonda, bella.

“Io sto benissimo, anche se avete interrotto il mio bagno.”

 Lo vedo sorridere.

 “Spero che mi perdonerete, grazie comunque, vi devo la vita.”

 Scuoto la testa e mi inginocchio al suo fianco.

“Non è così.”

 Mi avvicino alla sua ferita, è uno squarcio profondo nella gamba, potrei curarla, certo servirebbe una cucitura e degli impacchi di erbe, ma si rimetterebbe in piedi in una settimana.

“Se volete posso aiutarvi con quella ferita.”

“Davvero potete?”

Sembra essersi ripreso e si mette seduto. Si volta verso di me per poi distogliere lo sguardo.

 “Sono una ragazza così ripugnante?”

 Gli chiedo, ferita un poco nel mio amor proprio.

 “No, affatto. È che siete nuda.”

 Solo in quel momento mi accorgo di esserlo, nella foga della battaglia me ne ero dimenticata.

 “Se chiudete gli occhi per un momento mi vesto, così poi potremo parlare.”

 

Mi vesto velocemente, indossando dei calzoni da uomo, una camicia e il cinturone a cui sono appese tutte le mie armi, vale a dire un coltello. L’uomo é rimasto con gli occhi chiusi per tutto il tempo, lo apprezzo molto. Mi avvicino a lui chinandomi ancora una volta al suo fianco.

 “Sono vestita, potete aprire gli occhi se volete.”

 L’uomo schiude gli occhi lentamente, osservandomi.

“Siete molto graziosa lady…, non conosco il vostro nome.”

Sorrido e gli rispondo.

 “Non sono una lady, potete chiamarmi Essylt. Il vostro nome?”

 “Il mio nome è Walter, sono un cavaliere.”

 La mia espressione è di costernazione, un cavaliere si sarebbe difeso egregiamente contro quei sei  predoni.

“Mi dispiace di aver deluso le tue aspettative riguardanti i cavalieri.”

 “Mi scusi, non volevo di certo offenderla sir Walter. Posso sapere a quale città appartenete?”

 Il suo sguardo è guardingo ora, come se temesse per la sua incolumità.

 “Sono sir Walter, cavaliere di Camelot e siedo alla tavola rotonda.”

Abbasso lo sguardo in segno di rispetto per quel cavaliere, sono stata fortunata a trovare qualcuno che possa aiutarmi nel mio viaggio.

“Potete davvero curarmi Essylt?”

 Annuisco e comincio ad estrarre da una delle mie tasche delle erbe profumate. Le mastico con ferocia e poi le spalmo sulla ferita di Walter, inizialmente pare soffrire, poi però le erbe cominciano ad avere effetto e lui riesce ad alzarsi in piedi.

 “Vi ringrazio ancora Essylt, posso fare qualcosa per aiutarvi?”

 Ecco la mia occasione, ghiotta, anzi ghiottissima.

 “A dir la verità, se non mi avete mentito, potreste fare una cosa per sdebitarvi nei miei confronti.”

 È attentissimo alle mie parole.

“Cosa può mai volere una fanciulla da un cavaliere come me?”

 “Ho bisogno di soccorsi per il mio villaggio, i predoni ci stanno massacrando un poco per volta ed io vorrei che i cavalieri di Camelot accorressero in nostro aiuto”

 Sembra sorpreso dalla mia richiesta.

 “Purtroppo per te al momento sono solo. Un debito però è un debito, ti porterò a Camelot e ti farò parlare con i cavalieri.”

 “La ringrazio sir Walter, con questa decisione ha salvato moltissime vite.”

 Mi inchino ancora una volta di fronte al cavaliere.

 “Alzati Essylt, avete un nome singolare, mi ricorda qualcosa, anche se non riesco a rammentare che cosa” Sorriso a quell’uomo piuttosto singolare. Lo osservo con più attenzione, è giovane eppure il suo sguardo è quello di un vecchio, come se avesse già vissuto tante vite. Il suo fisico è quello di un cavaliere, le braccia muscolose, le gambe possenti…è davvero un bel giovane.

“Sir Walter, ho lasciato la mia armatura in una buca non lontana da qui, se mi attendete, vado a recuperare le mie cose.”

 Lui annuisce

“Vi aspetterò qui e proteggerò il cervo che avete catturato.”

 È un ottimo osservatore, la carcassa è  ben nascosta sotto il fogliame. Mi dirigo velocemente verso la buca, nonostante istintivamente riponga la fiducia nell’uomo, la mia mente è pur sempre quella di una combattente. In battaglia gli amici sono pericolosi tanto quanto i nemici, questo mi ha insegnato mio padre. Quando torno però lui è ancora lì, appoggiato ad un tronco d’albero, che dorme, sereno.

 “Sir Walter”

 Lo scuoto un attimo sperando che si svegli.

“Sir Walter!”

 Dico più forte, scuotendolo con più forza.

“Walter!”

 Urlo, con rabbia. Con un balzo si alza in piedi e impugna la sua spada.

“Quale pericolo devo affrontare?”

 Rido senza neanche volerlo, è così comico.

 “Ditemi, sir Walter, da quanto non dormite?” 

Sbatte le palpebre confuso.

 “Da più o meno due giorni, perché?”

Ecco spiegato il motivo del fatto che oggi si è quasi fatto battere da sei  predoni.

 “Mi dispiace sir Walter, ma non possiamo restare qui a lungo, la carcassa attirerà troppi animali”

Sembra essersi ripreso, annuisce alle mie parole e si carica sulle spalle il cervo. Il sole sta per tramontare, non possiamo continuare a camminare di notte.

 “Sir Walter, avete qualche consiglio sul luogo in cui potremmo fermarci?”

 La sua voce mi arriva dalle spalle.

 “Si lady Essylt, non lontano da qui esiste una caverna naturale, potremmo rifugiarci lì per questa notte, ho già provveduto affinché ci si trovi della legna.”

 Gli cedo il passo e in poco tempo raggiungiamo una piccola caverna sotterranea, ci addentiamo nei meandri di essa, finché non giungiamo ad un grande spazio ricolmo di luce. Spalanco gli occhi alla bellezza della caverna.

 “è un luogo magnifico sir Walter”

 Lui annuisce appena a quel complimento. Posa la carcassa del cervo su una coperta sgualcita e ravviva il fuoco. La caverna illuminata dalle fiamme è uno spettacolo meraviglioso.

“Lady Essylt, siete tutta sporca di sangue, non volete lavarvi? Laggiù”

Mi indica una grande roccia.

 “c’è un fiume sotterraneo che scorre lentamente.”

 Mi avvio verso il fiume, le acque sembrano nere nella semi oscurità della grotta. Mi spoglio velocemente e mi immergo, godendo del rinnovato senso di pulizia. Poi, senza preoccuparmi della mia nudità mi avvio verso il fuoco. Walter mi lancia un’occhiata e distoglie subito lo sguardo.

 “Lady Essylt, vorrei poter parlare con voi guardandovi negli occhi, ma non sono sicuro di poterlo fare nelle condizioni in cui siete.”

 Sorrido ancora e dico

 “Mi dispiace sir Walter, ma non possiedo vestiti di riserva, sapete non  ho fatto conto di avere dei compagni per questo viaggio. Le altre vesti erano macchiate, le ho dovute lavare ed ora sono bagnate.” Walter si alza ed estrae dalla sua sacca una camicia lunga. Poi me la lancia senza guardarmi, la prendo al volo e la indosso. Si volta verso di me e sorride.

 “Ora siete un poco più presentabile lady Essylt, come si conface ad una signorina come voi.”

Certo che questo tipo è proprio buffo.

 “Grazie sir Walter, è molto cortese da parte vostra. Però vi devo ricordare ancora una volta  che non sono una lady, ma una semplice popolana.”

Walter ridacchia e borbotta tra se qualcosa.

 “Va bene Essylt, io la chiamerò con il suo nome se lei userà soltanto il mio, senza il titolo concessomi dalla mia appartenenza ai cavalieri.”

 “Accetto la sua proposta Walter.”

 Estraggo dalla mia sacca delle coperte e le stendo a terra, accanto al fuoco.

 “Prima ho visto il modo in cui combatti, dove hai imparato a maneggiare la spada con tale bravura?”

 La domanda è più che lecita, eppure la ferita è ancora bruciante nel mio cuore.

 “Mio padre mi insegnò a combattere fin da quando ne ho memoria. Imparai ad impugnare una spada prima ancora di saper camminare.”

 Walter si volta verso di me e domanda.

 “Tuo padre è ancora vivo?”

 Che strana domanda, l’ha pronunciata con un tono di preoccupazione nella voce.

 “No, è morto a causa dei predoni che perseguitano il mio villaggio. Conoscevate forse mio padre?”

 La mia curiosità è anche conosciuta in tutto il villaggio.

“Certo che lo conoscevo, nella’arte della spada non aveva pari, tranne forse che per sir Lancillotto”

“E per Artù”

Dico io, l’espressione di Walter cambia un poco, anche se cerca di nasconderlo.

“Pensi davvero che Artù sia un buon re?”

 Non è pronunciata con tono malevolo la domanda, sembra semplicemente curioso.

 “Artù è il più grande re di tutti i tempi, ha portato splendore, ricchezza e pace in Camelot e nei regni confinanti. Artù è giusto ed impugna Excalibur, che l’ha scelto. Non ho mai dubitato del re e mai lo farò, il cuore di ogni persona di Britannia e anche oltre i confini di essa gli appartiene.”

Walter sembra riflettere sulle mie parole.

“Come avete conosciuto mio padre?”

La tentazione di interrompere quel silenzio era troppa.

“Tuo padre? Si chiamava Fredrik, vero?”

 Annuisco.

 “Tuo padre era uno dei più grandi uomini che abbiano mai varcato le mura di Camelot, è stato lui a forgiare per me questa spada.”

 Mi mostra la spada che porta al fianco, è ottima fattura, splendida, anche se mai bella quanto la mia. La tristezza al ricordo di mio padre si fa sentire, bruciando nel mio petto.

“E così è riuscito a sfidare Lancillotto? Come mai?”

 Mi piace ascoltare le storie sul conto di mio padre, ogni cosa che non so di lui e che scopro mi rende felice. “Bé, Lancillotto gli chiese una spada che fosse forgiata con del fuoco speciale, Fredrik si rifiutò. Lancillotto allora lo sfidò a duello, se lui avesse vinto avrebbe forgiato la spada secondo le indicazioni del cavaliere, se avesse perso avrebbe offerto il suo aiuto a Fredrik per una questione che gli stava a cuore.”

 Walter sorride, perso nei suoi ricordi.

 “Si sfidarono e Lancillotto vinse, anche se di poco, fu una delle sfide più belle a cui assistetti. Lancillotto in seguito offrì il suo aiuto a tuo padre, disse che mai e poi mai aveva incontrato un uomo che sapesse maneggiare le spade in maniera tanto nobile, tranne che per Artù, il re stesso.”

 Si riscuote e chiede “Così ti ha insegnato ciò che sapeva?”

Annuisco.

 “Se vuoi potremmo allenarci insieme, visto che il nostro viaggio fino a Camelot sarà lungo, non possiamo restare senza allenamento.”

 “Ne sarei onorata.”

Walter si alza e dice

 “Bene, iniziamo subito.”

 Sono sbigottita.

 “Non stavo scherzando ragazzina, iniziamo ora, voglio vedere come te la cavi.”

 Non mi muovo, non voglio combattere con un uomo che è ferito e non dorme da giorni. Lui però impugna la sua spada e tenta un affondo, lo schivo quasi senza pensarci, impugno la spada e la estraggo dal fodero, parando un affondo che se non avessi fermato sarebbe arrivato dritto al cuore. Sta facendo sul serio e la cosa non mi piace. Paro un altro affondo e contrattacco con una velocità che lo spiazza, glielo leggo in volto. “Sei agile, su questo non ci sono dubbi.”

Continuiamo a duellare, nessuno si muove dalla sua posizione. Walter è incredibilmente forte, un vero portento, lui e la spada sembrano essere una cosa sola. Faccio una finta e tento un affondo un po’ azzardato, lasciando scoperto il mio lato destro. Lui para e cerca di colpirmi, io schivo all’ultimo momento. Senza sapere bene come mi ritrovo stesa a terra e con la spada puntata alla gola.

 “Mi avete fatta inciampare? Nei vostri piedi? Non ci credo!”

 Non so bene se essere offesa o divertita.

 “Non bisogna mai sottovalutare il nemico, neanche se esso è ferito e stanco.”

 Mi alzo in piedi con rinnovato ardore.

“Riproviamo”

 Neanche il tempo di finire la parola e mi ritrovo ad indietreggiare  al ritmo degli affondi di Walter. Indietreggio verso l’acqua, finché non mi tuffo dentro il fiume e riemergo. Walter mi osserva e distoglie lo sguardo, è il momento di attaccare, comincio a fare un affondo, poi un altro ed un altro ancora. Walter indietreggia, no vuole fissarmi, è troppo cavaliere per farlo. Faccio una finta e poi un affondo, la sua spada vola a due metri di distanza. Gli punto la mia alla gola, tutti e due abbiamo il fiatone e siamo sudati. “Sempre sfruttare le debolezze del nemico a proprio vantaggio.”

 Dico io tra un ansito e un altro, poi mi osservo. La camicia lunga è oscenamente avvinghiata al mio corpo, sorrido furbescamente.

 “Devo ammettere che questa tecnica funzionerebbe con la maggior parte dei cavalieri, ma di sicuro non con i predoni di prima. Ora, ti puoi rivestire?”

 Walter è assai divertente, scoppio in una risata fragorosa, che risuona nella caverna.

 “Siete proprio divertente, comunque non posso rivestirmi, ancora una volta ho tutti i vestiti bagnati.” Walter mi osserva a lungo allora, vagliando il mio corpo con uno sguardo puramente maschile. Mi trova apprezzabile, questo dice il suo corpo.

 “Rimani davanti al fuco a scaldarti, tra poco la camicia sarà asciutta”

 Dice con voce roca. Io mi siedo e aspetto che la camicia asciughi, ma ci mette troppo, così la sfilo e rimango, ancora una volta, nuda davanti al fuoco. Il viso di mio padre si ripresenta davanti ai miei occhi, cado nel ricordo di un bel giorno di autunno.

“Essylt, le gambe devono essere più divaricate, così sono troppo poco aperte. Non riuscirai mai a tenere in mano uno spadone a due mani in quella posizione.”

 Mi rialzo in piedi con il mio bastone di legno. Ho quattordici anni, sono ore che mio padre mi allena in mezzo al bosco. Ricominciamo a lottare, pochi secondo e mi ritrovo di nuovo a terra, con le lacrime agli occhi. Non ne posso più di questi allenamenti estenuanti, mi sembra di essere sempre inferiore a mio padre nonostante gli anni passati ad allenarmi.

 “Essylt, rialzati. Non chinare la testa davanti al nemico, non piangere. Non essere debole, sii la degna figlia di tuo padre o vattene per sempre e non farti mai più vedere.”

La rabbia mi pervade e prende possesso del mio corpo e della mia mente.

 “Io non sono debole!”

 Gli urlo contro, sono stufa, veramente stufa degli allenamenti infruttuosi.

 “Io sono stufa!”

 Faccio un affondo

 “Voglio essere libera!”

 Gli colpisco un fianco

“Voglio uscire a correre nel bosco senza che qualcuno mi ricordi di dover fare un allenamento!”

Gli colpisco una gamba

“Voglio essere me stessa!”

 Lo sbatto a terra, vincente per la prima volta in quattordici anni. Lui mi guarda con una nuova luce negli occhi, mi guarda come non mi ha mai guardata, come se fossi una persona sconosciuta. Si alza e mi abbraccia, poi pronuncia le parole che mi segneranno per sempre come una figlia dell’era della spada.

“La tua spada è pronta, ora sei pronta per impugnarla e ricorda: Giustizia, libertà e uguaglianza.”

Walter mi posa una coperta sulle spalle.

 “Non dovresti prendere freddo.”

Annuisco appena, ancora persa nei ricordi correlati a mio padre. Poi mi alzo in piedi alla vista della smorfia di dolore dell’uomo.

“Stenditi, ti curerò quella ferita, dovrò cucirla, ma se non altro ti riprenderai perfettamente.”

 Si sdraia a terra ed io estraggo dalla sacca ago e filo, insieme alle solite erbe.

“Vuoi davvero cucirmi?”

 Ma questo da dove viene?

 “Vuoi dirmi che, visto che sei un cavaliere e ti sarai ferito tantissime volte non sei mai stato cucito, neanche una volta?”

 Ora dubito di lui, indietreggio verso la mia spada.

 “No. Con noi c’è sempre Merlino, che provvede alle nostre cure mediche con la magia.”

 Avevo dimenticato questo particolare. Mi riavvicino al mio compagno di viaggio e comincio a cucirgli la gamba. Soffre anche se cerca di non darlo a vedere. La coperta che mi sono avvolta strettamente intorno al corpo piano piano scivola verso il basso. Se non altro Walter è distratto e la smette di muoversi. Appena ho finito di cucire applico le erbe e aspetto che facciano effetto. Poi rimetto tutto a posto e rialzo la coperta. “Grazie.”

 Scuoto la testa, non è niente.

“Ora ci converrebbe dormire, domattina ci dobbiamo muovere all’alba, il mio villaggio non sopravvivrà a lungo.”

 Walter annuisce. Io mi stendo sotto le coperte e chiudo gli occhi, il sonno mi cattura nella sua fitta rete ed io mi abbandono alla ricorrenza dei miei incubi.

 

Note dell’autore

 

Ed eccomi qui con una nuova storia! Spero che vi piaccia. Allora, devo dire giusto un paio di cose:

  1. Essylt non è mai esistita nella leggenda di Artù (nei prossimi capitoli se vi interessa vi spiegherò come mai ho inventato questa, ma non ora perché dovrei fare degli spoiler)
  2. Essylt è un nome di origine sassone e vuol dire colei che protegge con la spada

Ecco ho già terminato le cose da dire. Comunque, i capitoli non saranno così lunghi, pensavo di farne tre o quattro al massimo perché la storia è corta. Non vedo l’ora che recensiate, perché voi recensirete vero?

A presto!

Ci vediamo al prossimo capitolo!                                                                                Luka

  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Avventura / Vai alla pagina dell'autore: orkaluka