Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: HarryJo    20/03/2011    15 recensioni
Riccardo è un ragazzo come tanti altri.
Diciotto anni, discretamente bello, bravo a scuola e tremendamente appassionato di musica. A dispetto di ciò che continuano a suggerirgli i suoi genitori, lui continua a suonare la sua bellissima Fender Stratocaster e a fare dei piccoli concertini per dimostrare a se stesso la sua bravura. Un giorno accetta una proposta della scuola: suonare in occasione della giornata della memoria, ma all'ultimo minuto Giacomo, il suo batterista, è costretto a dare forfait perché è ammalato.
Riccardo, pur di non lasciarsi sfuggire l'occasione, chiederà ad Elena, una ragazza che nemmeno conosce, di sostituire Giacomo in quel concerto. I due ragazzi diventeranno subito amici.
Elena porterà Riccardo a conoscere una realtà della vita che lui non aveva mai avuto occasione di conoscere, costernata da dolore, fatica, lavoro e sacrifici, senza mai perdere il sorriso.
« Potresti suonarle oggi alla conferenza col suo gruppo? Il loro batterista si è ammalato » continuò la ragazza bionda, indicandomi. Ma insomma, non potevo fare io qualche domanda? Mi davano estremamente fastidio le persone che parlavano di me come se non fossi lì presente accanto a loro.
Elena si rivolse direttamente a me, come se mi avesse letto nel pensiero.
« Chi sarebbe il vostro batterista? »
« Giacomo Grimaldi » risposi con un fil di voce.
« Ok. E vi va bene come suona? » si informò, per non capivo quale motivo.
« Sì » risposi.
« Bene. Se ti serve una mano, io ci sto » mi disse, e vidi i suoi occhi inumidirsi per un secondo. O forse era solo una mia impressione.
Acconsentii.
Dopotutto, che altro avevo da perdere? O lei, o nessun altro.
Quel giorno la incontrai per la prima volta.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Create your own banner at mybannermaker.com!
Capitolo 1

Capitolo 1.

 

Per la prima volta.

 

 

 

We just now got the feeling

That we’re meeting

For the first time.

- The Script.

 

 

 

 

 

La porta si aprì all’improvviso facendomi sobbalzare ed alzando la testa mi accorsi di essermi assopito sopra il libro di filosofia mentre ascoltavo musica; la guancia destra aveva preso la forma della pagina su cui mi ero beatamente addormentato e l’auricolare dell’mp3 pendeva distrattamente dall’orlo del tavolo.

« Riccardo! » Nella voce di mia madre si sentiva un bel rimprovero, come minimo una strigliata d’orecchi con la solita predica. Già mi preparavo alla solita risposta: sì, mamma, lo so che devo studiare. Sì, mamma, lo so che ho gli esami di maturità quest’anno. Sì, mamma, lo so che la musica non mi porterà da nessuna parte, ma devi ammettere che nemmeno la filosofia lo farà.

« C’è Giacomo al telefono, vuole parlarti per il concerto di domani » disse invece, senza nessun accenno allo scarso impegno che avevo nei confronti della scuola. Quel giorno sarebbe stato da ricordare solo per quello.

Mi alzai di scatto senza pensarci due volte. Non avevo nessun riflesso che fosse più rapido di quello che mi veniva quando si trattava di musica, o meglio, di suonare.

Presi il cordless e cominciai a camminare avanti e indietro per la stanza mentre parlavo con Giacomo, il mio batterista. L’indomani avremo suonato nella nostra scuola in occasione della giornata della memoria, e, anche se non era la prima volta, ero eccitatissimo all’idea di suonare davanti ai tremila studenti del nostro liceo scientifico. Era una bella soddisfazione.

« Ehi, Jack. Come va? » gli dissi tutto contento.

« Non molto bene purtroppo. Ho la febbre a 39 e non sembra volersi abbassare » disse tossendo.

« Che cosa?! Ma domani puoi suonare, vero?! »

« Ma ti pare che io possa? Quando l’ho chiesto a mia madre ha cercato di uccidermi con lo sguardo, sai com’è quella donna! »

In effetti Giacomo era piuttosto cagionevole di salute, e, ogni volta che aveva anche solo un piccolo raffreddore, sua madre lo teneva a casa per giorni, preoccupata che si potesse evolvere in qualcosa di più.

« E che facciamo per il concerto? » chiesi allarmato.

« L’unico modo è cercare un altro batterista, oppure non lo facciamo e basta » mi rispose.

« Ma neanche per sogno! » Non avrei mai rinunciato a quel concerto, neanche se fosse stata questione di vita o di morte. « Tu dimmi, conosci qualche batterista valido nella nostra scuola che potrebbe conoscere le canzoni? »

« È tutta adesso che ci penso, ma non saprei proprio. Ci sarebbe Matteo, ma ti odia a morte, non verrebbe mai a suonare con te ».

Sbuffai. Quel ragazzo era un bravo batterista, forse molto più di Giacomo, ma il suo ego era tanto da far schifo, ed io non lo potevo sopportare.

« Nessun altro? » chiesi speranzoso.

« Eh, non è che non ce ne siano, anzi, siamo pieni di batteristi lì a scuola! Pensa che all’autogestione eravamo il gruppo più numeroso, tanto che la preside era venuta a… »

« Taglia corto » lo fermai, impaziente di trovare un sostituto al più presto.

« Beh, il punto è che trovare un batterista che conosca le canzoni e che le sappia suonare bene è difficile, soprattutto con un anticipo così breve ».

« Argh! Non è giusto, Jack! » esclamai furioso.

« Senti, amico, non ci posso fare niente, domani vai lì e cominci a chiedere chi ha voglia di suonare un po’. Se trovi qualcuno bene, sennò amen ».

Riattaccai senza dire parola, e poi mi accasciai sul letto disperato.

Ma perché proprio a me? Perché Giacomo doveva stare male proprio quel giorno? Lo aspettavo da così tanto tempo, tutti sapevano quanto importanti erano per me i concerti.

Mi torturai con quel pensiero fino all’ora di cena, e fu motivo di discussione anche con i miei.

« Riccardo, qualche problema? Sembri stravolto » aveva detto mia madre, con tono gentile.

« Giacomo sta male, quindi domani non può suonare e io non so chi potrebbe sostituirlo » avevo risposto arrabbiato mentre mangiavo un boccone troppo grande di pasta e rischiavo di soffocarmi.

« E per queste cose ti arrabbi in questo modo? Ragazzo, sono altri i problemi della vita » mi aveva rimbeccato mio padre.

« Per me è importante » e con queste parole mi ero alzato da tavola, senza terminare la cena. Loro non avrebbero mai capito quanto per me era importante la musica.

Certo, dopotutto, non potevo biasimarli. Sapevo che per me progettavano un futuro ben diverso da quello che volevo io, mi volevano vedere con un lavoro stabile, con un livello di istruzione che mi avrebbe permesso di aver più possibilità. Ma non potevano lamentarsi: a scuola andavo molto più che bene, e alla fine ciò che mi chiedevano l’avevo sempre fatto.

Se avessi rimosso la chitarra dai miei pensieri, forse per loro sarei stato perfetto.

Ma io mi sentivo perfetto così, e non ci trovavo niente di male.

Ricordavo ancora in ogni minimo particolare com’era iniziata. Ero alle elementari, e stavo tornando a casa a piedi da scuola, un venerdì pomeriggio. Si solito tornavo stressato, non mi piaceva fare i rientri, eppure quel giorno ero euforico, perché la bellissima Chiara mi aveva dato un bacino sulla guancia. Contento com’ero, avevo deciso di andare a casa per le stradine più nascoste di Cureggio ed evitare le vie principali. Così facendo ero passato davanti alla scuola di musica del mio paese. Lì, avevo sentito per la prima volta suonare qualcuno dal vivo. Lì avevo sentito per la prima volta una chitarra che non fosse stata suonata per un cd. Lì mi ero messo ad origliare quei suoni, e dopo quella prima volta ne seguirono molte altre, finché i miei non si erano rassegnati all’idea di mandarmi a suonare e comprarmi una chitarra.

Da quel giorno, io e la mia Fender Stratocaster eravamo diventati inseparabili.

Le cose che amavo di più erano i saggi: mi permettevano di far vedere, o meglio, di far sentire ai miei genitori quanto per me era importante la musica e quanto quindi per me era importante continuare a suonare. E non era solo quello, era proprio una sfida con me stesso, una sfida in cui ci mettevo l’anima.

Per quello, quando ci avevano proposto di suonare a scuola non avevo avuto un minimo di esitazione.

Giacomo era il mio batterista da anni.

Avevamo fondato noi il nostro gruppo dopo esserci conosciuti per caso ad una festicciola di un’amica comune: avevamo iniziato a parlare e subito ci siamo ritrovati come gusti musicali, entrambi suonavamo e volevamo sfondare… Ci potevano essere condizioni migliori per creare una boy band? Poco tempo dopo siamo diventati anche migliori amici, stessa scuola, stessa classe.

Inseparabili, oserei quasi dire.

Non riuscivo a credere che per la prima volta sarei dovuto andare sul palco senza che le sue mani mi battessero il tempo. Sarebbe stato meglio trovare qualcuno di bravo, che non mi facesse sfigurare dopo tutti quei giorni persi a provare.

E con quel pensiero, mi addormentai.

 

La mattina dopo fu traumatico l’alzarsi dal letto.

Non ero abituato a svegliarmi così presto, ma forse era un sacrificio che valeva la pena di sopportare.

Preparai tutto con cura: la mia amata chitarra, il mio amplificatore, i cavi, i plettri e tutto ciò che mi sarebbe servito per il concerto di quel giorno. Ero pronto.

Mi mancava solo il batterista.

Perciò non mangiai nemmeno quella mattina, spronai mio padre a trascinarmi a scuola prestissimo e cominciai a chiedere a chiunque passasse: « Scusa, tu per caso sei un batterista? O conosci qualcuno che lo è e che potrebbe aiutarmi? »

« No » mi risposero tredici ragazzi.

« Sì » dissero invece in due.

«Conoscete queste canzoni? » chiesi a questi due tendendo loro una lista che conteneva sei brani. Per la precisione, Don’t Cry dei Guns N’ Roses, The promise land di Bruce Springsteen, Let it be dei Beatles, Wasting Love degli Iron Maiden, In a darkened room degli Skid Row e, ultima e più importante, Nothing Else Matters dei Metallica.

Entrambi scossero la testa però, non le sapevano suonare, o almeno, non tutte.

Mi accasciai contro il muretto della scuola e mancava un quarto d’ora per l’inizio delle lezioni, ed io non avevo tirato fuori un ragno dal buco.

« Scusa, in giro dicono che ti serve un batterista che conosca alcune canzoni, è vero? » disse poi una voce femminile, e mi voltai a guardare chi aveva parlato.

Una ragazza - sarà stata al terzo anno - bionda, con due bellissimi occhi verdi, era davanti a me che attendeva risposta.

« Sì, disperatamente. Per caso conosci qualcuno? » le chiesi con l’ultimo filo di speranza. Annuì, e mi sentii sollevato.

« Certo. Lei » e mi indicò una persona con un dito.

Capelli castani, molto magra, piuttosto bassa, chiacchierava con alcune amiche tranquilla.

« Lei? » chiesi sospettoso.

« Sì. Non sei convinto? »

Non risposi. No, non ero affatto convinto, ma dirlo ad alta voce mi sembrava brutto.

« Dopotutto, che alternative hai? » mi chiese la bionda, lanciandomi un’occhiata e poi urlò: « Elena! »

La ragazza castana si girò verso di noi e ci venne incontro. Non era male, aveva dei bellissimi occhi azzurri, ma quello che mi colpì subito fu una collanina che pendeva distrattamente dal suo collo, un cuore con una lettera: D.

« Ehi cara, come stai? » domandò alla bionda.

« Tutto bene. Senti conosci queste canzoni? » Prima che me ne potessi accorgere mi aveva già sfilato da mano la scaletta che avrei dovuto eseguire.

« Ovvio. » rispose Elena.

« E le sai suonare? »

« Sì ».

La sua voce sembrava essersi fatta più flebile a questa domanda.

« Potresti suonarle oggi alla conferenza col suo gruppo? Il loro batterista si è ammalato » continuò la ragazza bionda, indicandomi. Ma insomma, non potevo fare io qualche domanda? Mi davano estremamente fastidio le persone che parlavano di me come se non fossi lì presente accanto a loro.

Elena si rivolse direttamente a me, come se mi avesse letto nel pensiero.

« Chi sarebbe il vostro batterista? »

« Giacomo Grimaldi » risposi con un fil di voce.

« Ok. E vi va bene come suona? » si informò, per non capivo quale motivo.

« Sì » risposi.

« Bene. Se ti serve una mano, io ci sto » mi disse, e vidi i suoi occhi inumidirsi per un secondo. O forse era solo una mia impressione.

Acconsentii.

Dopotutto, che altro avevo da perdere? O lei, o nessun altro.

 

Quel giorno la incontrai per la prima volta.                                                        

 

 

 

 

 

 

{ Spazio HarryJo.

Eccomi qui, che inizio a torturarvi con un’altra long ^^

Beh, questa è diversa dalle altre, e non tratterà solo d’amore. Ovviamente, un punto importante di questa fic è la musica. Mentre per il resto, beh, lo scoprirete.

Se avete voglia, mi dite perché secondo voi ad Elena sono venute le lacrime agli occhi all’idea di suonare? Potete anche semplicemente dire che non ne avete idea xD Son solo curiosa di sapere che vi passa per la testa leggendo le mie schifezze :D

A presto allora miei cari,

Erica :)

   
 
Leggi le 15 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: HarryJo