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Autore: Slytherin Nikla    21/03/2011    4 recensioni
fanfiction senza troppe pretese su "Quel che resta del giorno", probabilmente uno dei miei film preferiti... Riflessioni - inevitabilmente amare - di Mr. Stevens.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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« È solo una romantica storia d'amore... »

Sì, era solo una romantica storia d'amore quella che stavo leggendo. Perché mi vergognavo tanto, allora? Perché l'avevo lasciata insistere e insistere, invece di scoprire subito quello che neppure aveva l'ardire di chiamarsi segreto? Forse perché prima che lei entrasse a Darlington Hall, prima che lei entrasse nella mia vita e nelle mie giornate, non avevo mai avuto nemmeno la curiosità di leggerla, una storia d'amore. Avrei dovuto dirle questo? Confessare a lei ciò che avevo timore persino di riconoscere con me stesso?

Leggevo libri d'amore con la speranza, innocente, un po' ingenua e forse disperata, di comprendere cosa stesse avvenendo in me, di dare un nome a quell'affezione dolorosa che mi straziava ogni volta che riconoscevo la sua figura attraversare un corridoio o passeggiare nel parco. Leggevo libri d'amore perché avevo paura di ciò che provavo per lei, così giovane e diversa da me. Leggevo libri d'amore perché era l'unico modo per sentirla vicina senza dover temere un rifiuto che credevo inevitabile.

Leggevo libri d'amore perché non ero, come non sono, in grado di capire la natura dei miei sentimenti, e meno ancora di tradurli in gesti o – peggio – parole.

Per quanto tempo l'ho guardata, quella sera? Tremavo nel sentire le sue mani che cercavano di liberare il libro dalla mia presa e la guardavo, la guardavo, fissando ogni dettaglio nella mia memoria con tanta forza che ancora adesso mi basta chiudere gli occhi per rivederla. Il nastro fra i capelli, l'espressione risoluta. La mia mano sul punto di accarezzarle i capelli, che tornava al porto sicuro della mia tempia.

Ho perso il conto delle volte in cui ho rimpianto quell'occasione respinta. E tante altre, in cui mi sono ostinato a spiegare a Miss Kenton come Darlington Hall avesse terribilmente bisogno di lei e quanto lei fosse importante per Darlington Hall. Perché non hai voluto capirlo, Sarah? Credi che avrei fatto tanta fatica a pronunciare quelle parole, se avessi davvero parlato di questa casa?

Sarah.

Sarah.

Non ha mai lasciato le mie labbra, questo nome. Non so che suono abbia, pronunciato dalla mia voce, ma ci pensi? L'ho ripetuto e lo ripeto continuamente, nella mia testa, quasi che esistesse davvero – che sciocchezza – la possibilità di dimenticarmi di te, ma non sono ancora riuscito a trovare il poco coraggio che basterebbe per dirlo una volta soltanto, come un sussurro, una carezza, un alito di vento: Sarah...

Vent'anni che te ne sei andata, vent'anni che penso a te ogni singolo giorno, e non sono capace di una parola così semplice. Ma d'altra parte, che sono un codardo, l'hai sempre saputo.

Lo so persino io, persino io lo ammetto... Un codardo – e, da quel giorno di una vita fa in cui divenne Mrs. Benn, anche un miserabile. Era chiaro nelle sue parole, nei suoi gesti, in quel suo pianto scomposto nel quale la sorpresi, che non soltanto non era felice, ma che sarebbe bastata una sola parola da parte mia e sarebbe rimasta. Per codardia, appunto, per il folle, incontrollabile timore di non sapere come comportarmi con lei dopo, non feci niente del genere.

Sarebbe poca cosa, se di vita avessi rovinato soltanto la mia. Ho rovinato anche la sua. L'ho resa infelice, ancor più infelice di quanto mi sembrò quella sera, e non posso neppure domandarle perdono, perché non sono in grado di perdonare me stesso e non vedo perché mai dovrebbe farlo lei.

Da quando l'Americano ha preso possesso di Darlington Hall ho molto più tempo a disposizione di quanto ne abbia mai avuto al servizio di sua Signoria, leggo più a lungo e molto più spesso. Ho iniziato a dedicare attenzione anche alla poesia, al teatro, a tutto ciò che richiede un'attenzione maggiore e più accurata della semplice lettura. Ieri sera leggevo Oscar Wilde, ed ecco, ora capisco per quale motivo il pensiero di Miss Kenton è tornato con tanta dolorosa prepotenza. È proprio così.

Ognuno uccide ciò che ama.

Io lo so.

Io l'ho fatto.

  
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