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Autore: Katia R    24/03/2011    1 recensioni
DATA PUBBLICAZIONE: 30 gennaio 2009. Quando la vita si prende gioco di te.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Appesa ad un filo

Premessa: questa one-shot è molto triste. E' nata il 30 gennaio 2009, dopo la notizia che mia cugina aveva di nuovo lo stesso male che tempo prima le avevano asportato e che forse anche un'altra persona, un caro amico di famiglia, aveva lo stesso male. E' stato difficile scrivere questa one-shot. L'ho scritta ascoltando "Dancing" di Elisa e l'ispirazione è subito arrivata.
E' scritta in prima persona, ma la protagonista non sono io, fortunatamente. Anche se l'inizio un pò è preso dalla mia vita.
Buona lettura, e scusate la tristezza.

Appesa ad un filo


Se dovessi fare un riassunto di tutta la mia vita, direi che dolore è la parola che la spiega meglio.
Sin da piccola la mia vita non è stata una passeggiata.
Mi portò via mio padre quando ancora non capivo nulla.
Rimasi chiusa nel mio dolore per tanto tempo. Non volevo l’aiuto di nessuno.
Solo dopo anni, ho incontrato una persona fantastica. È diventata molto più di un’amica. Molto più di una sorella.
Credevo di non farcela. Avevo già deciso di abbandonarmi al mio destino.
Un destino che era già stato scritto. Un destino che non permetteva di tornare indietro.
Ogni giorno era come morire, lentamente, silenziosamente. Tutto intorno a me non aveva nessun significato.
I miei occhi erano privi di luce e fissavano il vuoto.
Era come sprofondare in acqua. E più cercavo di salvarmi, e più andavo a fondo.
Era arrivato il punto in cui mi sentii sprofondare ancora più giù, lì dove tutto diventa nero. Dove non riesci più a percepire nulla. Perdi tutti i sensi, e chiudi gli occhi, lasciandoti morire.
Ma quei giorni non erano gli ultimi.
Improvvisamente, un giorno, un angelo decise di prendermi e riportarmi in superficie.
E io rividi la luce. Era come rinascere.
Tutto era destinato a cambiare. Riacquistai la voglia di vivere. La voglia di combattere contro questa vita.
Ma la vita non ci sta mai a perdere. È pronta a rifarsi subito.
E la mia si è rivoltata contro, esattamente un mese fa.
Non mi sentivo bene. Ho iniziato ad avere giramenti di testa, e la mia migliore amica mi ha consigliato di andare dal medico.
Quello che scoprii due giorni dopo, cancellò tutti i miei buoni propositi per il futuro.
Un tumore.
Una sola parola che mi mise i brividi. Le lacrime che erano iniziate a scendere, non l’avevo neanche sentite.
Ero sola. La mia amica voleva venire, ma ho preferito andarci da sola.
Quando mi ripresi da quella notizia, guardai il dottore in cerca di risposte.
“Purtroppo non c’è niente da fare. È molto disteso e un’operazione non risolverebbe nulla. Mi dispiace.”

Mi sono sempre chiesta quando sarei morta.
Ma non credevo che la risposta sarebbe stata così veloce.
E non credevo fosse così doloroso apprendere la notizia.
Quante cose vorrei fare ancora. Eppure qualcuno ha deciso di negarmi tutto.
Di negarmi il futuro.
Di negarmi le poche gioie di questo mondo.
Di negarmi di vivere.

Dirlo alla mia migliore amica non è stato facile. Appena le ho detto l’esito delle analisi è rimasta spiazzata. Era come rivedere me allo specchio. Quella ragazza con gli occhi spenti.
Riuscì a dire un “no” soffocato, e mi abbracciò.
Non so per quanto tempo abbiamo pianto. So soltanto che improvvisamente non avevo più lacrime.
Mi stavo spegnendo.
Come un computer.
Come una luce.
Ma con un unico problema.
Non mi sarei più riaccesa.

Corro. Corro sotto la pioggia primaverile.
Corro libera insieme al vento.
Da un mese la mia vita era diventata un filo.
Un filo sottilissimo pronto a spezzarsi in qualsiasi momento.
Dovevo stare attenta.
È difficile stare tranquilli quando la tua vita è appesa ad un filo.
Corro con le cuffiette del mio i-pod.
I miei battiti aumentano.
Il respiro si fa sempre più affannato.
Le palpebre diventano pesanti.
Chiudo gli occhi e inspiro una boccata d’aria.
Li riapro e mi accorgo di vedere tutto appannato.
Una fitta forte mi fa rallentare.
Riprendo la mia corsa ma le gambe mi cedono.
Chiudo gli occhi e cado a terra, sul terreno freddo, bagnato.
Mi lascio andare e inspiro un’ultima volta.
Volto la testa su un lato e mi lascio trasportare sempre più giù.
E stavolta il mio angelo custode non può farci nulla.
Stavolta è la fine.
E ora so che non è stata una fitta a farmi rallentare.
Ne sono sicura.
Il filo a cui ero appesa si è spezzato.

   
 
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