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Autore: AntonellaSpuffy    25/03/2011    1 recensioni
Kristen scruta per la prima volta William dalla sua finestra.
Poi gli occhi di William diventano tutto ciò per cui vivere.
Alcune citazioni:
I suoi occhi fissano il pavimento.
E’semplicemente magnifico.
-Devo cominciare a preoccuparmi?Ti sei infilata dalla finestra?- chiede burbero.
Perfetto. Sospiro e cerco di compiere la mia missione e scappare.
-Senti, non sono qui per spiarti o cosa. Ieri ho fatto una figura pessima. E’vero, ero curiosa e ho cercato in ogni modo di vederti. Il fatto è che ti avevo visto fissarmi dalla finestra...beh, ora so che non mi fissavi dato che non vedi, ma insomma hai capito!
Così ti ho portato i biscotti vecchi di mia nonna. Non li hai mangiati vero?
Gli hamburger sono stati un’idea di mio padre. Il maggiordomo non ti ha detto del suo marsupio vero?
E poi quando mio fratello ha perso la sua macchinina, era vero non l’ho buttata io nel tuo giardino, non arriverei mai a tanto, anche se sono convinta che tu l’hai pensato.
 Ho sbagliato, non avrei dovuto essere così insistente e poi quella storia del non guardarmi in faccia. Come potevi farlo? Sono stata maleducata e perciò ti ho fatto una torta di mele per scusarmi. Non devi mangiarla per forza, ma è commestibile, non come i biscotti e credo che anche gli hambuger lo siano.
Non ho forzato la porta è stata la signora che lavora per te a farmi entrare, ma ti prego non licenziarla!-
Ecco , la mia solita dissenteria verbale! [...]
- Leggi l’ultima frase - mi dice, mentre la luce del sole gli carezza delicatamente il volto.
- "Così vicino che si chiudono i tuoi occhi col mio sonno" - sussurro appena.
E sorride. Di un sorriso bello e fiero.
Dove sei stato. Eri lontano. Eppure eri qui. Ne sono certa.
Perchè non è possibile che io abbia vissuto, respirato, aperto gli occhi ogni mattina senza che tu fossi con me.
Se tu fossi stato lontano non sarebbe accaduto.
E ora la tua presenza mi sta uccidendo. E ora voglio morire tra le tue braccia.
Fammi vedere come si muore.
Va bene. Mi basta. Tutto pur di starti accanto.
Fammi vedere come si muore dentro ai tuoi occhi William.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Questo personaggio era nato per altre storie. E non era mai andato via dalla mia anima. Doveva prendere vita e l’ha fatto con questa storia. Attraverso la quale riprendo a scrivere dopo tanto. ps.il mio amore sproporzionato per un noto telefilm mi ha portato ad utilizzare alcuni nomi famosi ^^

Dove sei stato. Eri lontano. Eppure eri qui. Ne sono certa.

Perchè non è possibile che io abbia vissuto, respirato, aperto gli occhi ogni mattina senza che tu fossi con me.

Se tu fossi stato lontano non sarebbe accaduto.

E ora la tua presenza mi sta uccidendo. E ora voglio morire tra le tue braccia.

Fammi vedere come si muore.

Va bene. Mi basta. Tutto pur di starti accanto.

Fammi vedere come si muore dentro ai tuoi occhi.

 

Prologo

 

Un altro pomeriggio di noia mortale, un altro giorno di tedio nauseante.

Scarabocchio il quaderno di algebra e mi fisso nello specchio che riflette stufo la mia immagine. E’colpa di questo buco in cui vivo.

Se fossi in California sarei su una spiaggia ad abbronzarmi, avrei un contratto, pubblicato due best-sellers e sarei famosa.

E’tutta colpa di questa specie di piccolo villaggio kitsch anni ottanta se sono in questa situazione.

 La piccola peste mi fissa dal pavimento che ha imbrattato con un sorriso malefico.

Gode per il fatto che io debba ripulire tutto, compreso la pappina che sbrodola e i suoi escrementi puzzolenti. Perfetto!

Lui, insieme al paese decrepito, costituiscono l' incubo della mia vita.

Strattono i libri e decido di prepararmi qualcosa da sgranocchiare per affogare la disperazione.

Papà è al piano di sotto, davanti alla tv, telecomando alla mano per impedirmi di vedere uno straccio di telefilm e mega secchio di pop-corn .

 La sua pancia sta per raggiungere il tavolino su cui ora sono adagiati milioni di nachos al formaggio e salsa piccante, ma questo non sembra toccarlo minimamente.

-Kris tesoro, domani i ragazzi hanno organizzato una serata bowling, ho detto loro di si, se non ti dispiace ,tanto tu il sabato resti sempre in casa!-

Lo schifo di paese in cui vivo, il mio baby fratellino perennemente lagnoso e e mio padre, sono il motivo per cui non mi troverò mai a meno di un metro da un essere di sesso maschile attraente che non sia il ragazzo al supermercato, del reparto frutta e verdura.

Forse anche il fatto che mi chiami Kristen, già di per se non uno splendido nome, ma che tutti mi conoscano, grazie al mio adorabile papà , come Kris, nome tipico di un carpentiere robusto, non mi aiuta.

Mi avvicino al lavandino agognante, dove cataste di piatti sporchi mi aspettano, con il piccolo mostro alle calcagna che un po' gattona, un po'cammina e un po'si sbrodola.

-Kri,Kri- grida, battendo le mani.

Lo prendo in braccio e nonostante l'abbia lavato meno di un' ora fa, è già tutto appiccicaticcio di roba non identificata .

-Bau,bau- urla appena lo metto nel seggiolone, tanto forte da diventare paonazzo.

La patetica cittadina in cui vivo, il marmocchio di due anni che grida tanto forte da sembrare posseduto, il padre tv dipendente e il pulcioso cane che vive in giardino, sono il motivo per cui non ho, a diciotto anni suonati, una vita sociale.

-No,Spike rimane fuori- gli intimo, ma lui già strepita in modo folle.

-E dai Kris, fai entrare Spike- conclude come al solito mio padre dal divano.

-Certo, tanto io dovrò spazzolare via tutto il suo pelo dal divano- ringhio a denti stretti, già rassegnata e pronta per aprire a quel sacco di pulci che sguscia via dalla porta sul retro, annusa il piedino scalzo di Johnny e un secondo dopo, è già comodamente steso sulla mia poltrona.

Faccio un respiro profondo e cerco di non esplodere, mentre metto a scaldare al microonde una porzione di maccheroni al formaggio e frullo qualche verdura al mostro.

Dalla finestra, nello stesso istante, sento un allegro chiacchiericcio e poi vedo nitidamente Liam Darcy che lancia una palla da rugby a Dylan Oxford.

 Lo sputo di quartiere in cui vivo, il bambino a cui ogni ora (anche ogni 30 minuti quando è in vena)cambio il pannolino, l 'uomo in salotto che i documenti dicono inspiegabilmente essere mio padre, il cane bavoso che sta rosicchiando con gusto il bracciolo del divano e Liam Darcy, sono il motivo della mia terribile adolescenza.

Ho una cotta per lui da quando avevo cinque anni.

Lui naturalmente è il ragazzo più popolare della scuola, ma io non sono mai stata fissata con questo genere di cose. Anche perchè la popolarità mi ha sempre evitata come la peste.

Liam è bello,intelligente, gentile e non mi ha mai preso in giro, come invece fanno i suoi loschi compari.

Lo adoro da quando alle elementari mi ha fatto assaggiare la sua coppetta gelato alla fragola in cambio di una caramella a limone. Purtroppo quello, insieme a sporadici saluti è stato l'unico contatto in più di dieci anni.

Diciamo che viviamo su due pianeti diversi.

Lui belloccio e griffato, io anonima e scialba.

Suo padre possiede il piccolo centro commerciale della città ,mentre il mio frigge tutto il giorno patatine al fast food dietro l'angolo.

L'odore del formaggio fuso mi riporta alla dura realtà.

Apparecchio e chiamo tutti al rapporto.

Johnny già stringe forchetta e cucchiaio in modo terrorizzante , Spike è già accoccolato sotto il tavolo in attesa che mio padre gli allunghi qualcosa.

-Allora Kristen, come è andata la giornata?- mi chiede papà, dopo averci raggiunto e addentando i suoi maccheroni roventi.

Da quando mamma se ne è andata cerca d i parlare di più con me e ogni volta non posso fare a meno di sorridergli.

-Come al solito papà, ho preso una A in letteratura e una A meno al compito di algebra – gli faccio sapere, mentre gli passo le patate dolci che gli piacciono tanto.

-Sei brava, ti meriti di andare in un grande collage-

Lancio una smorfia di disperazione e continuo i miei maccheroni.

-Sai come funzionano certe cose papà. Avrei bisogno di una sostanziosa borsa di studi-

-Magari se gli mandassi una delle tue storie.-

E'tanto caro quando allude a ciò che scrivo. Mio padre non ha mai letto una parola, a parte le letterine di Natale che gli lasciavo qua e là, quando avevo 5 anni, ma finge di apprezzarmi.

-E poi, potrei fare dello straordinario-

-Non se ne parla-

Mi sono rassegnata a questa vita. Potrebbe andare peggio. Potrei vivere sotto un ponte.

Spike potrebbe mettere incinta una cagna e sarei costretta ad accudire decine di cagnetti rognosi!

-Troveremo un modo- gli dico poco convinta.

Dopo cena salgo in camera mia e chiamo Willow, la mia migliore amica.

-Anche Xan è qui-

-Salutamelo- alludo al terzo componente del nostro trio di sfigati. Ci conosciamo dall'asilo.

Ne abbiamo passate di tutti i colori insieme.

Compresa la cotta cronica che Willow ebbe per Xan durante il primo anno di liceo e che ci portò sull'orlo di una crisi catastrofica.

Ma ce l'abbiamo fatta anche quella volta.

Le milioni di giornate assieme, i concerti in cui Xan finisce sempre per essere pestato, le notti in cui Will si è ubriacata ed è corsa nuda per il vialetto, compresi i miliardi di modi in cui ci siamo visti(dal morbillo, alla varicella,a quel brutto herpes che quasi mi devastò la faccia)ci ha sicuramente uniti per sempre e comunque.

-Avete terminato il saggio?- chiedo.

-Pensavamo di copiarlo da te in cambi degli esercizi di algebra-

-Cambiate qualche parola altrimenti quella rimbambite se ne accorge di nuovo però.- gli faccio notare.

-Lunedì lo scambio allora, se prima non mi impicco al ventilatore a pala- aggiungo.

-Dai, domani è sabato!- urla Xan per rincuorarmi. Non ci riesce naturalmente.

-E hai in mente un viaggio in Europa che mi comprende?- gli chiedo sarcastica.

-In effetti no-

-Allora grazie. Resterò fedele al mio piano suicida!- Mi sdraio sul letto fissando il soffitto.

-Potremmo fare un salto al Glitter- propone speranzosa Willow. Vano tentativo.

Il Glitter è l'unico locale decente qui dove viviamo. Posto in cui noi stoniamo come un elefante in un negozio di cristalli.

-Domani guardo la peste e poi vorrei evitare di ripetere l'ultima esperienza devastante- concludo, prima di dare ad entrambi la buonanotte.

Due week-end precedenti Xander al Glitter aveva puntato una tipa e cercato atrocemente di flertare. Nel giro di pochi istanti era finito con la faccia nel water dei gabinetti del locale per gentile ausilio del ragazzo strafigo della donzella.

Avevamo passato il resto del sabato sera a lavarlo con il disinfettante, perchè Willow da buona figlia di un medico, continuava a ripetere che rischiava di beccarsi una qualche malattia venerea.

Prima di addormentarmi abbozzo il nuovo capitolo di una delle mie storie: una battaglia tra due ragazzi di un tipico liceo californiano che li porterà ad innamorarsi disperatamente.

Nonostante il mio terribile sarcasmo so che non dovrei lamentarmi...c'è chi sta peggio di me!

I bambini in Africa per esempio, mi dico per rincuorarmi.

Ma quando Johnny comincia a piangere e mio padre finge di essere sordo dalla nascita, penso che non ci sia un incubo peggiore del mio!

 

1°CAPITOLO

 

Il sabato mattina inizia nel solito modo.

Speravo di potermi crogiolare al letto ancora qualche ora, prima di dedicarmi con estremo entusiasmo alle faccende di casa, ma mentre riacquisto lucidità mi rendo conto che qualcun altro mi fa compagnia .

Tiro un sospiro di sollievo quando mi accorgo che non è Spike, ma solo Johnny che con il respiro regolare si ciuccia il dito beato.

Gli bacio la guancia paffuta e mi lascio accarezzare il viso dai suoi riccioli scuri. Pochi istanti dopo, tutta la beatitudine del mio amore fraterno scompare nel caro odorino che emana.

Faccio un sospiro e lo prendo in braccio.

-E' ora di cambiare il pannolino-lo avverto portandolo al piano inferiore.

Papà intanto si è già imburrato una decina di toast e con l'altra mano cerca di passare lo straccio sul pavimento.

-Lascia- gli dico mentre lui prende Johnny e afferro l'arnese infernale che lui tiene in mano come una vanga.

-Quali sono i progetti di oggi?- mi chiede dopo aver ripulito la peste che si è messo già all'opera con i lego.

-Nessun piano. Studierò e farò le pulizie. Il solito- gli rispondo con un sorriso , cercando di non fargli pesare la mia noia.

-E'colpa mia, non avrei dovuto occuparti tutta la serata.-

-Non è così. Se pure non fossi uscito, io non avrei avuto comunque elettrizzanti alternative- gli faccio notare. Mi sbarazzo del disordine che lui ha messo in mezzo in pochi secondi cercando di aiutarmi e infilo il cd di musica latina che tanto piace a Johnny, nel lettore .

 Appena la musica parte lui lancia' un urlo di approvazione e torna a dedicarsi euforico al mangiucchiamento delle costruzioni.

-Alla tua età io uscivo tutte le sere- mi fa notare papà pomposo, con lo sguardo rivolto al passato e io senza farmi vedere, faccio una smorfia di disgusto.

Immagino lui negli anni ottanta , con dei jeans fin sotto le ascelle e le sue immancabili camicie hawayane che lanciava occhiate lascive alle ragazze.

 -Adoravo il karaoke- Ecco, appunto.

Questo sabato ha il turno di mattina così infilata la sua immancabile giacchetta di jeans mi accarezza i capelli e esce pronto a sgommare con la sua Ford rossa del 1989.

-Perfetto- esulo guardandomi intorno. La casa è un disastro.

Mi terrà con gioia occupata tutta la giornata.

Per fortuna Johnny non sembra particolarmente isterico, soprattutto quando improvvisiamo un balletto patetico sulle note di una vecchia canzone e concludiamo la mattinata con una schifezza al cioccolato che naturalmente lui si impasta per metà sui pantaloni.

 E'in quel momento che uno strano brusio mi costringe alla finestra.

Sgrano gli occhi esterrefatta.

Villa Stratford sta prendendo vita. E’ l enorme casa che si trova quasi di fronte alla mia catapecchia. Mostruosamente grande e antichissima, è rimasta disabitata praticamente da quando io ho memoria. Troppo costosa, era rimasta chiusa per anni.

Per un periodo si era detto che i Darcy avrebbero voluto comprarla, ma era parso troppo anche per loro.

La villa bianca ha delle enormi vetrate che danno sulla strada, un imponente portone massiccio e un fitto giardino che la circonda.

Ci siamo sempre chiesti come fosse all'interno.

Una volta Xander, quando si era convinto di voler fare l'esploratore ci aveva convinto a scavalcare il cancello.

Il giardino era così carico di vegetazione da rendere impossibile la vista di qualsiasi cosa.

 Pochi istanti dopo una farfalla gli era passata talmente vicino da farlo correre via urlando.

Ora le finestre sono tutte spalancate e il portone aperto, mentre un enorme furgone è di fronte all'entrata.

Alcuni uomini sono intenti a scaricare dei mobili coperti da bianche lenzuola, altri si occupano degli scatoloni, mentre una donna piccola anziana e grassottella da disposizioni.

Questo mi rattrista.

 Probabilmente gli affittuari sono due vecchi incartapecoriti.

Passo le seguenti due ore appiccicata alla finestra . Faccio il bucato e passo l'aspirapolvere, mentre contemporaneamente tengo sott occhi la casa.

Non riesco a vedere niente altro se non gli uomini del trasloco e poi verso le due anche quelli vanno via.

La casa cade in un assurdo silenzio e io decido di mettere via la mia curiosità.

Salgo in camera mia dopo aver fatto addormentare Johnny con una ninna nanna che sono certa lo terrà sopito per meno di 15 minuti.

Prendo il telefono pronta a chiamare Willow per fare due chiacchiere.

Compongo il numero e ancora una volta non riesco a fare a meno di guardare la casa che ha da poco preso vita. Sussulto.

 Qualcuno è a una delle finestre della grande villa.

Esattamente in piedi di fronte a me e molto probabilmente guarda nella mia direzione.

La casa è abbastanza lontana da non permettermi di vedere i suoi tratti nitidamente, ma di certo è un uomo, forse un ragazzo.

Distolgo lo sguardo e mi volto di scatto. Ci manca solo che mi etichettino come la vicina guardona. Un nuovo studente ricco e popolare che mi prende in giro non è proprio quello di cui ho bisogno.

-Pronto- sento ripetere per la terza volta da Willow al telefono.

Ho paura di voltarmi e trovalo ancora lì a fissarmi.

-Casa Stratford è stata affittata e c'è un tipo alla finestra che probabilmente crede che io lo stia spiando- le riassumo in breve.

-Wow,e com'è?- l' entusiasmo è palpabile.

E' evidente che da anni non ci sia nessun evento particolarmente elettrizzante nelle nostre vite, a

parte gli interventi a cuore aperto del padre di Willow che spesso non portano nulla di buono al paziente.

-Non lo so, è distante, è alto mi pare...- lancio un' occhiata alle mie spalle, ma me ne pento immediatamente.

Lui è ancora fermo lì e continua a guardare nella mia direzione.

-Portagli una cavolo di torta di benvenuto e vai a vedere – propone la mia complice.

-Mi prenderà per una maniaca- mi lamento.

Altra occhiata. Lui è ancora lì immobile. Io mi nascondo dietro lo stipite.

-Lo farà se continui a fissarlo dalla finestra- mi fa notare lei.

-Raggiungimi e aiutami- la imploro.

-E'impossibile, sto per andare fuori con i miei-,aggiuge lei agognante.

Il padre di Willow(il chirurgo) è un uomo estremamente silenzioso .

Da quando lo conosco, l'ho sentito dire probabilmente due frasi e una di queste era un ringraziamento cristiano prima della cena di Natale.

-Ok,ok- dico poco convinta.

-Dici che vado?- muoio dalla curiosità.

-Certo!-

Riaggancio e mi riavvicino alla finestra, fingendo di chiudere la tenda.

Lo sconosciuto non c'è più. Forse sta solo fissando la strada e io mi sto impressionando, ma la curiosità non si placa.

Volo al piano di sotto e cerco i biscotti che la nonna ha preparato circa una settimana prima.

Sono un po'duri, effettivamente immangiabili fin da quando sono usciti dal forno, ma preparare qualcosa con le miei mani è fuori questione.

La mia torta di mele non è affatto male ,ma mi occorre decisamente troppo tempo.

Mi spazzolo i capelli e indosso le scarpette da tennis.

Attraverso la strada dopo aver controllato Johnny . Dorme ancora e sono certa non rimarrò fuori casa per più di qualche minuto.

Premo il dito sul campanello che intona un suono vecchio e tradizionale . Tutte le volte che l'avevamo fatto da piccoli era rimasto muto.

 Freno l'euforia. Penso ai due vecchi incartapecoriti.

Probabilmente il resto è stato frutto della mia fantasia uccisa dalla monotonia.

E le mie idee trovano conferma dopo pochi attimi. Un vecchiaccio aspro e arcigno viene ad aprirmi.

-Desidera?- mi chiede squadrandomi dalla testa ai piedi.

-Io..- balbetto imbarazzata. Pessima idea! Pessima idea!

-Volevo darle il benvenuto- dico mostrando i biscotti rinsecchiti.

Me li toglie dalle mani con disgusto.

-La ringrazio da parte del signor Stratford- l'euforia si riappropria di me.

-C'è un signor Stratford?- dico troppo in fretta.

-Naturale!- esclama lui già arretrando e pronto a sbarazzarsi di me.

-Io sono il maggiordomo- aggiunge chiudendomi praticamente la porta in faccia.

-Hei!- sibilo furente.

Torno a casa pestando i piedi. Si è preso i biscotti rinsecchiti della nonna e non mi ha nemmeno presentato il padrone.

Forse il ragazzo che ho visto alla finestra è il figlio di questo signor Stratford. Sobbalzo!

La villa si chiama così!Non sono affittuari, sono i ricchissimi padroni di casa.

Peggio di quanto immaginassi!

Mi meraviglio che il ragazzo non mi abbia sparato un colpo in testa direttamente dalla finestra, come si fa ad una mucca malata. Ricaccio indietro l'angoscia.

Di certo i soldi non sono ciò che più bramo e il fatto di non averne non mi ha mai toccato particolarmente. So come il mondo gira.

Speravo solo di trovare una persona interessante nella nuova casa, magari un nuovo amico. E'evidentre che il signorino non gradirà la compagnia di Kris, la figlia del grassoccio degli hamburger, come ci chiamano in città.

Papà torna per lei sei ,pronto per la partita con gli amici.

Si infila la camicia del weekand(quella con i pappagalli)e un paio di pantaloni bianchi che è convinto lo sfinino.

Non oso contraddirlo. Non sono sorpresa che la notizia dei nuovi arrivati sia giunta fino al pub.

-Nuovi arrivati!- esclama facendo segno alla finestra, mentre io preparo da mangiare a Johnny.

-Hm...-mugugno. Non ho voglia di dirgli della figuraccia fatta poche ore prima.

-Già raccontavano storie assurde- Bene,mio padre sa qualcosa!

-E cosa dicono?- chiedo, mentre lui mi fissa un po'scettico.

-Storie strane, in ogni caso dicono che ci vive un ragazzo della tua età insieme a due domestici,niente adulti- risponde come se fosse la cosa più figa del mondo.

Mio padre a volte sembra un bambino!

E'evidente comunque che per stasera non voglia fare menzione delle storie assurde.

Quando papà va via mi sistemo sul divano con Johnny che dopo il bagnetto profuma di fragole.

Non durerà per molto. Inserisco il dvd di Biancaneve e naturalmente Spike si posizione al mio posto. Lui e la peste sono una coppia perfetta.

Per fortuna Johnny cerca di strappargli via un orecchio ,ma lui sembra non farci molta attenzione. Willow è fuori e non posso raccontarle niente. In fondo non c'è nulla da raccontare.

Metto a letto Johnny dopo il bacio del principe che risveglia il cadavere di Biancaneve e resto un po'a guardarlo. Quando dorme sembra un angelo. Che pensiero assurdo!

Prima di mettermi a letto non posso fare a meno di guardare villa Stratford e quella finestra in particolare.

E lui è di nuovo lì.

 

1°Capitolo, parte 2

 

Il giorno seguente il mio umore è strano. Sono incuriosita dal fatto che quel tipo, continui a cercarmi con lo sguardo e incapace di fare una nuova mossa.

 Può essere un serial killer. Potrei finire in tanti sacchetti dell' immondizia!.

Papà ha il turno di sera quindi lo costringo ad aiutarmi in casa sperando che dall'uscita serale siano trapelate nuove informazioni.

 Lui naturalmente continua a blaterare del mega gelato con doppia panna che ha mangiato. Ripensandoci ha gli occhi lucidi per la commozione. E’ proprio un bambinone con i bermuda.

-Perchè non porti qualcosa al nuovo vicino?- mi chiede nel pomeriggio, prima di tornare al lavoro. Fisso gli occhi sul pavimento.

-Kri,Kri- blatera Johnny mentre lo imbocco.

-Forse..- dico incerta. Cosa cavolo dovrei fare?Un nuovo tentativo?

-Ma cosa gli porto?- chiedo ricordandomi di questo particolare.

-Ci sono un sacco di hamburger congelati che ho preso al negozio-

Mucca malata!

-Papà, ci prenderanno per degli imbecilli!- gli faccio notare.

-Dai, ti accompagno-

Non posso farmi scappare questa occasione. Con lui al seguito , una nuova visita apparirà più normale.

Spero che il maggiordomo rinsecchito non faccia menzione della mia prima volta, ma non ne sono sicura. Voliamo dall'altra parte del vialetto e papà per l'occasione indossa anche il suo terribile marsupio rosso con tanto di toro.

Bene, bene!

Bussiamo al vecchio campanello e rimaniamo in attesa. Dopo qualche istante l'ennesima delusione. Di nuovo lo stoccafisso.

-Salve-dice rivolgendosi a mio padre con aria alquanto sbigottita.

 Il connubio panzone, camicia con donne mezze nude hawayane aderente, ha come al solito fatto colpo.

Poi mi lancia uno altro sguardo truce . Di certo ha capito che io sono il dolce frutto di questa specie di messicano che gli è di fronte.

Per fortuna non accenna alla mia precedente visita e papà con un gran sorriso gli piazza gli hamburger congelati tra le mani.

-Benvenuti!- esclama con gioia, mentre io voglio seppellirmi.

-Il signor Stratford?- chiede sporgendosi all'interno della casa e sbirciando.

L'uomo per poco non ha un infarto davanti ai miei occhi.

-La ringrazio, ma il signore è molto stanco e non vuole vedere nessuno- afferma risoluto mentre spinge mio padre verso l'esterno.

E'evidente che abbia propinato quella pappardella a gran parte dei miei vicini curiosi.

 E ancora una volta mi ritrovo la porta sul naso.

-Bene- esclama mio padre facendo spallucce e avviandosi verso la Ford.

Quel pomeriggio chiamo Willow e le do le poche notizie.

-Devi vederlo!-

Ma come?

Johnny è irrequieto e così usciamo un po'in giardino.

Cammina in modo traballante e ogni secondo cade con il sedere per terra. Gli ho portato una vecchia macchinina senza una ruota che lui fa strisciare per tutto il vialetto urlando.

-Brun,brum!-

All'improvviso la porta di casa Stratford si apre e io trattengo il respiro.

Naturalmente ad uscire sono i due anziani domestici. Percorrano il vialetto a piedi e spariscono svoltando verso l'aria commerciale del nostro quartiere.

Probabilmente vanno a fare spese. Per quanto il centro delle mie attenzioni ora sia solo, è fuori discussione una nuova visita.

Per prima cosa in casa sono rimaste solo le pappine al coniglio di Johnny e qualche birra e poi non voglio apparire così ridicola. La mia curiosità ha un limite.

Sono certa che quando lo vedrò a scuola lo catalogherò come i soliti insulsi e ignoranti fighetti e lui mi scarterà dalle sue prede come un leone con un vecchio bradipo.

Percorriamo il vialetto e ci infiliamo nella strada di fronte, adiacente alla grande villa.

Il sole è caldo ma non afoso e Johnny gioca felice.Posso vedere la poca vegetazione del giardino spuntare dal cancello.

E'evidente che abbiano pulito tutto ma i furgoni sono passati da lì e io da casa mia non potevo averli visti. Mentre continuo a far vagare la mia mente Johnny comincia a piangere.

-Bru Brum!!-urla come un pazzo. Lo prendo in braccio e cerco di calmarlo.

-Dove l'hai ficcata?- gli chiedo guardandomi intorno.

Quando lui indica il cancello di villa Stratford mi viene il panico.

E'una scusa troppo ghiotta per farmela scappare.

 Un simile comportamento però non è proprio da me!Non sono mai stata una ficcanaso ne una persona insistente.

Mi convinco che voglio solo vederlo. Una fugace occhiata e basta mi ripeto.

Torno nel nostro vialetto e mi avvio verso il portone controllando che i domestici non stiano tornando. Non saprei nuovamente tenere a bada il pinguino!

-Jhonny!- urla la signorina Betty, una vecchia zitella di ottantasei anni che il mio fratellino adora perchè lo rimpilza di dolci. Prendo la palla al balzo.

-Signorina può tenerlo un attimo, mentre recupero la sua macchinina- le chiedo con fin troppa cortesia.

-Ma certo!-

All'anziana donna gli adulti no sono mai interessati troppo.

 Prende Johnny per mano e si incamminano verso il suo giardino in cui tiene decine di gatti. Arrivata al portone faccio un gran respiro e busso al campanello per la terza volta in poco più di ventiquattro ore.

Se lui non vuole aprirmi può fingere di non essere in casa, in caso contrario prenderò il giocattolo e scapperò via.

-Chi é?- sento dire improvvisamente. E'una voce diversa da quello che mi aspettavo.

Adulta. Inoltre non sono preparata a questo.

-Salve, sono Kris, volevo dire Kristen, la sua vicina, è finita una cosa nel suo giardino che vorrei recuperare.-

-Faro in modo che i mie domestici gliela riportino quanto prima. Di cosa si tratta?- chiede aspro, spiazzandomi. Rincaro la dose.

-E' la macchinina di mio fratello e continuerà a piangere finchè non la riavrà- insisto.

Sorvolo sul fatto che per Jhonny il giocattolo ora è l'ultimo de suoi pensieri, intento com è, a succhiare caramelle e a tirare le code dei gatti.

La voce non risponde. Mi pare di sentire un sospiro.

 E alla fine la porta si apre. Non vedo ciò che mi aspetto.

In realtà subito non vedo assolutamente nulla.

Dentro è troppo buio.

Poi mi rendo conto che sto guardando nella direzione sbagliata.

Di fronte a me non c'è nessuno, ma qualcuno si è schiacciato talmente tanto contro il muro alla mia destra da restare celato.

Faccio un passo avanti e la porta alle mie spalle si richiude facendomi sussultare.

Di colpo l'ansia e la curiosità si trasformano in qualcos altro. Sono in una cosa deserta e buia con uno sconosciuto. Uno sconosciuto che ho visto solo due volte, mentre mi fissava dalla finestra.

Ecco la punizione divina che mi merito! Ho paura e un brivido mi percorre la schiena.

Sono un'idiota!Cosa diavolo mi è venuto in mente?

-Seguimi- sento dire d'un colpo.

Sussulto e cerco la sua ombra nell'oscurità. Sparisce per un lungo corridoio e io faccio lo stesso seguendolo.

Calcolo mentalmente dove si può trovare la stanza che da sul giardino.

Mi riprometto che se lo vedo dirigersi da un altra parte scappo urlando.

Mentre mi lascio guidare cerco di cogliere più particolari possibili.

Davanti a me cammina un uomo, alto, spalle larghe, fisico asciutto.

Riesco a notare a stento la sua camicia chiara.

Quando entriamo in una grossa stanza mi tranquillizzo. Distinguo dalle persiane appena semiaperte, la vegetazione rigogliosa del giardino . Posso sentire solo il suo respiro leggero.

Poi lo vedo spalancare le tende.

Faccio un passo indietro.

Sento la testa girarmi per qualche istante.

Stranamente, inspiegabilmente penso a mia madre. Al suo viso.

Il ragazzo che mi è di fronte, ora illuminato dal sole della primavera è di certo l'uomo più bello che io abbia mai visto.

No,non è esatto.

 E'la persona, ne sono certa più bella che io abbia mai visto.

Il viso perfetto ha incastonati due magnifici occhi cerulei, i capelli biondo chiarissimo gli incorniciano appena il volto.

Le spalle sono imponenti per quanto lui sia esile,dalla camicia arrotolata sulle braccia distinguo la pelle chiarissima del torace. Mi pare indossi un paio di pantaloni scuri. Non ne sono certa.

 La mia mente è in subbuglio.

Cerco in me un briciolo di lucidità e naturalmente mi accorgo che io non sono per lui altrettanto attraente.

Tiene gli occhi bassi sul pavimento, una mano ancora contro la finestra spalancata.

I muscoli del braccio tesi.

-Allora ci muoviamo- dice con voce severa.

-Vado- riesco a biascicare io e mi infilo nel giardino alla ricerca di qualcosa che nemmeno ricordo. Non riesco affatto a mettere a luce il luogo in cui devo guardare.

E'un colpo di fortuna a salvarmi. Dopo pochi passi nel giardino ora ripulito e completamente diverso da come rammentassi, vedo la macchinina blu.

Mi volto per tornare dentro e lui è esattamente come un attimo prima.

Gli occhi ancora bassi, sul pavimento.

-Ho fatto- lo informo esitante.

-Bene- dice evidentemente spazientito e parecchio irritato dalla mia presenza.

 Quando rientro lui richiude la finestra silenziosamente e noi ricadiamo nell'oscurità.

Mi supera e mi fa strada nuovamente nel buio.Le mie mani quasi tremano.

Calma Kris, stai calma.

La sua presenza mi sta intossicando inspiegabilmente e non è solo per il suo aspetto.

 Ne sono certa. E’ come se lo conoscessi da sempre nella certezza di averlo visto ora per il primo istante. Quando torniamo all'ingresso lui fa per aprire la porta, dandomi le spalle.

-Ci rivedremo a scuola?- azzardo. Fremo per il fatto che da lì a breve i miei occhi rinunceranno alla sua presenza.

- Io non vengo a scuola- risponde secco, spiazzandomi.

Siamo ancora nel buio. E'evidente che questo non lo infastidisca.

-Come mai?- chiedo titubante. Sono convinta abbia la mia età ora che l'ho visto, anche se la sua voce prima mi è sembrata tanto matura.

-Non credo siano affari tuoi- afferma sprezzante.

 La sua acidità mi fa ribollire il sangue,il suo bell'aspetto non mi farà diventare di colpo una pavida.

-Cercavo di essere solo gentile- dico, mentre il buio sta diventando davvero opprimente.

-Insistente direi, valutando i tuoi tentativi- mi risponde secco.

Non avevo mai parlato con una persona tanto maleducata e ...cattiva.

Si, cattiva, percepisco la sua cattiveria in modo assolutamente nitido.

-Bene, non ti disturberò più- dico quasi gridando.

A quel punto lui apre la porta e io lo supero uscendo finalmente alla luce del sole.

Sono furente.

-E per la cronaca quando si parla ad una persona, la si potrebbe almeno guardare in faccia!-dico sprezzante,sfidandolo, mentre lui pronto per chiudermi la porta in faccia, ha ancora gli occhi bassi.

Sto cercando di rispondergli a tono, ma la sua vista mi crea parecchie difficoltà.

Si arresta di colpo e alza lo sguardo.

Troppo in alto rispetto a dove io effettivamente mi trovi.

Una strana sensazione mi assale. Ma è solo un attimo. Troppo poco per capire di cosa si tratti.

-Tanto per la cronaca, se pure avessi voluto guardarti e non è quello che voglio- risponde con aria estremamente calma.

-Non avrei comunque potuto farlo, dato che sono cieco-

La porta si richiude in modo estremamente rumoroso, prima ancora che io possa comprendere il significato delle sue parole.

Rimango immobile. Lo sguardo ancora puntato dove lui, un attimo prima si trovava.

E i suoi occhi marchiati a fuoco.

Azzurri. Chiari. Troppo chiari. Fissare il vuoto oltre le mie spalle.

E mischiarsi con la sua immagine.

Troppo bella. Troppo perfetta. Un' esagerazione.

 Dovrei ridere. E 'paradossale. Una storia ridicola da raccontare.

Xander mi prenderebbe in giro. Willow mi richiamerebbe perchè sono stata la solita impulsiva.

Ma non lo faccio. Tremo per un istante.

E penso alla sua voce. E penso alle sue parole.

E penso all'oscurità che ci circondava. All’oscurità che non notava. Che era già in lui.

Non conosco nemmeno il tuo nome.

  

CONTINUA
  
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