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Autore: Mayo Samurai    25/03/2011    2 recensioni
una breve introduzione, le nostre ben amate nazioni alle prese con la scuola, e non una scuola qualunque, ma la scuola mondiale!
Genere: Comico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Veloce introduzione, l’ambientazione sarà “l’accademia mondiale” o meglio Gakuen Hetalia (non ho voglia di controllare se è giusto) quindi una scuola, di preciso non so nemmeno io come finirà, e quindi potrebbe protrarsi per un bel po’.
^^ buona lettura.
 
 
 
Alzò il naso per aria, fissando assorto la struttura di fronte a sé.
Si sistemò la cravatta, ripetendosi mentalmente che andava bene così, almeno lo era prima di uscire di casa.
Aggrottò le sopracciglia quando una nuvola si spostò e il sole poté prenderlo in pieno volto.
Si mise la mano sulla fronte, a far scudo agli occhi, mentre l’altra stringeva la cartella.
Si lasciò scappare un sospiro, e fece un passo verso il portone.
 
 
Si ritrovò in una sala ampia e circolare, sul pavimento uno splendido mosaico rappresentava il logo della scuola,la terra vista dallo spazio, con una coccarda che la cingeva con inciso sopra il nome della scuola: “Accademia Mondiale”
Sapeva del perché di un nome così bizzarro, lì arrivavano ragazzi da tutto il mondo, venivano lì per studiare e scegliere una professione e lui non era da meno.
Face un passo verso il centro, sperando di trovare presto la segreteria, essere il nuovo arrivato non era mai semplice.
Poi pensò che il termine “nuovo arrivato” non fosse corretto, d’altronde mancava più di un mese all’inizio della scuola!
Lui era lì per poter iscrivere lui e i suoi fratelli: “se no ci fossi io” pensò mentre avanzava per i corridoi freschi e deserti.
Riuscì a trovare la stanza che cercava e svelto ci si infilò, sapeva che qualcuno lo stava aspettando, quello era l’ultimo giorno per le iscrizioni e se non se ne fosse ricordato all’ultimo minuto (il calendario era diventato illeggibile con tutte le note lasciate da ben sette persone) probabilmente lui e i suoi fratelli sarebbero finiti in un’ordinaria scuola.
Spinse delicatamente la porta e sbirciò dentro, certo di trovare una gentile vecchietta dietro al bancone, come nella suo scuola in Inghilterra.
Purtroppo dietro al bancone non c’era nessuno, leggermente irritato per la mancanza di personale si sedette sulle sedie di fronte, sbuffando e mettendosi la borsa in grembo.
Picchiettò con le dita sulla fibbia della cartella, nervoso, chissà che cosa stavano combinando gli altri, Ian starà tenendo d’occhio Chloe e Peter? Ma si, tranquillo, Eric è un ragazzo responsabile, a volte un po’ distratto ma intelligente, e poi c’era Eileen, su di lei poteva contare.
Il pensiero passò a Aidan, forse era rintanato nella suo covo segreto (segreto quanto la posizione delle braccia in un umano) ad allevare i suoi animali esotici, e non si accorse che una persona era entrata in segreteria, speranzoso fece un leggero sorriso, pronto a consegnare i moduli e a tornarsene a casa a leggere, magari con del tè freddo accanto.
Ma non era la segretaria, era un ragazzo.
Non ci badò molto, notò solo i suoi abiti larghi che cascavano sul corpo magro e alto e uno stranissimo ciuffo ben eretto sopra la fronte.
Tornò a pensare ai fratelli, ma si sentì lo sguardo dell’altro addosso, e rispettando il codice di un vero gentleman, si voltò per guardarlo in faccia, ritrovandosi a specchiarsi in enormi occhi azzurro intenso, che sorridevano (forse si era sbagliato, gli occhi non sorridono).
“Hi!” disse l’altro, alzando la mano in segno di saluto, Arthur accennò appena a un movimento della testa.
Sbattè gli occhi incerto, era sicuro di avere un’espressione ebete stampata in faccia, chiuse ad aprì la bocca, preso alla sprovvista.
“h-hello” borbottò.
L’altro non sembrava essersi accorto del suo comportamento e gli fece un gran sorriso.
“anche tu sei qui per iscriverti all’ultimo vero?” parlava in un inglese spiccio e piuttosto biascicato, Arthur si chiese da che nazione provenisse.
Comunque annuì.
“hahaha! Anch’io!” rispose, come se la cosa non fosse ovvia: “per fortuna che mio fratello me lo ha ricordato in tempo!”
Ad Arthur non gliene poteva fregar di meno, voleva solo tornare a casa,  nascondersi in biblioteca con i suoi libri.
Il pensiero della fresca penombra della sua stanza preferita fu interrotto da una mano, comparsa nel suo campo visivo.
“piacere! Mi chiamo Alfred F. Jones!”
Rimase interdetto per qualche secondo, la voce del ragazzo gli aveva trapanato le orecchie senza pietà.
“… A-Arthur Kirkland, piacere” borbottò stringendo la mano, o meglio, il badile che l’altro gli tendeva.
Alfred non la smetteva di sorridere:” che abbia una paralisi facciale?” si chiese Arthur.
“da dove vieni?”
“Inghilterra, Londra”
Il sorriso dell’altro si spense un pochino:” ah… inglese eh? Giusto, le sopraccigli-“
“che hanno le mie sopracciglia?” sibilò Arthur punto nel vivo.
“no, no… solo che…” borbottò, piuttosto sorpreso.
“solo che cosa?” lo incalzò.
“…niente” tagliò corto, voltandosi e poggiandosi al bancone.
Arthur fece una smorfia e tornò a fissarsi le scarpe.
Non dovettero aspettare molto, finalmente una donna si presentò nella stanza, con un sorriso imbarazzato chiese scusa per il ritardo e prese in fascicoli di entrambi.
Arthur non guardò il ragazzo accanto a sé, ma era sicuro di aver sentito un verso mal trattenuto, di sorpresa, alla vista dei sette fascicoli che mise sul bancone.
Lo sentì uscire, mentre aspettava che la donna controllasse tutti i curriculum.
Finalmente, dopo dieci minuti buoni, uscì di fretta, scontrandosi con  un ragazzo poco più basso di lui, che si alzò in fretta e senza neanche chiedere scusa si precipitò in segreteria.
Borbottando imprecazioni a mezza voce si rialzò e si diresse verso la porta a vetri dell’entrata, con una sola meta: la sua biblioteca.
 
 
Lovino calciò via il lenzuolo, nervoso.
Rimase a fissare il soffitto con aria scocciata, il caldo umido di Londra lo stava uccidendo, preferiva di gran lunga il caldo secco della sua terra natia.
“Looooviii! E su svegliati!” la voce del fratello gli giunse dalla cucina dell’appartamento che avevano affittato, prima dell’inizio della scuola.
Si alzò di malavoglia e grattandosi il collo si diresse dal fratello, già impegnato ai fornelli.
Erano riusciti a sopravvivere alla cucina inglese grazie alle loro capacità culinarie e grazie al buon senso del maggiore di affittare un appartamento che avesse i fornelli.
Feliciano, il minore di due, gli lanciò una brioche, che Lovino non tardò ad afferrare.
“veee, fratellone non dovresti svegliarti così tardi!”
“oooh, sta zitto” commentò Lovino pizzicandogli un fianco, facendolo sobbalzare e ridacchiare.
 “dai! Sai che soffro il solletico!”
L’altro gli sorrise e si sedette al tavolo:” come se tu fossi un tipo mattiniero! Scommetto che ti sei svegliato si e no dieci muniti fa!”
Feliciano rise ancora:” beccato!” esclamò poggiando due tazze sul tavolo, riempiendole di caffèlatte.
Fecero colazione tranquilli, Feliciano guardava il calendario con aria assorta, mentre mangiava i biscotti, mentre Lovino leggeva il giornale, mollandolo poco dopo, non riuscendo a comprendere a fondo quella strana lingua chiamata inglese.
“oh-no! Fratellone!” esclamò all’improvviso Feliciano, mettendosi in piedi così in fretta che sbattè il ginocchio contro il tavolo e la sedia cadde.
“c-che c’è’” chiese spaesato strozzandosi col caffè.
“le domande d’iscrizione! Oggi è l’ultimo giorno!” urlò mentre usciva saltellando dalla cucina, tornando tre secondi dopo, con in mano due cartellette gialle, che consegnò al maggiore:” non è che potresti portarle tu? Tocca a me oggi pulire casa! E poi c’è anche la spesa da fare!” disse frettoloso.
Lovino non aveva ben afferrato cosa dovesse fare, ma quando il fratello gli mise in mano i fascicoli, comprese, e fulmineo corse a cambiarsi.
Prese appena in tempo il bus, un mezzo comodo e molto pittoresco in quei suoi due piani rosso scarlatto.
Verso le dieci finalmente arrivò davanti alla scuola, notò che era piuttosto piccola e la cosa lo lasciò un po’ perplesso, fascicolo affermava chiaramente che gli studenti giungevano da ogni parte del globo:” e non credo che ci stiano tutti qui dentro” pensò scettico mentre attraversava di corsa il vialetto, aprendo di scatto la porta a vetri si ritrovò a terra, dopo una sonora botta al sedere.
Si rialzò in fretta, dimenticandosi di chiedere scusa a chiunque avesse atterrato e si precipitò in segreteria, per consegnare i moduli.
 
 
 
Qualcuno continuava a dirgli di svegliarsi, lo faceva con gentilezza, ma era pur sempre fastidioso.
Sventagliò la mano senza guardare dove sentì che il proprietario diceva: h-hey! Gli occhiali! D-dai Alfred, svegliati...dovresti aiutarmi…”
Alfred si girò nel letto, trovandosi il viso del fratellino poco distante, che lo guardava speranzoso con quei suoi occhioni blu:” buongiorno!” esclamò sorridente, mentre si rizzava in piedi.
“perché mi hai svegliato… Matt?”
“perché non ti fa bene dormire di giorno e stare sveglio di notte!” rispose semplicemente andando ad aprire le tende.
“waaaa, noooo, le tende nooo” borbottò girandosi dall’altra parte, tentando di sfuggire alla luce mattiniera che penetrava dalla finestre.
“haha, su in piedi!” ridacchiò il fratello, sparendo dalla stanza.
Si alzò borbottando che voleva dormire ancora un po’, ma quando si ritrovò davanti a una bella tazza di caffè si svegliò del tutto e fece colazione tranquillo, con l’aria mattutina (piuttosto calda) che entrava dalle finestre.
“hey, Alfie hai più portato i moduli di iscrizione?” Matthew sbucò dal soggiorno, reggendo un foglio:” qui dice che oggi è l’ultimo giorno…ci sei?” chiese notando che il fratello non si era mosso.
“non aspettò che rispondesse, lo conosceva bene:” non li hai portati vero?”
Alfred scosse la testa.
“sigh…Alfred! Te l’ho detto la settimana scorsa! Siamo venuti qui prima apposta!” esclamò contrariato, non riusciva mai ad urlare veramente, non era un tipo molot esuberante.
“senti..ci vado adesso” mentre suo fratello si, molto, anche troppo.
“lascia fare all’eroe!” esclamò correndo in camera e tornando cambiato:” ci vediamo dopo!” urlò mentre scendeva le scale.
Matthew guardò l’orologio da polso:” tre, due, uno…”
“ho dimenticato i curriculum!” alfred ricomparve dalla porta e vi sparì dietro subito dopo.
Di nuovo Matthew si fissò il polso:” tre, due , uno…
“DOV’ E’ CHE DEVO ANDARE!?”
Il ragazzo si schiaffò la mano in faccia e sospirò, uscendo per andare a dare indicazioni a quello scemo di suo fratello.
 
 
 
Alfred arrivò verso le dieci, e guardò assorto per un attimo l’edificio davanti a sé, pensando che le scuole americane erano diecimila volte più fighe.
Fece un passo dentro e venne accolto dalla frescura della sala d’accoglienza, bella e spaziosa, con un bel mosaico rappresentante la terra proprio al centro.
Si diresse a passo svelto verso la segreteria, era una bella giornata e tra un mese avrebbe trascorso nove mesi chiuso lì dentro, aveva letto che ai ragazzi era permesso tornare a casa solo durante le vacanza, il pernottamento alla scuola era anche notturno.
Aprì la porta della segreteria, e rimase un po’ deluso nel constatare che fosse vuota, a parte per un biondino che si fissava i piedi, tamburellando la valigetta che teneva in grembo.
Avanzò fino al bancone poggiandovisi e notò con la coda dell’occhio che l’altro gli aveva lanciato uno sguardo.
Si voltò:”Hi!” esclamò più cordiale che poté.
Non si accorse dell’esitazione sul viso dell’altro e continuò a sorridere imperterrito.
“… h-hello” rispose l’altro.
“anche tu qui per iscriverti all’ultimo vero?” non voleva che la conversazione finisse lì,a  lui piaceva conoscere gente nuova.
Vide l’atro annuire.
“hahaha! Anch’io” rispose allegro.
“piacere!” continuò, tendendogli la mano:” mi chiamo Alfred F. Jones”
Anche l’altro ragazzo gli tese la mano, stringendola, notò che era piuttosto minuta tra la sua:”… A-Arthur Kirkland” rispose.
“da dove vieni?” il nome non gli diceva niente, ma visto che parlava inglese con uno strano accento, un dubbio gli sorse, che fosse…
“Inghilterra, Londra”
Ecco, come sospettava.
Diminuì di poco il sorriso:” ah.. inglese eh? Giusto le sopracciglia” ora che ci faceva caso quelle cose non potevano definirsi sopracciglia! Era più che altro..un bosco? Si la definizione era quella giusta.
“che hanno le mie sopracciglia?” ecco ora le aggotta pure, sembrano unite, bleah.
“no, no… solo che..” tentò di difendersi, alzò le mani a mo di scudo.
“solo che cosa?” sibilò l’altro.
Alfred preferì tagliare lì, probabilmente un secondo di più e sarebbe esploso.
“… niente” borbottò tornando al bancone.
Per sua fortuna arrivò la segretaria, che prese i loro fascicolo con un sorriso imbarazzato.
 Rimase sorpreso quando vide Arthur poggiare ben sette fascicoli sul bancone.
Prima che potesse fargli un’altra sfuriata uscì di fretta e senza incrociare nessuno tornò a casa, dimenticandosi completamente di quella mattina.
 
 
 
 
 
Eeeeeeeeeeecccoooooooooooomiiiiiiiiiiiiii! Muahahaha con un’altra long fic! Ci sto prendendo gusto a scrivere a più capitoli, è esaltante.
Come introduzione non ho molto da dire, spero solo che vi piaccia e che la seguiate…
Solo un avvertimento: lasciate ogni speranza o voi che entrate! Amanti della FrUk! Perché purtroppo,  nemmeno sotto tortura, scriverei su di loro, questo per dimere che ci saranno tutte le mie coppie preferite,e nn vi dico quali (gne gne gne!)
Bhe oltre questo chi mi conosce più o meno sa i miei gusti, quindi fate lavorare le celluline grigie!
E la prossimo capitolo!
 
 
commentate! Perché i commenti sono il cibo per noi scrittori, non costiamo tanto e regaliamo sorrisi e risa, e anche qualche lacrima! Quindi orsù! Sfamate le bocche insaziabili degli artisti! *fa un inchino teatrale*
Ciaossu!
 
   
 
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