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Autore: krisoulbella    25/03/2011    3 recensioni
La storia parla di una ragazza che vuole inseguire il suo sogno più grande: diventare un'attrice.
La vedremo combattere con tutta se stessa pur di raggiungere il suo obiettivo.
Il tutto mentre la sua vita privata incontra svariate vie.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi sembrava impossibile, era il mio ultimo giorno a Milano, la mia ultima sera a casa. La casa dove sono cresciuta, la casa dove sarebbero rimasti i miei famigliari, la casa che mi ha vista piangere, ridere, urlare. La mia casa.

Aspettavo questo momento da anni e finalmente era arrivato.

Ora però sentivo come una piccola paura, una sorta di nostalgia che sapevo benissimo sarebbe cresciuta non appena arrivata a destinazione.

Diedi un'ultima occhiata alla valigia, pregando di non aver dimenticato nulla. Presi la lista e cominciai a fare l'elenco: vestiti, scarpe, accessori ecc...

Avevo l'aereo alle 23.30, un orario che si stava avvicinando sempre più.

« Je, papà è giù con la macchina, sei pronta?» , mia madre dalla cucina fece notare, tra le righe, il mio perenne ritardo.

« Si, mamma sto arrivando.» Chiusi lo zaino, misi l'iPod carico dentro la tasca del giacca e andai verso la porta di casa.

Occhi lucidi, cuore con un battito accelerato e le mani che tremavano. Ma era il grande passo, un passo che avrei voluto compiere prima dei miei 25 anni, non era il momento di cadere per le emozioni.

Salutai i miei nonni brevemente, prolungare l'atto mi avrebbe solo peggiorato lo stato d'animo, e corsi alla macchina.

La strada in macchina verso l'aeroporto è stata piacevole, mio padre non ha mai amato questa mia decisione ma per la prima volta non ha remato contro e mi ha reso il momento meno doloroso.

« Mi raccomando, stai attenta. Cerca un lavoro normale e non andare in giro da sola la sera.», il solito premuroso. « Tranquillo papà, ci sono Fra e Roby. E poi non ho intenzione di girovagare a vuoto, lo sai!».

Arrivati all'aeroporto diedi un abbraccio lunghissimo a mia madre e mia sorella, questa volta con le lacrime agli occhi. « Vi voglio tanto bene. Perdonatemi se per realizzare il mio sogno devo allontanarmi così tanto da voi. Mi mancherete un sacco.», singhiozzavo ormai.

Mia madre scoppiò in lacrime e mi lasciò un suo anello come porta fortuna. Mi disse di non preoccuparmi, che comprendeva e che non vedeva l'ora di vedermi felice. Sharon prese la sua Nikon e mi scattò una foto, voleva tenere l'immagine della mia partenza. Disse che quello era l'inizio di una lunga e meravigliosa carriera.

Infine salutai mio padre. Lui, l'uomo che non mostra mai le sue emozioni, con gli occhi lucidi e costretto dentro un corpo che avrebbe desiderato piangere, mi abbracciò.

Finiti i saluti andai verso il Check-in e lì ebbe inizio tutto.

 

L'aereo non era male, considerazione idiota visto che nella mia vita l'avevo preso solo due volte per andare a Lisbona in gita scolastica. L'hostess molto gentile mi chiese se era tutto apposto e se avevo bisogno di qualcosa. Ovviamente in quel momento l'unica cosa di cui avevo bisogno era un calmante, e di quelli potenti.

Successivamente al viaggio verso Lisbona mi venne l'ansia d'alta quota. Era ridicolo che mi fosse venuta la fobia dopo aver preso l'aereo, per di più facendo due viaggi splendidi e senza problemi.

Ormai chi mi conosce sa benissimo che io e le stranezze andavamo a braccetto.

Guardai fuori dal finestrino, le luci che illuminavano l'aeroporto mi davano un senso di tranquillità. Mi ricordavano quelle dei lampioni della via di casa, delle strade di Milano piene di traffico e di automobilisti isterici, dei tram sempre stra colmi di gente e degli edifici popolati da persone che magari lavoravano fino a tardi. Era buffo ripensare con tenerezza tutto questo, fino a qualche mese ne avrei parlato con disprezzo.

L'Italia, Milano nello specifico, non ha mai avuto il mio odio. Ho sempre pensato fosse una Nazione con enormi possibilità ma con poche aspettative perché ricca di persone incapaci a progredire. Forse per paura, non l'ho mai capito. Quel che è sempre stato certo è che non avrei mai lasciato il mio Paese se non fosse per il mio sogno, e purtroppo in Italia non l'avrei mai potuto realizzare.

 

Diedero l'avviso per il decollo, allacciai le cinture e misi le cuffie.

Non tolsi nemmeno per un secondo lo sguardo dal finestrino, guardavo la mia Milano nella sua immensa bellezza.

L'aereo si alzava sempre più e Milano lentamente diventava sempre più piccolina. Ora potevo dirlo: la ma piccola città.

Sotto le note di “Per me per sempre” di Eros Ramazzotti e le lacrime agli occhi salutai la mia città, « Tu sei per me per sempre.».

  
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