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Autore: Lara Rye    27/03/2011    1 recensioni
Anna e Federico.
Una storia d'amicizia e d'amore lunga dodici anni e un percorso immenso costruito insieme e costituito di litigi e rabbia, di amore e dipendenza, di errori e sorrisi.
Il silenzio calò improvvisamente, cingendo quelle due anime ad un incontro difficile ma dovuto, ricercato da fin troppo tempo e portatore di un immenso dolore, quello che aveva iniziato a dividere quelle due persone -un tempo così legate e sincere- e quello che era ora di affrontare.
“È questo il nostro destino, Anna?” I capelli della ragazza vibrarono, cadendo sul suo leggero e flebile corpo su cui Federico si permise di appoggiare gli occhi, dopo quasi mezz’ora che erano stati buttati nella stessa stanza, costretti ad affrontare quello che era rimasto delle loro anime.
Era diventata così maledettamente magra, tanto che si potevano quasi vedere le costole trasparire nella leggera maglietta: Federico le voltò le spalle, appoggiando le mani sul banco e facendosi forza perché era sicuro che lui poteva salvarla, che poteva riuscire a farla uscire da quell’inferno e che voltando l’angolo di casa sua, un giorno molto vicino, si sarebbe ritrovato davanti la sua vecchia Anna, leale e con un sorriso speciale, grande quasi quanto il Castello Miramare.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~Lion.

 
Prologo.
12 Febbraio 2010
Trieste.

 

Il silenzio calò improvvisamente, cingendo quelle due anime ad un incontro difficile ma dovuto, ricercato da fin troppo tempo e portatore di un immenso dolore, quello che aveva iniziato a dividere quelle due persone -un tempo così legate e sincere- e quello che era ora di affrontare.
“È questo il nostro destino, Anna?” I capelli della ragazza vibrarono, cadendo sul suo leggero e flebile corpo su cui Federico si permise di appoggiare gli occhi, dopo quasi mezz’ora che erano stati buttati nella stessa stanza, costretti ad affrontare quello che era rimasto delle loro anime.
Era diventata così maledettamente magra, tanto che si potevano quasi vedere le costole trasparire nella leggera maglietta: Federico le voltò le spalle, appoggiando le mani sul banco e facendosi forza perché era sicuro che lui poteva salvarla, che poteva riuscire a farla uscire da quell’inferno e che voltando l’angolo di casa sua, un giorno molto vicino, si sarebbe ritrovato davanti la sua vecchia Anna, leale e con un sorriso speciale, grande quasi quanto il Castello Miramare.
“Può darsi.”
“Non è detto che debba esserlo per forza, Lion.” Il viso di Anna s’irrigidì, diventando prima cupo e poi quasi sparendo, librandosi nell’aria che traspariva dalla finestra aperta dell’aula.
“Non chiamarmi così.”
“Perché?”
“Perché non sono più forte, perché di me non c’è più niente di un leone.”
Si avvicinò a lui, lentamente, con un passo dolce, quasi sensuale. Federico poteva sentire il suo profumo attraversargli la pelle e farsi strada dentro di lui mentre lei si avvicinava sempre di più, fino a stabilire un contatto con lui, sfiorandogli la guancia con la sua.
Lui le prese il braccio, allontanandola.
“Credi che io sia uno dei tanti ragazzi ammaliati dalla tua magrezza e dalla tua distruzione interiore? Mi dispiace Anna. C’è un piccolo particolare che ti è sfuggito. Io so chi sei.”
Si allontanò, infastidita. Nell’ultimo anno avevo notato che essere rifiutata aveva incominciato ad infastidirla notevolmente e che, ogni volta che questo succedeva, ricominciava ad essere più trattabile, più umana ma purtroppo ad Anna non veniva mai rifiutato del sesso totalmente occasionale.
“Sai chi ero.” Precisò.
“So chi ancora sei, anche se sei passata dall’arrampicarti sugli alberi al sesso per disperazione.”
“Non è vero.”
“Cazzo se è vero, Anna.”
Osservò i suoi occhi verde chiaro attentamente. In essi stava crescendo rabbia pura, irrazionale e feroce, che nei secondi seguenti si sarebbe esternata in un potente urlo e probabilmente anche in qualche sberla e infatti così fu.
“Tu non mi conosci!”
Rise, quasi divertito. La sua disperazione spesso lo spaventava ed era per questo che, commettendo il più grande dei suoi errori, si era allontanato da lei, lasciandola sola mentre la disperazione e la paura per il mondo le crescevano dentro, scavandola a fondo, sempre di più e facendola arrivare a dolore puro mascherato dietro il volto freddo e magro di Anna.
“Vogliamo prenderci per il culo? Bene, Anna! Incominciamo.”
Federico si sedette sul banco, mentre ripercorse tutti i momenti, cercando di ritrovare tutti i motivi per cui l'odiava e l'amava, tutte le cose che in quell'anno erano successe, che l'avevano spaventato, che l'avevano portato ad essere rinchiuso in quella stanza ad affrontare non solamente il dolore di Anna, ma anche i suoi errori e il suo essere perso insieme all'animo della ragazza.
Tutto in Federico portava a lei, anche se aveva passato un anno interno a cercare di mettere una barriera tra loro due, anche se aveva fatto di tutto per poterla cancellare in ogni modo possibile dal suo cuore, eppure era ancora lì, troppo legato, troppo riversato all'interno di lei.
In qualche modo -tanto per trovare una scusa- si era auto convinto che era lì solamente per riprendersi quei pezzi di anima che Anna gli aveva tolto: nel corso della loro amicizia anche se si era sentito tante volte il cuore disintegrato da lei, ogni volta che questo succedeva sentiva ancora il bruciare che permeava le sue ossa, che lo cambiava e che ogni volta lo lasciava sempre un po' più vuoto.
In quel momento, dopo dodici anni di vissuto ed amicizia, non poteva permettersi, però, di vivere del suo vuoto e di farne una scusa per non lottare, perché ormai, davanti allo stato in cui Anna si era ridotta, lui stesso si era convinto che dovevo lottare per lei, per quel leone maestoso, egocentrico e puramente leale, in amicizia ed in amore, in ogni giorno in cui il mondo percorreva.
Dopotutto tutto, quello, era stata anche colpa sua e la sua stupida morale non gli avrebbe mai permesso di continuare a vivere, se lei non l'avrebbe più fatto.
“Ti sei vista, Anna? Guardati davanti allo specchio e dimmi chi vedi. Dimmelo, cazzo.”
Anna fece qualche passo avvicinandosi alla finestra dell'aula, la quale trasmetteva il riflesso di ogni singola cosa presente. Per mesi aveva cercato di non guardarsi mai, neppure la mattina prima di andare a scuola, perché lo riteneva solamente una perdita di tempo perché in verità i ragazzi se li trombava in qualsiasi caso e perché aveva deciso di smettere di essere bella all'incirca quattro anni prima, quando aveva capito la reale funzione del sesso, o almeno quello che lei credeva. Davanti a quella finestra, però, dopo mesi quasi inesistenti, riuscì a vedere il suo riflesso perfettamente, in ogni minima pericolosa sfaccettatura.
“Sono magra.”
“..Sei magra. Sei anoressica.”
“No.”
Si voltò verso Federico, quasi immobile, con lo sguardo rosso, come se fosse ferita o come se avesse appena pianto. Non sarebbero mai bastati due secondi per rendersi conto di quello che era, della malattia che l'affliggeva da più di un anno, eppure quel riflesso colpì Anna, anche se per poco.
“No!” Gridò ancora, ripetutamente, cercando di ritornare a quell'apatia che tanto amava. Federico cercò di tenerla stretta, di fermare quelle grida, immobilizzandola per le braccia, cercando di calmarla ma passò solo qualche minuto prima che Anna riuscì a correre e a scappare, via da quell'aula e specialmente da lui.



______

Sono molto attacata a questa mia storia. Il prologo non mi piace, sinceramente, ma per quanto abbia provato a cambiarlo è sempre restato così.
Amo questa storia per la fanciullezza, la delicatezza e la purezza dell'amore presente nei capitoli seguenti. La amo tanto e spero che possa piacere anche a voi, perchè penso che Anna e Federico possano dare tanto, nel loro insieme.
Ah, tanto per precisare, non è ne una storia di anoressia nè di salvezza. Se ne parlerà, ma è una storia che parla d'altro.
Grazie a chiunque legga.
Lara.

   
 
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