Titolo: Love
today
Fandom: Glee
Pair//Chara: Klaine, Finchel
Genere: Fluff, Fluff, Fluff
Rating: Verde/PG
Avvertimenti: OneShot,
Future!Fic
Conteggio Parole: 3390
Note: Seconda fic scritta per la penultima settimana del COW-T,
su livejournal :( comincia a mancarmi e neanche è finito XD comunque, il prompt
è "Matrimonio" <3 godetevela <333
Quel
giorno d’aprile, la luce che filtrava dai grandi vetri colorati della chiesa di
Lima, scelta con grande cura da entrambi gli sposi –in particolar modo da uno
dei due-, sembrava perfetta. Uno spiraglio aperto dal portone d’ingresso
lasciava entrare una leggera brezza primaverile, facendo sorridere tutti gli
invitati con trepidazione.
Finn
Hudson, il futuro marito, aspettava all’altare, spostando il proprio peso da un
piede all’altro, mentre era colto da una serie infinita di emozioni che non
credeva di poter provare, fino a quel momento.
Kurt
Hummel, in piedi accanto a lui, giusto uno scalino più giù –sul posto riservato
al testimone dello sposo-, gli diede una pacca sul braccio, intimandogli
bonariamente di fermarsi, o avrebbe costretto qualcuno dei presenti a dargli un
tranquillante.
Eppure
Finn proprio non ci riusciva; rivolse al fratellastro un sorriso nervoso,
cercando di fermare il moto incessante che il proprio corpo aveva cominciato ad
avere da un paio d’ore a questa parte. Poco prima di entrare in chiesa era
anche stato sul punto di mollare tutto e andarsene, e non perché non amasse
abbastanza la sposa.
No,
dopo innumerevoli conflitti interni avuti durante gli ultimi anni del liceo,
Finn era giunto alla ferrea conclusione che amava Rachel Berry sopra ogni altra
cosa o persona al mondo, e aveva cominciato a dimostrarglielo giorno dopo
giorno, mese dopo mese, anno dopo anno, in maniera tanto dolce quanto
imbarazzante. ‘Da Finn’, insomma. E
Rachel non si era mai più lamentata riguardo i suoi sentimenti, non una volta,
accettandoli con amore reciproco.
-E’
il tuo momento- gli sussurrò Kurt, riscuotendolo dai propri pensieri mentre una
versione un po’ più allegra della tradizionale marcia nuziale si spandeva per
la chiesa –è il tuo momento, Finn- ripeté, guardandolo dolcemente.
-Sto…letteralmente
morendo di paura- confessò platealmente, fissando con occhi spalancati un punto
indefinito di fronte a sé.
Kurt
si trattenne dal ridacchiare, perfettamente consapevole del subbuglio che stava
accadendo nella mente di Finn, anche perché, infondo, la trovava una cosa
adorabile. Si ripassò velocemente in testa la scaletta della giornata
–organizzata fin nei minimi dettagli da se stesso e Rachel-, constatando che,
dall’inizio della marcia nuziale, aveva poco più di un minuto prima di veder
comparire la sposa.
Quindi
aveva circa una quarantina di secondi per incoraggiare Finn, e cercare di
lasciare che la sua emozione non rovinasse quel momento che doveva –doveva- essere bello e perfetto nei
ricordi di tutti; soprattutto in quelli di Finn e Rachel. Sorrise ancora e
allungò una mano, tirandosi un po’ di più verso di lui per poter nascondere la
stretta forte e incoraggiante con la quale afferrò le sue dita. Cercò di
ignorare volontariamente quanto fossero sudate e si affrettò a parlare.
-In
passato hai avuto paura molto spesso, ti sei tirato indietro in certi momenti
nei quali ti saresti dovuto semplicemente esporre, ma non l’hai fatto. Ora sei
cresciuto, sei un uomo, ancora un po’ bambino per certi versi, ma sicuramente
un uomo in grado di non avere più paura e, soprattutto, di rendere felice
Rachel- riprese fiato, portandosi una mano sul petto –ho ragione?- chiese prima
di accorgersi che il momento era
arrivato.
Rachel
stava cominciando ad avanzare lentamente nella navata principale della chiesa,
con grazia, una tale grazia che aveva acquisito nel corso degli anni e che
avrebbe provocato una certa invidia nella se stessa di dieci anni prima.
I
suoi due padri la tenevano sotto braccio, sussurrandole ancora le ultime parole
d’affetto, che la fecero sorridere dolcemente, lo sguardo basso, socchiuso nel
trattenere di già le lacrime di commozione, il velo a coprirle il viso.
Il
cuore di Finn tremò, colto da una gioia crescente, che ebbe l’effetto di
spazzare via tutti i suoi dubbi ma di accrescere maggiormente la sua paura,
perché non aveva mai visto Rachel così bella, e lui sarebbe stato alla sua
altezza? Per il resto della vita?
-Ho
ragione?- chiese nuovamente Kurt, attirando la sua attenzione con un’ultima
stretta alla mano; voleva essere certo che Finn avesse tutte le idee al posto
giusto, voleva vederlo felice, e basta.
Finn
deglutì, passando un ultima volta lo sguardo da Kurt a Rachel, che ora lo stava
guardando attraverso il velo leggero, il sorriso che non se ne era andato dalla
sue labbra, anzi, era cresciuto di intensità. Poi Finn annuì, sorridendo a
propria volta e riponendo nella donna che stava per sposare tutte le proprie
speranze, sapendo che lei avrebbe fatto lo stesso.
-Hai
ragione- sussurrò a Kurt, ricambiando la stretta prima di lasciarlo del tutto.
Kurt
si concesse un piccolo sospiro soddisfatto, giusto in tempo per vedere Rachel
salire i gradini dell’altare, fargli un piccolo cenno col viso e affiancare
Finn davanti al prete.
In
quel momento, decise di scollegare momentaneamente il cervello, osservando ciò
che lo circondava, compiaciuto del proprio lavoro. Il vestito di Rachel –come
quello di Mercedes, sua testimone- erano bellissimi, invidiabili pezzi della
collezione Kurt Hummel, esclusiva solo per le sue due migliori amiche.
La
chiesa era addobbata con stile, i fiori di stagione la facevano da padrone,
contribuendo a rendere il tutto più leggero e dolce. Ogni cosa era perfetta, o
quasi; per esserlo completamente Kurt aveva bisogno di fare un’ultima cosa
prima di riconnettere il cervello, almeno per esserci quando gli sarebbe stato
richiesto l’anello da dare a Finn e per quando entrambi avrebbero detto ‘sì, lo voglio’.
Assottigliò
le labbra in un piccolo sorriso, girando lo sguardo verso la prima fila degli
invitati: suo padre e Carole erano pienamente concentrati nella cerimonia,
entrambi con gli occhi terribilmente lucidi; ma non erano loro l’oggetto della
ricerca di Kurt. Infatti spostò subito lo sguardo sull’uomo accanto a Burt, che
altri non era se non Blaine Anderson, suo compagno da quasi dieci anni.
E
Kurt non si stupì nel vedere che Blaine non stava propriamente seguendo in modo
impeccabile la funzione, ma aveva lo sguardo posato sulla sua figura
longilinea, stretta nello smoking che aveva comprato apposta per l’occasione. I
loro occhi si incontrarono, e sembrò quasi uscirne fuori una nuova scintilla,
come tanto tempo prima, sulla scalinata a chiocciola della Dalton.
Blaine
mosse le labbra per fare sussurrare un “Ti
amo” che Kurt colse al volo e che ricambiò con un sorriso emozionato, prima
di tornare a guardare i suoi due sposi preferiti.
Sì,
ora era tutto perfetto.
*
Contrariamente
a quanto stesse pensando Kurt in quel frangente, il momento per Blaine Anderson
era tutto fuorché perfetto, e si sentiva in colpa per questo.
Non
che la cerimonia non fosse spettacolare, non che il suo Kurt non avesse
organizzato tutto in modo da far essere quel matrimonio quasi indimenticabile,
no. Il grande problema di Blaine era che, vedere Rachel e Finn avvolti dalla
luce colorata che filtrava dalle vetrate, uniti da una nuova felicità, gli fece
realizzare una cosa, tanto bella quanto terrorizzante.
Voleva
la stessa, identica felicità per lui e Kurt.
Voleva chiedergli di
sposarlo.
Il
suo stomaco si strinse al sol pensiero –Blaine non sapeva se di profonda
felicità o di puro panico- e l’unica cosa di cui fu certo era che non si
sarebbe liberato dell’idea tanto facilmente.
*
Quasi
un mese dopo, era seduto a un bar di Westerville con Wes e David che lo guardavano
con durezza.
-Dite
che…-
-Sì-
-Dovrei?-
-Decisamente-
Blaine
si imbronciò, passando lentamente un dito sul bordo del boccale di birra che
aveva davanti.
-Infondo
è passato un più di un mese dal matrimonio di Finn e Rachel, sono già tornati
dalla luna di miele e tra poco tutti scopriranno che la signora Hudson è in
dolce attesa. Vogliamo aspettare fino alla nascita del bambino?-
-O
della bambina- lo corresse argutamente Wes.
Ovviamente
era ancora troppo presto per determinare il sesso del piccolo, anche se Rachel,
avendo avuto una specie di premonizione grazie al proprio sesto senso, aveva
presagito che avrebbero dovuto comprare vestitini rosa invece che blu.
-Lo
so, smettetela di darmi il tormento voi due!-
David
ghignò –Sei tu che hai chiesto il nostro consiglio, assumitene la
responsabilità-
Blaine
lasciò scivolare sconfortato la testa contro le braccia incrociate sul tavolo,
lamentandosi a voce bassa, ma udibile per entrambi i suoi amici.
-Vorrei
solo che fosse tutto perfetto quando gli chiederò di sposarmi…-
David
e Wes si lanciarono un’occhiata eloquente, seguita da un cenno veloce del capo;
dovevano passare alle maniere forti, drastiche, persino scomode.
-Blaine-
cominciò Wes, picchiettandogli l’indice sulla testa com’è stata la prima volta
tua e di Kurt?-
Blaine
alzò il viso lentamente, cercando di interpretare il più rapidamente possibile
quello che intendeva l’amico. Aggrottando la fronte, giunse a conclusione e
allargò la bocca con fare indignato, mentre un puerile rossore –in parte dovuto
alla birra- gli scuriva il volto, a poco a poco.
-Oh
no Wes, ma che ti salta in mente?- borbottò, scuotendo la testa, cercando di
mettere un punto fermo alla cosa.
Non
avrebbe mai e poi mai raccontato la prima volta che aveva fatto l’amore con
Kurt, anche se quelli che aveva davanti erano i suoi migliori amici e stavano
solo cercando di aiutarlo. Anche se in un modo del tutto particolare.
David
roteò gli occhi con fare esasperato –Dieci anni fa saresti morto dalla voglia
di raccontarcelo, te lo stiamo chiedendo con un po’ di ritardo, avanti-
Blaine
arrossì ancora di più –Dieci anni fa ero un ragazzino in piena crisi ormonale!
Ora sono-
Wes
girò il viso verso quello di David –Tu lo stai ascoltando?- disse, ignorando
l’imbarazzo di Blaine.
-No,
decisamente, e tu?- rispose David, sorseggiando la propria birra come se fosse
il più delizioso e raffinato dei tè.
-Neanche
un po’- disse Wes, imitandolo.
-Ragazzi!
Quasi vi preferivo quando eravate a capo del concilio dei Warblers, con quel
fastidioso martelletto che batteva ogni cinque minuti-
David
e Wes, continuando la loro opera di disturbo, sussultarono, sorridendo
gioiosamente nel tornare a guardarsi.
-Il
concilio! Thad! Chissà come sta ora, l’hai più sentito David?-
-Oh
si, certo, lavora giù a-
-Ragazzi!- li richiamò all’ordine Blaine,
con sguardo severo –Qual è il vostro punto?-
Wes
appoggiò il mento sul palmo della mano e sorrise; il loro piano stava
lentamente funzionando.
-Non
possiamo arrivarci se non rispondi alla domanda di prima, è come un cane che si
morde la coda. Rispondici e capirai-
Blaine
sospirò, chiudendo gli occhi per raccogliere tutte le proprie forze.
Infondo
non era costretto a scendere nei dettagli, avrebbe potuto usare un paio di
aggettivi per accontentarli e la cosa sarebbe finita lì. Quindi si concentrò,
cominciando a riportare alla memoria le sensazioni di quella volta, pensando
attentamente ad ogni minimo dettaglio, ad ogni più piccola cosa e quasi si
stupì di avere così fresca nella mente una scena che, in una sola parola, poteva
descrivere come imbarazzante. Erano
loro due, giovani, inesperti, innamorati ed estremamente impacciati, quasi
ridicoli. Con quali altri termini si sarebbe potuto esprimere?
Sorrise
automaticamente, preso da una profonda dolcezza, fissando il fondo del proprio
boccale.
-Dolce,
molto dolce e…imbarazzate- disse, aggiungendo un risolino nel non essere stato
capace di cambiare termine.
-Perfetta?-
lo incalzò David.
-No!-
Blaine scoppiò quasi a ridere –Dio, no, eravamo così imbarazzati e…no,
tutt’altro che perfetta-
Wes
stirò un sorriso, c’erano quasi –Ma è stata bella?-
Blaine
sbatté un paio di volte le palpebre, passando lo sguardo da una venatura
particolarmente interessante del tavolo ai volti curiosi dei suoi amici.
-Bellissima…-
confessò, cominciando a capire dove volessero andare a parare.
-Esattamente!-
disse David, battendo insieme le mani –Non deve essere per forza perfetta per
essere bella-
Blaine
riabbassò lo sguardo, passandosi una mano sul viso, cercando di riprendersi a
quel modo, come se quel semplice gesto avesse lo stesso effetto di uno schiaffo
in pieno viso. Si sentiva uno stupido, era uno stupida, e Wes e David avevano
perfettamente ragione.
-Io…devo
andare a casa- mormorò, aggrottando le sopracciglia con fare contrario, come
per dire “perché non conosco il
teletrasporto?” –i soldi per la birra-
-Ce
li ridai un’altra volta- finì per lui Wes, incrociando le mani sul tavolo;
un’espressione di pura soddisfazione sul viso.
Blaine
non si persa in altri convenevoli, non si curò neanche di salutarli, tanto
sapeva che non se la sarebbero presa, e, afferrato il cappotto, corse fuori dal
bar.
-Guida
piano!- la voce di David tentò di raggiungerlo ma la figura di Blaine era già
sparita oltre la porta d’entrata.
-Com’è
cresciuto il nostro ragazzo- disse Wes, con voce falsamente commossa –era anche
ora, direi- aggiunse poi, con tono molto più duro, ma innegabilmente affettuoso
–ora aspettiamo l’annuncio ufficiale-
-Hai
già pensato al vestito da mettere?- chiese David mentre finiva la propria
birra.
-David,
stiamo parlando del matrimonio di Kurt. Sarà un miracolo se non ci dirà che
mutande indossare-
*
A
Blaine il tragitto da Westerville a Lima sembrò più lungo dei solito, ed era
strana come cosa, solo per il fatto che ora era abituato alla grandezza di New
York, dove tutto era in misura extra large, dalle strade al cibo.
La loro vita lì,
la sua e quella di Kurt, era così piena; eppure tornare a casa ogni tanto era
piacevole, come avevano fatto in occasione del matrimonio di Finn e Rachel, e
come stavano facendo adesso, per staccare dalla routine quotidiana, per quanto
emozionante potesse essere averne una a New York.
Però, col tempo,
entrambi avevano capito quanto fosse stato importante andare via dall’Ohio, e
cominciare una nuova vita al di fuori dal loro passato, e avevano imparato a
conoscersi quasi in un modo nuovo, immagazzinando il senso del pensiero secondo
il quale ‘si impara ad amare non quando si trova la
persona perfetta, ma quando si impara a credere nella perfezione della persona
imperfetta’.
I giorni, i mesi, gli anni era trascorsi, con dolcezza e
nella condivisione delle più piccole cose che rendevano entrambi felici, fino
alla commozione.
Blaine parcheggiò nel vialetto di fronte casa
Hummel-Hudson, girando la chiave per spegnere il motore con un sospiro forte e
chiaro. Ormai si era fatta quasi notte, e lui era tornato in anticipo rispetto
a quando Kurt lo aspettava.
Non che ci fosse qualcosa di male nella cosa, sapeva
che sarebbe stato felice di vederlo arrivare prima visto lo sguardo triste con
il quale l’aveva lasciato andare via, qualche ora prima; ma, guardando la porta
d’ingresso della villetta, sentì una familiare stretta allo stomaco, la stessa
che aveva provato al matrimonio di Rachel e Finn, la stessa che aveva provato
quando aveva chiesto a Kurt se volevano provare a vivere insieme, a New York,
la stessa che aveva provato la prima volta che aveva fatto l’amore, e mille,
mille altre volte.
Blaine era semplicemente emozionato.
Cercando di vincere quella stupida paura che stava
condizionando un gesto così semplice come scendere dalla sua macchina,
rendendolo incredibilmente difficile, Blaine si fece coraggio ed uscì,
rovistando prima nello scompartimento del cruscotto alla ricerca di un qualcosa che gli sarebbe stato
fondamentale nel parlare con Kurt.
Entrò in casa, avendo ricevuto la chiave di scorta da
Burt –che ormai si fidava fin troppo bene di lui-, raggiungendo la camera da
letto di Kurt in punta di piedi, per non disturbare nessuno.
Aprì la porta, scorgendo il suo compagno –il suo
adorabile Kurt che aveva giurato che sarebbe rimasto sveglio ad aspettarlo-
sonnecchiare sul letto, un vecchio film che passava al tv, indisturbato. Blaine
sorrise dolcemente, lasciandosi andare ad un sorriso innamorato, come se quella
fosse la prima volta che vedeva Kurt in atteggiamenti così rilassati e
spontanei.
Si avvicinò un po’ di più, sedendosi sul bordo del
letto, con delicatezza, ma facendo ugualmente scattare Kurt a sedere, con la
schiena ritta e lo sguardo confuso.
-Sono sveglio!- disse, facendo ridere sommessamente
Blaine.
-Lo vedo…- sussurrò, accarezzandogli il viso –non ce
l’hai fatta ad aspettarmi, eh? Oggi le ragazze ti hanno stremato?-
Kurt mugugnò assonnato, sorridendo prima di lasciarsi
andare contro il petto dell’altro, strofinando la guancia contro la sua maglia
a maniche corte, che profumava così tanto di
lui.
-Mi vedono raramente e- sbadigliò, portandosi la mano
davanti alla bocca –mi hanno portato in giro per Lima, raccontandomi di tutto-
disse Kurt, costringendosi poi ad aprire del tutto gli occhi per poter guardare
Blaine –il tuo pomeriggio invece com’è andato?-
-Mh- Blaine si mostrò riluttante a rispondere,
sentendo la stessa ansia di prima salirgli fino alla gola –bene, bene, i
ragazzi oggi erano molto…esuberanti. Mi mancavano- confessò, abbozzando un
sorriso.
-Sono contento- Kurt si lasciò andare all’indietro,
finendo con la testa sulle gambe di Blaine mentre allungava una mano per
accarezzargli il viso –di cosa avete parlato?-
E Blaine non poté che sussultare a quella domanda,
che, comunque, si aspettava; infondo Kurt aveva condiviso tante cose con Wes e
David, fin dai tempi della Dalton, non era affatto strano che chiedesse
informazioni su come la loro vita si era evoluta nel tempo nel quale non si
erano sentiti. Peccato che Kurt non sapesse che non avevano parlato esattamente di quello.
Blaine deglutì a vuoto, sentendosi stupidamente
emozionato come lo era stato i minuti antecedenti al loro primo bacio, e decise
di ripercorre i propri passi, cominciando, come dieci anni prima, con una
semplice sovrapposizione delle mani. Kurt lo osservò, ora sveglio e curioso
dell’atteggiamento serio che stava assumendo l’altro, decidendo di intrecciare
le dita con quelle di Blaine nel sentire la sua debole stretta.
E quel gesto bastò a Blaine come carica per cominciare
a parlare, perché loro, adesso, erano
molto di più di due ragazzini di diciassette anni insicuri e innamorati; erano
ancora innamorati, lo erano più di allora, ma erano maturi e forti, insieme.
-Kurt io…devo parlarti di una cosa, una proposta che
volevo farti- cominciò Blaine, il cuore che correva veloce, quasi per voler
raggiungere quello di Kurt, davanti a lui.
-Dimmi pure- rispose Kurt, continuando a sfiorargli il
viso lentamente, strofinando il pollice con la barba un po’ cresciuta, che
Blaine quella mattina non si era tolto.
-Non voglio dire farsi fatte o da scatola di
cioccolatini, non voglio…fare un lungo preambolo per poi arrivare al vero tema
del discorso e perdermi per strada, dimenticando le cose più importanti-
Kurt aggrottò le sopracciglia, e, cominciando a
preoccuparsi su dove volesse andare a parare Blaine, si alzò a sedere,
cambiando posizione per potergli dare ascolto in modo più consono. Gli fece un
cenno quando si accorse che lo stava guardando, come in attesa di un qualsiasi
tipo di assenso per poter andare avanti.
-Quindi…stiamo insieme da quasi dieci anni, ti amo da quasi dieci anni, e non voglio
che questa cosa che sto per chiederti rovini tutto- disse Blaine, ora con voce
un po’ scossa dall’emozione, mentre infilava una mano nella tasca dei pantaloni
per tirarne fuori una piccola scatolina di velluto rosso.
-Oddio- sussurrò Kurt, spalancando gli occhi e
arrossendo così tanto da sentirsi le orecchie bruciare all’istante –Oddio,
oddio, Blaine tu- si portò una mano sul petto, stringendo la maglia con forza,
come se aggrapparsi a quella potesse impedirgli di svenire.
Blaine tentò di sorridere, sentendo anche le labbra
tremare in quel semplice gesto –Kurt Hummel…vuoi-
-NO!- si lasciò scappare Kurt, portandosi l’altra mano
sulla bocca nel vedere l’immediata espressione distrutta di Blaine –No, non in
quel senso- velocizzò il respiro -Non ho…i capelli giusti, i…i vestiti giusti.
Volevo essere perfetto per quando me l’avresti chiesto! E invece sono in condizioni
terribili! Con…il tuo pigiama, i capelli scompigliati e scommetto di avere
anche l’impronta del cuscino sul viso!-
E Blaine, in quel frangente, sentì una serie di
emozioni contrastanti sconvolgergli il petto: rabbia, spavento, paura, gioia,
contentezza, felicità. Felicità.
Stirò le labbra in un meraviglioso sorriso e allungò una mano per riprendere
quella di Kurt, intrecciandole saldamente.
-Ce l’hai- disse Blaine, accarezzando il viso di Kurt
con le dita della mano libera, proprio in corrispondenza del piccolo segno che
aveva lasciato la federa del cuscino –ce l’hai e sei…perfetto così, Kurt. Sei
bellissimo e perfetto- si sporse in avanti, non resistendo alla tentazione di
baciarlo sulle labbra –ora posso finire?-
Kurt sbatté un paio di volte le palpebre e annuì,
lentamente, come in trance; come riuscivano le parole di Blaine a calmarlo
sempre e comunque?
-Kurt Hummel, tu- prese un bel respiro, aprendo il
cofanetto di velluto per mostrare l’anello che c’era all’interno, una semplice
fascetta di oro bianco, con tre, piccoli diamanti incastonanti sul davanti –vuoi sposarmi?-
Kurt chiuse gli occhi momentaneamente, cercando di
immagazzinare quel ricordo dentro di sé, così da portarlo per sempre nel suo
cuore, anche quando le cose sarebbero andate male tra di loro o a lavoro, anche
quando avrebbe avuto una brutta giornata, lui si sarebbe ricordato di quel
momento e sarebbe stato felice.
Il finale di “Casablanca”
in sottofondo, alla tv; lo sguardo speranzoso di Blaine che lo osservava, in
attesa; le loro mani, strette, forti, intrecciate, indissolubilmente legate da
qualcosa di troppo grande da descrivere a parole.
Schiuse le labbra, sorridendo con una tale intensità
che il cuore di Blaine dovette fermarsi un istante per riprendersi.
-Sì…- mormorò, cancellando la distanza tra di loro per
riempirla con un dolce bacio –lo voglio-