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Autore: callistas    02/04/2011    3 recensioni
Ave, popolo di EFP.
Anche se so che sono presenti millemila storie migliori delle mie, spero vogliate regalarmi qualche attimo del vostro tempo, anche solo per dare una letta a questo mio nuovo parto.
L'avevo ferma lì da un pò e sinceramente mi piaceva e mi dispiaceva lasciarla nei meandri del mio pc, quindi ho deciso che l'avrei pubblicata, rompendo così le palline a voi.
Importante: LA MAGIA NON ESISTE!
Lettore avvisato, mezzo salvato.
Dirvi subito di cosa tratta mi dispiacerebbe, ma penso che dal titolo si capisca che la storia si svolgerà su un aereo, teatro di un dirottamento e di un incontro tra i personaggi principali.
Spero possa essere di vostro gradimento.
Buona lettura, callistas
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Blaise Zabini, Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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01 - Draco Salve salvino, gente!
A rieccome con un’altra storia a capitoli.

Spero di non risultare sgradevole, visto che la storia NON si basa sulla magia. Draco e Hermione si incontreranno in un mondo dove la magia non esiste. Non voglio svelarvi i lavori di questi due ragazzi, ma andando avanti con la lettura lo capirete da soli.
Sperando che Draco faccia lasciare a voi, gentili donzelle, la stessa scia di bava che ha fatto lasciare a me quando l’ho immaginato in quei panni.

Buona lettura,
callistas








I believe I can fly
I believe I can touch the sky…

La vita di ogni essere umano è caratterizzata da una colonna sonora.
Più o meno, come nei film.
La si ascolta una volta sola, e si ha la consapevolezza che ci accompagnerà per il resto dei nostri giorni. E come nei film, ci sono diversi pezzi musicali, quelli per le scene tristi, quelli per le scene divertenti, quelli per le scene critiche. Ma la colonna sonora, quella… quella sembra essere in grado di riassumere tutto il film in pochi minuti. La scena che decreta l’uso della colonna sonora racchiude in sé tristezza, un pizzico di umorismo e tanta, tanta tensione.

I think about it every night and day

La vita di Draco Malfoy è un continuo alternarsi di tristezza, umorismo e tensione. Aveva solo tre certezze nella vita: la sua fidanzata, i suoi genitori e il suo lavoro.
Un lavoro che lui preferiva definire passione. Riusciva a vedere il bello del suo mestiere anche nelle situazioni più critiche e non era da tutti un atteggiamento simile.
Ma le sue certezze, da tre, passarono a due.
Fu la peggior batosta di tutta la sua vita: a soli due giorni dal matrimonio, la sua fidanzata, colei che avrebbe dovuto essere la sua anima gemella, l’altra metà del suo cuore lo prese in disparte e gli confessò di non poterlo sposare. Non per assenza di sentimento, tutt’altro.
Perché ce n’era troppo.
Non riusciva a reggere la tensione che il lavoro di lui le causava, non sarebbe mai stata in grado di vivere giorno dopo giorno con la paura che il campanello di casa suonasse e che un estraneo le comunicasse che suo marito era morto.
Draco era caduto in uno stato catatonico. Aveva passato due giorni seduto sul letto di casa sua con gli occhi sbarrati e puntati nel vuoto. Non era riuscito nemmeno a piangere. I suoi genitori non sapevano più cosa fare per farlo reagire, avevano provato di tutto: schiaffi, finte notizie di parenti morti, inverosimili tornadi che si sarebbero abbattuti sulla loro casa di lì a poco, ma niente.
Draco non reagiva.
Inutile dire che suo padre era andato a casa dagli ex-futuri consuoceri e li aveva sotterrati di insulti, specie la ragazza che, conscia di non poter nemmeno pensare di aprir bocca per difendersi, si lasciava coprire di infamia. Ma pur sapendo quanto facilmente demolibile fosse la sua motivazione, in uno sprazzo di lucidità, confessò al signor Malfoy ciò che aveva confessato a Draco.
Lucius l’ascoltò senza aprir bocca, e per quanto potesse capire le ragioni della ragazza, non poté tollerare che lo avesse fatto a ridosso del matrimonio.
Il giorno in cui suo padre tornò dalla casa dei Parkinson, Draco stava facendo le valige.

“Parto.” – aveva semplicemente risposto.

Non aveva fornito né destinazione né data di ritorno. Forse perché sperava di lasciarci la vita.
A nulla furono valse le suppliche della madre che, invano, tentava di farlo ragionare, di fargli capire che non poteva buttare la sua vita per un errore di giudizio.
Ma Draco non l’ascoltava. Continuava a piegare diligentemente le sue cose nella sacca da viaggio, mentre suo padre rimaneva immobile sulla soglia della sua camera, comprendendo lo stato d’animo del figlio.

“Narcissa, lascialo andare. Cambiare aria gli farà bene.”

Narcissa Malfoy guardò suo marito con tanta incredulità da credere quasi che lo stato di catatonia fosse passato dal figlio a lei. Aveva cercato di far ragionare il figlio, ma se ci si metteva anche il marito, sapeva bene di non poter fare più nulla per convincere Draco a rimanere.
Quei due erano due gocce d’acqua, sia nell’aspetto che nel carattere.

“Tornerò, te lo prometto.”

Aveva detto Draco alla madre, che sembrò ringiovanire di vent’anni.

“Voglio solo staccare la spina.”

Lucius annuì. Non era nel carattere della sua famiglia lasciarsi andare alle avversità della vita ed era fiero di come Draco avesse deciso di reagire a quel colpo basso, come lo definì lui.

“Cerca di non staccare quella della tua vita, ok?”

Gli aveva detto sua madre, cercando di portare la conversazione su toni decisamente meno drammatici. Draco aveva ghignato leggermente. Non era un sorriso a trentadue denti, ma era già qualcosa, visto che fino a pochi minuti prima sembrava essere caduto in letargo.

“Tranquilla. Quella rimane dov’è. Ci vediamo…”
“Ti accompagno.”

Aveva detto il padre.
E non era una richiesta.
Narcissa vide gli uomini della sua vita uscire dal cancello della villa, preoccupata ma sollevata allo stesso tempo: se Draco le diceva che sarebbe tornato, allora lui sarebbe tornato. Ciò nonostante, la preoccupazione che potesse tornare un pezzo alla volta, la prendeva ogni volta che il figlio – il suo unico figlio – partiva per una missione.

In macchina – Draco non avrebbe mai dimenticato quella conversazione – padre e figlio stettero in silenzio per qualche minuto poi Lucius, non abituato al silenzio troppo prolungato, decise di interromperlo.

“Promettilo anche a me.”
“Cosa?”
“Che tornerai.”

Era difficile per Lucius Malfoy esprimere i propri sentimenti. La rigida istruzione che aveva avuto da bambino lo aveva portato a non palesare troppo frequentemente le sue emozioni, ma quella situazione, richiedeva uno strappo alla regola. Suo figlio era sempre stato responsabile e con la testa attaccata al collo, ma l’annullamento del matrimonio lo aveva decisamente scombussolato, perché altrimenti, prima di partire per una missione, ne avrebbe parlato con lui, e insieme avrebbero deciso se accettare o meno.
E se Draco prendeva le decisioni da solo, significava che stava ancora male e chi sta male, rischia di non avere la lucidità giusta per prendere quella decisione che segna il confine tra la vita e la morte.
Draco non era abituato a sentire il padre parlare in quel modo. Non che non gli avesse voluto bene, anzi. Se c’era una persona che Draco amava più della sua stessa vita, era suo padre. Da lui aveva appreso tutti i segreti della sua professione, per non parlare dei giochi che facevano assieme, quando lui era un po’ più piccolo, e il ragazzo sapeva – aveva sempre saputo – che nei gesti e negli sguardi, Lucius metteva tutte le parole che non riusciva a dire.

“Te lo prometto.”
“So che è stata dura, ma tu sei in gamba, Draco. Ne hai superate tante, e supererai anche questa. Io… io sono orgoglioso di te.”

Glielo aveva detto fissando la strada, ma per Draco quelle furono le parole più belle che avesse mai potuto sentirsi dire. Sapeva dell’orgoglio che suo padre nutriva per lui, forse perché aveva seguito le sue orme, forse perché era il suo unico figlio o forse perché aveva deciso di intraprendere quella carriera senza costrizione alcuna, ma sentirselo dire faceva, ovviamente, un altro effetto.
Riuscì a sorridere leggermente e a ringraziarlo.
Da quel giorno, Draco iniziò un lento processo di guarigione.

Hey, cuz I believe in me.




Ormai il sedile aveva preso la forma del suo sedere.
Un sedere ampiamente apprezzato dalle presenze femminili nella base in cui Draco aveva preso servizio.
Mentre faceva ritorno dall’Iraq, Draco si era perso in quel ricordo. E si sentiva sollevato ogni qual volta che, pensandoci, riusciva a sorridere.
Era un ricordo agrodolce.
Conservava una bellissima memoria del rapporto avuto con Pansy e solo nell’ultimo periodo, aveva capito che non poteva più vivere di ricordi, ma era venuto il momento di prendere in mano la propria vita e ricostruirla.

Era a questo che pensava in quel preciso istante. Fendeva le nuvole con il suo jet, godendo della sensazione di libertà che provava ogni volta che si ritrovava a chilometri da terra.
All’improvviso, il rumore di un’interferenza.
“Torre di controllo a Sirius524, mi ricevi? Passo.”
Draco staccò la mano destra dalla cloche del jet e spinse un bottoncino giallo. Poi tornò a concentrarsi sul volo.
“Qui Sirius524, ti sento forte e chiaro.”
Dall’altra parte della radio si sentì un risolino.
“Finalmente torni in patria, Draco.”
Il ragazzo sorrise.
Sì, finalmente.
“Sì. È stata un po’ dura laggiù, ma finalmente è finita anche questa.”
“Com’è andata?”
“Solita routine. Scatti fotografici su basi missilistiche, ma non abbiamo trovato niente. Sembra che gli iracheni si stiano dando finalmente una calmata.”
Draco fece una piccola virata a sinistra.
“A Washington si sono decisi finalmente di fare le cose come si devono.” – aveva detto l’uomo dall’altra parte della radio. – “Il Presidente Harry J. Potter ha fatto un discorso da raddrizza-cazzi. Dovevi sentirlo.”
Draco ghignò.
“Ti sembrerà strano, ma le tv c’erano anche in Iraq, sai? Comunque il Presidente Potter non ha detto nulla di diverso da ciò che ha sempre proclamato quando era in campagna elettorale. Finalmente hanno votato un Presidente con i contro coglioni.”
“Già, un po’ di coerenza, ogni tanto, non guasta. Ora di arrivo prevista?” – chiese l’uomo, cambiando subito discorso.
“Se hai intenzione di portarmi in uno dei tuoi bordelli, scordatelo Neville.”
Dall’altra parte del capo, Neville sbuffò.
“Non è che mentre eri laggiù ti è ricresciuto l’imene?”
Draco rise.
“L’imene è la verginità femminile, Neville. Non è che ti sei perso un passaggio fondamentale dello sviluppo?”
“Ha-ha, divertente Draco. Davvero divertente. Allora? Quando rientri?”
Il ragazzo guardò l’orologio digitale.
“Se non mi fermo all’autogrill in tre ore sarò a terra.”
“Autogrill?!?” – esclamò sgomento l’altro. – “Ma in volo non ci sono… oh, come sei spiritoso Draco.” – fece Neville, che aveva capito solo tardi la battuta.
“Ti ringrazio.” – fece l’altro, mentre se la rideva silenziosamente. – “Ora vado. Passo e chiudo.”
“Roger.”
“Mi chiamo Draco.” – fece il ragazzo.
“Ma vaff…”
La comunicazione venne interrotta prima della conclusione della frase.
Era da tanto tempo che non si sentiva così. Ridere non gli era mai sembrato così facile e Neville, quel compito, lo assolveva piuttosto bene.

“Papà, mi fai volale?”
“Quanto alto?”
“Fino a toccale il cielo!”

E Draco, il cielo, lo aveva toccato.
“Si torna a casa.”
  
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