Probabilmente,
se vi rivelassi che il capitolo è pronto da Ottobre
– per questo lo odio,
perché è vecchio e sconclusionato
<_< –, probabilmente potreste
uccidermi. Ma è così.
Dovevo
postare
questo capitolo il 29 gennaio, giorno del mio terzo compleanno
su EFP. Tuttavia, in quei giorni non ebbi il pc, e
quindi fui costretta a rimandare, benché parecchio depressa.
._.”
C’era stato anche il momento: «Lo
posterò il giorno della fine di InuYasha!»,
ma quel sabato pomeriggio ho pianto così tanto che anche
solo accendere il pc
mi pareva utopia.
Poi
la scuola ha
cominciato ad opprimermi, perché sono all’ultimo
anno di liceo e i professori
stanno sclerando. Ho verifiche quasi quotidianamente ._., indi
aggiornare mi è
parso l’ultimo dei miei problemi.
Ringrazio
Mary,
aka Kagome96, che in più
occasioni
mi ha ricordato del capitolo, chiedendo di postarlo. Ruccha,
che il capitolo l’ha letto a Novembre sul mio portfolio.
<3 *Perché lei può(?)!
X°°°D*
Ringrazio
voi
che leggete, ringrazio la mia ArthurA
personale – Emi, kyah! –, ringrazio…
ringrazio il mondo, LOL. X°D
A
questa fic
sono affezionata, ormai, e concluderla è per me motivo di
dolore, lo ammetto.
Accludo
all’ultimo
capitolo un POV di Kagome piuttosto sconclusionato – beh,
anche il resto non ha
senso. o_ò In effetti, mi sa che nello scrivere questo mi
son data al nonsense.
X°D *Muore*
Buh.
I ringraziamenti
generali in fondo. <3 <3 <3
The bothering life of
a forced writer
[Poche semplici regole:
«Se la tua ragazza è una
psicopatica, adattati a lei»]
«Fu nel novembre 1678», lesse, lanciandomi un’occhiata perplessa, «che Mimi incontrò Shinji. Destino, forse». Si bloccò un attimo, teatrale, e poi riprese con voce incerta: «Tutto ciò che sperava – voleva – era di poter stare al suo fianco. Non ci sarebbe mai riuscita».
L’occhiata che mi rivolse fu tutt’altro che gratificante – sembrava sul punto di sgozzarmi, e la cosa mi confuse. Dopotutto, al momento desiderava unicamente che io terminassi il romanzo. E il romanzo era finito, sì.
Lontano dall’idea di base originaria, d’accordo, e forse anche un po’ cliché, ma l’avevo finito in tempo: avrebbero potuto stamparlo, venderlo e farci miliardi, o magari bruciarlo e far finta di nulla. Io avevo terminato il mio lavoro, cosa essenziale.
Non avrei più dovuto sopportare gli Higurashi, Kagome non avrebbe più avuto ragione di torturarmi e sarei potuto tornare nel mio appartamento, finalmente. Mi scappò un sospiro compiaciuto.
«Ehi?».
Sobbalzai, colto alla sprovvista – mi ero immaginato una faccia leggermente più grata di quella che mi stava regalando. «Non ti piace?», chiesi. «Ero convinto-».
«InuYasha, dov’è finita Mimi? La Mimi originale, dico, non questa sottospecie di bambinetta capricciosa in crisi ormonale».
Evitai di farle notare che la Mimi da lei tanto criticata le era stata totalmente modellata addosso – se avessi aperto bocca, mi avrebbe certamente assestato un calcio. E non lo desideravo, quel calcio, proprio no. Non al momento, almeno.
Così presi fiato, espirai un paio di volte, tossicchiai e, evitando di fissarla negli occhi, dissi: «Si è impiccata, insieme a Shinji e Eru. Sono tutti morti, Kagome, li ho uccisi io stesso. Sono tutti morti».
«InuYasha, Naraku ti maciullerà», mi fece notare. I suoi occhi ebbero uno strano guizzo – divertito, forse. In ogni caso, se avesse potuto mi avrebbe ucciso lei stessa, era ovvio. «Riscrivilo. No, anzi, prendi il romanzo precedente – perché ovviamente ce l’hai ancora, no? – e scrivi un finale che possa convincere i lettori, tanto ti mancavano pochi capitoli. E non mi interessa se obblighi Mimi a diventare una pornostar e Eru a fidanzarsi con l’ennesima donna sessualmente confusa, l’essenziale è che tu la smetta di fare l’idiota!».
Detto questo, strinse con forza i fogli su cui era stampato il mio lavoro e lanciò tutto nel cestino, borbottando una serie di imprecazioni che non credevo conoscesse.
«Kagome?», mormorai.
Mi lanciò un’occhiataccia. «Per essere sicura che tu non uccida mio fratello», grugnì, accigliata, «questa volta non mi trasferirò a casa di Sango, né mi chiuderò in camera e farò scena muta. Idiota», aggiunse. Non riuscivo a capire se si stesse rivolgendo a se stessa o se l’offesa fossa a me indirizzata, e comunque riprese a parlare troppo in fretta perché potessi rimuginarci su: «Da oggi in poi, caro il mio tesoro, vivrai in funzione di me».
Come se già non lo facessi, osservai mentalmente. Non che Kagome fosse il centro dei miei pensieri, eh! Potevo benissimo resistere una settimana o due, senza di lei.
O tre giorni. O almeno dodici ore. Più o meno.
In ogni caso, la sua presa di posizione mi irritò, ma evitai commenti che potessero costarmi la colonna vertebrale e ascoltai in silenzio il resto del suo piano geniale.
«Dormiremo insieme. E non fare quella faccia, non ho alcuna intenzione di fare sesso con te, al momento».
«Ah», annaspai, grattandomi imbarazzato la testa, «uhm. E comunque non ho fatto nessuna faccia particolare, dannata!».
Lei sorrise, compiaciuta, e incrociò le braccia sul ventre. «Hai trentotto ore per scrivere un finale soddisfacente», mi fece notare con una punta di sarcasmo.
A volte avrei voluto poter leggere nella sua mente. Così, tanto per. Giusto per comprendere se le sue manie sadiche erano dettate dal desiderio di eliminarmi o avevano una ragione intrinseca più forte e convincente.
Aprii la bocca per replicare – qualsiasi cosa, l’essenziale era non fare la figura dello sconfitto –, ma Kagome mi aveva già dato le spalle ed era corsa fuori dalla stanza, probabilmente ad avvisare suo padre che avrei consegnato in breve il romanzo. «Scema», la apostrofai, prima di lasciarmi cadere davanti al portatile.
A noi due.
La prima reazione che ebbi, quando Kagome mi allungò il fax, fu di chiuderle la porta in faccia e di correre via, il più lontano possibile. Di saltare in un pozzo, pregando che questo potesse rivelarsi un passaggio per un’altra epoca, e ricostruirmi una vita il più lontano possibile.
Tuttavia, non potevo fuggire. Sospirai.
«Posso entrare?», mi chiese, sorridendo divertita. Le cuffiette dell’iPod – che si era premurosamente tolta dalle orecchie e ondeggiavano sulle sue spalle – riempivano la stanza con un motivetto lento e seducente. Dovevo ricordarmi di chiederle il titolo della canzone, mh. Non era male, in fin dei conti.
«Uhm». Feci cenno d’assenso col capo e indietreggiai. «Ohi», borbottai a mo’ di saluto. «Come va?».
«Io sto bene». Scrollò le spalle, sistemandosi poi una ciocca di capelli che le era scivolata davanti agli occhi. «InuYasha, dovresti leggere qualcosa», aggiunse. Il fax era ancora stretto tra le sue dita, privo di macchie o tagli di sorta, e mi terrorizzava quasi quanto il foglietto che pochi giorni prima le avevo scritto. «Su. È arrivato il momento della verità, tesoro».
Allungai una mano con fare disinteressato, pregando che quella matta di Higurashi non notasse il mio imbarazzo – sarebbe stato ridicolo, e lei mi avrebbe preso in giro a vita –, quindi deglutii.
«Allora, stasera ti andrebbe di-».
«InuYasha, non fare l’idiota. Leggi».
Grattandomi il capo, chiusi gli occhi e presi il fax. «Com’è andata?».
«Leggi, ho detto».
Uh. Era una classifica, più o meno. Feci scorrere lo sguardo dal basso – dove compariva il titolo di un libro piuttosto scialbo – verso l’alto, il cuore che martellava ridicolmente e la risatina di Kagome – risatina cominciata nello stesso istante in cui avevo preso il foglio tra le dita, e che in un altro momento sarebbe stata un chiaro campanello d’allarme – che si faceva sempre più forte.
Scorsi le postazioni un paio di volte, prima di razionalizzare il tutto.
«Il titolo del mio libro non c’è», osservai con disappunto.
«Neppure quello di Naraku».
In effetti, il tanto decantato romanzo scandalistico non c’era, in quella classifica del cavolo. Però non comparivo neppure io, il che era inspiegabile – non che mi ritenessi ‘sto granché, come scrittore, ma il libro era stato pubblicizzato ampiamente. Almeno un’ultima posizione simbolica doveva essere mia.
«Kagome, questa», mormorai, la voce che mi tremava di rabbia e perplessità, «è la classifica della settimana scorsa, vero?».
Lei si limitò a sorridere angelicamente. «Credevo fosse divertente. Scusa», cantilenò – la vidi aprire la borsetta e tirare fuori un altro fax, pieno di ghirigori rossi e scritte multicolori. «Mio padre si è un po’ divertito a commentare i titoli», borbottò imbarazzata. «Ecco».
Le diedi il tempo di avvicinarsi al divano e sedersi, poi inspirai profondamente. Se fosse stato l’ennesimo scherzo di cattivo gusto, l’avrei lasciata su due piedi e mi sarei trasferito in Canada, sì. Almeno, andando in Canada mi sarei evitato una serie indicibile di seccature, e avrei avuto discrete possibilità di guadagno.
Sempre ammesso che la mia laurea fosse valida anche all’estero. Non me l’ero mai chiesto, in effetti. Uhm.
«Leggi?».
«Un attimo», grugnii.
Comunque avrei dovuto notarlo, che era la classifica della settimana precedente: il nonno di Kagome me l’aveva messa sotto gli occhi quasi tutti i giorni, intimandomi di posizionarmi al vertice o non mi avrebbe concesso – deglutii – la mano della sua adorata nipotina.
Mano che momentaneamente non avevo ancora chiesto, volendo essere precisi.
«InuYasha?».
«Sì. Ora leggo».
Chiusi gli occhi e fissai le parole.
Oh.
{« Extra
»}
Quando il proprio ragazzo
è uno
scrittore egocentrico e infantile, capita che si finisca col fare la
figura
della ragazzina viziata: è matematico, così
com’è ovvio che lui verrà sempre,
indiscutibilmente considerato un raccomandato – e lo
sarà perché tuo padre è il
proprietario della casa editrice per cui il tuo fidanzato scrive.
Fatto sta che, volente o nolente,
InuYasha era il mio ragazzo, e per quanto le occhiate di biasimo o
scherno
potessero offenderlo, doveva fare del suo meglio per non darlo a vedere.
«Hai visto che faccia ha
fatto Naraku?»,
sghignazzò ad un tratto, stravaccandosi sulla sua
poltroncina. «Kami, non
credeva che l’avrei battuto, quel bastardo».
Invece ci era riuscito, e alla
grande:
mi aveva costretta a buttar sangue, ma alla fine la mia costanza aveva
vinto.
Più o meno.
Sorrisi e gli feci cenno di tacere.
«Ti
renderai conto», sussurrai, «che fare casino qui,
nel mezzo della sala, non è
propriamente conveniente».
«Perché devono
premiarmi?».
«Specie
per questo, sì».
Era tornato cocciuto, arrogante e
per
nulla gentile, l’idiota – per un po’,
sentii la mancanza dell’InuYasha goffo e
imbranato che mi si era dichiarato, e che aveva passato settimane
fissando con
aria ebete il pc mentre io lo squadravo con odio. L’InuYasha
che non rispondeva
ad ogni mia frase con “Scema” e
“Dannata”, ma tentava di elaborare qualche
risposta più coerente e articolata.
Però mi piaceva. Per
quanto baka, ero
tremendamente innamorata di lui.
«Che
sentimentale», piagnucolai. A un
tratto mi resi conto di aver parlato a voce alta, e d’istinto
mi coprii la
bocca con una mano. «Sei… preparato?»,
mi decisi a chiedere, tanto per smorzare
la tensione.
D’altro canto, InuYasha
era
rilassatissimo, e a stento si trattenne dall’inarcare un
sopracciglio. «Ho il
discorso in tasca», assicurò, sorridendo.
«E nella manica ho un asso»,
aggiunse.
Avrei voluto chiedere spiegazioni,
ma
l’annunciatore si decise a urlare il nome di InuYasha, e fui
costretta – mio
malgrado – ad applaudire.
«Uno dei migliori
scrittori della sua
generazione!», pronunciò con tono enfatico.
«Complimenti alla sua casa editrice
per averlo scoperto. Venga qui, InuYasha, le consegneremo il suo
premio».
«Tornerò
subito», mi disse. Poi si alzò
in piedi, salutò scioccamente la folla e salì sul
palco, beccandosi una decina
di pacche sulle spalle e più strette di mano. Immaginai che
la cosa lo
divertisse immensamente. «Salve».
Seguirono poi un po’ di
sproloqui
insensati – e il mio cervello, già duramente
provato dal lavoro degli ultimi
giorni, a stento seguì il filo del discorso. Carpii qualche
battutina, ma non
mi concentrai più di tanto.
Fu solo quando InuYasha
tossicchiò e
prese in mano il microfono che mi decisi a prestargli di nuovo
attenzione.
«Uhm. Sì, il libro mi ha obbligato»,
il presentatore rise, probabilmente pensando stesse scherzando,
«a scriverlo
Kagome Higurashi, la mia ragazza».
Arrossii.
«Higurashi come il
padrone della casa
editrice?», chiese un uomo in prima fila.
InuYasha ghignò.
«Sì, esattamente. È sua
figlia».
Il tipo in prima fila si
voltò verso di
me – qualcuno doveva avergli spiegato che ero io, la Kagome
Higurashi in
questione – e poi tornò a guardare InuYasha.
«Oh, comprendo. E non è
complicato, essere alle dipendenze della propria donna?».
Tasto dolente, tasto dolente.
InuYasha sembrava sul punto di
azzannarlo – e l’avrebbe fatto, se non gli avessi
lanciato un’occhiata
tutt’altro che pacifica. «Idiota»,
sibilai tra me e me, «InuYasha, sei un
idiota».
«Non è
complicato, anzi, e immagino che
dopo il matrimonio sarà anche più
semplice».
Matrimonio.
«Perché, avete
intenzione di sposarvi
presto?», chiese il presentatore, interessato. Ora che gli
aveva consegnato il
premio, poteva anche permettersi quattro chiacchiere – o
almeno così pensai,
perché ero troppo concentrata sulla parola matrimonio
per fare qualsiasi altra cosa.
«Certo che
sì. Ah, volevo appunto –
Kagome, ti va di sposarmi?».
In verità, di spin-off ne
esistono
altri due o tre – quello che ho postato col capitolo
è il peggiore, temo, e il
più vecchio, eppure penso fosse l’unico postabile
senza dovermi dilungare in
spiegazioni –, ma li posterò direttamente nel
portfolio. X°D Se mai doveste
aver voglia di leggerli, insomma, vi consiglio di passare di qui.
Oltre a lavoretti
di grafica e altre cose inutili(!), ci sono anche delle bozze di fan
fic.
<___<” *Fine pubblicità progresso(?)*
Ora spieghiamo un po’ il
finale.
…uhm. Credo sia
abbastanza chiaro.
o____ò
Il
vero finale, quello senza extra,
semplicemente non finisce: InuYasha potrebbe aver vinto, certo, ma
anche perso.
Magari non è neppure nella classifica dei libri
più venduti!
Poi, sì. Ovviamente, in quanto mio dipendente(???), soffre a
sua volta di crisi
d’ispirazione, e quindi per terminare il libro ha prima
dovuto scrivere una
cavolata random, giusto per non dimostrarsi succube di Kagome. *Rotola*
Lo
spin-off è piuttosto chiaro:
InuYasha ha battuto Naraku <3 e, per aver venduto un casino di
copie, deve
ricevere un premio. Non so se esistano premi simili, onestamente.
X°°°D Diciamo
che è l’ennesima licenza poetica che mi son
concessa – del resto, questa fic è
una licenza poetica. Mi sono concessa
tante di quelle libertà…! *Rotola ancora*
In ogni caso, Kagome è andata con lui alla premiazione,
e… e l’asso nella
manica dell’idiota era proprio il: «Ti va di
sposarmi?».
Ah.
Lei lo prenderà a calci, prima di
accettare. <3
…perché
accetterà, statene pur certi.
X°D
BL
non è la mia fic più lunga, eppure
le sono molto legata: la considero stupida, superficiale, migliorabile
e quant’altro,
ma al contempo le voglio bene, e sono felice di averla scritta.
La
sola idea che qualcuno l’abbia
apprezzato, questo piccolo parto della mia mente, riesce a rendermi
gioiosa(!),
e vorrei potervi abbracciare tutti, così da dimostrarvi il
mio imperituro
affetto. <3
Prima
ho fatto dei ringraziamenti, ora
ne faccio altri: ringrazio tutti i santi
che hanno inserito me tra gli autori preferiti, in primis. Quando mi
sono
iscritta su EFP, il 29 gennaio di tre anni fa, pensavo che avrei
scritto un po’,
ricevuto qualche recensione e poi forse mollato il sito –
invece voi mi avete
seguito. Avete donato parte del vostro tempo a me, che quasi non lo
merito.
Vi
ringrazio, vi ringrazio dal profondo
del cuore.
Grazie
a quanti hanno inserito BL tra le
seguite/preferite/ricordate, ma anche
coloro che hanno inserito le altre mie fic nelle stesse liste:
esattamente come
quanti hanno inserito me, tra i preferiti, siete stati linfa vitale, e
probabilmente non avrei mai terminato nessuno dei miei orrori
(X°°°D) se non
foste restati al mio fianco.
…sì,
sentitevi in colpa. U____U Se
scrivo, è solo per voi. *Rotola*
Mille grazie ai commentatori,
perché
sono speciali e riescono a rendermi gioiosa <3, e a chi su msn
mi ha chiesto
notizie della fan fic. Non lo dimenticherò mai, lo giuro.
Grazie
a chi ha letto, a chi ha
apprezzato. Anche a chi ha odiato, eh!, non si fan discriminazioni di
nessun
tipo. X°°°D
Mi
sento un po’ stupida, a chiederlo,
ma… dato che è l’ultimo capitolo, mi
piacerebbe sentire le vostre voci. .////.
Quantomeno per sapere se il finale l’avete trovato disgustoso
o cosa. X°°°D
Secondo me è estremamente stupido, ecco. *Annuisce*
Se
dovessero esserci errori/refusi,
nella fic, vedrò di correggerli al più presto:
come già detto, il capitolo
risale al… al 10/10/10 *LOL*, ma ciò non
significa che io mi sia concessa di
rileggerlo. X°°°D Anzi, l’ho evitato
schifosamente. *Muore*
Anche lo spin-off risale allo stesso periodo, e anche lui non
è stato né
riguardato né riletto. L’avevo quasi dimenticato.
O____O”
Insomma.
Grazie. *Commossa*
Alla
prossima – che si spera sarà
presto, dato che ho il capitolo di Fairytale quasi pronto. X°D
E stavo pure
pensando di buttar giù una fic breve – un paio di
capitoli al massimo – o
qualcosa di simile, ammesso che lo vogliate. <3
Kisses.
*Lancia caramelle mou*